La prededucibilità dei crediti dei professionisti nella legge delega

Daniele Fico
17 Novembre 2017

Nell'esercizio della delega per il riordino della procedura di concordato preventivo, il legislatore, al fine del contenimento delle spese in prededuzione, tra i principi ed i criteri direttivi cui il Governo è invitato ad attenersi è intervenuto in una duplice direzione: previsione dell'entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore e perdita del beneficio della prededuzione in caso di mancata apertura della procedura concordataria.
Premessa

Nell'esercizio della delega per il riordino della procedura di concordato preventivo, il legislatore, al fine del contenimento delle spese in prededuzione, tra i principi ed i criteri direttivi cui il Governo è invitato ad attenersi è intervenuto in una duplice direzione: previsione dell'entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore e perdita del beneficio della prededuzione in caso di mancata apertura della procedura concordataria.

L'autore, dopo aver esaminato tali principi ed essersi soffermato sui crediti prededucibili in ambito concordatario, anche alla luce della recente giurisprudenza, suggerisce ulteriori possibili interventi da parte del legislatore delegato in tema di riduzione dei costi.

Principi e criteri direttivi in tema di crediti prededucibili previsti nella legge delega

La L. 19 ottobre 2017, n. 155 (pubblicata in G.U. 30 ottobre 2017, n. 254) ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (disegno di legge n. 3671-bis).

Tra i principi generali cui il Governo è chiamato ad attenersi nell'esercizio della delega, l'art. 2, comma 1, lett. l), indica quello della riduzione della durata e dei “costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure”.

In particolare, per il riordino della procedura di concordato preventivo, al fine di contenere le spese in prededuzione ed evitare quindi ingenti costi di accesso alla procedura concordataria con conseguente ingiustificabile sottrazione di risorse che dovrebbero essere destinate ai creditori concorsuali, cioè a coloro che hanno effettivamente sopportato il rischio d'impresa” (così F. Lamanna, La riforma concorsuale in progress: dalla legge delega alla sua (rapida) attuazione, in questo portale, 23 ottobre 2017), il legislatore (art. 6, comma 1, lett. c), tra i principi ed i criteri direttivi cui il Governo è invitato ad attenersi, è intervenuto in due direzioni:

  • previsione dell'entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore, da commisurare proporzionalmente all'attivo dell'impresa soggetta alla procedura;
  • riconoscimento della prededuzione ai crediti dei professionisti sorti in funzione del deposito della domanda, anche prenotativa ex art. 161, comma 6, l. fall., della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo del suddetto articolo 161, a condizione che la procedura sia aperta a norma dell'art. 163 l. fall.

Quale osservazione preliminare, risulta importante rilevare che tale disposizione è circoscritta ai soli crediti dei professionisti incaricati dal debitore, con esclusione, quindi, dei crediti diversi dai precedenti (come, a titolo esemplificativo, quelli inerenti alle forniture di beni e servizi), per i quali la preoccupazione del legislatore è quella di evitare il riconoscimento di oneri prededucibili in assenza di un controllo degli organi giudiziali sulla fonte dell'obbligazione che abbia determinato il credito.

Tanto premesso, con il principio sub a) l'ammontare dei costi inerenti alle prestazioni dei professionisti incaricati dal soggetto che presenta ricorso di ammissione alla procedura di concordato preventivo (advisors incaricati della revisione della contabilità e della stesura del piano, legali estensori della domanda/proposta, attestatore, periti stimatori dei cespiti da liquidare) è correlato al totale dell'attivo dell'imprenditore soggetto a tale procedura. Al riguardo, si può discutere se per attivo debba intendersi quello risultante dall'elenco analitico ed estimativo delle attività di cui all'art. 161, comma 2, l. fall., oppure, come parrebbe lecito ritenere, quello risultante dalla relazione del commissario giudiziale ex art. 172 l. fall.

In merito al principio sub b), invece, la prededucibilità dei crediti dei professionisti sorti in funzione della domanda di concordato, anche prenotativa, è subordinata all'apertura della procedura concordataria ai sensi del primo comma dell'art. 163 l. fall.; con la conseguenza che, ove la domanda sia dichiarata improcedibile ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., oppure la procedura non sia dichiarata aperta, i sopra menzionati crediti, nell'ipotesi di successiva dichiarazione di fallimento, avranno natura (solo) privilegiata.

