Amministrazione di sostegno: reclamabilità limitata ai decreti definitori del procedimento

Roberto Masoni
22 Novembre 2017

La Corte di Cassazione, con la decisione in commento, si è occupata di individuare gli esatti ambiti di applicazione del gravame avverso provvedimenti pronunziati in materia di amministrazione di sostegno.
Massima

É inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo in tema di designazione o nomina di un amministratore di sostegno, che sono emanati in applicazione dell'art. 384 c.c. (richiamato dal successivo art. 411, comma 1, c.c.) e restano logicamente e tecnicamente distinti da quelli che dispongono l'amministrazione, dovendosi limitare la facoltà di ricorso ex art. 720-bis c.p.c., u.c., ai soli decreti di carattere decisorio, quali quelli che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, assimilabili, per loro natura, alle sentenze di interdizione ed inabilitazione, senza estendersi ai provvedimenti a carattere gestorio.

I provvedimenti non aventi carattere decisorio, ma meramente gestionali, assunti dal giudice tutelare non sono suscettibili di reclamo alla Corte d'appello ex art. 720-bis c.p.c., bensì di reclamo al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 739 c.p.c..

Il caso

Gli stretti congiunti di un beneficiario di amministrazione di sostegno hanno richiesto la nomina dell'a.d.s.. Il giudice tutelare prima e la Corte d'appello poi (dichiarando inammissibile il reclamo) hanno ritenuto che persona più idonea alla cura del beneficiario, alla luce della “vivace contrapposizione” familiare emersa, fosse un estraneo rispetto al nucleo e, in particolare, un professionista, che era stato all'uopo prescelto.

La Corte d'appello ha dichiarato inammissibile il gravame sul presupposto della natura non decisoria e meramente gestoria del provvedimento reclamato, dato che lo stesso non afferiva all'apertura o chiusura del procedimento, ma, più limitatamente, alla scelta della persona chiamata all'espletamento dell'ufficio.

Le familiari hanno quindi avanzato ricorso per cassazione, censurando la scelta compiuta dal giudice con riguardo alla persona chiamata a ricoprire l'ufficio, dalle stesse ritenuta non idonea all'espletamento dello stesso.

La questione

La pronunzia nomofilattica ha evidenziato che oggetto della questione è l'individuazione degli esatti ambiti di applicazione del gravame avverso provvedimenti pronunziati in materia di amministrazione di sostegno.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione cui perviene la nomofilachia, ritenendo suscettibili di gravame unicamente i provvedimenti di apertura o quelli di chiusura dell'amministrazione (e non gli altri, aventi contenuto meramente gestorio), come dà conto in motivazione la pronunzia in esame, costituisce «orientamento consolidato», «motivatamente e ripetutamente espresso in materia dalla Suprema Corte» e, come tale, non merita censura perchè, anzi, merita conferma.

Osservazioni

La pronunzia annotata, con condivisibile chiarezza ed essenzialità motivazionale, si inserisce nell'orientamento, come testè anticipato, ormai “consolidato” e «ripetutamente espresso in materia» dalla Suprema Corte.

A questo punto conviene rammentare i fondamentali dati normativi e gli orientamenti espressi al riguardo dagli studiosi.

L'art. 720-bis c.p.c. (introdotto dalla l. n. 6 del 2004) non ha chiarito quale tipologia di decreto risulti reclamabile; se quello conclusivo della procedura, ovvero, anche quelli di tenore interlocutorio e gestorio.

In materia di procedimenti camerali la dottrina reputava ammissibile il reclamo unicamente avverso i provvedimenti “finali” «con esclusione di tutti quei provvedimenti a contenuto strumentale, di natura essenzialmente istruttoria, che servono a definire il procedimento, a consentire, cioè, al giudice camerale di esercitare i poteri tipicamente previsti dalla legge».

Il profilo, oggetto di ampio e variegato dibattito scientifico, risulta chiarito, in più di un'occasione, dalla nomofilachia.

Si è affermato il seguente principio «è ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione unicamente avverso decreti che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione di sostegno, ovvero, di contenuto corrispondente alla sentenza pronunziata in materia di interdizione o inabilitazione, a norma degli artt. 712 e ss. c.p.c.» (Cass. civ., 10 maggio 2011, n. 10187).

Viceversa, non sono suscettibili di gravame i provvedimenti aventi carattere meramente interlocutorio, quali, ad es., quelli di scelta, sostituzione, esonero o revoca dell'amministratore di sostegno.

In modo particolare «è inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo in tema di designazione o nomina di un amministratore di sostegno, trattandosi di provvedimenti distinti, logicamente e tecnicamente, da quelli che dispongono l'amministrazione e che vengono emanati in applicazione dell'art. 384 c.c. (richiamato dal successivo art. 411, comma 1, c.c.), dovendo invero limitarsi la facoltà di ricorso, concessa dall'art. 720-bis, ultimo comma, c.p.c., ai decreti di carattere decisorio, quali quelli che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, assimilabili, per loro natura, alle sentenze emesse in materia di interdizione ed inabilitazione, mentre tale facoltà non si estende ai provvedimenti a carattere gestorio» (Cass. civ., 16 febbraio 2016, n. 2985).

Da quanto precede, consegue che gli ulteriori decreti pronunziati dal giudice tutelare nel corso della procedura di amministrazione, quali, ad es., quelli di revoca, sostituzione, sospensione dall'incarico, approvazione del rendiconto, ovvero, in materia di liquidazione dell'equa indennità di cui all'art. 379 c.c., soggiacciono alla regola generale dettata in materia di procedimenti camerali, regola non derogata in materia, ed affidata all'art. 739, comma 1, c.p.c.. Quest'ultima disposizione prevede la reclamabilità di questi decreti avanti al tribunale in composizione collegiale (Cass. civ., 13 gennaio 2017, n. 784), come ha avuto cura di ribadire la pronunzia in epigrafe.

L'ambito oggettivo di estensione del gravame avverso i decreti pronunziati dal giudice tutelare in materia di a.d.s. risulta di recente ampliato da una pronunzia nomofilattica (sempre della prima sezione civile), che ha enunziato il seguente principio di diritto nell'interesse della legge (ex art. 363, comma 3, c.p.c.): «nei procedimenti in materia di amministrazione di sostegno è ammesso il reclamo alla Corte d'appello, ai sensi dell'art. 720-bis, comma 2, c.p.c., avverso il provvedimento con cui il giudice tutelare si sia pronunciato sulla domanda di autorizzazione - proposta dall'amministratore di sostegno in sede di apertura della procedura o in un momento successivo - ad esprimere, in nome e per conto dell'amministrato, il consenso o il rifiuto alla sottoposizione a terapie mediche, avendo il provvedimento medesimo natura decisoria in quanto incidente su diritti soggettivi personalissimi» (Cass. civ., 7 giugno 2017, n. 14158).

Le decisioni assunte dal G.T. in materia sanitaria e di cure mediche incidono su diritti personalissimi della persona, in quanto tali sono «espressione di un diritto personalissimo fondamentale potenzialmente suscettibile di essere compresso dal provvedimento del giudice».

Le stesse sono, quindi, qualificate pronunzie decisorie, come tali suscettive di gravame, conformemente all'orientamento consolidato, che è stato ribadito, da ultimo, anche dalla pronunzia in esame.

Guida all'approfondimento
  • Arieta, Montesano, Trattato di diritto processuale civile, Padova, 2002, II, 2, 1213;
  • Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008, 541, nota 27;
  • Bonilini, Chizzini, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2007, II ed., 462-463;
  • Campese, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008, 400;
  • Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014, 154;
  • Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2017, 512 e ss..

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