Le procedure di allerta perno della nuova disciplina dell’insolvenza

Diego Corrado
21 Novembre 2017

Novità assoluta per il nostro ordinamento, ma già presenti in altri paesi e soprattutto previste da recenti interventi in materia del legislatore comunitario, le procedure di allerta arricchiscono il menu di opzioni volto a favorire l'emersione precoce della crisi, in linea con quella corrente teorica, ampiamente condivisa, che correla tempestività di intervento e probabilità di successo dei tentativi di salvataggio dell'impresa in crisi.
Premessa

Novità assoluta per il nostro ordinamento, ma già presenti in altri paesi e soprattutto previste da recenti interventi in materia del legislatore comunitario, le procedure di allerta arricchiscono il menu di opzioni volto a favorire l'emersione precoce della crisi, in linea con quella corrente teorica, ampiamente condivisa, che correla tempestività di intervento e probabilità di successo dei tentativi di salvataggio dell'impresa in crisi.

Obiettivo, la massimizzazione del valore per i creditori, la salvaguardia dei posti di lavoro, dunque un beneficio netto per l'economia generale. Per fare ciò, viene disegnato un complesso meccanismo di premi e sanzioni, l'adeguatezza del quale potrà essere verificato solo al test della pratica.

Fonti e generalità

Le procedure di allerta e composizione assistita della crisi, previste dall'art. 4 della legge delega di riforma della disciplina della crisi di impresa (Legge 19 ottobre 2017, n. 155), se da un lato costituiscono delle importanti innovazioni per il nostro ordinamento, vantano importanti precedenti in ambito comparatistico. Comparse per la prima volta nell'ordinamento francese già alla metà degli anni ‘80, sono state da ultimo riprese dall'Unione Europea una prima volta nella Raccomandazione 2014/135/UE e successivamente nella Proposta di Direttiva 2016/359, motivata proprio dall'insoddisfacente impatto della Raccomandazione, che mette al centro della disciplina comunitaria dell'insolvenza un'impostazione che essa stessa definisce di “early warning” ed “early restructuring”, destinata – insieme a quella della “second chance” per gli imprenditori – a divenire un pilastro del sistema.

La proposta di Direttiva segue esplicitamente un approccio di armonizzazione minima: la Commissione ha infatti preso atto dell'esistenza di notevoli divergenze tra i vari ordinamenti nazionali, che avrebbero reso inopportune prescrizioni troppo vincolanti. La legge delega ora approvata si spinge (per quanto riguarda le procedure oggetto del presente scritto) molto oltre, ma proprio per il motivo testé citato non si potrà parlare di contrasto con la legislazione comunitaria.

Così inquadrato sommariamente il sistema delle fonti, dobbiamo osservare che preliminarmente l'art. 4 definisce la nuova procedura “non giudiziale e confidenziale”: suo scopo è espressamente quello di “incentivare l'emersione anticipata della crisi” e “agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditore”, ciò in quanto le procedure concorsuali “giudiziali” sono spesso viste e vissute dall'imprenditore come un male in sé, per cui vi si ricorre spesso quando l'impresa si trova in stato di irreversibile decozione. Viene quindi creato un organismo ad hoc per assistere il debitore nella procedura di composizione assistita della crisi, istituito presso ogni camera di commercio, che nominerà un collegio di tre professionisti esperti nella materia, designati uno dalla camera di commercio stessa, uno dal presidente della competente sezione del tribunale delle imprese e uno da associazioni di categoria, scelti tra gli iscritti all'istituendo albo dei curatori fallimentari e commissari (previsto dall'art. 2, lett. o) della legge delega).

Come tutte le norme che mirano a incentivare comportamenti che il legislatore giudica virtuosi, la neo-istituita disciplina pone in essere un sistema di premi/sanzioni che, com'è intuitivo, si trovano in un rapporto di delicato equilibrio gli uni con le altre, equilibrio che solo la prassi saprà dire se è adeguato agli obiettivi che si propone.

