I (limitati) poteri del Giudice dell’esecuzione sulle eccezioni del conduttore titolare di contratto opponibile alla procedura
15 Novembre 2017
Massima
Le eccezioni sollevate dal conduttore, titolare di contratto di locazione opponibile alla procedura, ed il suo rifiuto a corrispondere il canone pur mantenendo la disponibilità dell'immobile violano il rapporto di proporzionalità, che deve sempre sussistere, tra l'inadempimento del locatore e l'esercizio del potere di autotutela. Il terzo conduttore è, pertanto, tenuto a versare i canoni di locazione come contrattualmente previsti, eventualmente ridotti nella misura del 20%. Il caso
Il custode giudiziario notificava ad una società, quale terzo nella disponibilità dell'immobile pignorato, l'ordine di liberazione del bene precedentemente emesso dal Giudice dell'esecuzione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 560 c.p.c.. Al momento della notificazione la società dichiarava al custode di essere conduttrice del bene, in forza di contratto di locazione opponibile alla procedura. Al contempo la conduttrice eccepiva, comunque, l'inadempimento della locatrice essendo, la res locata, inidonea – per difformità urbanistica – all'uso pattuito. Successivamente la società conduttrice proponeva opposizione – ex artt. 560 e 617 c.p.c. – avverso l'ordine di liberazione dell'immobile perché il Tribunale revocasse l'ordine di liberazione, stante l'opponibilità alla procedura del contratto di locazione (concluso e registrato prima del pignoramento). Dal proprio canto il Giudice dell'esecuzione adottava un nuovo provvedimento, notificato alla società conduttrice due giorni dopo la proposizione dell'opposizione.
La questione
Quali sono i poteri del Giudice dell'esecuzione sulle eccezioni del conduttore titolare di contratto opponibile alla procedura? Le soluzioni giuridiche
Il provvedimento del Giudice, emanato dopo aver «letta la relazione del custode» stabiliva che:«le eccezioni sollevate da parte conduttrice ed il suo rifiuto a corrispondere il canone pur mantenendo la disponibilità dell'immobile violano il rapporto di proporzionalità, che deve sempre sussistere, tra l'inadempimento del locatore e l'esercizio del potere di autotutela posto in essere dal conduttore». Ad un tempo il Giudice ordinava alla conduttrice di «versare i canoni di locazione come contrattualmente previsti, eventualmente ridotti nella misura del 20%. Diversamente invita il custode a proseguire l'azione volta alla liberazione dell'immobile». La decisione, peraltro emessa in difetto di contraddittorio, non sembra corretta per due diversi ordini di ragioni. In primo luogo perché se l'immobile è occupato da terzo - titolare di contratto opponibile alla procedura – lo ‘strumento' per dirimere una lite in ordine al(l'importo del) medesimo contratto di locazione non è un provvedimento del Giudice dell'esecuzione, ma quello ordinario delle azioni spettanti al locatore e, nel caso di specie, al custode. Al riguardo va, per completezza, ribadito che il quinto comma dell'art. 560 c.p.c. attribuisceal custode, previa autorizzazione del Giudice dell'esecuzione, la legittimazione all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed alle «azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità». In altre parole l'accertamento dell'(eventuale) inadempimento del conduttore, la conseguente risoluzione del contratto e l'ordine di rilascio possono e debbono essere conseguiti dal custode ma all'esito dell'esperimento di un'azione giudiziaria (e dunque di una domanda), o meglio, di un processo di cui sia parte convenuta il conduttore e certo non possono essere delibati – come nella specie – dal Giudice dell'esecuzione. Né potrebbe ritenersi che tale giudizio possa rivestire le forme dell'opposizione ex art. 560 c.p.c., ma deve essere quello ordinario a cognizione piena, con le garanzie del doppio grado di giurisdizione. A ritenere diversamente i diritti del terzo patirebbero una vistosa ed ingiustificata limitazione in caso di pignoramento del bene locato. Sotto altro - ma non meno rilevante - profilo va considerato che il Giudice può disporre il rilascio del bene da parte del terzo, solo se questi risulti privo di un titolo opponibile alla procedura. Ed infatti, il novellato art. 560 c.p.c. non può certo interpretarsi nel senso che il Giudice dell'esecuzione possa decidere (senza processo) su diritti e posizioni giuridiche del terzo diverse, appunto, dalla opponibilità di un titolo alla procedura, salva l'ipotesi dell'eventuale canone a prezzo vile di cui all'art. 2923 c.c.. Osservazioni
Del resto, se si attribuisse tale potere in capo al Giudice dell'esecuzione, non avrebbe alcun senso la previsione contenuta nell'art. 560 c.p.c. in forza della quale «Il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del Giudice dell'esecuzione, all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità».In sintesi, se il Giudice dell'esecuzione “autorizza” il custode ad “esercitare le azioni previste dalla legge” è perché non può il medesimo Giudice assumere (senza processo) provvedimenti su quei diritti o posizioni giuridiche che sono l'oggetto ed il risultato delle azioni esperite dal custode. Né l'esigenza di accelerare la fase di rilascio dell'immobile pignorato e le modifiche apportate all'art. 560 c.p.c. dalle recenti riforme sembrano interferire sulla facoltà del terzo conduttore, titolare di un contratto opponibile alla procedura, di agire, in via ordinaria, in caso di inidoneità della res locata all'uso pattuito. Ciò, al fine di conseguire la risoluzione del contratto o l'adempimento del locatore, fermo in ogni caso il diritto al risarcimento del danno. In conclusione, non sembra che la quantificazione operata del Giudice dell'esecuzione circa la misura della diminuzione del canone di locazione, trovi fondamento nel dato normativo, con conseguente riconoscimento in capo al terzo conduttore della facoltà, ex art. 1460 c.c., di eccepire l'inadempimento del locatore. Da ultimo, non può condividersi l'ultima parte del provvedimento laddove il Giudice, in caso di mancato versamento delle somme decurtate del 20%, «invita il custode a proseguire l'azione volta alla liberazione dell'immobile». Si tratta di un'affermazione impropria se solo si considera che la recente modifica dell'art. 560 c.p.c., sottrae il provvedimento alle forme dell'esecuzione in forma specifica per prevedere una sua attuazione “endoesecutiva” direttamente da parte del custode giudiziario, secondo le disposizioni e sotto il controllo del Giudice dell'espropriazione immobiliare. È dunque incontestabile che il nuovo art. 560 c.p.c. non configura affatto «un'azione (esercitata dal custode) volta alla liberazione dell'immobile».
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