L'assunzione e il licenziamento del portiere

27 Novembre 2017

L'assunzione del portiere soggiace a rigorose formalità, come peraltro per tutti gli altri lavoratori subordinati, anche se il ruolo rivestito suggerisce una maggiore prudenza e diligenza; parimenti, trovano applicazione i principi generali in tema di licenziamento, considerando però che, talvolta, al recesso datoriale consegue il rilascio dell'immobile occupato dal dipendente per l'espletamento del suddetto servizio.
Il quadro normativo

Premesso che l'assunzione ed il licenziamento del portiere rappresentano i confini temporali entro i quali si svolge il rapporto lavorativo alle dipendenze del condominio, va, in proposito, ricordato che, diversamente dall'art. 18 del r.d. n. 56/1934 - precedente specifico della normativa condominiale - che indicava espressamente tra i compiti dell'amministratore quello di provvedere all'assunzione ed al licenziamento del portiere, il codice civile del 1942 non prevede più tale obbligo.

Nel corso degli anni, la dottrina si è equamente divisa, da un lato, nel privilegiare la prerogativa dell'assemblea in materia e, dall'altro, nell'affermare che la nomina del soggetto abilitato all'incarico di portiere dovesse essere appannaggio dell'amministratore.

In particolare, alcuni (Visco) ritengono che la competenza spetti all'assemblea, trattandosi di un atto che incide profondamente sulle obbligazioni patrimoniali dei condomini e sulle responsabilità che ne derivano a loro carico, anche rispetto al pagamento della retribuzione; altri (Salis) sono dell'avviso che, ove il regolamento non gli attribuisca tale potere, l'amministratore non possa ritenersi abilitato ad esercitarlo, senza una preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea; altri ancora (Branca) affermano che l'amministratore abbia ampi poteri per procedere alla nomina del personale e, quindi, anche del portiere, ponendo in rilievo l'importanza di questo servizio da cui dipende l'ordine e la sicurezza del fabbricato.

La legittimazione ad assumere

Peraltro, essendo pacifico che l'amministratore possa licenziare il portiere senza ricorrere all'assemblea, non si vede perché non possa provvedere direttamente alla sua assunzione; nulla esclude, ovviamente, che, costituendo la scelta della persona alla quale affidare la custodia e la vigilanza dell'edificio un passo delicato nella vita condominiale, sia opportuno, ma non obbligatorio, da parte dell'amministratore, sottoporre il nominativo all'esame dell'assemblea, un'accortezza, quest'ultima, che dovrebbe tutelare preventivamente anche lo stesso amministratore, il quale potrebbe anche essere chiamato a rispondere in proprio per culpa in eligendo.

Ad ogni buon conto, contro la nomina fatta dall'amministratore, si può presentare reclamo all'assemblea, ai sensi dell'art. 1133 c.c., salvo ricorrere perfino all'autorità giudiziaria se la deliberazione risulti contraria alla legge o al regolamento condominiale (ad esempio, qualora quest'ultimo contempli determinati requisiti in capo al nominando o preveda alcune incompatibilità).

L'assunzione del portiere potrebbe essere disposta anche dal costruttore prima di iniziare la vendita degli appartamenti, onde attivare il servizio di custodia e di pulizia dell'edificio: una volta costituito il condominio, potrà revocarlo e licenziarlo, perché egli passa dall'essere al servizio del costruttore, nella fase preliminare, al servizio del condominio, dopo la vendita.

Le modalità dell'assunzione

Sotto l'aspetto più strettamente lavoristico, l'assunzione del portiere avviene mediantela firma di un contratto che contiene le indicazioni in ordine a: data di inizio del rapporto, durata del periodo di prova, qualifica, ulteriori mansioni affidate al lavoratore, retribuzione, orario di lavoro (settimanale e giornaliero), indicazione dell'eventuale alloggio di servizio, e quant'altro (trattasi, comunque, di assunzione diretta basata sul rapporto di fiducia, come tale esclusa dagli obblighi di riserva obbligatori contemplati dalla legge).

Il contratto di assunzione viene compilato dal proprietario (dall'amministratore, negli edifici in condominio) e firmato dalle due parti contraenti (non è necessaria quella del sostituto) in duplice copia, di cui una resta presso il datore di lavoro, mentre l'altra viene consegnata al portiere.