Sull'argomento, giova ricordare che già con l'art. 11, comma 3-quater, L. 21 febbraio 2014, n. 9 (La legge aveva aggiunto l'art. 11, comma 3-quater,che recitava “La disposizione di cui all'art. 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1642, n. 267, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni, sono prededucibili a condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi dell'articolo 161, sesto comma.”) - successivamente abrogato ad opera dell'art. 22, comma 7, D.L. 91/2014 convertito nella L. 116/2014, in vigore dal 21 agosto 2014 - la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione del concordato con riserva era stata condizionata al duplice requisito del deposito della proposta concordataria entro il termine fissato e dell'apertura della procedura di concordato pieno senza soluzione di continuità.

Dal momento che la norma espunta escludeva la ultrattività delle prededuzioni sorte nell'ambito del preconcordato poi abortito (sul tema, si rinvia a F. Lamanna, La limitata ultrattività della prededuzione secondo il decreto “destinazione Italia” nella consecutio tra il preconcordato e le altre procedure concorsuali, in questo portale, 25 marzo 2014), il risultato raggiunto con il suddetto intervento legislativo era stato ravvisato nel chiarimento in senso opposto a quello voluto in sede di conversione del D.L. 145/2013 e, segnatamente, nel senso del pieno riconoscimento della prededuzione per i crediti sorti “in occasione ed in funzione” del concordato con riserva, riconducendo tale fattispecie ai principi di carattere generale fissati dall'art. 111, comma 2, l. fall. (una conferma ad una possibile lettura nel senso illustrato si rinviene in Trib. Monza 23 ottobre 2014, in cui in sede di opposizione allo stato passivo da parte di un professionista che chiedeva il riconoscimento della prededuzione al proprio credito originato dall'attività di assistenza legale al deposito della domanda di concordato con riserva, viene sancito che “il riconoscimento della prededuzione deve essere valutato esclusivamente alla luce della norma di cui all'art. 111, l. fall.“).

I crediti prededucibili nell'ambito concordatario

Come noto, l'art. 111, comma 2, l. fall., considera prededucibili i crediti qualificati da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali. In virtù di tale disposizione, pertanto, la prededuzione è riconosciuta, oltre che nelle fattispecie tassativamente previste dalla legge fallimentare, anche per i crediti sorti durante la procedura e per quelli in funzione della stessa, cioè per i crediti sorti antecedentemente alla procedura concorsuale strumentali alle finalità della medesima. La disposizione in esame detta, quindi, un precetto di carattere generale che, al fine di favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. 8 aprile 2013, n. 8533, in questo portale, secondo cui l'art. 111, comma 2, l. fall., intenderebbe prevedere la prededucibilità per tutti i crediti sorti in funzione di procedure concorsuali, senza distinzioni tra tipologie di crediti).

Venendo al tradizionale tema del trattamento dei crediti maturati nel corso del concordato preventivo nell'ambito del successivo fallimento, è noto che le questioni maggiormente controverse in dottrina e giurisprudenza riguardano l'interpretazione dei criteri di formazione della prededuzione atipica. A tal fine, è opportuno evidenziare, preliminarmente, che è consolidato il principio dell'alternatività ed autonomia tra i due criteri menzionati, dovendosi ritenere disgiuntiva la “o” utilizzata dalla norma (Cfr., ex multis, Cass. 5 marzo 2014, n. 5098).

Il primo dei due canoni postula la coincidenza cronologica tra credito e procedura. Invero, dottrina e giurisprudenza si dividono in merito alla necessità che l'elemento temporale sia integrato anche da un legame soggettivo e/o funzionale con la stessa. Si discute, in altre parole, se il credito, oltre a dover sorgere nel corso di una procedura aperta, debba anche essere riconducibile all'attività degli organi della stessa o, comunque, utile agli scopi perseguiti da quest'ultima. A ben vedere, il dettato normativo, privo com'è di ogni riferimento alla necessità di verifiche o autorizzazioni (preventive e successive) degli organi della procedura concordataria, sembrerebbe escluderne la necessità. Tuttavia, la giurisprudenza di merito avalla tale ultima interpretazione, attualmente prevalente, fondando le proprie motivazioni sulla preoccupazione che possano beneficiare di un trattamento preferenziale crediti relativi a prestazioni prive di utilità, se non addirittura dannose per i creditori (F. Cocito, La prededuzione dei crediti sorti nel concordato preventivo: limiti e criteri per il riconoscimento di un trattamento preferenziale ai professionisti, in Fall., 2014).

