Il nuovo ruolo dell'inquilino nella realtà condominiale

20 Novembre 2017

È innegabile che con la consegna del bene oggetto della locazione il conduttore viene immesso nel godimento anche delle parti comuni dell'edificio condominiali, con tutti i diritti proporzionali al valore della "quota" del condomino suo locatore. Vengono esaminate le principali problematiche inerenti le connessioni tra il condominio ed il rapporto locatore-conduttore, con particolare riferimento alla tematica della partecipazione del conduttore alle assemblee di condominio, anche alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di riforma n. 220/2012 e al tema del rispetto del regolamento di condominio da parte del conduttore.
Il quadro normativo

La regola generale che disciplina i rapporti tra condominio, locatore e inquilino si fonda sul seguente principio: la partecipazione alla gestione condominiale spetta al condomino (ovvero al proprietario o titolare di altro diritto reale sull'unità immobiliare concessa in locazione) e, quindi, l'amministratore deve rivolgere solo a quest'ultimo le proprie richieste. Il conduttore, al contrario, partecipa alla vita condominiale per il tramite del locatore, cui quindi vanno indirizzate tutte le istanze relative a problematiche inerenti i beni e i servizi comuni. L'art. 10 della l. n. 392/1978 delinea, sia pure in modo alquanto scarno, Il ruolo dell'inquilino nel condominio prevedendo un diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria.

La recente riforma del condominio di cui alla l. n. 220/2012 non ha, almeno esplicitamente, apportato alcuna modifica a questa regola, fatta eccezione per alcune previsioni di limitato rilievo.

Infatti, l'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 6) c.c. (registro di anagrafe condominiale) è tenuto ad avere il nominativo di tutti gli intestatari dei contratti di locazione, sicché il locatore ha trenta giorni di tempo per registrare il contratto e sessanta per comunicarlo all'amministratore di condominio: sono questi i nuovi termini stabiliti dalla legge di Stabilità 2016 in materia di contratti di locazione a uso abitativo (art. 1, comma 59, l. n. 208/2016, che sostituisce l'art. 13 l. 9 dicembre 1998, n. 431).

La partecipazione del conduttore all'assemblea dei condomini

In tema di locazione, l'art. 10 della l. n. 392/1978 - applicabile anche locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo stante il richiamo contenuto nell'art. 41, comma 1, l. equo canone – riconosce la possibilità per il conduttore di intervenire, in luogo del locatore, nelle delibere assembleari con diritto di voto per le questioni relative alle spese e alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e condizionamento d'aria e, di partecipare, senza diritto di voto, alle assemblee per la discussione sugli altri servizi comuni. La previsione, ribadendo sostanzialmente la disciplina già introdotta dall'art.6 della l. 22 dicembre 1973, n.841, ha natura di norma eccezionale, insuscettibile di interpretazione estensiva, prevedendo un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condomini convocati per deliberare sulle predette specifiche materie.

La previsione di un diritto di intervento (senza diritto di voto) e di partecipazione (con diritto di voto), in quanto volto a tutelare l'interesse del conduttore a non sopportare maggiori spese per la fornitura dei servizi comuni, è quindi limitato alle sole assemblee in cui si discuta modificazioni dei predetti servizi da cui derivi una spesa o un aggravio di spesa che, in definitiva, andrà a pesare sul conduttore, e non anche alle assemblee con diverso oggetto oppure deliberanti su servizi comuni ma senza riflessi sull'onere delle spese (Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2005, n. 19308). Ciò perché l'art. 10 citato non ha modificato le regole condominiali sicché il diritto degli utenti conduttori di partecipare alle assemblee il luogo dei locatari e di deliberare a maggioranza, vincolando le minoranze, trova un preciso limite nell'oggetto della delibera (Cass. civ., sez.II, 18 agosto 1993, n.8755).

