Illegittima la sanzione di inammissibilità del ricorso senza l’indicazione del valore della prestazione previdenziale nell’atto introduttivo

La Redazione
22 Novembre 2017

L'eccessiva gravità della sanzione e delle sue conseguenze, rispetto al fine perseguito, comporta la manifesta irragionevolezza dell'art. 152 disp. att. c.p.c., ultimo periodo, il quale prevede che “a tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo”.

L'eccessiva gravità della sanzione e delle sue conseguenze, rispetto al fine perseguito, comporta la manifesta irragionevolezza dell'art. 152 disp. att. c.p.c., ultimo periodo, il quale prevede che «a tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo».

Così ha deciso la Corte Costituzionale con sentenza n. 241/2017, depositata il 20 novembre.

Il caso. La Corte d'Appello di Torino con ordinanza ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'ultimo periodo dell'art. 152 disp. att. c.p.c.
L'articolo in questione prevede che nei giudizi per prestazioni previdenziali sia sanzionata, con dichiarazione di inammissibilità del ricorso, l'omessa indicazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, il cui importo deve essere espressamente indicato nell'atto introduttivo.
Nel merito la Corte rimettente era stata adita, su ricorso dell'INPS, avverso la decisione di primo grado che aveva riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità del nonno materno deceduto in favore del nipote con lui convivente, anche se i genitori di quest'ultimo non erano totalmente privi di reddito.
L'INPS ricorreva in appello per chiedere l'inammissibilità del ricorso per mancato rispetto del citato art. 152 disp. att. c.p.c.
La Corte territoriale rimette la questione alla Corte Costituzionale in quanto «dubita della compatibilità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. per contrasto con gli artt. 3 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali».
I Giudici di merito sostengono che «la sanzione dell'inammissibilità del ricorso costituirebbe una reazione sproporzionata ed irragionevole, rispetto all'obiettivo avuto di mira dal legislatore, di evitare, nei giudizi per prestazioni previdenziali, le liquidazioni di spese processuali esorbitanti rispetto al valore della controversia».

Illegittimità dell'ultimo periodo dell'art. 152 disp. att. c.p.c. Nel giudizio di costituzionalità è in discussione la natura eccessiva della disposizione di cui all'art. 152, ultimo periodo, disp. att. c.p.c. nella parte in cui impone l'inammissibilità del ricorso in caso di inadempimento delle prescrizioni previste.
La Consulta ha preliminarmente osservato che l'ultima parte dell'articolo in questione deve essere letta congiuntamente alla previsione del periodo precedente dello stesso articolo, introdotto dall'art. 52 l. n. 69/2009, secondo il quale il giudice, nei giudizi per prestazioni previdenziali, non può liquidare spese, competenze ed onorari superiori al valore della prestazione dedotta in giudizio.
Secondo la Corte Costituzionale «la stretta correlazione che lega i due periodi è esplicita e la ratio sottesa al complessivo intervento normativo va ricercata nell'esigenza di evitare l'utilizzo abusivo del processo che, in materia previdenziale, veniva spesso instaurato per soddisfare pretese di valore economico irrisorio, al solo fine di conseguire le spese di lite». Detto obbiettivo è di per sé realizzato già dal primo dei due periodi che è chiamato «ad operare nel momento della liquidazione delle spese, normalmente coincidente con la fine del giudizio, quando il Giudice conosce il valore della prestazione». In ragione di ciò il Giudice «non avrà bisogno della quantificazione contenuta nell'atto introduttivo; ma sarà sottoposto al vincolo derivante dal limite legale imposto alla liquidazione».
Secondo il Giudice delle leggi la sanzione di inammissibilità, avente l'obiettivo di evitare la strumentalizzazione del processo, deve essere bilanciata con la garanzia dell'accesso alla tutela giurisdizionale.
La Corte Costituzionale ha ritenuto che le conseguenze sfavorevoli derivanti dalla sanzione di inammissibilità non siano bilanciate «dall'interesse ad evitare l'abuso del processo che è già efficacemente realizzato dalla disciplina introdotta dalla novella di cui all'art. 52 l. n. 69/2009».
In conclusione il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 152, ultimo periodo, disp. att. c.p.c. per manifesta irragionevolezza.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.