Bancarotta: condannati anche i sindaci che non hanno vigilato sulle operazioni dolose degli amministratori
17 Novembre 2017
Rispondono anche i sindaci, per omessa vigilanza, per le ipotesi di fallimento determinate da operazioni dolose, compiute dagli amministratori della società, ai sensi dell'art. 223, comma 2, n. 2, l. fall. È il principio ribadito dalla Cassazione, Sez. Feriale Penale, nella sentenza n. 52433 depositata il 16 novembre. Il caso. Il GUP del Tribunale di Milano condannava i sindaci di una società fallita per avere omesso di vigilare sul generale andamento della società e di controllare la regolare tenuta della contabilità, non avendo così impedito il fallimento, causato da operazioni poste in essere dagli amministratori, a loro volta sottoposti a procedimento penale conclusosi con patteggiamento. La Corte d'Appello riformava parzialmente la sentenza, concedendo le attenuanti e riducendo le pene irrogate, confermando nel resto la condanna. I sindaci proponevano, quindi, ricorso per cassazione. Fatti di bancarotta: il fallimento causato da operazioni dolose. Ai sindaci viene contestato il reato di cui all'art. 223, comma 2. La S.C. ricorda la distinzione tra le due ipotesi delittuose ivi previste: per pacifica giurisprudenza, infatti, la causazione dolosa del fallimento (n. 1) e il fallimento determinato da operazioni distinte (n. 2), non sono assimilabili, in quanto sotto il profilo soggettivo nella prima ipotesi il fallimento è voluto specificamente (dolo specifico), mentre nella seconda ipotesi è solo l'effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria ,a non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare (dolo generico): così, Cass. Pen. n. 11624/2012; Cass. Pen., n. 17690/2010. Rientra nelle operazioni dolose il ricorso abusivo al credito (Cass. Pen., n. 19101/2004). L'obbligo di vigilanza dei sindaci sull'andamento gestionale societario. Quanto alla responsabilità dei componenti del collegio sindacale, la S.C. conferma l'impianto motivazionale della sentenza impugnata, la quale, dopo aver affermato che esiste un obbligo, in capo ai sindaci, di non limitarsi a un mero controllo formale della contabilità, bensì di vigilare, in forma penetrante e costante, sul generale andamento gestionale societario, ha ravvisato che la macroscopica attitudine delle condotte contestate agli amministratori a pregiudicare la salute economica della società, avrebbe dovuto “costituire un segnale d'allarme per l'organismo preposto al controllo”. Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno ritenuto responsabili, per omessa vigilanza, anche i sindaci della società fallita. |