Il “vecchio” regime fiscale dei cd. “nuovi minimi”: cause di uscita dal regime e redditi rientranti nello stesso

14 Novembre 2017

Si chiede se, nel caso in cui un contribuente minimo abbia acceso la partita IVA nel 2014 e sottoscriva l'anno successivo un contratto come dipendente presso un'azienda privata con mansione che, come verificato, non crea incompatibilità con l'attività di professionista/autonomo, il soggetto in questione rimanga nel regime agevolato oppure no. In quali casi vi è la fuoriuscita dal regime e quali sono i limiti dei ricavi? Viene considerato il cumulo dei redditi da autonomo e dipendente o vanno considerati solo i ricavi da autonomo come condizione necessaria per rimanere nel regime agevolato?
Si chiede se, nel caso in cui un contribuente minimo abbia acceso la partita IVA nel 2014 e sottoscriva l'anno successivo un contratto come dipendente presso un'azienda privata con mansione che, come verificato, non crea incompatibilità con l'attività di professionista/autonomo, il soggetto in questione rimanga nel regime agevolato oppure no. In quali casi vi è la fuoriuscita dal regime e quali sono i limiti dei ricavi? Viene considerato il cumulo dei redditi da autonomo e dipendente o vanno considerati solo i ricavi da autonomo come condizione necessaria per rimanere nel regime agevolato? I quesiti posti si concentrano sulla disciplina del regime agevolato dei cd. “nuovi minimi”, alla quale un contribuente – che ne avesse avuto i requisiti – poteva aderire sino al 31 dicembre 2015, in virtù di quanto da ultimo disposto con l'art. 10, comma 12-undecies, del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (convertito con modificazioni con la L. 27 febbraio 2015, n. 11).

Segnatamente, la disciplina dei nuovi minimi era regolata dall'art. 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (il “D.L. n. 98/2011”), il quale prendeva a sua volta le mosse da una precedente disciplina (dei minimi) definita, quest'ultima, dall'art. 1, commi da 96 a 117, della L. 24 dicembre 2007, n. 244. Ai fini che qui rilevano, il 1° comma dell'art. 27 del D.L. n. 98/2011 stabiliva che “per favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro e, inoltre, per favorire la costituzione di nuove imprese, gli [in allora vigenti] regimi forfettari erano riformati e concentrati in funzione di questi obiettivi. Conseguentemente, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime di cui all'art. 1, commi da 96 a 117, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applicava, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche: a) che intraprendevano un'attività d'impresa, arte o professione; ovvero b) che l'avevano intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007. In questo ambito, poi, l'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali prevista dal comma 105 dell'art. 1 della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 era ridotta al 5 per cento e, inoltre, il regime di cui ai periodi precedenti era applicabile anche oltre il quarto periodo di imposta successivo a quello di inizio dell'attività ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età”.

Le specifiche condizioni richieste “alle [richiamate] persone fisiche:

a) che intraprendevano un'attività d'impresa, arte o professione;ovvero

b) che l'avevano intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007” per poter accedere ai nuovi minimi erano anzitutto quelle stabilite dal successivo 2° comma dell'art. 27 del D.L. n. 98/2011, ossia “che:

  1. il contribuente non avesse esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 1, del D.L. n. 98/2011, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
  2. l'attività da esercitare non costituisse, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
  3. qualora venisse proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non fosse superiore a 30.000 euro”.

A queste condizioni, si aggiungevano quelle definite nella L. n. 244/2007 (in particolare, nel 96° e nel 99° comma dell'articolo 1) per il previgente regime dei minimi.

Il primo (il 96° comma) statuiva che potessero aderire a detto regime “le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:

  • nell'anno solare precedente: 1) [avevano] conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro; 2) non [avevano] effettuato cessioni all'esportazione; 3) non [avevano] sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'art. 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli artt. 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all'art. 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al d.P.R. n. 917/1986;
  • nel triennio solare precedente non [avevano] effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro”.

Il secondo (il comma 99) escludeva, invece, la possibilità di aderire al regime dei minimi: “a) [alle] persone fisiche che si [avvalevano] di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; b) [ai] soggetti non residenti, ad eccezione dei soggetti residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che [assicurasse] un adeguato scambio di informazioni, i cui redditi [fossero] prodotti nel territorio dello Stato italiano in misura pari almeno al 75 per cento del reddito complessivamente prodotto; c) [ai] soggetti che in via esclusiva o prevalente [effettuavano] cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'art. 10, numero 8), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'art. 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427; d) [agli] esercenti attività d'impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente [partecipavano] a società di persone o associazioni di cui all'art. 5 del citato testo unico di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all'art. 116 del medesimo testo unico”.

