L’interruzione del processo dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni

16 Novembre 2017

Cosa succede se l'evento interruttivo viene rilevato soltanto nella comparsa conclusionale?

Quid iuris nel caso in cui l'evento interruttivo venga rilevato nella comparsa conclusionale?

Prima di rispondere al quesito occorre fare una breve premessa.

Con riferimento alla questione in esame viene in rilievo il quinto comma dell'art. 300 c.p.c..

La ratio di tale disposizione, prima della riforma di cui alla l. n. 353/1990, era evidente: dal momento che dopo l'udienza di discussione si esauriva il contraddittorio e non era necessaria altra attività difensiva, gli eventi interruttivi, non arrecando pregiudizio alcuno, restavano privi di effetto. A seguito della novella di cui alla l. n. 353/1990 la discussione orale è divenuta facoltativa (art. 190-bis, comma 2, c.p.c.), ragion per cui si è posto il problema degli effetti dell'evento interruttivo verificatosi dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni ma prima dell'emanazione della sentenza, atteso che in tale lasso temporale si attua l'attività di deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

In giurisprudenza non vi è univocità di vedute. Secondo l'orientamento minoritario,la fase processuale successiva all'udienza di precisazione delle conclusioni sarebbe assimilabile a quella che segue la chiusura della discussione orale (del vecchio rito), e da questo deriverebbe l'inefficacia sul processo di tutti gli eventi interruttivi verificatisi dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni. Al contrario, l'orientamento dominante ritiene che il limite temporale fino al quale l'evento interruttivo produce i suoi effetti, ove una delle parti non richieda la discussione orale, coincide con la scadenza del termine di deposito delle memorie di replica.

Ciò detto, occorre altresì tenere ben presente la diversa efficacia processuale degli eventi interruttivi a seconda che riguardino la parte o il procuratore. Infatti: (i) se l'evento interruttivo colpisce la parte e la stessa sia costituita a mezzo di un procuratore, l'interruzione è subordinata alla di lui dichiarazione in udienza o alla notifica alle altre parti (ad eccezione del caso in cui l'evento sia il fallimento della parte, poiché in tal caso l'interruzione si produce automaticamente ai sensi dell'art. 43, comma 3, l. fall.); (ii) se l'evento interruttivo colpisce il difensore, invece, l'interruzione si produce ipso iure. Per cui, nel primo caso, dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni, in difetto di notifica ad opera del procuratore costituito, l'evento interruttivo che colpisce la parte non ha rilievo, mentre nel secondo caso l'evento rileva automaticamente anche dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni.

Pertanto, in tal modo rispondendo al quesito, nell'ipotesi in cui l'evento interruttivo venga rilevato soltanto nella comparsa conclusionale (presupponendo che l'evento interruttivo abbia colpito la parte), l'interruzione del processo non si produce. In effetti, in caso di morte o perdita della capacità della parte costituita, per far sì che il giudizio si interrompa, il procuratore è tenuto a dichiararlo in udienza o a notificarlo alle altre parti; per cui deve escludersi che determini l'interruzione del processo la dichiarazione che risulti solo dalla comparsa conclusionale, la quale costituisce un tipico atto difensivo non equiparabile alla dichiarazione resa in udienza o alla notificazione (cfr. Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 2002, n. 15080 e Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19139).

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