Creditori del condominio e recupero somme: le prime soluzioni della giurisprudenza

Adriana Nicoletti
07 Novembre 2017

Il condominio, quale centro di interessi condivisi, è il soggetto che, in termini economici, può risentire in modo rilevante della sistematica inadempienza dei suoi partecipanti al pagamento delle spese comuni.
Il quadro normativo

La legge di riforma del condominio è intervenuta con determinazione sull'impianto dell'art. 63 disp. att. c.c., che ha innovato le modalità di recupero, da parte dei fornitori di beni e servizi in favore del condominio, degli importi da questo dovuti per le prestazioni ricevute.

La norma, che disciplina la riscossione dei contributi condominiali da parte dell'amministratore tramite lo strumento del decreto ingiuntivo, che può essere emesso in forma immediatamente esecutiva e che rimane tale nonostante opposizione, ha previsto che, in caso di mancato pagamento della somma ingiunta, il rappresentante dell'Ente è obbligato a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi (art. 63, comma 1). Coloro che vantano crediti, infatti, dovranno agire per il recupero di quanto di loro diritto prima nei confronti degli inadempienti e solo successivamente verso gli altri condomini (comma 2). In questa sorta di graduazione nell'aggredibilità dei soggetti passivi dell'azione esecutiva si sintetizza la doppia tutela prevista dal legislatore in favore delle parti contrapposte.

La nuova disposizione, inoltre, opera in quanto è stato istituito con l'art. 1130, comma 6, c.c. il famoso registro dell'anagrafe condominiale, nel quale devono essere riportate ed aggiornate a cura dell'amministratore le generalità dei singoli proprietari, dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio, dati catastali di ciascuna unità immobiliare ecc. Un adempimento che rappresenta un dovere, la cui violazione può portare alla revoca dell'amministratore (art. 1129, comma 12, n. 7, c.c.).

Il nuovo ambito normativo, pertanto, dovrebbe avere eliminato alla radice il problema del c.d. condomino apparente che nel passato aveva costituito oggetto di molte pronunce della Corte Suprema che avevano affermato, anche con riferimento alla richiesta di pagamento degli oneri condominiali, la non invocabilità del principio dell'apparenza da parte del condominio che avesse trascurato di accertare la reale situazione presso i pubblici registri (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2015, n. 8824).

Legittimazione passiva e azione intentata dal creditore ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c.

Pur essendo il testo dell'art. 63 cit. privo di ombre, già dalle sue prime applicazioni sono venuti alla luce problemi che hanno trovato risposte in alcune decisioni dei nostri tribunali.

Poiché i destinatari della norma sono gli amministratori, è giusto che questi sappiano a cosa vanno incontro in caso di omessa comunicazione dei dati al creditore che ne faccia richiesta. Una questione che è risultata essere strettamente connessa con quella concernente l'individuazione del soggetto passivamente legittimato all'azione finalizzata ad ottenere i dati dei condomini.

Con due ordinanze, di poco successive l'una all'altra, è stato rigettato il ricorso ex art. 702-bisc.p.c. promosso da un creditore nei confronti del condominio ed avente ad oggetto la domanda di consegna dei dati dei condomini morosi, perché inutilmente chiesti all'amministratore. In entrambi i casi il giudice, su eccezione del convenuto, ha escluso la legittimazione passiva del condominio, rientrando l'obbligo della comunicazione tra le attribuzioni proprie dell'amministratore (Trib. Napoli 1 febbraio 2017, Trib. Napoli 5 settembre 2016).

In particolare nella decisione del 2016 è stata evidenziata una distinzione netta tra il comando fissato ex lege dall'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. e le attribuzioni proprie dell'amministratore, come disciplinate dagli artt. 1130 e 1131 c.c. tra le quali, malgrado la novella del 2012, non rientra l'obbligo in questione.

La motivazione del giudice partenopeo appare condivisibile: «…l'inerzia dell'amministratore laddove il condominio non contesti il credito e questo sia solo parzialmente insoddisfatto, deve essere imputata solo a quest'ultimo a carico del quale va impartito l'ordine e vanno poste le spese del giudizio…».

Quali le conseguenze per l'amministratore che non comunichi i dati dei morosi al creditore richiedente

Dalla giurisprudenza di merito disponibile (trattasi di decisioni in gran parte anteriori a quelle a momenti oggetto di commento) risulta che il creditore, per ottenere i dati dei morosi, abbia sempre agito nei confronti del condominio e non dell'amministratore. È, pertanto, conseguenziale che, nel momento in cui l'ente sia condannato alla comunicazione dei dati dei soggetti morosi, sia ipotizzabile un'azione di rivalsa dei condomini nei confronti dell'amministratore non diligente, non solo per la restituzione delle spese legali ingiustamente sostenute, ma anche di eventuali risarcimenti riconosciuti al creditore non soddisfatto. Circostanza, questa, non inverosimile dal momento che l'inerzia del legale rappresentante dell'ente potrebbe causare al creditore un danno immediato ed economicamente rilevante, soprattutto se questi vedesse allontanarsi il tempo del recupero di quanto allo stesso dovuto.

Quanto alle decisioni dei tribunali, accertata la mancata ed immotivata esibizione della documentazione richiesta, da considerare una violazione delle regole fondamentali della buona fede e della correttezza, un condominio (peraltro contumace) è stato condannato a risarcire il creditore per una somma pari al valore del credito azionato e non recuperato a causa del comportamento omissivo verso il dettato dell'art. 63, comma 1, disp.att.c.c. (Trib. Genova 15 giugno 2015; conf. Trib. Palermo 19 marzo 2014).

