Il nuovo ordine di liberazione dell’immobile pignorato

14 Novembre 2017

Il d.l. n. 59/2016, in sede di conversione nella l. n. 119/2016, ha modificato significativamente l'art. 560 c.p.c. in punto di attuazione e impugnazione dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato. Dopo i primi mesi di vigenza delle nuove norme, è opportuno un approfondimento sulla portata delle stesse.
Premessa

Il d.l. 3 maggio 2016, n. 59, con alcune modifiche in sede di conversione nella legge n. 119/2016, è intervenuto significativamente sull'art. 560 c.p.c., innovando il procedimento di liberazione dell'immobile pignorato (per un primo commento, v. Fanticini, Il novellato art. 560 c.p.c.: l'ordine di liberazione “auto-esecutivo”, in ilProcessoCivile.it).

Invero, sebbene siano rimasti fermi i presupposti in forza dei quali può essere emesso dal Giudice dell'esecuzione l'ordine di liberazione dell'immobile pignorato, le novità sono numerose ed, in particolare:

  1. è individuato espressamente il regime dell'ordine di liberazione;
  2. l'ordine di liberazione, non è più definito titolo esecutivo e l'attuazione dello stesso è demandata al custode sotto il controllo dello stesso Giudice dell'espropriazione immobiliare;
  3. è dettata una specifica disciplina con riguardo ai beni mobili estranei al rilascio rinvenuti nel bene oggetto dell'esecuzione.
Dall'esecuzione nelle forme di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c. all'attuazione dell'ordine dinanzi al Giudice dell'espropriazione immobiliare

Sino alla novella normativa realizzata dal d.l. 3 maggio 2016, n. 59, l'ordine di liberazione, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 560 c.p.c., costituiva titolo esecutivo per il rilascio, da eseguirsi a cura del custode.

Il titolo era quindi eseguito nel rispetto degli artt. 605 e ss. c.p.c. in tema di esecuzione forzata per rilascio di immobili, con un ruolo preponderante dell'ufficiale giudiziario rispetto al custode e le eventuali contestazioni, tra le quali le ricorrenti opposizioni ex art. 615 c.p.c. proposte dai terzi detentori, dovevano essere proposte di fronte al Giudice dell'esecuzione mobiliare e presso terzi, ossia un Giudice per definizione diverso da quello dell'espropriazione immobiliare che aveva emesso l'ordine di liberazione.

In tale assetto non era peregrino il rischio che il Giudice dell'esecuzione mobiliare adottasse valutazioni difformi, specie con riguardo alle pretese sull'immobile dei terzi detentori o pretendenti, rispetto a quelle operate dal Giudice dell'esecuzione immobiliare che, avendo emesso l'ordine di liberazione, aveva implicitamente ritenuto infondate le stesse.

Non di rado, inoltre, «alcuni ufficiali giudiziari adducevano ostacoli all'esecuzione dell'ordine giudiziale ergendosi ad arbitri della sua attuazione, così fraintendendo il proprio ruolo nell'ordinamento e i poteri loro affidati (i quali sono volti ad eseguire coattivamente i provvedimenti dell'autorità giudiziaria e non a evitare che ciò accada)» (Fanticini, Il novellato art. 560 c.p.c.: l'ordine di liberazione “auto-esecutivo”, cit.).

Pertanto, l'odierno art. 560 c.p.c. non fa più riferimento alla natura di titolo esecutivo del provvedimento di liberazione, stabilendosi, invece, che lo stesso è “attuato” dal custode secondo le disposizioni dettate dal Giudice dell'esecuzione immobiliare. L'utilizzo della terminologia e la circostanza che detta attuazione debba avvenire senza l'osservanza delle formalità previste dagli artt. 605 e ss. c.p.c., rende ragione della tesi per la quale il provvedimento in questione, pur se emanato dal Giudice dell'esecuzione, trova la propria concreta realizzazione nelle forme dell'attuazione cautelare, pur essendo privo, evidentemente, della relativa natura (cfr. Fanticini, Il novellato art. 560 c.p.c.: l'ordine di liberazione “auto-esecutivo”, cit., per il quale la circostanza che l'ordine in questione non venga più definito titolo esecutivo non ne fa venir meno la natura di atto “auto-esecutivo” secondo quella che era la prassi anteriore alle novelle normative degli anni 2005-2006).

Nel nuovo assetto, quindi, la liberazione dell'immobile pignorato è effettuata dal custode secondo le direttive del Giudice dell'esecuzione contenute nello stesso ordine e secondo modalità coerenti con le esigenze di celerità coessenziali all'attuazione di un titolo nell'ambito di un sub-procedimento interno ad altra procedura esecutiva.

Ad esempio, il custode può notificare all'esecutato ed agli eventuali terzi detentori l'ordine di liberazione, in uno con il preavviso di rilascio, evitando una duplicazione delle relative formalità.

In generale, l'attuazione dell'ordine di liberazione si svolge, secondo il modello dell'esecuzione in via “breve” proprio dell'attuazione cautelare, sotto il controllo del Giudice dell'espropriazione immobiliare cui ciascuna parte ed in primis il custode potrà rivolgersi per la decisione delle difficoltà insorte in sede di liberazione del bene (cfr., tra le molte, Cass. civ., 10 luglio 2014, n. 15761, per la quale l'attuazione di misure cautelari, aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, non avvia un separato procedimento di esecuzione ma costituisce una fase del procedimento cautelare in cui il Giudice, da intendersi come ufficio, che ha emanato il provvedimento cautelare, ne determina anche le modalità di attuazione, risolvendo con ordinanza le difficoltà e le contestazioni sorte).