L'assenza del conduttore in assemblea può liberamente essere colmata dalla presenza del locatore, che pur senza alcuna delega da parte del proprio inquilino, non solo partecipa alla costituzione dell'assemblea, ma anche può assumere qualsiasi decisione in ordine alle questioni riguardanti le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, materie queste sulle quali la legge concede al conduttore la facoltà di votare.

Nulla impedisce peraltro al conduttore di presenziare in assemblea insieme al proprio locatore e di partecipare alla discussione anche in ordine alla modifica dei servizi comuni e di fare verbalizzare i propri interventi. Se è vero infatti che su tali argomenti gli è impedito di esprimere il proprio voto (riservato invece al condomino-locatore), ciò non toglie che, con i propri interventi, possa sensibilizzare i condomini verso una decisione piuttosto che un'altra.

L'avviso di convocazione

È dubbio in dottrina se gravi sull'amministratore l'obbligo di convocare il detentore dell'immobile o se, invece, sia compito del proprietario dell'unità immobiliare dargli notizia dell'assemblea nella quale ha diritto di partecipare ed eventualmente di votare.

La l.n. 220/2012 di riforma del condominio ha innovato la disciplina legislativa, specificando all'art. 1136 c.c., che l'assemblea non può deliberare se non v'è certezza che tutti gli aventi diritto siano stati convocati.

Secondo alcuni autori, poiché nel testo dell'articolo citato si parla di «aventi diritto» e non più di condomini, a partire dal 18 giugno 2013 (data di entrata in vigore della novella) l'amministratore dovrebbe obbligatoriamente convocare in assemblea, nella quale si discuta in merito alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento, anche i conduttori.

L'obbligo di convocazione sarebbe connaturato al diritto di voto riconosciuto al conduttore in dette materie e non sarebbe complicato da eseguirsi di tutti la legge ha attribuito all'amministratore, ai sensi del nuovo punto 6) dell'art.1130 c.c., l'incombente di «curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento».

Secondo la dottrina maggioritaria, al conduttore è riconosciuto dalla legge solo il diritto di partecipare e di intervenire in assemblea e, in alcuni casi di votare, ma nessuna norma prevede espressamente il suo diritto di essere convocato nella stessa da parte dell'amministratore. Il rapporto di locazione continuerebbe a produrre i suoi effetti esclusivamente tra locatore e conduttore e l'onere di convocare il conduttore, non incomberebbe mai sull'amministratore, ma sempre e solo sul locatore che, ricevuta la convocazione da parte dell'amministratore, dovrebbe, a sua volta, tempestivamente avvisare dell'assemblea il conduttore (Cass.civ., sez.II, 22 aprile 1992,n. 4802; App. Genova 4 maggio 1996, Trib. Milano 6 giugno 1988).

La questione continuerebbe, cioè, ad essere risolta alla luce dei principi affermati nelle diverse pronunzie giurisprudenziali sul punto antecedenti alla normativa di riforma.

Si rilevava che la legge sull'equo canone, nel prevedere l'ipotesi eccezionale sostituzione integrale del conduttore al proprietario nelle assemblee condominiali convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, aveva lasciato inalterato il rapporto tra singolo condomino del condominio, estraneo al rapporto locatizio, con la conseguenza che l'amministratore avendo ricevuto il mandato dai soli condomini non aveva alcun rapporto diretto con il conduttore che non era destinatario dell'avviso di convocazione. Già la giurisprudenza che si era occupata dell'art.6 della l. 22 dicembre 1973, n.841 (Cass. civ., sez. lav., 14 ottobre 1986, n. 5238; Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1981, n. 6031) aveva concluso nel senso che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore non potessero farsi ricadere sul condominio che rimane estraneo al rapporto di locazione tra uno dei proprietari e un terzo, ma unicamente sullo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell'avviso di convocazione ricevuto dall'amministratore. Argomenti letterali a sostegno venivano tratti dall'art.66 disp.att.c.c. che disciplina la comunicazione dell'avviso e, nel testo ante riforma prevedeva la comunicazione dell'avviso ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza.

