Il mancato possesso di idoneo titolo lavorativo non può essere, di per sé solo, motivo di licenziamento
03 Novembre 2017
Una lavoratrice aveva proposto ricorso al fine di vedersi annullato il licenziamento, intimatole per mancato possesso del titolo di Operatrice socio-sanitaria. La Corte territoriale aveva ritenuto ingiustificato il licenziamento, poiché la società non aveva dimostrato il possesso del titolo o la presentazione della domanda di partecipazione ai relativi corsi da parte degli altri dipendenti che la lavoratrice licenziata aveva indicato come assunti anteriormente all'emanazione del Decreto regionale n. 13 del 13 settembre 2009, che prevedeva come necessario per lo svolgimento dell'attività di assistenza agli anziani il titolo di OSS e, come lei, non in possesso del titolo in questione. A seguito di questa pronuncia, la società datrice di lavoro proponeva ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, investita della questione, ha analizzato il ricorso, ritenendolo infondato. In primis, i magistrati hanno evidenziato come la società non avesse tenuto conto del diritto alla permanenza in servizio riconosciuto a sanatoria dal predetto regolamento a quanti, assunti precedentemente all'emanazione dell'atto regionale, avessero presentato domanda di partecipazione ai corsi finalizzati al conseguimento del titolo, entro il periodo di ventiquattro mesi. Continuando nella sua analisi, la Cassazione ha precisato come il mancato possesso del titolo avrebbe potuto giustificare l'interruzione del rapporto di lavoro solo ove la Società ricorrente avesse, secondo il principio dell'inversione dell'onere della prova ex art. 5 L. n. 604/1966, dimostrato di aver dato corso al licenziamento una volta decorsi i ventiquattro mesi di operatività del diritto alla permanenza in servizio e per la necessità, non imposta dal regolamento, che viceversa ammetteva anche successivamente al decorso dei ventiquattro mesi l'utilizzo di personale privo di titolo che avesse inoltrato domanda per il conseguimento del medesimo.
Per questi motivi, la Cassazione ha rigettato il ricorso e ha condannato la Società alle spese processuali. |