Un ulteriore argomento oggetto di dibattito in merito al criterio cronologico attiene all'individuazione del dies a quo per la decorrenza del lasso temporale nel quale possa ravvisarsi il requisito dell'occasionalità. Si discute, cioè, se debba ritenersi rilevante, al fine di decidere a quando risalga l'insorgenza del credito “in occasione” della procedura, la data del deposito del ricorso per la domanda di concordato ex art. 161 l. fall., oppure, in alternativa, quella del deposito del decreto di ammissione alla procedura ex art. 163, l. fall. Sul punto, si ritiene condivisibile individuare nella data di pubblicazione nel registro delle imprese del deposito del ricorso l'inizio della procedura ai fini del requisito dell'occasionalità, a prescindere dal fatto che il ricorso contenga anche il piano e la proposta, considerato il generico riferimento letterale all'art. 161 l. fall.

Il criterio della funzionalità, a sua volta, assume invece un significato di tipo teleologico, in virtù del quale è possibile riconoscere il beneficio della prededucibilità a crediti sorti per attività prestate in funzione di una procedura concorsuale. L'assenza di ogni legame temporale con la procedura ha comunque indotto gli interpreti a ritenere che il criterio potesse essere applicato anche a crediti per prestazioni effettuate in data anteriore all'inizio della medesima. In particolare, il criterio in esame non può risolversi nella semplice attinenza di un credito rispetto ad una procedura concorsuale, ma va ancorato al requisito della utilità per la stessa, da intendersi come necessaria strumentalità rispetto alla procedura e come rispondenza al suo scopo ed all'interesse della massa dei creditori, giustificandosi soltanto in questa ipotesi il particolare beneficio della prededuzione (cfr. Cass. 10 gennaio 2017, n. 280, in questo portale, secondo cui il carattere alternativo dei criteri di occasionalità e funzionalità (cronologico e teleologico) “non consente, peraltro, l'estensione della prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare il vantaggio arrecato alla massa dei creditori”. In senso conforme, Cass. 9 settembre 2016, n. 17911; Cass. 15 aprile 2016, n. 7579; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25589).

L'orientamento giurisprudenziale

Dall'analisi delle più recenti sentenze dei giudici di legittimità e di merito pare delinearsi una tendenza verso un ampliamento della nozione di prededuzione, emergendo un favor nuovo verso il riconoscimento del beneficio oltre il perimetro dei crediti “della massa”, tali per essere al tempo stesso interni alla procedura e funzionali all'interesse dei creditori, sino a riguardare i crediti derivanti da obbligazioni ad essa esterne ed anteriori, purché utili al raggiungimento degli scopi della procedura (P. Vella, Crediti in occasione e crediti in funzione del concordato preventivo: la prededuzione nel successivo fallimento”, in Fall., 2014).

Al riguardo, i giudici di legittimità hanno più volte ribadito che il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, rientrando “de plano” tra i crediti sorti “in funzione” di tale procedura va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, al fine di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per il ceto creditorio in ragione dei risultati raggiunti (Cass. 10 gennaio 2017, n. 280, cit.; Cass. 8 febbraio 2017, n. 3317. In senso conforme, Cass. 21 aprile 2016, n. 8091; Cass. 5 marzo 2015, n. 4486).

Di diverso avviso alcuni giudici di merito che, con una interpretazione più restrittiva, hanno comunque ritenuto necessaria, nell'ipotesi di esito positivo dell'accertamento sulla funzionalità del credito alla procedura concordataria, la valutazione ex post del giudice delegato in ordine alla utilità di questa stessa attività per il ceto creditorio dipendente dall'accrescimento dell'attivo o, comunque, dalla salvaguardia dell'integrità del patrimonio (cfr. Trib. Bologna 10 maggio 2016; Trib. Roma 23 febbraio 2015, n. 114; Trib. Padova 2 marzo 2015, Trib. Siracusa 28 luglio 2014. Per Trib. Monza 23 ottobre 2014, l'onere di provare l'effettiva utilità per i creditori incomberebbe sul professionista, con la conseguenza che la prededuzione potrà essere negata ogni qualvolta quest'ultimo non dimostri che le attività svolte in favore del debitore si sono rivelate utili per la tutela dell'interesse dei creditori della società ammessa al concordato preventivo.).

Il principio delineato dai giudici di legittimità di cui sopra, tuttavia, non troverebbe applicazione, nel senso del mancato riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento, al credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo, ove l'ammissione alla procedura minore sia stata revocata per atti di frode dei quali il professionista medesimo sia stato a conoscenza, posto che, in tale ipotesi, non solo la prestazione svolta non è stata di alcuna utilità per la procedura, ma si è rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell'attività di impresa (Cass. 7 febbraio 2017, n. 3218. Per un approfondimento, v. L.A. Bottai, I compensi dei professionisti nel concordato: natura delle prestazioni e disciplina applicabile, in questo portale, 12 settembre 2017.).