La condizione per poter accedere all'incarico è la presentazione, da parte del soggetto interessato ed a richiesta del datore di lavoro, dei documenti indicati espressamente nello stesso C.C.N.L. (artt. 28-32), e segnatamente:

a) carta d'identità o documento equipollente;

b) certificato di stato di famiglia e dichiarazione, rilasciata dallo stesso lavoratore, del numero dei familiari con lui conviventi;

c) certificato penale;

d) certificato medico;

e) scheda professionale di cui all'art. 1-bis del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 181 e all'art. 5 del d.p.r. 7 luglio 2000, n. 442 nonché all'art. 2 del d.lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, ove esistente;

f) codice fiscale;

g) attestato di frequenza al corso ex d.lgs. n. 81/2008 (sostitutivo del d.lgs. n. 626/1994), con copia del verbale di accesso relativo al fabbricato cui sarà addetto il lavoratore (nel caso in cui il lavoratore sia sprovvisto di tale attestato, egli dovrà frequentare tale corso sùbito dopo il termine del periodo di prova).

Inoltre - come sopra anticipato - legato all'assunzione, vi è il periodo di prova e, sul punto, l'art. 29 del C.C.N.L. recita: «Il periodo di prova deve risultare da atto scritto; in mancanza di questo, l'assunzione è considerata definitiva, a tempo indeterminato. Durante il periodo di prova il contratto può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti; solo nel rapporto di portierato, le parti devono dare, entro il periodo di prova, un preavviso di 10 giorni. Le parti possono convenire che il lavoratore di cui al profilo professionale A), con mansioni principali o sussidiarie di portiere, al quale sia assegnato l'alloggio di servizio, non usufruisca dell'alloggio stesso durante il periodo di prova (o anche per un periodo superiore nel caso l'alloggio non sia ancora disponibile); in tale caso competerà al lavoratore l'indennità sostitutiva di cui alle tabelle da A ad A-quater dell'art. 125.

Scaduto il periodo di prova senza che sia data disdetta, il lavoratore s'intende assunto definitivamente ed il periodo di prova va computato a tutti gli effetti del presente contratto.

Il periodo di prova è il seguente: per i lavoratori con i profili professionali A) e D), dell'art. 18, due mesi; per i lavoratori con profili professionali B), dell'art. 18, indipendentemente dal numero delle ore prestate in ogni giornata; profilo B1) giorni 30 di effettivo lavoro; profilo B2) giorni 20; profilo B3) giorni 15; profilo B4) giorni 15; profilo B5) giorni 6; per i lavoratori con profili professionali C), dell'art. 18; profili C1) e C2), giorni 180 di calendario; profilo C3), giorni 60 di effettivo lavoro; profilo C4), giorni 30».

Il procedimento disciplinare

Si premette, innanzitutto, che l'amministratore del condominio ha un potere disciplinare sul portiere, che esercita in nome e nell'interesse della collettività condominiale.

In particolare, egli deve sorvegliare - anche con visita a sorpresa, cioè senza preavviso, o intervenendo a seguito delle segnalazioni dei condomini - se il portiere sia nella guardiola, porti eventualmente la divisa, adempia ai suoi obblighi scrupolosamente e, in caso di inosservanza, lo stesso amministratore è tenuto a farne oggetto di contestazione al portiere.

Il summenzionato potere di vigilare e disciplinare l'operato del lavoratore compete anche all'amministratore la cui nomina sia oggetto di impugnativa davanti all'autorità giudiziaria o, più semplicemente, il cui mandato sia scaduto e non sia stato riconfermato nell'incarico, atteso che l'amministratore, fino a quando non venga sostituito con provvedimento del giudice o con nuova deliberazione assembleare, resta in carica per gli affari di ordinaria amministrazione.

Nello specifico, l'amministratore deve prendere in considerazione il disposto dell'art. 122 del C.C.N.L., rubricato «provvedimenti disciplinari», che recita:

«Le mancanze dei lavoratori possono dar luogo, secondo la loro gravità, ai seguenti provvedimenti disciplinari:

a) rimprovero verbale;

b) rimprovero scritto;

c) multa;

d) sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 5 giorni;

e) licenziamento disciplinare senza preavviso.

