Indennizzabilità dell’infortunio al lavoratore in stato di inabilità temporanea assoluta

Andrea Rossi
14 Novembre 2017

L'infortunio accaduto durante il periodo in cui il lavoratore dovrebbe astenersi dal lavoro, essendo temporaneamente inabile, può essere indennizzato dall'INAIL se si verifichi in occasione di lavoro.
Massima

L'infortunio accaduto durante il periodo in cui il lavoratore dovrebbe astenersi dal lavoro, essendo temporaneamente inabile, può essere indennizzato dall'INAIL se si verifichi in occasione di lavoro.

Il caso

Un coltivatore diretto, durante il periodo di inabilità temporanea assoluta riconosciuta dall'INAIL in conseguenza di una piccola lesione riportata al dito della mano in fase di guarigione, subiva un grave infortunio con postumi permanenti, essendo stato investito dal trattore lasciato in moto mentre stava agganciando un attrezzo agricolo al mezzo che non era stato correttamente frenato.

Il lavoratore chiedeva all'Istituto il riconoscimento della tutela previdenziale, che veniva negato; cosicché la vittima adiva il Tribunale, che condannava l'Istituto alla costituzione della rendita, poi negata dalla Corte di Appello che, in accoglimento dell'appello dell'Istituto, escludeva che l'infortunio si fosse verificato in occasione di lavoro, essendo avvenuto a seguito di una libera iniziativa assunta dalla medesima vittima in un momento nel quale non avrebbe dovuto lavorare.

Con ricorso per cassazione il coltivatore diretto si doleva che il giudice d'appello avesse ritenuto che l'infortunio fosse derivato da rischio elettivo, che ricorre solo quando il rischio sia estraneo a quello inerente l'attività lavorativa, anche perché la pregressa inabilità appariva in termini causali del tutto estranea al secondo infortunio.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, invitando il giudice di rinvio a valutare se l'infortunio sia stato la conseguenza di un rischio elettivo, precisando che nel giudizio rescissorio si dovrà verificare la natura dell'attività svolta ed il nesso di causalità tra il fatto ed il precedente stato di menomazione, se la precedente menomazione abbia provocato direttamente l'infortunio, in via esclusiva, o comunque vi abbia almeno concorso o se invece essa non abbia alcun collegamento casuale con l'infortunio medesimo, che si sarebbe verificato comunque.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione è la seguente: può escludersi l'indennizzabilità di un infortunio sul lavoro solo perché occorso durante il periodo di inabilità temporanea assoluta?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del lavoratore, negando che lo stato di inabilità temporanea assoluta interrompa sempre e comunque il nesso finalistico con l'attività di lavoro, come apoditticamente affermato dalla Corte di Appello, che ha confuso il rischio elettivo con la colpa del lavoratore.

Siamo in presenza, spiega la Corte, di un infortunio che può essere accaduto in conseguenza di un comportamento colposo della vittima, in base al quale non viene meno il nesso di occasionalità necessaria con l'attività di lavoro, proprio perché la tutela sociale deve garantire i mezzi adeguati alle esigenze di vita, anche quando il lavoratore si sia comportato imprudentemente.

Nella nozione di occasione di lavoro, prosegue la Corte, “rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all'ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione, con l'unico limite del rischio elettivo”, che delimita sul piano oggettivo l'occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato e di attività protetta.

Solo quando l'infortunio sia la conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall'attività lavorativa, cioè di rischio generato da un'attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai suoi limiti, esso non è tutelabile perché derivato da rischio elettivo.

Infine, ricorda la Corte, solo con riferimento agli infortuni in itinere la giurisprudenza tende a valutare con particolare rigore, in via di interpretazione restrittiva e di eccezione alla regola contraria, la rilevanza attribuita alla colpa ai fini dell'esclusione della tutela, quando l'infortunio sia la conseguenza della violazione di norme fondamentali del codice della strada, che può integrare, secondo la valutazione del giudice di merito, un aggravamento del rischio tutelato talmente esorbitante dalle finalità di tutela da escluderla.

Osservazioni

Con una motivazione condivisibile la Corte annulla con rinvio la sentenza che aveva negato l'indennizzabilità di un grave infortunio accaduto ad un coltivatore diretto sul falso assioma che l'occasione di lavoro vada sempre esclusa nel caso in cui il lavoratore infortunato non debba lavorare quando si trovi in stato di inabilità derivato da un precedente infortunio.

La Suprema Corte accoglie il ricorso del lavoratore, avvalendosi delle nozioni consolidate di “occasione di lavoro” e di “rischio elettivo”.

In particolare, l'occasione di lavoro rappresenta il nesso eziologico con l'attività di lavoro, la cui ricorrenza consente l'accesso alla tutela previdenziale.

Secondo la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità, che ne ha ampliato i confini, l'occasione di lavoro “ricomprende tutte le condizioni, incluse quelle ambientali e socio economiche in cui l'attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall'apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, con il solo limite del cosiddetto rischio elettivo" (Cass. sez. lav., 5 gennaio 2015, n. 6; Cass. sez. lav., 23 luglio 2012, n. 12779).

Il nesso di occasionalità necessaria si realizza ogni volta che l'attività lavorativa, considerata tale anche quella prodromica e/o strumentale allo svolgimento della prestazione di lavoro, abbia esposto il lavoratore ad un qualsiasi rischio da cui è scaturito l'evento.

Il rischio elettivo, invece, che rappresenta l'unico limite che esclude l'occasione di lavoro (Cass. sez. lav., 19 aprile 1999, n. 3885; Cass. sez. lav., 2 giugno 1999, n. 5419; Cass. sez. lav., 9 ottobre 2000, n. 13447; Cass. sez. lav., 8 marzo 2001, n. 3363; Cass. 9 gennaio 2002, n. 190; Cass. sez. lav., 22 aprile 2002, n. 5841; Cass. sez. lav., 13 aprile 2002, n. 5354; Cass. sez. lav., 3 agosto 2005, n. 16282), viene individuato attraverso il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti:

  • vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive;
  • diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ed anche contrarie alle direttive datoriali, ma motivate da finalità produttive);
  • che affronti un rischio diverso da quello cui sarebbe assoggettato, sicché l'evento non abbia alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass. sez. lav., 5 settembre 2014, n. 18786; Cass. sez. lav., 18 maggio 2009, n. 11417; Cass. sez. lav., 4 luglio 2007, n. 15047).

Queste caratteristiche consentono di distinguere il rischio elettivo dall'atto lavorativo commesso con colpa, che rimane sempre tutelato dall'INAIL, tranne nei casi di infortunio in itinere, per i quali il rischio elettivo, configurato come l'unico limite alla copertura assicurativa di qualsiasi infortunio, in quanto ne esclude l'essenziale requisito della occasione di lavoro, assume, una nozione più ampia, rispetto all'infortunio che si verifichi nel corso dell'attività lavorativa vera e propria, in quanto comprende comportamenti del lavoratore infortunato di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza (Cass. sez. lav., 17 giugno 2014, n. 13733; Cass. sez. lav., 18 marzo 2013, n. 6725; Cass. sez. lav., 22 febbraio 2012, n. 2624; Cass. sez. lav., 7 maggio 2010, n. 11150; Cass. sez. lav., 10 settembre 2009, n. 19496; Cass. sez. lav., 3 agosto 2005, n. 16282; Cass. sez. lav., 6 agosto 2003, n. 11885).

Se, in un primo tempo, la Magistratura superiore ha ritenuto irrilevante ai fini della tutela il mancato rispetto del segnale di STOP (Cass. sez. lav., 4 dicembre 2001, n. 15312), successivamente ha prevalso un'opposta tesi che considera la condotta imprudente di guida del lavoratore idonea ad escludere l'occasione di lavoro.

In questo filone giurisprudenziale più severo si colloca il mancato riconoscimento dell'indennizzabilità a causa del mancato rispetto del segnale di divieto di transito (Cass. sez. lav., 6 agosto 2003, n. 11885) o a causa dell'attraversamento dell'incrocio a piedi, nonostante il semaforo rosso (Cass. sez. lav., 16 ottobre 2007, n. 21617) o a causa del mancato rispetto del segnale di STOP (Cass. sez. lav., 29 luglio 2009, n. 17655; Consiglio di Stato 20 marzo 2007, n. 1309) o a causa dell'eccessiva velocità (Consiglio di Stato 20 gennaio 2006, n. 144; Consiglio di Stato 17 gennaio 2008, n. 104; Consiglio di Stato 8 marzo 2010, n. 1349).