Augurare una disgrazia all'amministratore, non è reato

Luigi Salciarini
30 Novembre 2017

Il male ingiusto augurato all'amministratore di condominio o il preannunciargli che «gliela si farà pagare» non costituisce reato.

Come ci ha già insegnato Pirandello nella commedia "La patente", forse sarebbe stato meglio per le condomine in lite con l'amministratore che la Corte di Cassazione avesse confermato la condanna per il reato di minaccia ex art. 612 c.p.

Ma così non è stato, e sono state assolte (ribaltando la condanna del primo e del secondo grado).

I giudici ermellini hanno affermato che augurare la morte all'amministratore (nella specie, per "leucemia fulminante") e comunque preannunciargli che, in qualche modo, «gliela si farà pagare» non costituisce reato.

In particolare, la S.C. ha precisato che «il male ingiusto profetizzato, indipendente dalla volontà e della capacità di influenza dell'autore della minaccia, infausto profetizzante, non poteva configurare l'elemento obiettivo del reato che presuppone la prospettazione di un male ingiusto, idoneo a condizionare la sfera della libertà morale del soggetto passivo, che dipenda dalla capacità di influenza del soggetto agente».

Ugualmente irrilevanti - dal punto di vista penale - sono le parole «gliela faremo pagare» prive di una concreta valenza minatoria per la loro assoluta genericità ed indeterminazione, che le rendono compatibili anche con il progetto di avvalersi degli strumenti legittimi di tutela offerti dall'ordinamento giuridico.

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