Il rimprovero, verbale o scritto, può essere inflitto nei casi di lievi mancanze ai propri doveri.

La multa può essere inflitta, a titolo esemplificativo:

a) per recidiva nelle mancanze che hanno determinato l'applicazione del rimprovero;

b) per assenza dal servizio per una intera giornata senza che il lavoratore abbia ottenuto il permesso dal datore di lavoro. La multa non può eccedere l'ammontare di 4 ore di salario e deve essere versata dal datore di lavoro alla Croce Rossa Italiana. Copia dell'attestato di versamento deve pervenire dall'Ente bilaterale al lavoratore.

La sospensione dal servizio e dalla retribuzione può essere inflitta per mancanze più gravi di quelle indicate al comma 3, ma di gravità inferiore a quelle indicate al comma 5.

Il lavoratore è passibile di licenziamento disciplinare senza preavviso, a titolo esemplificativo, nel caso di:

a) ripetuta ubriachezza in servizio;

b) assenza ingiustificata per più di tre giorni consecutivi;

c) altre mancanze di tale gravità che rendano impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro».

Il successivo art. 123, circa la procedura disciplinare, stabilisce che: «I provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale si applicano nel rispetto delle procedure previste dall'art. 7 della legge n. 300/1970. Le contestazioni devono essere effettuate dal datore di lavoro con tempestività rispetto al verificarsi dei fatti. La comminazione delle sanzioni disciplinari, commisurate alla gravità dei fatti contestati, può avvenire entro e non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine a difesa concesso al lavoratore».

A questo punto, è vero che il singolo condomino non può sostituirsi e sovrapporsi alla collettività, ma ciò non significa che, se il portiere è gradito alla maggioranza, egli resta sfornito di un diritto di richiamo, perché ben potrebbe portare la questione in sede di assemblea, trattandosi di una mancanza grave e se l'assemblea si rifiuti di intervenire disciplinarmente, fino ad adottare un provvedimento di licenziamento, il condomino potrebbe rivolgersi all'autorità giudiziaria (in fondo, anch'egli paga il portiere ed ha diritto ad un servizio diligente); preliminarmente, per un abuso commesso dal portiere, il condomino deve presentare una segnalazione all'amministratore e quest'ultimo ha l'obbligo di indire l'assemblea ponendo la questione all'ordine del giorno e, in difetto, il condomino potrà, se non vuole adire l'autorità giudiziaria, convocare l'assemblea straordinaria ai sensi dell'art. 66, comma 1, disp. att. c.c., sempre che trovi un «associato» che gli faccia raggiungere la caratura millesimale prescritta dalla legge (1/6 del valore dell'edificio).

Il potere di licenziare

Non dovrebbero, invece, esistere incertezze sul potere dell'amministratore di licenziare il portiere, non escludendo, però, stante la competenza deliberativa primaria in capo all'assemblea, che, in caso di licenziamento, la medesima assemblea - la quale sia intervenuta sul medesimo oggetto su richiesta dell'amministrazione per ratificarne la condotta - possa sempre revocare l'operato dell'amministratore (Cass. civ., sez. II, 13 agosto 1985, n. 4437).

Alla luce della summenzionata contrattazione collettiva, nell'ipotesi di comportamento illegittimo del portiere - come abbiamo visto - l'amministratore del condominio può passare dai semplici rimproveri verbali o scritti al licenziamento; il tutto commisurato alla gravità dell'inadempimento commesso e nel rispetto delle procedure previste dall'art. 7 della l. n. 300/1970 in ordine alla contestazione dell'addebito ed all'audizione diretta dell'interessato; di regola, il lavoratore, entro 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento, può chiedere i motivi che hanno determinato la risoluzione del rapporto, e il condominio, nei 7 giorni dalla richiesta, deve comunicarli specificamente per iscritto, restando in facoltà del lavoratore presentare le proprie giustificazioni in un termine non inferiore a 5 giorni.

A meno che sussista una giusta causa che legittimi un recesso in tronco, il condominio che intende licenziare il portiere, a mezzo dell'amministratore, è tenuto a dare, per iscritto mediante lettera raccomandata, un preavviso, di durata variabile secondo il profilo del lavoratore di cui all'art. 15 del C.C.N.L., e secondo si tratti di portiere con o senza alloggio (rispettivamente, 3 mesi e 45 giorni).