Un minimo risarcimento per danno da ritardo, invece, è stato liquidato in via equitativa sempre dal giudice siciliano (Trib. Palermo 19 marzo 2014).

Più recente, invece, è il provvedimento con il quale è stata accolta la richiesta risarcitoria formulata dal creditore ai sensi dell'art. 614-bisc.p.c., rubricato «Misure di coercizione indiretta». La norma stabilisce, infatti, che con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro (come nel nostro caso) il giudice, su richiesta di parte che non sia manifestamente iniqua, fissa l'importo dovuto dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, prendendo a riferimento il valore della controversia. Il provvedimento di condanna è titolo esecutivo per le relative somme.

In forza di tale disposizione, inserita nel quadro normativo che disciplina l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, il condominio è stato condannato al pagamento di una somma per ogni mese di ritardo successivo a quello decorrente dalla data di notifica del provvedimento giudiziario (Trib. Roma 1 febbraio 2017; conf. Trib. Avezzano 1 marzo 2016).

Quali limiti incontra il creditore nel richiedere i dati

Ancora una questione di interesse: l'amministratore unitamente ai dati dei morosi è obbligato a consegnare anche le tabelle millesimali?

Il termine «dati» contenuto nell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., pur essendo generico e riferibile alle notizie desumibili dal registro dell'anagrafe condominiale, non può escludere l'indicazione delle quote relative agli inadempienti. Non si vede, infatti, come il creditore potrebbe richiedere a questi ultimi il pagamento dei relativi importi.

Secondo una recente decisione (Trib. Palermo 5 maggio 2016) al richiedente devono essere comunicati i dati relativi ai condomini morosi e le tabelle millesimali. E ciò vale anche qualora - come nel caso di specie - il creditore sia un condomino, non rilevando il fatto che questi, in tale veste, dovrebbe disporre delle tabelle millesimali. Potrebbe, infatti, anche accadere che tale presunzione non sia operativa nel concreto, come nel caso in cui il condomino abbia perduto la disponibilità del documento oppure non l'abbia mai avuta.

La consegna al creditore dell'intera anagrafica, tuttavia, potrebbe sollevare problemi di privacy nei confronti di tutti gli altri condomini che sono in regola con i pagamenti e che potrebbero vedere violato il proprio diritto all'anonimato in relazione all'entità delle proprietà esclusive. Mentre la questione, ovviamente non sussiste all'interno del condominio, poiché l'unico limite riguarda l'impossibilità di esporre in bacheca i nomi dei condomini morosi.

Per quanto il giudice siciliano non abbia affrontato l'argomento si può ritenere che il comma 1 dell'art. 63 debba essere coordinato con quello successivo, in base al quale «i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini». Ne dovrebbe conseguire che l'amministratore, a prima richiesta del creditore comunicherà solo i dati dei condomini morosi e le relative quote millesimali e solo in un secondo tempo, allorché l'interessato non riesca ancora a fare valere il proprio diritto, fornirà la documentazione integrale.

Il creditore non può chiedere l'elenco dei dati dei morosi tramite ricorso per decreto ingiuntivo

Gli ultimi rilievi interessano direttamente il creditore.

Malgrado il disposto dell'art. 633 c.p.c. preveda che la relativa domanda possa riguardare anche «…. chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata…» rispetto alla quale il giudice pronuncia ingiunzione di consegna, il ricorso per ingiunzione di consegna delle tabelle millesimali e degli elenchi dei condomini morosi non può essere proposto con la forma prevista per il decreto ingiuntivo.

A fronte dell'opposizione avanzata dal condominio, il quale aveva eccepito l'inammissibilità del ricorso per l'inesistenza delle cose mobili pretese (quali le copie dei documenti che ancora avrebbero dovuto formarsi, mentre gli originali, esistenti in quanto agli atti del condominio, non potevano formare oggetto di comando di consegna), perché l'elenco dei morosi non era stato ancora composto dall'amministratore, è stato affermato che l'istanza del creditore, finalizzata a conoscere i dati dei condomini inadempienti si configura come richiesta di informazioni ricavabili dalla documentazione in possesso dell'amministratore e non come consegna di cosa mobile preesistente alla richiesta stessa, che rientrerebbe a pieno titolo nell'àmbito di applicabilità dell'art. 633 cit. (Trib. Palermo 5 maggio 2016; conf. Trib. Napoli 7 luglio 2010, secondo il quale la documentazione in oggetto non è rimettibile in originale ai terzi, essendo indispensabile per l'ordinato svolgimento della vita condominiale).

In conclusione

Ne consegue che, ove il creditore voglia avvalersi dell'art. 633 c.p.c., dovrebbe provare che l'amministratore abbia rifiutato di consegnare un elenco dei condomini morosi già esistente. In caso contrario, la norma applicabile è l'art. 702-bis c.p.c.

Guida all'approfondimento

Scarpa, Condanna alla comunicazione dei dati dei condomini morosi e legittimazione passiva dell'amministratore, in Amministrare immobili, 2017, fasc. 211, 11;

Tortorici, Il registro anagrafe condominiale: compiti e poteri dell'amministratore, in Amministrare immobili, 2016, fasc. 207, 20;

Scripelliti, Meno privacy nel condominio dopo la riforma, in Riv. giur. edilizia, 2014, II, 213;

Izzo, Inammissibile il decreto ingiuntivo di consegna della documentazione condominiale per l'esecuzione pro quota contro i condomini morosi, in www.dirittoegiustizia.it, 2010.

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