In ogni caso, concordemente si attribuisce valenza alla presenza del conduttore nella formazione della delibera almeno con riferimento alla efficacia della stessa nei confronti del conduttore non avvisato, sia pure solo ove si sia deliberata una modifica comportante aumento degli oneri condominiali che rimarrebbero a carico del condomino - locatore inattivo.

Infatti, come si legge in Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2005, n. 19308 , la norma pone a carico del locatore un obbligo di informazione il cui inadempimento legittima il rifiuto da parte del conduttore di rimborsare i maggiori oneri conseguenti a delibere adottate in sua assenza per mancata informazione, ma non incide sul sinallagma contrattuale e non può quindi essere addotto dal conduttore quale motivo di risoluzione del contratto di locazione, né per sospendere l'adempimento delle proprie obbligazioni, ai sensi dell'art. 1460, comma 1, c.c.

Esercizio del diritto di voto del conduttore

La presenza dei conduttori in assemblea può comportare alcune problematiche circa l'esercizio del diritto di voto.

Nel caso di condomino che possiede oltre agli immobili in cui abita altri concessi in locazione, si pone il problema se il diritto di voto compete a ciascun conduttore (dell'unico proprietario) o invece tutti i conduttori hanno diritto ad un solo, unico voto.

In assenza di precedenti giurisprudenziali, la dottrina, argomentando dall'art. 10 per cui il conduttore ha diritto di voto in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, ritiene che, dato che ciascun proprietario ha diritto ad un solo voto, a prescindere dagli immobili che possiede, tutti i suoi conduttori (che hanno diritto di votare «in luogo» dello stesso) hanno, del pari, diritto ad un solo voto.

A sostegno di questa tesi verrebbe il fatto che si venisse attribuito un voto a ciascun conduttore di un solo proprietario (con conseguente aumento del numero delle «teste» di cui tener conto nel calcolo delle maggioranze), si verrebbe a creare una condizione di rispetto al proprietario di più i mobili che non siano stati concessi di locazione, il quale, certamente, ha diritto ad un solo (una sola «testa»).

D'altra parte negando un voto per ciascun conduttore, ove il proprietario-locatore abiti in proprio di immobile situato nello stesso edificio in condominio di fatto i suoi conduttori non potrebbero addirittura votare visto che l'unico voto «utile» verrebbe già espresso dallo stesso. Optano per riconoscere ad ogni conduttore un diritto di voto, anche se il proprietario è titolare di più immobili concessi in locazione, coloro che muovono dalla ratio dell'art. 10 della l. eq.can., destinata ictu oculi a favorire i conduttori, e non invece dedicata ai proprietari.

Invece, nel caso invece in cui il conduttore, seppur convocato, non partecipi all'assemblea, potrà votare il proprietario-locatore, che ai fini del computo delle maggioranze varrà come una sola «testa», a prescindere dal numero di immobili per cui vota. Infatti in materia di «spese di gestione del servizio di riscaldamento e condizionamento» si verte in tema di sostituzione (seppur legale) del conduttore al proprietario-locatore, con la conseguenza che se il sostituto non si presenta, il sostituito ben potrà esprimere personalmente la propria manifestazione di consenso o il dissenso.

Non vi sono poi ragioni ostative per negare al conduttore diritto di delega, sebbene l'art.67 disp.att.c.c. faccia riferimento al solo diritto di delega da parte del «condomino».

Il conduttore infatti non è un delegato del proprietario - in questo caso non potrebbe a sua volta delegare - ma è diretto titolare del diritto di voto, seppure in sostituzione del proprietario stesso.

Il diritto di impugnativa del conduttore

La lettura dell'art. 1137 c.c. (anche nella sua versione post riforma) suggerirebbe che l'unico legittimato ad impugnare sia il condomino.

Eppure la giurisprudenza, sul punto, non si è sempre dimostrata concorde con questa conclusione. Si è ritenuto, infatti, che l'art. 10 della l. eq. can. attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconoscendo implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare le deliberazioni viziate sempre che abbiano il predetto oggetto (Cass.civ., sez. II 18 agosto 1993, n.8755).

Al di fuori delle situazioni predette, invece, la norma non attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali e deve escludersi la legittimazione all'impugnazione.

Il Tribunale di Monza, con sentenza8 febbraio 2001, partendo da un parallelismo con la materia societaria, ribadisce detta conclusione partendo dalla considerazione che il condominio costituisce una sia pur elementare, sovrastruttura di una comunione di interessi che è possibile dilatare al di là della struttura «statica» originariamente concepita per le situazioni proprietarie, da cui la considerazione che la legittimazione spetta al condomino (art. 1137 c.c.), nozione che non necessariamente deve coincidere con quella di comproprietario anche in considerazione del fatto che nella materia condominiale la legislazione successiva alla codificazione ha gradatamente attribuito alla disciplina del condominio la tutela di interessi che evadono sempre più dalla limitata sfera dei comproprietari (risparmio energetico, barriere architettoniche, interessi urbanistici, ecc.).

Il conduttore e il regolamento di condominio

Le norme che disciplinano la vita condominiale sono contenute nel regolamento che, ai sensi dell'art.1138 c.c. deve essere formato negli edifici con più di dieci condomini e contenere le norme per disciplinare l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.

Il regolamento, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione (accettazione da parte dei singoli acquirenti delle unità immobiliari condominiali del regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio; deliberazione dell'assemblea dei condomini votata con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.) si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto convenzionale dal condominio, che ne disciplina la vita e l'attività come ente di gestione (ferma l'inderogabilità di alcune norme concernenti specifici aspetti), come atto volto ad incidere su di un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico con un complesso di regole giuridicamente vincolanti per tutti i condomini (Cass.civ., sez.II, 30 marzo 1990, n. 2590). Può perciò essere considerato la legge interna del condominio, quindi legge speciale rispetto a quella generale contenuta nel codice civile.

Anche ai complessi condominiali formati da meno di dieci unità è naturalmente riconosciuta la possibilità di dotarsi di un regolamento condominiale, essendo comunque lasciata ampia facoltà ai partecipanti di stabilire le regole destinate a disciplinare il loro vivere in condominio, nel rispetto comunque delle più ampie regole generali dettate dalla legge.

Le clausole del regolamento che impongono specifiche limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle loro proprietà esclusive o su quelle comuni vincolano anche gli acquirenti dei singoli appartamenti, quand'anche dette clausole non siano trascritte nei registri immobiliari, sempre che nell'atto di acquisto si sia fatto esplicito riferimento al regolamento nel suo insieme e si dimostri di esserne a conoscenza e di accettarne il contenuto (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n.5336, e Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2009, n.17886).

Tali limitazioni posso essere formulate sia mediante specifica elencazione delle attività vietate e sia mediante riferimenti ai pregiudizi che si intendono evitare. Le clausole contenute nel regolamento valgono anche nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari, al punto che, nel caso vengano violate, il Condominio può direttamente rivolgersi al trasgressore al fine di chiederne l'osservanza in forma specifica, non potendosi riservare al conduttore un trattamento diverso da quello del condomino suo locatore (Cass.civ.,sez.II, 8 marzo 2006, n.4920, con riferimento al divieto contenuto nel regolamento condominiale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva a determinati usi la Suprema Corte precisava che il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario. Peraltro, nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore, il proprietario è tenuto a partecipare, quale litisconsorte necessario, nel relativo giudizio in cui si controverta in ordine all'esistenza ed alla validità del regolamento, in quanto le suddette limitazioni costituiscono oneri reali o servitù reciproche che, in quanto tali, afferiscono immediatamente al bene).

A conclusioni conformi era giunta Cass.civ., sez.II, 13 dicembre 2001, n.15756, la quale precisava che nel caso di violazione di disposizioni legittimamente contenute nel regolamento condominiale, come quelle che stabiliscano il divieto di destinare singoli locali dell'edificio a determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti confronti del conduttore di un appartamento del fabbricato condominiale la cessazione della destinazione abusiva e l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, in quanto il conduttore non può trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo locatore, e ciò alla sola condizione che sia approvata l'operatività della clausola limitativa, o, in altri termini, la sua opponibilità al condomino locatore. Il conduttore che sia costretto ad astenersi dall'esercizio dell'attività vietata sarà, peraltro, legittimato ad agire per il risarcimento del danno subito nei confronti del locatore che, dando il proprio consenso, necessario per l'approvazione all'unanimità della disposizione regolamentare di divieto, abbia violato gli obblighi contrattuali assunti.

Il proprietario, rimane comunque il principale destinatario delle norme contenute nel regolamento e si pone quindi come diretto responsabile verso la collettività condominiale anche per le violazioni poste in essere dal proprio conduttore, verso il quale egli è tenuto non solo ad imporre contrattualmente il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti nel regolamento, ma anche a prevenirne le inosservanze ed a sanzionarle mediante la risoluzione del rapporto (Cass.civ., sez.II, 16 maggio 2006, n.11383).

L'eventuale domanda del condominio di cessazione della destinazione dell'unità immobiliare vietata dal regolamento deve comunque essere rivolta verso il proprietario locatore, pur potendosi estendere il contraddittorio anche nei confronti del conduttore quale effettivo autore della violazione e senza che sia data possibilità a questi di fare valere alcuna rivendicazione nei confronti del condominio circa l'esatto uso del bene locato secondo le previsioni contrattuali pattuite con il proprio locatore: resta però fermo il suo diritto di agire poi nei confronti del locatore per il risarcimento dei danni subiti, nel caso in cui egli si trovi costretto a cessare quella attività per lo svolgimento della quale egli, con l'espresso consenso del locatore stesso, si era deciso a porre in essere il rapporto di locazione.

Diverso è invece il caso in cui la violazione del regolamento dipenda unicamente da un comportamento del conduttore, quale può essere la tenuta di una condotta ritenuta pregiudizievole per la tranquillità dei condomini o l'uso dell'immobile difforme da quello contrattualmente previsto o con modalità contrarie al regolamento.
Il conduttore risponde in questi casi del proprio comportamento sotto un duplice profilo: l'uno nei confronti del suo locatore per violazione dell'obbligo contrattualmente assunto di fare uso del bene secondo quanto pattuito e l'altro verso i terzi, nel caso in cui violi, direttamente o meno, l'altrui tranquillità: si pensi al gestore di una attività di ristoro che provochi immissioni di odori a causa del mancato utilizzo dell'impianto di aerazione e non provveda alla chiusura delle finestre del locale cucina (Cass.civ.,sez.II, 9 giugno 2010, n. 13881). Parimenti, nel caso di mancato rispetto dei limiti temporali di chiusura dell'esercizio previsti nel regolamento oppure di chiassoso comportamento degli avventori del proprio locale o di omesso controllo del rumoroso funzionamento degli impianti posizionati nel locale stesso.

Non per questo il condomino-locatore resta immune da responsabilità, pur sempre solidale con il proprio inquilino, per le violazioni da quest'ultimo poste in essere. Egli, come si è visto, risponde invero come primario soggetto obbligato al rispetto delle prescrizioni dettate dal regolamento e in quanto tale è tenuto ad imporne l'osservanza al proprio conduttore. Spetta a lui promuovere l'azione di risoluzione del contratto di locazione, proprio per evitare di vedersi addebitata la responsabilità per l'inadempimento posto in essere dal proprio inquilino verso la collettività dei condomini. Seppur indirettamente, il condomino locatore è quindi responsabile del comportamento che il proprio inquilino tiene nell'uso del bene da lui locatogli.

Il conduttore e la privacy

Il conduttore, quindi, salvo i casi specifici di cui all'art. 10 della l. eq. can. partecipa alla vita condominiale per il tramite del locatore, cui quindi vanno indirizzate tutte le istanze relative a problematiche inerenti i beni e i servizi comuni. Sul punto si è espressa chiaramente anche l'Autorità garante per la tutela dei dati personali nella recente riedizione del Vademecum sulla privacy e il condominio, emesso a seguito della legge di riforma del Condominio negli edifici chiarendo quanto segue.

Il conduttore non può chiedere all'amministratore l'accesso ai dati sull'intera gestione condominiale. Pertanto, anche nell'ambito delle assemblee di condominio occorrerà prestare molta attenzione a non far conoscere al conduttore situazioni che non attengono alle materie di competenza di quest'ultimo. Operazione che, nella pratica, potrebbe essere in alcuni casi impossibile, si pensi al caso di spese legali inserite nell'ambito di bilanci consuntivi ordinari oggetto di discussione assembleare.

L'inquilino ha, invece, un diritto di accesso ai propri dati e, al pari di ogni altro partecipante alla vita condominiale, ha diritto di sapere se esistono dati personali che lo riguardano e di averne copia in forma intelligibile. Quindi, presentando domanda all'amministratore, l'interessato può quindi accedere a tutti i dati a lui riferiti (sono esclusi da questa richiesta i dati personali riferibili ad altri condòmini singolarmente intesi o all'intera compagine condominiale). In caso di mancato o inidoneo riscontro, il cittadino può rivolgersi al Garante o all'autorità giudiziaria.

In conclusione

Il conduttore ha, quindi, diritto di intervenire in luogo del locatore alle assemblee riguardanti le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento dell'aria proprio in virtù del fatto che sostiene una «categoria di spese» che compongono il bilancio condominiale (salvo deroga nel contratto di locazione inter partes). Tuttavia molte problematiche rimangono aperte. In ordine alla individuazione del soggetto cui spetti la convocazione dell'inquilino, quale che sia la tesi condivisa, sarà opportuno - anche solo per ragioni cautelative della certezza delle decisioni assembleari - che l'amministratore di condominio dia avviso a tutti i condomini (nell'ambito della lettera di convocazione) di estendere l'invito all'assemblea agli eventuali rispettivi conduttori per le materie loro riguardanti.

Spesso, poi, è difficile scindere gli argomenti di competenza del conduttore da quelli di competenza del locatore, nell'ambito della medesima discussione assembleare, posto che, ad esempio, un bilancio di natura ordinaria contiene sia spese di competenza del primo che del secondo, e non è possibile frazionare il voto assembleare, potendosi al più accettare a verbale annotazioni di contestazioni e riserve per non precludere il diritto all'eventuale impugnazione senza neanche concorrere al raggiungimento del quorum deliberativo.

Certo è che la «appartenenza» del conduttore a quella «organizzazione» che è il condominio origina a prescindere da qualunque nesso contrattuale e si risolve nell'instaurazione di un «contatto» sociale rilevante per il diritto, con l'attribuzione di diritti e doveri: la traduzione in legge e una chiara regolamentazione (è mancata l'occasione con la riforma del 2013) avrebbero sicuramente sciolto molti nodi interpretativi ancora attuali.

Guida all'approfondimento

De Tilla, Divieti condominiali e posizione del conduttore, in Arch. loc. e cond., 2002, fasc. 4, 418;

Carrato - Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2016;

De Tilla, L'inquilino e l'osservanza del regolamento di condominio. L'affissione di un'insegna luminosa sulla facciata, in Riv. giur. edil., 2012, I, 1074.

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