Resta fermo il regime dell'art. 2, commi 1 e 3, della l. n. 604/1966 - così come sostituito dalla l. 108/1990 - sicché va considerato «inefficace» il licenziamento non comunicato per iscritto al portiere del condominio, ma posto direttamente in esecuzione con il suo allontanamento dal posto di lavoro, spettando conseguentemente al suddetto lavoratore le retribuzioni non percepite durante il periodo di mancato svolgimento della prestazione lavorativa, che il lavoratore abbia continuato ad offrire al datore di lavoro (v. Cass. civ.,sez. lav., 18 novembre 2000, n. 14949).

I motivi del recesso datoriale

Secondo i consueti canoni, il licenziamento, per essere legittimo, deve essere sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo, disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 2119 c.c. e 3 della l. n. 604/1966: la prima si verifica qualora venga pregiudicato il vincolo fiduciario in modo irrimediabile per cui non si possa tollerare una prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro; il secondo - che contempla il periodo di preavviso o, in mancanza, il pagamento della relativa indennità - è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo soggettivo), oppure da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa (c.d. giustificato motivo oggettivo).

Esemplificativamente, si è configurata una giusta causa di licenziamento l'occupazione abusiva, da parte del portiere di un condominio, di un alloggio di proprietà del datore di lavoro, diverso da quello assegnatogli, a nulla rilevando che tale condotta sia stata posta in essere per sfuggire alle molestie praticate dai vicini di casa, di entità tale da configurare un concreto pericolo per l'integrità fisica e psichica del lavoratore, che il datore di lavoro è obbligato a preservare ai sensi dell'art. 2087 c.c. (Cass. civ.,sez. lav., 19 febbraio 2002, n. 2400).

Una peculiare fattispecie da Cass. civ., sez. lav., 12 dicembre 2007, n. 26073, la quale ha affermato che integra giusta causa di licenziamento il comportamento del portiere di un edificio condominiale il quale ritenga di difendere i propri interessi attraverso minacce rivolte contro un suo sostituto o contro un addetto alle pulizie, fino a provocarne l'allontanamento dal posto di lavoro, o ancora usi turpiloquio riferendosi al condominio; né il licenziamento presuppone la previsione di tale comportamento nel codice disciplinare di cui all'art. 7 della l. n. 300/70, poiché compilazione ed affissione di questo codice sono imposte dal legislatore al fine di impedire che il datore di lavoro possa arbitrariamente e post factum configurare e, di conseguenza, addebitare un illecito disciplinare; l'esigenza di affissione sussiste infatti quando trattisi di illeciti consistenti in violazione di discipline aziendali ignoti alla generalità e, perciò, difficilmente conoscibili se non espressamente previste, mentre non sussiste per i comportamenti manifestamente contrastanti con la legge e con valori comunemente accettati.

Ovviamente, non tutte le mancanze del portiere importano il licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c. o in tronco, ma le stesse devono avere una tale gravità da rendere impossibile la prosecuzione anche temporanea del servizio, per il venir meno dell'elemento fiduciario indefettibile nel rapporto di lavoro.

Non è compresa, quindi, la reciproca antipatia ed insofferenza tra il portiere ed alcuni condomini - salvo che l'incompatibilità non si tramuti in un contegno scorretto ed incivile - bensì una condotta che faccia venir meno i presupposti dell'intuitus personae che permeano il rapporto di lavoro: tale evento può verificarsi sia a seguito di trasgressione al dovere di reciproco rispetto ed all'obbligo di fedeltà e di leale comportamento, sia a seguito dell'inadempimento di quelle obbligazioni che discendono direttamente dal contratto, da valutare nel quadro di una disciplina unitaria del rapporto di lavoro (si pensi alle violazioni del segreto della corrispondenza o della riservatezza delle abitudini familiari).

Quanto alla gravità dell'inadempimento che giustifica il licenziamento sotto il profilo «soggettivo», è stato ritenuto tale il comportamento del portiere che, malgrado l'obbligo contrattuale di dimorare nell'alloggio di servizio, non fruisca dello stesso, peraltro gravando inutilmente il condominio di oneri relativi al mantenimento del medesimo alloggio; sul punto, si è osservato (Pret. Napoli 17 agosto 1998) che la previsione di un alloggio da parte della contrattazione collettiva, se disposta indubbiamente in favore del portiere, va comunque ricondotta anche al generale interesse di custodia e vigilanza dello stabile insito nel servizio di portierato.

