La fotocopia non autenticata dell'avviso di ricevimento può provare il perfezionamento della notifica

Sergio Matteini Chiari
13 Novembre 2017

La Cassazione affronta due questioni giuridiche: la prima consiste nello stabilire se è rituale la notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni al codice della strada sottesi alla cartella di pagamento impugnata, a fronte della produzione in giudizio di copia fotografica degli avvisi di ricevimento; la seconda nello stabilire se è rituale la stessa notificazione, eseguita a mani del portiere, senza attestazione dell'avvenuta ricerca delle altre persone abilitate.
Massima

La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell'atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l'allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poiché la regola posta dall'art. 2719 c.c. - per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell'attività di disconoscimento alla parte interessata - trova applicazione generalizzata per tutti i documenti.

In caso di notifica nelle mani del portiere, l'ufficiale notificatore deve dare atto, oltre che dell'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, ai sensi dell'art. 139, comma 2, c.p.c., onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dalla norma, secondo la successione preferenziale ivi tassativamente stabilita.

Il caso

La Sig.ra AAA agiva in giudizio, innanzi al Giudice di pace di XXX, nei confronti del Comune di BBB e di Equitalia … S.p.A., agente della riscossione, per ottenere la dichiarazione di inefficacia di una cartella di pagamento notificatale da quest'ultimo sulla base di tre verbali di accertamento di infrazioni al codice della strada.

Previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva dell'agente della riscossione, la domanda veniva accolta.

La cartella di pagamento impugnata veniva annullata sulla base dell'assorbente considerazione della mancata notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni.

In sede di gravame, proposto dal Comune soccombente, il Tribunale di YYY riformava la sentenza, ritenendo regolarmente notificati i suddetti verbali e, dichiarata la tardività dell'appello incidentale dell'appellata e l'acquiescenza della medesima alla decisione relativa al difetto di legittimazione passiva dell'agente della riscossione, accertava la validità della cartella di pagamento opposta.

L'originaria attrice proponeva ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento di tale pronuncia.

La questione

Alla Corte Suprema di Cassazione risultano essere state sottoposte due questioni giuridiche, la prima consistente nello stabilire se dovesse ritenersi rituale la notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni al codice della strada sottesi alla cartella di pagamento impugnata, a fronte della produzione in giudizio di copia fotografica degli avvisi di ricevimento e non degli originali degli stessi; la seconda consistente nello stabilire se dovesse ritenersi rituale la stessa notificazione, eseguita a mani del portiere, asseritamente in palese violazione dell'art. 139 c.p.c., senza attestazione dell'avvenuta ricerca delle altre persone abilitate.

La soluzione giuridica

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenuta l'infondatezza dei motivi di doglianza proposti.

Con riguardo alla prima delle suddette questioni, la Corte ha affermato che l'avviso di ricevimento dell'atto notificato non deve esserenecessariamente prodotto in originale.

La Corte ha richiamato a supporto di tale assunto i principi di diritto affermati da Cass. civ., sez. V, ord., 27 luglio 2012, n. 13439, secondo cui«la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell'atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l'allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poiché la regola posta dall'art. 2719 c.c. - per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell'attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace - trova applicazione generalizzata per tutti i documenti».

La Suprema Corte ha osservato che, nella fattispecie, non risultava che la ricorrente avesse operato una espressa e specifica contestazione della conformità agli originali delle copie fotostatiche prodotte dal Comune di BBB, limitandosi a sostenere semplicemente - oltre alla inderogabile necessità di produzione degli originali - che tali copie non erano chiaramente leggibili.

Con riguardo alla seconda delle suddette questioni, la Corte ha ritenuto immune da censure, in quanto correttamente e congruamente motivato, l'accertamento in fatto compiuto dal giudice autore della sentenza impugnata, che –previo esame delle copie fotostatiche prodotte in giudizio ed interpretandone il contenuto dichiarativo – aveva riscontrato che gli avvisi di ricevimento delle notificazioni dei verbali di constatazione delle infrazioni al codice della strada poste a base della cartella di pagamento impugnata contenevano l'attestazione dell'espletamento delle formalità previste dall'art. 139, comma 3, c.p.c., nonché dall'art. 7, comma 3, legge 20 novembre 1982 n. 890, in ordine alla ricerca della persone cui consegnare l'atto in mancanza del destinatario – accertamento comunque da condividere, considerato che lo stesso modello dell'avviso di ricevimento in uso per le notificazioni a mezzo del servizio postale risultava predisposto in modo tale da dare conto della mancanza degli altri soggetti abilitati, in caso di consegna dell'atto al portiere, e la sottoscrizione di detto modello da parte dell'agente postale doveva ritenersi sufficiente ad attestare l'avvenuta effettuazione della vana ricerca di detti soggetti; accertamento da cui, poi, era stato correttamente affermato, in diritto, che la consegna degli atti nelle mani del portiere era avvenuta regolarmente, per l'assenza delle altre persone legittimate a riceverli, con la conseguente validità della notificazione.