Stante il quadro sin qui descritto, è ora possibile offrire una risposta ai quesiti posti. Tale risposta viene fornita sulla scorta del fatto che il soggetto (nel 2014), al momento dell'adesione ai nuovi minimi, rispettasse le condizioni per potervi accedere.

Ciò premesso, in ordine al primo quesito – vale a dire se un “contribuente minimo che abbia acceso la partita IVA nel 2014 e sottoscriva l'anno successivo un contratto come dipendente presso un'azienda privata con mansione che, come verificato, non crea incompatibilità con l'attività di professionista/autonomo, … rimanga nel regime agevolato oppure no” – occorre osservare che la fattispecie in esso indicata, non precluda di per sé la possibilità di rimanere all'interno del regime in parola, posto che l'assunzione come dipendente è avvenuta successivamente. Concorde in proposito anche l'Amministrazione finanziaria, la quale, nella sua Circolare 17/E del 30 maggio 2012, sottolineava (v. pag. 11) come fosse “consentito continuare ad applicare il regime fiscale di vantaggio ai soggetti che iniziano una attività di lavoro dipendente anche in ambiti omogenei a quelli che caratterizzano l'attività di lavoro autonomo o di impresa non essendo ravvisabile in tal caso alcuno spostamento di imponibile ad un regime più favorevole per il contribuente [e, al riguardo, richiamava come esempio il] … caso di un geometra che svolga attività libero professionale in regime agevolato assunto come lavoratore dipendente per il medesimo profilo professionale”.

Passando al secondo quesito, lo stesso, nella sua prima parte, vuole conoscere le cause a seguito delle quali in generale si fuoriesca dal regime agevolato. In questo ambito, va detto che la cessazione può essere:

  1. volontaria”, nel momento in cui è il contribuente a decidere di optare per il regime ordinario [v. per maggiori dettagli il Provvedimento del Direttore pro tempore dell'Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2011, n. 185825]; oppure
  2. obbligatoria”, nel momento in cui:
  • a mente del 1° comma dell'art. 27 del D.L. n. 98/2011 sia scaduto il quinquennio di applicazione del regime (“il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e … i quattro successivi”), salvo che il contribuente non abbia “ancora compiuto trentacinque anni, [in tal caso è possibile] … prolungare l'applicazione del regime fino al periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età”; o
  • venga meno (anche a seguito di accertamento divenuto definitivo) una o più delle richiamate condizioni indicate nel comma 96 dell'art. 1 della L. n. 244/2007; o
  • il contribuente venga (anche a seguito di accertamento divenuto definitivo) a rientrare in una di quelle previste dal comma 99 dell'art. 1 della L. n. 244/2007.

Come, invece, rimarcato nella Circolare 17/E, “i requisiti previsti dall'art. 27, comma 2, del D.L. n. 98/2011 non rilevano, visto che i medesimi … devono essere posseduti [solamente] alla data di inizio dell'attività”.

La seconda parte del secondo quesito si sofferma, poi, sui ricavi-limite, oltre i quali cessano i nuovi minimi. Orbene, per come dianzi risposto alla prima parte del secondo quesito, per permanere nei nuovi minimi non bisogna conseguire ricavi annui superiori ai 30.000,00 euro. Peraltro, pur non essendo stato richiesto nel quesito, si ritiene utile per completezza richiamare l'attenzione sul fatto che la Circolare 17/E (v. pag. 25) – nel segnalare che “il regime cessa di avere efficacia dall'anno successivo a quello in cui vengono a mancare le condizioni di cui al comma 96, ovvero si realizza una delle fattispecie indicate nel comma 99 – evidenzia che, tuttavia, nel caso in cui i ricavi o compensi superano di oltre il 50 per cento il limite di 30.000 euro il regime cessa di avere applicazione nell'anno stesso in cui avviene il superamento [e,] in tal caso, il contribuente deve porre in essere gli ordinari adempimenti contabili ed extracontabili posti a carico degli imprenditori e dei professionisti” (v. per ulteriori dettagli ancora la Circolare 17/E, pagg. 25 e segg.).

Infine, si ritiene di poter rispondere negativamente all'ultimo quesito, ossia se nella quantificazione del suddetto limite di ricavi si debba tenere conto anche dei redditi ottenuti con il lavoro dipendente, posto che, a mente del comma 104 dell'art. 1 della L. 244/2007, “il reddito di impresa o di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività di impresa o dell'arte o della professione, concorrendo, altresì, alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all'impresa o all'esercizio di arti o professioni. In questo ambito, i contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell'art. 12 del citato testo unico di cui al decreto d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma 104”.

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