Carabinieri irrompono nell'appartamento sbagliato: nessun risarcimento, solo un grande spavento
07 Novembre 2017
IL CASO Tre carabinieri si recano in un immobile per prelevare un uomo raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare ma commettono un errore nell'individuazione dell' appartamento e irrompono nell'abitazione sbagliata. I due coniugi, totalmente estranei ai fatti, chiedono dunque la condanna dei militari al risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dalla violazione del domicilio, dello spavento e della manus iniecto. Sia il Tribunale che la Corte territoriale di Trento rigettano però la domanda attorea, nella convinzione che la condotta dei militari non potesse considerarsi colposa sia per l'impossibilità oggettiva di identificare in modo certo il domicilio della persona da catturare, sia per la condotta ambigua dell'attore che, dopo aver indugiato nell'aprire la porta ai carabinieri, l'aveva richiusa non appena intravisti i militari, rafforzando quindi in loro il sospetto di trovarsi al cospetto del ricercato.
REGOLE DI COMUNE PRUDENZA I coniugi ricorrono ora in Cassazione denunciando, con il primo dei tre motivi di ricorso, la decisione della corte di merito di escludere la colpa dei carabinieri. Secondo gli attori i militari avevano violato le regole di comune prudenza e non si erano uniformati alla condotta dell'homo eiusdem generis et condicionis ex art. 1176 c.c. per non aver individuato con certezza l'abitazione del ricercato. Inoltre consideravano il comportamento dell'attore alla vista dei militari incolpevole e comunque non tale da scusare la condotta dei carabinieri.
COLPA CIVILE La Cassazione fa un passo indietro e ricorda che la colpa civile consiste nella devianza di una regola di condotta, che può consistere in una norma giuridica, oppure in una regola di comune prudenza. La pronuncia di colpa civile esige sia la ricostruzione della condotta che si deduce colposa, sia l'individuazione della regola che sarebbe stata violata con tale condotta. Se la norma violata è giuridica, essendo valutazione in diritto, è sindacabile in sede di legittimità, ma la Corte chiarisce che se si tratta di regola di comune prudenza , stabilire se tale regola esista e se sia stata violata o meno costituisce un accertamento di fatto, ad esclusivo appannaggio del giudice di merito. Nel caso di specie, non esisteva alcuna norma di legge che stabilisse come doveva essere individuato il domicilio del ricercato da sottoporre a custodia cautelare, e la Suprema Corte considera pertanto corretta la valutazione operata dalla Corte territoriale sul comportamento dei convenuti, ritenuta conforme e sorretta da motivazione certa.
OBIETTIVA INCERTEZZA Secondo la Corte d'appello i militari si erano trovati un una condizione di obiettiva incertezza a causa dello stato dei luoghi. I due appartamenti erano infatti confinanti tra loro e tra le due porte erano posti i campanelli verticalmente, «senza alcuna indicazione che consentisse di stabilire a quale appartamento si riferisse il campanello superiore, e a quale quello inferiore». Tale incertezza era stata acuita dall'ambiguità del comportamento dell'attore, ritenuto «connotato da scarsa chiarezza e collaborazione». La Cassazione conferma dunque quanto deciso dalla Corte d'Appello, ossia che lo sfondamento della porta e l'immobilizzazione dei coniugi, pur erronea, non può essere considerata come colposa, e che nessuna norma di diritto è stata violata. Stabilire quale dovesse essere l'operato del carabiniere diligente ex art. 1176 c.c. è una valutazione di fatto, insindacabile in sede di legittimità.
La Suprema Corte rigetta il ricorso.
|