Casalinga: riconosciuto il danno da perdita di chance
23 Novembre 2017
IL CASO Una donna riporta lesioni a seguito di un sinistro automobilistico e conviene in giudizio dinnanzi al Tribunale di Ravenna il conducente dell'auto sulla quale viaggiava come terza trasportata e la sua compagnia di assicurazione per ottenere il ristoro dei danni subiti. Il giudice di prime cure accoglie la domanda. La Corte territoriale, successivamente adita, nega la configurabilità del danno patrimoniale sostenendo la mancanza della prova di un'attività lavorativa produttiva di reddito e dunque l'impossibilità di configurare l'esistenza di un danno da perdita di chance. La donna, pur non avendo potuto sostenere l'esame per l'abilitazione all'albo dei geometri, non era stata in grado di dimostrare l'impedimento nè alla professione, né alla possibilità di superare l'esame; inopinabile risultava solo la maggior difficoltà nello svolgimento dell'attuale attività di casalinga. La donna ricorre ora in Cassazione, sulla base di quattro motivi.
MANCATA DIMOSTRAZIONE DELL'ATTIVITÀ LAVORATIVA La Suprema Corte dichiara manifestamente fondato il primo motivo di ricorso: l'esclusione della ricorrenza del danno patrimoniale per mancata dimostrazione dello svolgimento di un'attività lavorativa e del danno da perdita di chance, nonostante una riconosciuta percentuale di invalidità permanente pari al 25%, determina una violazione dei principi di diritto espressi dalla medesima Corte di legittimità.
DANNO PATRIMONIALE ATTUALE DA FUTURA PERDITA DI CHANCE La Corte ricorda che in tema di danno alla persona, un'invalidità tale da non consentire alla vittima di aspirare nemmeno allo svolgimento di lavori anche differenti da quello prestato al momento del sinistro, ma confacenti alle sue attitudini e o aspirazioni, integra la fattispecie di danno patrimoniale attuale da futura perdita di chance, «ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c.» (Cass. civ. n. 12211/2015), diverso dunque dalla lesione di un modo di essere del soggetto, configurabile nel danno non patrimoniale biologico.
LIQUIDAZIONE DEL DANNO MEDIANTE LA PROVA PRESUNTIVA La Corte chiarisce che la liquidazione di tale danno può avvenire mediante la cd. prova presuntiva qualora sia possibile ritenere che la vittima conseguirà in futuro un reddito inferiore a quello che avrebbe invece percepito nel caso in cui l'infortunio non si fosse verificato (Cass. civ. n. 17514/2011). Secondo la Cassazione, i Giudici di merito avevano errato nell'escludere l'esistenza del danno patrimoniale per il solo fatto che non fosse stata provata l'esistenza di un'attività lavorativa. L'accertamento prognostico in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, anche come perdita di chance, non era stato correttamente svolto; la Suprema Corte accoglie dunque il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri e cassa la sentenza impugnata.
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