Ancora in via generale, si osserva che le procedure di allerta si attivano in caso di crisi, concetto che, secondo quanto stabilito dall'art. 2, lett. c) della legge delega, va inteso come “probabilità di futura insolvenza, anche tenendo conto delle elaborazioni della scienza aziendalistica”.

Il potere di attivazione della procedura

Il potere di attivare la procedura è attribuito in prima battuta al debitore [art. 4, lett. b)]. In caso di sua inerzia, sono tenuti in sua vece gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione [art. 4, lett. c)], che – nel rilevare “fondati indizi” della crisi, da individuare con riferimento a determinati parametri di criticità, di natura contabile– dovranno preliminarmente avvisare l'organo amministrativo della società, e, in caso di perdurante omissione, informare l'organismo.

Anche i “creditori pubblici qualificati” (tra i quali la legge stessa individua a titolo esemplificativo Agenzia delle entrate, enti previdenziali e agenti della riscossione) sono dotati di autonomo potere di iniziativa, che tuttavia ha contenuto distinto a seconda del progredire della crisi. Ed infatti essi sono preliminarmente tenuti ad avvisare il solo debitore, qualora il suo debito verso di loro superi un “importo rilevante” che potrà essere definito tale in relazione alle dimensioni dell'impresa [art. 4, lett. d)]. Va notato, peraltro, che nel definire “rilevante” l'importo del debito si terrà preferenzialmente conto dei debiti “oggettivi”, quelli cioè relativi ad importi non versati ma in precedenza “auto-dichiarati” o definitivamente accertati, il che, se da un lato tutela le imprese rispetto a pretese derivanti da accertamenti infondati, dall'altro apre la strada a ricorsi pretestuosi e dilatori finalizzati esclusivamente a posticipare l'emersione della crisi.

In questa prima fase i creditori qualificati dovranno informare unicamente il debitore, avvisandolo appunto che il suo debito ha superato l' “importo rilevante” e che verrà effettuata la segnalazione agli organi di controllo e all'organismo di composizione assistita, ma solo se entro tre mesi il primo non avrà, alternativamente, attivato il procedimento di composizione assistita, o estinto il debito, o raggiunto un accordo con il creditore qualificato o chiesto l'ammissione a una procedura concorsuale “formale”.

Scatterà invece immediatamente la segnalazione, non direttamente al debitore (che evidentemente in questo caso ha precedentemente ignorato l'avviso che la sua esposizione ha superato il limite dell'importo rilevante), ma agli organi di controllo della società, oltre che all'organismo, quando i creditori pubblici qualificati rileveranno “il perdurare di inadempimenti di importo rilevante”.

La procedura avanti all'organismo di composizione assistita della crisi

Su istanza del debitore, o a seguito delle segnalazioni ricevute dagli altri soggetti a ciò tenuti, l'organismo convoca immediatamente il primo, unitamente – ove si tratti di società dotata di organi di controllo – ai componenti di questi, per individuare le misure idonee a superare lo stato di crisi, che possono prevedere una soluzione concordata con i creditori. Il coordinamento tra quanto previsto dalla lettera b) e dalla lettera e) dell'art. 4 lascia intendere che l'accordo con i creditori sia l'obiettivo iniziale solo quando la procedura è attivata su istanza dell'interessato. Negli altri casi (attivazione ad opera degli organi di controllo o dei creditori pubblici qualificati) il debitore convocato dall'organismo ben potrebbe in quella sede proporre misure di risoluzione della crisi che non necessariamente prevedano accordi con terzi.

In ogni caso, l'attività dell'organismo inizia con una fase istruttoria, ovvero la “verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società”.