Per la S.C. (Cass. 14 marzo 2017, n. 6523 (ord.), in questo portale. In senso conforme Cass. 6 agosto 2010, n. 18437; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25589), inoltre, la rinuncia alla domanda di concordato nella fase anteriore all'ammissione, con conseguente richiesta di fallimento in proprio, non configura una consecuzione di procedure concorsuali, essendo mancante non solo l'omologazione, ma, ancor prima, l'apertura “perché possa aversi una considerazione unitaria della procedura di fallimento succeduta a quella di concordato preventivo”. Da ciò discende l'impossibilità di riconoscere la prededuzione al credito relativo al compenso per attività difensiva prestata anteriormente alla rinuncia - o al mancatodeposito della proposta o della documentazione prevista dall'art. 161 l.fall. nel termine assegnato - perché non arrecando alla massa “alcun beneficio in termini di accrescimento dell'attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa”.

La prededuzione, infine, è stata riconosciuta anche per attività come quella di assistenza in giudizi già pendenti alla data di apertura della procedura, a condizione che la medesima sia caratterizzata dalla adeguatezza funzionale agli interessi della massa. In tale ottica, i giudici di legittimità (Cass. 17 aprile 2014, n. 8958, secondo cui “il collegamento occasionale ovvero funzionale posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra il terzo e l'organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alle gestione fallimentare”) sono giunti a riconoscere la prededucibilità al credito del legale per attività svolte in giudizi pendenti alla data di apertura della procedura, in virtù di incarichi precedentemente conferiti dall'imprenditore, a condizione che dalla relativa verifica emerga l'adeguatezza funzionale agli interessi della massa.

Conclusioni

Non vi è dubbio che i principi ed i criteri direttivi di cui alla L. n. 155/2017 in tema di prededucibilità dei crediti dei professionisti vadano accolti con favore, in considerazione principalmente dell'alta incidenza dei costi dei professionisti rispetto all'ammontare dell'attivo ed alle disponibilità liquide che, di fatto, rendono difficilmente accessibile il ricorso alla procedura di concordato preventivo alle imprese di piccole dimensioni (dall'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) allegata alla Relazione ministeriale sul disegno di legge delega emerge che il concordato preventivo comporta costi e spese legali prededucibili che assorbono in media il 30% dell'attivo, a fronte di costi nel fallimento pari in media al 5%).

Trattasi, come giustamente osservato (in questo senso, F. Lamanna, La riforma concorsuale in progress: dalla legge delega alla sua (rapida) attuazione, cit.), di un beneficio che non può più continuare ad essere riconosciuto, dal momento che determina l'ingiustificabile sottrazione di notevoli risorse da destinare ai creditori concorsuali, unici a sopportare effettivamente il rischio d'impresa, a vantaggio invece di professionisti che questo rischio non hanno mai prima affrontato.

Sul tema, peraltro, l'intervento del legislatore delegato potrebbe essere anche l'occasione per eliminare la figura dell'attestatore - chiamato a certificare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del concordato preventivo, fattibilità che poi è comunque oggetto di un nuovo apprezzamento da parte del commissario giudiziale, con una inutile duplicazione di funzioni (e di costi) - attribuendo tale competenza al commissario giudiziale medesimo.

A ben vedere, l'eliminazione della figura dell'asseveratore sembra essere implicitamente prevista dall'art. 6, lett. e), L. n. 155/2017, laddove si pone, come direttiva, “l'esplicitazione dei poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla realizzabilità economica dello stesso, in conformità, tra l'altro, al più recente orientamento dei giudici di legittimità (Cass. 7 aprile 2017, n. 9061, Cass. 27 febbraio 2017, n. 2017).

Riattribuita in questo modo al Tribunale la funzione di controllo sulla fattibilità anche economica (oltre che giuridica) del concordato preventivo, non dovrebbe avere più ragione di esistere la figura dell'attestatore, venendo meno l'unico scopo per cui era stata creata (sostituire il Tribunale, o comunque essergli d'ausilio, nell'espressione del giudizio di fattibilità) (F. Lamanna, La riforma concorsuale in progress: dalla legge delega alla sua (rapida) attuazione, cit.), con conseguente risparmio dei costi di accesso alla procedura di concordato preventivo.

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