Per altro verso, in considerazione delle difficoltà cui può andare incontro il custode soprattutto in alcune realtà territoriali nella liberazione di un immobile senza l'ausilio dell'ufficiale giudiziario, l'art. 560 c.p.c. novellato prevede che, ai fini dell'attuazione dell'ordine di liberazione, il custode possa avvalersi della forza pubblica e richiedere al Giudice la nomina di ausiliari ex art. 68 c.p.c.. Quest'ultima esigenza ricorre sovente, quando si tratti di liberare beni immobili, e venga, ad esempio, dedotta dall'occupante del bene una malattia o altro impedimento fisico che non gli consentirebbe di lasciare il bene senza un grave pregiudizio per il proprio stato di salute. L'obiettivo del legislatore è quello di accelerare la liberazione del bene, specie se sia stato già pronunciato decreto di trasferimento.

Opposizione avverso l'ordine di liberazione

Il d.l. n. 59/2016 è intervenuto, poi, sul regime dell'ordine di liberazione.

É opportuno ricordare che, sebbene detto ordine fosse definito dall'art. 560 c.p.c. nella pregressa formulazione “non impugnabile”, tuttavia nella giurisprudenza di legittimità era stata affermata la possibilità di contestare la stessa con opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., n. 25654/2010).

Con un emendamento approvato al Senato in corso di conversione del d.l. in esame, è stato espressamente previsto che, di norma, il provvedimento di liberazione dell'immobile pignorato è soggetto ad opposizione ex art. 617 c.p.c..

Detto regime, peraltro, è stato espressamente esteso, con l'unica (ovvia) precisazione che in detta ipotesi il termine per interporre opposizione decorre dalla notificazione del provvedimento al terzo anche all'ipotesi nella quale a contestare l'ordinanza di liberazione sia un terzo detentore che deduca un titolo autonomo alla procedura, ed in particolare un diritto di godimento, fattispecie nella quale la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto, più correttamente, esperibile l'opposizione all'esecuzione (v., tra le molte, Cass. civ., n. 15623/2010).

Si è osservato, da parte dei primi commentatori, che detta riforma è coerente con la circostanza che l'ordine di liberazione non costituisce più un titolo che deve essere eseguito ex artt. 605 e ss. c.p.c. e quindi non dà luogo ad una esecuzione avverso la quale potrebbe esperirsi l'opposizione all'esecuzione. Secondo questa prospettiva, pertanto, l'unico rimedio proponibile è l'opposizione agli atti, essendo comunque l'ordine di liberazione un atto esecutivo, senza che possano darsi dubbi di legittimità costituzionale della disciplina complessiva per il fatto che l'opposizione agli atti è definita con sentenza inappellabile (Fanticini, Il novellato art. 560 c.p.c.: l'ordine di liberazione “auto-esecutivo”, cit.).

Questa impostazione potrebbe condividersi solo ove la stessa postuli che l'opposizione agli atti sia soltanto il veicolo processuale, fermo il potere, con lo stesso, del terzo detentore di far valere questioni di merito, ossia di vantare un diritto autonomo ed opponibile rispetto al titolo del creditore procedente.

Invero, qualunque interpretazione limitativa del potere del terzo detentore (o pretendente in usucapione) di far valere l'opponibilità della propria situazione giuridica soggettiva alla procedura esecutiva finirebbe con il tradursi in una violazione dell'art. 24 Cost..

Peraltro, sul piano sistematico, vi sono altre ipotesi nelle quali il legislatore ha previsto il più duttile rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, rispetto a quello dell'opposizione all'esecuzione, per far veicolare questioni di merito. Tra gli altri, possono ricordarsi la decisione delle controversie distributive ex art. 512 c.p.c. da parte del Giudice dell'esecuzione con ordinanza opponibile ex art. 617 c.p.c. e la definizione con ordinanza parimenti impugnabile con opposizione agli atti esecutivi del procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo da parte del Giudice dell'esecuzione.

Regime dei beni mobili estranei all'esecuzione

Sotto altro profilo, sempre in sede di conversione del d.l. 3 maggio 2016, n. 59, vengono introdotte opportune precisazioni – nel momento in cui l'ordinanza di liberazione non è più titolo esecutivo che segue la disciplina dell'esecuzione in forma specifica ai sensi degli artt. 605 e ss. c.p.c. – in ordine alla “sorte” dei beni mobili estranei all'esecuzione rinvenuti in loco.

La disciplina è molto simile a quella dettata dall'art. 609 c.p.c. dopo la riforma di cui al d.l. 12 settembre 2014, n. 132, ma sono previsti significativi “adattamenti” nella prospettiva di rendere ancor più celere ed efficiente la fase della liberazione, a cura del custode, dell'immobile pignorato.

Invero, non si prevede alcun regime “privilegiato”, come nell'art. 609 c.p.c., per i documenti concernenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale.

Si stabilisce solo che quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi d'urgenza. Qualora l'asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del Giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.

Non è prevista, come nell'art. 609 c.p.c., poi, la facoltà per il custode di disporre la vendita dei beni ove da considerarsi abbandonati per sostenere le spese dell'esecuzione. Non sembra a nostro sommesso parere escluso che ove i beni abbiano un qualche valore il custode possa nondimeno richiedere al Giudice di autorizzarne la vendita.

In sostanza è stato disegnato un procedimento che pur modellato sull'art. 609 c.p.c. ne semplifica i meccanismi, eliminando gli adempimenti procedurali che sarebbero incompatibili con le esigenze di ragionevole durata della procedura esecutiva immobiliare.

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