Il principio di non contestazione presuppone la specifica allegazione dei fatti da contestare
20 Novembre 2017
Massima
Il principio di non contestazione, di cui all'art. 115 c.p.c., non opera in difetto di una specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati; in particolare, la specificità dell'allegazione non può essere desunta anche dall'esame dei documenti prodotti, giacchè l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni contenute negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti. Il caso
La società alfa proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui la società beta le aveva intimato il pagamento della somma di oltre € 336.000,00 a titolo di corrispettivi per prestazioni di servizi doganali. L'opponente deduceva che l'importo richiesto non teneva conto di precedenti pagamenti già effettuati e di errori nell'applicazione delle tariffe da parte della società beta. Il Tribunale, in parziale accoglimento dell'opposizione, accertata la debenza della somma di € 265.000,00 e dato atto dell'avvenuto pagamento della somma di € 150.000,00 in forza di ordinanza ex art. 186-ter c.p.c., revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società alfa al pagamento della residua somma di € 115.000,00. La Corte d'appello dichiarava inammissibile, ex artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., il gravame proposto dalla società alfa. Quest'ultima, quindi, proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, deducendo, tra l'altro, di aver già evidenziato, in sede di opposizione, che alcune delle fatture pagate alla controparte contenevano errori di applicazione delle tariffe contrattuali, desumibili dai documenti prodotti, e che, sul punto, non vi erano state contestazioni da parte della società beta prima della terza memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., sicché i fatti dovevano reputarsi come ammessi. Nella sentenza di primo grado il Tribunale aveva, invece, rilevato l'assoluta genericità delle contestazioni sollevate dall'opponente, atteso che quest'ultima né nell'atto di citazione né con la prima memoria istruttoria aveva chiaramente indicato quali fossero gli errori di fatturazione, provvedendo a dettagliare un pò la censura svolta solo con la seconda memoria, a seguito della quale la società beta aveva provveduto alla contestazione con la terza memoria.
La questione
Si pongono essenzialmente due questioni: se il principio di non contestazione operi anche in presenza di una generica allegazione dei fatti da contestare e se la specificità dell'allegazione, ove ritenuta necessaria, sia da correlare alle deduzioni contenute negli scritti difensivi o possa desumersi anche dai soli documenti prodotti in giudizio. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte rigetta il ricorso e conferma la decisione del Tribunale circa l'impossibilità di fare applicazione del principio di non contestazione in difetto di una specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati. Inoltre, secondo il Giudice di legittimità, la specificità dell'allegazione non può essere desunta dal solo esame dei documenti prodotti, in quanto l'onere di contestazione deve essere rapportato alle affermazioni contenute negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, al fine di consentire alle parti medesime e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (rispetto ai quali dovrà essere svolta l'istruttoria). Ebbene, quanto alla prima questione, si è già precisato che il principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell'avversario dall'onere probatorio, postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all'onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l'altra parte è tenuta a prendere posizione. Ciò in quanto il sistema di preclusioni del processo civile, se comporta per le parti l'onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con chiarezza gli elementi in contestazione, suppone che la parte che ha l'onere di allegare e provare i fatti anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l'altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse (Cass. civ., 15 ottobre 2014, n. 21847). Ragion per cui, ad es., la mancata allegazione del preciso luogo in cui si sarebbe verificato un sinistro stradale, dal quale l'attore sostiene di aver riportato danni, esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il reale accadimento di tale evento, dall'onere di compiere una contestazione circostanziata, perché ciò equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l'onere di allegare il fatto costitutivo dell'avversa pretesa (Cass. civ., 17 febbraio 2016, n. 3023). In ordine alla seconda questione, invece, l'esigenza che la specifica allegazione venga attuata non con il semplice deposito di documenti, bensì con puntuali affermazioni contenute negli scritti difensivi, è conseguenza anche del principio processuale per cui il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l'impossibilità di controdedurre e risultando per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione (Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20265; Cass. civ., 24 dicembre 2004, n. 23976).