È, invece, considerata causa «oggettiva» di licenziamento la decisione insindacabile dell'assemblea di sopprimere il servizio di portierato e di sostituirlo, eventualmente, con altro servizio per il quale non sia fosse prevista la fruizione dell'alloggio (v., in proposito, Cass. civ.,sez. II, 8 agosto 1996, n. 7286, che richiede, per la relativa deliberazione, la partecipazione di tutti i proprietari delle singole unità immobiliari facenti capo al supercondominio, anche se organizzati in distinti condominii).

Appare utile ricordare che, in caso di soppressione del servizio di portierato, l'art. 111 del C.C.N.L. Confedilizia prevede che «il datore di lavoro è tenuto, nei confronti del portiere con profili professionali A1), A2), A3), A4), A5), A6), A7), A8) e A9), a dare un preavviso di mesi 12, da comunicarsi per iscritto» - per il C.C.N.L. Federprorpietà è previsto, invece, il più ridotto termine di mesi 6 - precisando che «il lavoratore che usufruisce dell'alloggio di servizio deve riconsegnare al suddetto datore tale alloggio allo scadere del termine di preavviso».

In quest'ottica, si è ritenuta insindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo, del reparto o del posto a cui era addetto il dipendente licenziato, sempreché risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato; tale principio si estende anche ai datori di lavoro non imprenditori, come il condominio, in forza dell'art. 1 della l. n. 604/1966, per cui, in caso di licenziamento del portiere, si è confermata (Cass. civ., sez. lav., 7 gennaio 2002, n. 88 - la decisione di merito che aveva accertato la soppressione della posizione lavorativa del portiere organizzata secondo il modulo del rapporto di lavoro subordinato e l'affidamento, successivamente alla ristrutturazione dell'immobile, di un servizio di custodia ad una società.

In conclusione

Per completezza, va rilevato che la cessazione del rapporto di lavoro può avvenire, oltre che per volontà del condominio/amministratore - escludendosi, comunque, ogni profilo di tutela reale ed ogni questione sul requisito dimensionale, stante la natura non imprenditoriale del datore di lavoro, per cui, al massimo, si potrà pretendere la riassunzione o, in alternativa, il risarcimento del danno - anche per volontà dello stesso portiere, ossia per dimissioni di quest'ultimo (di regola, con un preavviso di 3 mesi), oppure per fatti indipendenti dalla volontà delle parti, come nell'ipotesi di morte del lavoratore, o per il perdurare della malattia oltre il termine previsto dal contratto (ad esempio, sino a 4 mesi se ha un'anzianità di servizio superiore ai 5 anni).

Anche in queste ipotesi, al lavoratore (o ai suoi eredi) spetta il trattamento di fine rapporto di cui alla l. 29 maggio 1992, n. 297, comprensivo dei ratei maturati delle ferie annuali e della gratifica natalizia - di regola, accantonato mediante i contributi versati annualmente pro quota dai condomini e debitamente rivalutato - salva la possibilità di anticipazioni prima della cessazione di cui sopra, in quanto è in facoltà del lavoratore chiedere al massimo il 70% di tale trattamento maturato, purché abbia prestato almeno 8 anni di servizio, una sola volta nel corso del rapporto, e purché la richiesta sia finalizzata all'acquisto della prima casa di abitazione o per sostenere spese sanitarie.

Guida all'approfondimento

Celeste, Il (necessario, ma doloroso) licenziamento del portiere condominiale, in Amministr. immobili, 2015, fasc. 191, 11;

Avigliano, Assunzione diretta del portiere da parte del condominio, in Ventiquattrore avvocato, 2015, fasc. 2, 37;

Celeste, Rapporto di lavoro subordinato per facta concludentia del portiere di condominio, in Immob. & proprietà, 2014, 489;

Mazzotta, Portierato (contratto di), in Encicl. dir., Milano, 1985, vol. XXXIV, 400;

Carinci, voce Portierato (contratto di), in Nuovo digesto italiano, 1966, 301.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario