L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per gli imprenditori agricoli

10 Novembre 2017

L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro è nata sul finire del secolo XIX, con la L. 17 marzo 1898 n. 80, per fornire un indennizzo economico agli operai della nascente industria nazionale che avessero perso i mezzi di sussistenza a causa di eventi traumatici sul lavoro. Tale imprinting originario è percepibile tuttora nel T.U. n. 1124 il quale, nell'indicare, all'art. 4, i parametri delle varie categorie di persone tutelate, richiede che tutte queste svolgano opera manuale. Il D.Lgs. n. 23 agosto 1917, n. 1450 ha esteso la tutela assicurativa ai lavoratori agricoli: tra le molte novità di questo testo legislativo, anticipatrici degli sviluppi futuri, vi è l'estensione della copertura assicurativa a figure imprenditoriali quali i proprietari, mezzadri, affittuari coltivatori diretti, loro mogli e figli, anche naturali, che svolgano opera manuale nelle rispettive imprese (art. 205, lett. b) T.U. n. 1124/1965).
La dicotomia tradizionale tra attività esecutiva ed attività imprenditoriale ai fini della copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro degli imprenditori agricoli

L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro è nata sul finire del secolo XIX, con la L. 17 marzo 1898 n. 80, per fornire un indennizzo economico agli operai della nascente industria nazionale che avessero perso i mezzi di sussistenza a causa di eventi traumatici sul lavoro.

Tale imprinting originario è percepibile tuttora nel T.U n. 1124/1965 il quale, nell'indicare, all'art. 4, i parametri delle varie categorie di persone tutelate, richiede che tutte queste svolgano opera manuale.

Nel secolo che ne è seguito, fino ai giorni nostri, il sistema di tutela ha fatto enormi progressi, in parte per via legislativa, in parte notevole per via interpretativa giudiziaria, costituzionale ed ordinaria. Questa seconda via si è svolta attraverso una torsione procustiana delle formule testuali originarie per renderle compatibili con i nuovi principi costituzionali, in particolare quello della parità di tutela a parità di rischio, sicché esse hanno assunto, gradualmente, un nuovo significato normativo.

Quest'anno ricorre il centenario del D.Lgs. 23 agosto 1917, n. 1450, che ha esteso la tutela assicurativa ai lavoratori agricoli.

Tra le molte novità di questo testo legislativo, anticipatrici degli sviluppi futuri, vi è l'estensione della copertura assicurativa a figure imprenditoriali quali i proprietari, mezzadri, affittuari coltivatori diretti, loro mogli e figli, anche naturali, che svolgano opera manuale nelle rispettive imprese (ora art. 205, lett. b) T.U. n. 1124/1965).

Per queste nuove categorie di persone tutelate si è posto il problema, fermo l'obbligo assicurativo della estensione dell'attività protetta: solo l'attività esecutiva, a carattere manuale, o anche quella organizzativa e direttiva imprenditoriale, di carattere prevalentemente intellettuale?

Sulla base dei testi normativi citati, e delle coeve nozioni di manualità, causa violenta, persone tutelate, la risposta è parsa obbligata.

La giurisprudenza è stata costante nell'affermare che rientra nell'attività tutelata dell'imprenditore agricolo quella di carattere meramente esecutivo, che può essere svolta indifferentemente sia dallo stesso lavoratore-imprenditore, che da un qualsiasi prestatore d'opera dipendente (v. Cass. sez. lav., 25 ottobre 2005, n. 20661; Cass. sez. lav., 8 maggio 2004, n. 8795; Cass. sez. lav., 5 luglio 2002 n. 9757; Cass. sez. lav., 7 dicembre 1998 n. 12374; Cass. sez. lav., 1 ottobre 1997 n. 9600), mentre esula dall'attività tutelata quella di organizzazione e direzione dell'attività economica aziendale.

Tale distinzione è stata applicata coerentemente agli atti di acquisto e pagamento di beni: quelli relativi a strumenti direttamente necessari alla produzione agricola rientrano nella tutela, mentre quelli relativi ai beni necessari per l'organizzazione amministrativa e contabile non vi rientrano (in tali termini in particolare Cass. sez. lav., 14 febbraio 2008 n. 3770). Il percorso per l'acquisto di un aratro sì, di un computer no.

Tuttavia la casistica applicativa di tali principi, relativa prevalentemente a viaggi funzionali all'attività aziendale, ha portato ad esiti divaricati, a seconda della nozione più o meno lata di attività organizzativa ed imprenditoriale adottata.

La dottrina non ha mancato di rilevare la difformità di decisioni per situazioni che appaiono egualmente inerenti all'attività agricola aziendale. La Corte di legittimità ha ritenuto rientrare nella tutela:

  • l'acquisto di suini da parte di coltivatore diretto allevatore di bestiame (Cass. sez. lav., 2 giugno 1998, n. 5416);
  • le trattative per l'affitto di un pascolo comunale per il proprio bestiame (Cass. sez. lav., 5 febbraio 1992, n. 1241);
  • l'acquisto di una macchina seminatrice da utilizzare per la coltivazione del proprio fondo (Cass. sez. lav., n. 9757/2002);
  • l'acquisto di bulloni necessari per una serra agricola (Cass. sez. lav., n. 9600/1997);
  • il viaggio alla sede del Consorzio per informarsi sui turni di irrigazione (Cass. sez. lav., n. 12374/1998);

Ma la stessa Corte ha escluso la tutela in altre fattispecie simili, ritenendone il carattere imprenditoriale, quali:

  • l'acquisto di un attrezzo da utilizzare nella propria azienda agricola (Cass. sez. lav., 27 agosto 1981, n. 9183);
  • le trattative per definire il prezzo del prodotto consegnato in precedenza (Cass. sez. lav., n. 8795/2004);
  • la consegna di fatture inerenti alla contabilità della propria azienda agricola (Cass. sez. lav., 26 giugno 2004, n. 11929);
  • le trattative per la conclusione di un contratto di coltivazione di barbabietole (Cass. sez. lav., n. 20661/2005).

Ma se si adotta il criterio, affermato dalle numerose sentenze citate, che è esecutivo tutto ciò che può fare un dipendente, di imprenditoriale rimane ben poco.

E quale criterio si applicherà mai al titolare di un'azienda agricola, deceduto nell'atto di soccorrere il lavoratore che stava procedendo all'escavazione di un pozzo, per il quale Cass. sez. lav., 28 ottobre 2003 n. 16216 ha cassato la sentenza di merito che aveva negato la rendita ai superstiti?

La novità unificatrice di Cass. sez. lav., 17 febbraio 2017 n. 4277

Tale era la situazione giurisprudenziale e dottrinale quando è intervenuta la sentenza 17 febbraio 2017 n. 4277, in una fattispecie di titolare di impresa agricola, investito mortalmente mentre a piedi si recava a pagare una fattura di acquisto di gasolio necessario per l'azienda agricola del figlio (si tralascia l'aspetto della fattispecie e della pronuncia relativi alla reciprocanza, perché a latere rispetto al nocciolo della questione).

La sentenza ha effettuato una accurata ricognizione della casistica applicativa sopra riassunta, rilevando come questa abbia portato ad esiti differenti per situazioni analoghe, a causa della variabilità e genericità del criterio adottato.

La discrasia è tanto più ingiustificata, perché tutte le sentenze citate premettono un omaggio formale al principio dicotomico.

La sentenza n. 4277 ha ritenuto intollerabile per la certezza del diritto e per la funzione nomofilattica questa variabilità di esiti, e ne ha proposto il superamento con il recupero e la valorizzazione della nozione di attività connessa, in una ottica teleologica.

Ha rilevato che l'art. 207 T.U n. 1124 include nella nozione di lavori agricoli anche le attività connesse, rinviando all'art. 2135 c.c. per la nozione di imprenditore agricolo; ha ritenuto altresì che tale ultima nozione è stata ampliata dalla novella del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228.

Ha concluso, applicando tale visione teleologica al caso di specie, che “posto che l'attività volta all'acquisto del gasolio necessario per alimentare i mezzi di lavorazione della terra è attività connessa e complementare all'attività agricola, alla quale si collega sotto il profilo economico e funzionale, allo stesso modo il pagamento, in quanto costituisce un atto dovuto ed ineludibile dell'unica operazione commerciale, partecipa della stessa natura connessa e complementare all'attività agricola, indipendentemente dal momento in cui esso è eseguito”.

Ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la tutelabilità di siffatta attività ed ha rimesso a nuovo giudice d'appello per le decisione in conformità ai nuovi principi enunciati.

Ragioni dell'adesione al nuovo orientamento

Molte sono le ragioni che ci inducono a salutare con favore questa svolta giurisprudenziale.

Intanto l'analisi accurata, il ragionamento logico e robusto, la consapevolezza dell'evoluzione dei parametri base del sistema di tutela.

Qualcosa era già nell'aria: la stessa attività - acquisto di un attrezzo agricolo - era stata esclusa dalla tutela nel 1981, in quanto attività imprenditoriale (Cass. sez. lav., 9183/1981), ed ammessa nel 2002 (Cass. sez. lav., n. 9757/2002), in quanto inerente alla coltivazione del fondo ai sensi dell'art. 207 T.U. n. 1124.

L'orientamento dicotomico anteriore era giustificato, come cennato, dalle coeve nozioni di manualità, causa violenta, persone tutelate.

Al tempo delle prime sentenze sul punto la manualità era intesa come forza muscolare applicata ad una macchina, a vincere resistenze di vario tipo, come la forza di gravità, un bullone ossidato, e simili, tipiche dell'operaio, soggetto originario della tutela.

La causa violenta come forza antagonista ed esterna alla persona tutelata, che agisce in modo concentrato nel tempo.

Dopo la sentenza della Corte costituzionale sui ballerini e tersicorei (Corte Cost., 8/21 marzo 1989, n. 137), la manualità si identifica nella stessa gestualità corporea, interna alla persona tutelata, o, come si esprime la giurisprudenza di legittimità successiva, come mera corporeità.

E dopo l'opzione ermeneutica della Corte di legittimità sul rischio zero nelle macchine elettriche (a partire da Cass. sez. lav., 25 luglio 1978, n. 3741; tra le più recenti Cass. sez. lav., 22 settembre 2010, n. 20010), avvalorata dalla Corte cost. 14 ottobre 1986, n. 221, la platea delle persone tutelate si è enormemente dilatata, comprendendo altresì impiegati, dirigenti, questi ultimi consacrati ora dall'art. 4 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38.

Se dunque alcune categorie di imprenditori rientrano tra le persone tutelate, è tutelata altresì la loro opera manuale svolta con la macchina computer, ai sensi dell'art. 1 T.U. n. 1124 sull'attività protetta.

A ciò si aggiunge l'espressa definizione dell'art. 207 T.U. n. 1124 dei lavori agricoli e delle attività connesse, “ossia quelli che rientrano nell'attività dell'imprenditore agricolo, a norma dell'art. 2135 c.c.”.

Orbene, il comma 3 dell'art. 2135, come novellato dall'art. 1 L. 18 maggio 2001, n. 228, fornisce una definizione molto ampia di attività connesse, focalizzate sulla valorizzazione dei prodotti agricoli; e tra queste vi è anche la commercializzazione, e quindi anche tutte le attività finalizzate allo sbocco economico finalistico dell'azienda agricola, tra cui rientrano sicuramente gli acquisti ed i pagamenti.

Argomenti per l'applicabilità dei medesimi principi all'artigiano

Lo stesso problema si è posto per gli artigiani.

La copertura assicurativa degli artigiani è stata introdotta dall'art. 3 L. 19 gennaio 1963, n. 15, limitatamente ai casi in cui abbiano dipendenti per i quali ricorra l'obbligo assicurativo.

Tale limitazione è stata eliminata dall'art. 4 T.U. 1124, per cui ora sono assicurati tutti gli artigiani che prestano abitualmente opera manuale nelle rispettive imprese.

Si pone perciò il problema se tale riferimento all'opera manuale valga solo ai fini della individuazione della figura professionale tutelata, oppure, questa presupposta con la qualifica civilistica artigiana, abbia una funzione limitativa dell'ambito dell'attività protetta.

Non sono mancate voci nella dottrina, secondo cui il riferimento all'opera manuale è semplicemente ricognitivo della figura dell'artigiano, la cui attività sarebbe tutelata nella sua totalità senza alcuna scomposizione tra aspetto imprenditoriale ed aspetto lavorativo-esecutivo-manuale

La giurisprudenza è univoca nel secondo senso, perché la partecipazione lavorativa, anche manuale, dell'imprenditore nella impresa è insita nella nozione di artigiano come definita dalle leggi speciali (art. 2, comma 1, L. 8 agosto 1985, n. 443), e pertanto l'evidenziazione dell'attività manuale ad opera dell'art. 4 risulterebbe pleonastica ove interpretata nel primo senso.

Anche qui, sulla premessa che occorre distinguere nella complessa figura dell'artigiano l'aspetto imprenditoriale, che comprende le attività di amministrazione, organizzazione e promozione, che non sono coperte da assicurazione, da quello della partecipazione manuale alla produzione d'impresa, per la quale è garantita la tutela assicurativa, le decisioni applicative sono quanto mai ondivaghe, a seconda della nozione più o meno inclusiva di attività imprenditoriale adottata.

Anche per l'artigiano la Corte ha conosciuto valvole di apertura, quali il criterio di attività promiscue e quello dei lavori preparatori, accessori o connessi.

Così sono stati ritenuti rientranti nell'attività protetta:

  • in quanto attività promiscua, come tale non frazionabile, quella di produzione e vendita di manufatti da parte di un'artigiana, scivolata accidentalmente mentre attendeva a un'esposizione dei propri prodotti (Cass. sez. lav., 9 gennaio 2002, n. 190);
  • il trasporto di campioni ai fini della loro esposizione nello stand di una mostra, ritenendola operazione che concorre alla realizzazione del complesso dell'opera finale (Cass. sez. lav., 16 gennaio 1998, n. 334);
  • la cura dell'immobile in cui si svolge l'attività artigianale, in quanto attività connessa (Cass. sez. lav., 21 maggio 1998, n. 5099, secondo cui le attività manuali non devono necessariamente corrispondere a quelle tipiche della prestazione artigianale, perché la tutela si estende a tutti quei lavori, ancorché non tipici, che siano in ogni caso indispensabili (in quanto preparatori, accessori o connessi) alla prestazione lavorativa dell'artigiano (principio ripreso, in diverso contesto, da Cass. sez. lav., 13 febbraio 2012, n. 2016).

L'orientamento prevalente è però più restrittivo.

Vengono escluse:

  • l'attività di ufficio svolta dall'artigiano con impiego di macchine elettriche od elettroniche (Circ. INAIL 31 maggio 1988, n. 24);
  • le pratiche amministrative e bancarie svolte fuori sede (Cass. sez. lav., 19 marzo 2010, n. 6724);
  • gli acquisti di beni strumentali (quale un silos per la raccolta della segatura in un laboratorio di falegnameria: Cass. sez. lav., 7 novembre 1983, n. 6575; il materiale necessario per la realizzazione dell'opera commissionatagli dal cliente: Cass. 25 agosto 1981, n. 4998);
  • gli incassi ed i pagamenti relativi (Cass. sez. lav., 18 dicembre 1979, n. 6589; Cass. 20 luglio 1982, n. 4271);
  • gli accordi per le modalità di esecuzione dell'opera commissionata (Cass. sez. lav., 3 dicembre 1982, n. 6599);
  • per l'acquisizione di ordini (Cass. sez. lav., 10 febbraio 1987, n. 1438);
  • per lo svolgimento di attività di propaganda espositiva (Cass. sez. lav., 24 marzo 1982, n. 1870);
  • di acquisizione di contratti (Cass. sez. lav., 18 dicembre 1979, n. 6589).

Anche per la perimetrazione dell'attività protetta dell'artigiano si impone perciò un'opera di razionalizzazione.

È ben vero che non esiste per l'artigiano una norma equivalente a quella dell'art. 207 T.U. per l'imprenditore agricolo, ma il concetto di attività connessa, che fa capolino nelle sentenze citate ed è a base dei relativi commenti dottrinali, è stata la chiave che ha consentito l'espansione dell'attività protetta, nel lungo percorso di sviluppo del sistema di protezione contro gli infortuni sul lavoro, così come quella di parità di rischio per l'espansione della platea delle persone tutelate.

Grazie al principio di connessione con l'opera manuale, la giurisprudenza ha esteso nel corso di una lunga elaborazione concettuale l'area dell'attività protetta dall'originario rischio specifico proprio, quello circoscritto all'azione diretta della pressa, del tornio, etc., al rischio generico aggravato, e cioè quello che grava su tutti i comuni cittadini, aggravato però dalla causa lavorativa, nel quale ha incluso il percorso casa-luogo di lavoro, il c.d. infortunio in itinere, consacrato infine dall'art. 12 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38; agli atti prodromici (v. Cass. sez. lav., 14 febbraio 2001 n. 2117; Cass. sez. lav., 7 maggio 1998 n. 4646), tra i quali rientra lo stesso infortunio in itinere; connettivi, quali le pause fisiologiche e gli atti di locomozione interna; conclusivi, come la riconversione igienica dopo il lavoro ed il viaggio di ritorno a casa; e comunque funzionali ad esso, come le complicanze dei vaccini preventivi per il personale ospedaliero; infine al rischio ambientale.

L'estensione operata dalla sentenza n. 4277/2017 appartiene a questa logica.

L'estensione al lavoro artigiano ha l'eguale merito di dare fondamento unitario a queste persone tutelate, superando la precedente dicotomia di incerta definizione, fonte di contraddittorie applicazioni.

Guida all'approfondimento
  • De Matteis, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Milano 2016, 249 segg., 710 segg.
  • La Peccerella, Le nuove forme di rapporto di lavoro: riflessi sulla tutela antinfortunistica, in Riv.Inf.mal.prof. 2016, I, 285).
  • De Compadri-Gualtierotti, L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, Milano, 2002, 139 segg.

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