Osservazioni

Le soluzioni date dalla sentenza in commento alle questioni recate all'attenzione della Corte appaiono puntualmente rispondenti ai principi ripetutamente affermati nelle relative materie.

Per ciò che attiene alla prima delle questioni di cui al precedente paragrafo, possono compiersi le notazioni seguenti.

Al fine di stabilire l'esistenza e la tempestività della notificazione di un atto giudiziario eseguita a mezzo del servizio postale, occorre fare riferimento esclusivamente ai dati risultanti dall'avviso di ricevimento.

Tale avviso, avendo natura di atto pubblico, è provvisto della fede privilegiata attribuita dall'art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l'ufficiale giudiziario (o l'ufficiale postale legittimamente delegato dall'ufficiale giudiziario) attesta essere avvenuti in sua presenza e costituisce, pertanto, il solo documento idoneo a provare sia l'intervenuta consegna che la data di essa, nonché l'identità e l'idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita (giurisprudenza consolidata: v., ex multis, Cass. civ., sez. VI, 18 novembre 2016, n. 23546; Cass. civ., sez. VI, 11 marzo 2015, n. 4891; Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2013, n. 18427; Cass. civ., sez. V, 10 aprile 2013, n. 8717; Cass. civ., sez. V, 5 settembre 2012, n. 14861).

Qualora si intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell'a.r., la parte interessata deve proporre querela di falso,a meno che dallo stesso contesto dell'atto non risulti in modo evidente l'esistenza di un mero errore materiale compiuto dall'ufficiale giudiziario nella redazione del documento.

Al quesito se sia sufficiente, al fine di far constatare il perfezionamento della notifica, la produzione in copia fotostatica o fotografica (non autenticata) dell'avviso, la Suprema Corte ha sempre dato risposta affermativa, peraltro precisando che la valenza probatoria del documento resta subordinata alla mancanza di contestazioni in proposito (v. Cass. civ., sez. V, ord. 27 luglio 2012, n. 13439, richiamata dalla sentenza in commento; Cass. civ., sez. V, 23 ottobre 2006, n. 22770; Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2006, n. 10501).

A tale riguardo deve rammentarsi che è principio costantemente affermato quello secondo cui l'onere, stabilito dall'art. 2719 c.c., di disconoscere «espressamente» la copia fotostatica di una scrittura implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che, in relazione ad uno o più determinati documenti prodotti in copia, contenga una non equivoca negazione della loro conformità all'originale (la contestazione della conformità all'originale del documento prodotto in copia non può, pertanto, avvenire con clausole di stile e generiche), imponendosi anche la precisazione degli aspetti per i quali si assume tale difformità (Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2016, n. 12730; Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2016, n. 7105; Cass. civ., sez. VI, 13 giugno 2014, n. 13425; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2014, n. 7775; nello stesso senso anche Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2017, n. 4912, secondo cui, peraltro, le suddette precisazioni non si imporrebbero).

Per ciò che attiene alla seconda delle questioni, si rammenta, in primo luogo, che è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui l'accertamento in fatto del giudice di merito è da ritenere non sindacabile in sede di legittimità laddove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (v., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2016, n. 4893; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2015, n. 6401).

In secondo luogo, si rammenta che, in caso di notifica nelle mani del portiere, il soggetto notificatore deve dare atto, oltre che dell'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, ai sensi dell'art. 139, secondo comma, c.p.c., onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dalla norma, secondo la successione preferenziale ivi tassativamente stabilita (Cass. civ., sez. V, 27 settembre 2013, n. 22151; Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2009, n. 24536); il che, come anche ritenuto nella sentenza in commento, può ben essere realizzato mediante la corretta compilazione dello stesso modello dell'avviso di ricevimento in uso per le notificazioni a mezzo del servizio postale che risulta infatti predisposto in modo tale da dare conto della mancanza degli altri soggetti abilitati, in caso di consegna dell'atto al portiere.

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