Ciò detto, si deve rilevare che questa fase sarà caratterizzata, secondo le intenzioni del legislatore, da notevole celerità: la lettera b) prevede che – in caso di procedimento avviato su istanza del debitore – l'eventuale accordo con i creditori debba verificarsi entro un “congruo termine, prorogabile solo a fronte di positivi riscontri delle trattative e, in ogni caso, non superiore complessivamente a sei mesi”. Piuttosto articolato il quadro disegnato dalla legge delega (alla lettera i) dell'art. 4) per disciplinare i rapporti tra la procedura di allerta attivata su istanza del debitore e quella attivata per iniziativa dei creditori pubblici qualificati: anche in questa circostanza, si prescrive che i decreti delegati dovranno fissare un termine “adeguatamente contenuto” entro il quale il creditore pubblico, che ha sospeso la sua iniziativa causa l'attivarsi in via autonoma del debitore, la riprenda perché questo non ha adottato misure risolutive.

Le prescrizioni procedurali sono embrionali, come era logico aspettarsi, vista la natura deformalizzata della procedura. Saranno i decreti delegati a stabilire le condizioni in base alle quali gli atti istruttori potranno essere utilizzati nell'eventuale susseguente fase giudiziale.

Infine, entro il termine di sei mesi dall'avvio del procedimento ad istanza del debitore, il collegio verifica se è stata raggiunta una soluzione concordata; nel caso non vengano individuate misure idonee a superare la crisi, e il collegio attesti lo stato di insolvenza, l'organismo dovrà darne notizia al pubblico ministero presso il tribunale competente, ai fini del tempestivo accertamento dell'insolvenza medesima.

L'intervento eventuale del tribunale

Il carattere “non giudiziale e confidenziale” del procedimento in esame non esclude in modo assoluto l'intervento del tribunale, giacché l'art. 4, lett. g), attribuisce al debitore che si sia attivato in prima battuta o che sia stato comunque convocato dall'organismo di composizione a seguito delle segnalazioni da questi ricevute, la facoltà di chiedere al tribunale delle misure protettive “necessarie per condurre a termine le trattative in corso”. Il tribunale deciderà omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, stabilendo durata, effetti e regime di pubblicità delle stesse, potendo revocarle anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori, o nel caso in cui l'organismo riferisca che non vi sono possibilità di pervenire a una soluzione concordata della crisi o non vi sono “significativi progressi” nell'attuazione delle misure già individuate come idonee a superare la crisi stessa.

Il sistema di premi e sanzioni

Come detto in avvio, il successo delle procedure di allerta si giocherà, tra le altre cose, sull'adeguatezza del sistema di premi e sanzioni predisposto dal legislatore per offrire alle parti delle procedure di allerta opportuni incentivi ad attivarsi tempestivamente.

Il debitore, in via generale, se sceglierà di avviare l' “early restructuring”, potrà avvalersi di una sede in cui negoziare con i suoi creditori in via “confidenziale”, e potrà, se ne ricorreranno i presupposti, godere delle eventuali “misure protettive” che il tribunale vorrà accordargli.

Più nello specifico, il legislatore delegato dovrà stabilire “misure premiali, sia di natura patrimoniale sia in termini di responsabilità personale” per l'imprenditore che abbia tempestivamente attivato una procedura di composizione o chiesto una procedura concorsuale; queste dovranno riguardare la non punibilità della bancarotta semplice e degli altri reati fallimentari, nel caso abbiano causato un danno “di speciale tenuità”, un'attenuante ad effetto speciale per gli altri reati eventualmente commessi, nonché la riduzione di interessi e sanzioni correlati ai debiti fiscali dell'impresa.

Il requisito della tempestività potrà dirsi integrato qualora il debitore si sia attivato entro sei mesi dal verificarsi di determinati indici da stabilire in dettaglio nei decreti delegati, ma che comunque dovranno essere legati al rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi, all'indice di rotazione dei crediti, a quello di rotazione del magazzino e a quello di liquidità. Il che a sua volta chiama in causa la tempestività con cui detti indici sono rilevati, questione che, nel silenzio della legge delega, andrà ad avviso di chi scrive risolta facendo riferimento ai criteri generali in materia di doveri degli amministratori, che – a mente di quanto stabilito per le s.p.a. dall'art. 2381 c.c. – impongono di apprestare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che risponda a un criterio di “adeguatezza”, che andrà quindi declinato in concreto, caso per caso, in relazione a dimensioni della società, complessità del ramo di attività e altri fattori contingenti.

Il collegio sindacale, per parte sua, vedrà esclusa la responsabilità solidale con gli amministratori per le conseguenze pregiudizievoli di fatti o omissioni verificatisi successivamente alla sua segnalazione, e – si deve ritenere – godrà altresì delle misure premiali apprestate in favore dell'imprenditore che si sia attivato tempestivamente (da segnalare il fatto, non del tutto coerente con il resto della norma, che, nel disegnare alla lettera f) gli “incentivi” in questione, la legge utilizza l'espressione “collegio sindacale”, laddove in precedenza aveva fatto generico riferimento agli “organi di controllo societari”).

Infine, una misura oltremodo opportuna, ancorché di presumibile non facile applicazione, dovrà prevedere che i creditori pubblici qualificati perderanno i privilegi che a norma di legge assistono in sede fallimentare i loro crediti qualora non segnalino “immediatamente” il perdurare di inadempimenti di importo rilevante nei loro confronti. Come è noto, infatti, era invalsa la poco commendevole prassi per cui imprenditori poco virtuosi protraevano il momento di emersione dell'insolvenza omettendo di pagare crediti tributari e previdenziali, contando sul “tempo di reazione” di detti creditori, di regola ampiamente superiore a quello dei creditori privati, fatto che non potrà più verificarsi, sotto pena appunto di perdita dei privilegi, nel caso di successiva dichiarazione di fallimento dell'imprenditore in questione (o meglio, di sottoposizione a liquidazione giudiziale, secondo il lessico introdotto dalla riforma).

L'estensione dell'obbligo di dotarsi di organi di controllo

Il legislatore fa con ogni evidenza notevole affidamento sull'efficacia delle procedure di allerta nel creare un ambiente più favorevole all' “early warning” e all' “early restructuring” se prestiamo attenzione al fatto che, con una disposizione collocata all'art. 14, lett. g), della legge delega, rubricato “Modifiche al codice civile”, ha notevolmente ridotto i parametri numerici il cui superamento impone alle s.r.l. di dotarsi di un organo di controllo lato sensu. Non del tutto comprensibile appare tuttavia la decisione di lasciare alla discrezione della s.r.l. la scelta di dotarsi in questo caso, e in via alternativa, di un organo di controllo, anche monocratico, o del revisore, giacché come è noto diversa è la tipologia di controlli che la legge affida a questi soggetti.

Conclusioni

Le innovazioni introdotte con l'art. 4 della legge delega appaiono di grande rilevanza. Se però, da un lato, è del tutto condivisibile la ratio che ha spinto il legislatore ad apprestare gli strumenti sopra illustrati, alcune imprecisioni e incoerenze della legge delega potrebbero dare luogo a dubbi interpretativi o a difficoltà applicative. Esse, come si è esposto, fanno riferimento, per quanto riguarda il ruolo dei creditori pubblici qualificati, all'individuazione di un criterio univoco che consenta di stabilire quando il credito nei loro confronti possa dirsi di “importo rilevante” e al fatto che possano entrare in gioco, in questo calcolo, importi dovuti non in via definitiva (come è il caso della riscossione provvisoria in pendenza di giudizio). Per quanto riguarda gli organi di controllo societari, al fatto che il legislatore alterni senza un'apparente logica quest'espressione, più generica, che ricomprende anche il comitato per il controllo interno del sistema monistico e il comitato di sorveglianza del sistema dualistico, con quella di “collegio sindacale”, previsto nel solo sistema “tradizionale”. Infine, al fatto che gli indici in base ai quali rilevare eventuali indizi di una incipiente crisi siano solo abbozzati.

Al di là delle questioni tecniche ora rilevate, è tuttavia evidente che l'efficacia di questo strumento dipenderà in maniera cruciale dall'adeguatezza del bilanciamento del sistema di premi e sanzioni individuato dal legislatore, adeguatezza che solo il test della pratica potrà dirci sussistere o meno.

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