Osservazioni
La decisione in commento è condivisibile e contribuisce a fare chiarezza in ordine ai presupposti applicativi del principio di non contestazione cristallizzato nel primo comma dell'art. 115 c.p.c.. Tale disposizione è stata modificata dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, che ha introdotto a carico di ciascuna parte l'onere di contestazione specifica dei fatti addotti dalla controparte, prevedendo che il giudice possa porre a fondamento della decisione, non solo le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, ma anche «i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita». È evidente la simmetria con l'art. 416 c.p.c., il quale, al comma terzo, già prevede, nell'ambito del rito del lavoro, che il convenuto, all'atto della costituzione in giudizio, «deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda…». È stata, in tal modo, risolta, in un'ottica volta a favorire un più agevole controllo sul leale comportamento delle parti nel corso del processo, la discrasia giurisprudenziale inerente alla rilevanza da attribuire alla condotta processuale di «contestazione generica». Secondo un diffuso orientamento, infatti, non rilevava in linea generale che i fatti non fossero contestati, mancando nell'ordinamento processuale un principio che vincolasse la parte alla contestazione specifica di ogni situazione di fatto dedotta “ex adverso”, per evitare le conseguenze della loro pacificità (Cass. civ., 24 novembre 2010, n. 23816). Si era, in proposito, precisato che la contestazione generica non equivaleva ad ammissione (Cass. civ., 5 febbraio 2003, n. 1672) e che l'atteggiamento non estrinsecatosi in una precisa contestazione, malgrado la presenza di norme che erano venute affermando l'onere delle parti di prendere posizione quanto ai fatti allegati dalle altre e di farlo subito, non liberava la parte che ne aveva l'onere dalla necessità di provarli, sebbene da quel comportamento il giudice potesse desumere argomenti di prova (Cass. civ., 5 ottobre 2001, n. 12282). Altro orientamento riteneva, invece, che l'onere di contestazione — con il correlativo corollario del dovere, per il giudice, di ritenere non bisognevole di prova quanto non espressamente contestato — fosse un principio generale che informava il sistema processuale civile, poggiando le proprie basi non soltanto sul tenore degli artt. 167 e 416 c.p.c., ma anche: sul carattere dispositivo del processo (comportante una struttura dialettica a catena); sulla generale organizzazione per preclusioni successive (che, in misura maggiore o minore, caratterizza ogni sistema processuale); sul dovere di lealtà e probità, posto dall'art. 88 c.p.c. (che impone ad entrambe le parti di collaborare fin dalle prime battute processuali a circoscrivere la materia realmente controversa, senza atteggiamenti volutamente defatiganti, ostruzionistici o solo negligenti); sul generale principio di economia processuale, alla luce anche del novellato art. 111 Cost. (Cass. civ., 4 aprile 2013, n. 8213; Cass. civ., 20 novembre 2008, n. 27596). In ogni caso, l'onere di specifica contestazione (che va assolto nella prima difesa o udienza immediatamente successiva all'allegazione del fatto che si intende contestare: Cass. civ., 27 febbraio 2008, n. 5191) presuppone che la parte sia in grado di effettuare tale contestazione, ossia che la stessa sia a conoscenza delle circostanze di fatto che rendono possibile la confutazione di quanto dedotto ed allegato da controparte (Cass. civ., 18 luglio 2016, n. 14652; Cass. civ., 13 febbraio 2013, n. 3576): in mancanza di una concreta conoscibilità dei fatti, non può esigersi alcuna specifica contestazione (si pensi, ad es., al danneggiato che, in sede di risarcimento, alleghi un danno biologico in una certa misura o dichiari di aver svolto in precedenza una certa attività che ora non può più compiere: la controparte potrebbe non conoscere se effettivamente il danneggiato ha subito una determinata lesione o se, prima del sinistro, praticava professionalmente un'attività sportiva, cosicché, in tal caso, la contestazione non può che essere generica). Insomma, poiché possono esservi dei casi intermedi, in cui la conoscenza è parziale o limitata, può dirsi che la specificità della contestazione deve essere proporzionale al grado di conoscenza del fatto da parte di colui contro il quale viene dedotto. Inoltre, la non contestazione — che può riguardare solo i fatti da accertare nel processo e non la loro qualificazione giuridica (Cass. civ., Sez. Un., n. 761/2002) — non determina, sul piano probatorio, un effetto irreversibile e vincolante per il giudice, nel senso che la circostanza di fatto non contestata potrebbe comunque risultare smentita da altre risultanze istruttorie (Cass. civ., Sez. Un., n. 11377/2015, secondo cui il giudice potrebbe rilevare l'inesistenza del fatto allegato da una parte anche se non contestato dall'altra; Cass. civ., 21 aprile 2016, n. 8039). L'onere di contestazione specifica opera solo nell'ambito del giudizio di primo grado, nel senso che il giudice d'appello deve tener conto del thema decidendum e del thema probandum come formatisi in primo grado, non rilevando a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti dinanzi a lui (Cass. civ., 27 marzo 2017, n. 7784; Cass. civ., 4 novembre 2015, n. 22461). É, poi, pacifico che il principio di non contestazione non operi né nel caso di contumacia del convenuto (Cass. civ., 14 gennaio 2015, n. 461; Cass. civ., 21 febbraio 2014, n. 4161), né allorquando la legge richiede per la prova di determinati fatti la forma scritta ad substantiam o ad probationem (Cass. civ., 6 agosto 2002, n. 11765; Cass. civ., 15 settembre 2000, n. 12178), né, più in generale, qualora si verta in materia di diritti indisponibili. Inoltre, sono suscettibili di non contestazione soltanto i fatti storici la cui ricostruzione ex post richieda il dispendio di attività probatoria, rimessa alle parti, e non anche le questioni rilevabili d'ufficio, come quelle inerenti alla legittimazione attiva e passiva (Cass. civ., 20 ottobre 2015, n. 21176). |