La configurabilità dell'usura sopravvenuta alla luce dell'intervento delle Sezioni unite civili
01 Dicembre 2017
Massima
Allorché il tasso d'interesse concordato fra mutuante a mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della legge 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; ne la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto. Il caso
La vicenda concreta sottoposta all'esame della Suprema Corte, che ha fornito l'occasione per l'enunciazione del principio di diritto sopra riportato, attiene ad un giudizio nell'ambito del quale era stata richiesta la dichiarazione di nullità della previsione, in un contratto di mutuo decennale sottoscritto dalle parti in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 7 marzo 1996 n. 108, di un tasso d'interesse fisso semestrale risultato superiore al tasso soglia introdotto dalla citata legge, entrata in vigore nel corso del rapporto, oltre che il rimborso degli interessi eccedenti il tasso legale ed il risarcimento dei danni anche morali conseguenti al reato di usura commesso dalla banca, che si era rifiutata di rinegoziare il tasso in seguito all'entrata in vigore della legge 108 del 1996. Nel giudizio di primo grado la domanda di parte attrice era stata accolta con condanna della banca al rimborso degli interessi riscossi per la parte eccedente il tasso soglia; la sentenza era stata poi integralmente riformata in appello, essendo stato qualificato il rapporto come mutuo fondiario ed essendosi ritenuta applicabile la disciplina del credito fondiario prevista nel d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7; a ciò conseguiva, secondo la valutazione effettuata in appello, la legittimità del contratto di mutuo con la relativa determinazione degli interessi. Con il ricorso per cassazione il mutuante, oltre a contestare la qualificazione del mutuo come fondiario, eccepiva violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui erano state ritenute, nella sentenza di appello, inapplicabili le disposizioni contenute nella legge 108 del 1996. La questione
La questione sottoposta all'esame delle Sezioni unite attiene all'incidenza del sistema normativo antiusura, introdotto con la legge 108 del 1996, sui contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, anche alla luce della norma d'interpretazione autentica di cui all'art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394 convertito nella legge 28 febbraio 2001, n. 24. Si tratta, inoltre, di stabilire quale sia la sorte della pattuizione di un tasso d'interesse che, in forza della suddetta legge e del meccanismo ivi previsto per la determinazione del tasso soglia, al di la del quale è da qualificarsi come usurario, si riveli superiore a detta soglia. La problematica affrontata, che attiene anche la configurabilità della cosiddetta usura sopravvenuta, può porsi anche con riguardo a contratti stipulati successivamente all'entrata in vigore della legge 108 del 1996, laddove il tasso d'intesse concordato, inferiore a quello soglia al momento della stipulazione, divenga, successivamente, nel corso del rapporto, superiore alla soglia in conseguenza della caduta dei tassi medi di mercato di cui si tiene conto nella determinazione dei tassi usurari. Le soluzioni giuridiche
Il ricorso era stato assegnato alle Sezioni unite in seguito ad un'ordinanza interlocutoria adottata dalla prima Sezione civile, nell'ambito della quale si era rilevata l'esistenza, all'interno della stessa sezione, di un contrasto di giurisprudenza sulla questione ora riportata. La giurisprudenza della Cassazione civile formatasi nel periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore della legge aveva costantemente ritenuto applicabile ai rapporti in corso la nuova normativa, con conseguenze sul tasso d'interesse contrattuale limitate alla sola parte del rapporto successive alla data di entrata in vigore della legge (Cass. pen., Sez. I, 22 ottobre 2000, n. 5286; Cass. pen., Sez. I, 17 novembre 2000, n. 14899). È quindi intervenuto il Legislatore con la citata norma di interpretazione autentica che stabilisce che «i fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento». L'intervento del Legislatore ha determinato la creazione di un contrasto fra due opposti orientamenti: da un lato, si è esclusa la configurabilità della cosiddetta usura sopravvenuta, ritenendosi, in forza del sopravvenuto intervento del Legislatore con la ora citata norma d'interpretazione autentica, rilevante ai fini della qualificazione del tasso d'interesse come usurario il momento della pattuizione dello stesso, piuttosto che quello del pagamento degli interessi. A ciò consegue, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, che il meccanismo dei tassi soglia previsto dalla legge 108 del 1996 non potrà essere applicato alle pattuizioni di interessi stipulate in data precedente alla sua entrata in vigore, sia pure che si tratti di rapporti ancora in corso a tale data (Cass. civ.,Sez. III, 17 dicembre 2009, n. 26499; Cass. civ.,Sez. I, 27 settembre 2013, n. 22204; Cass. civ.,Sez. I, 19 gennaio 2016, n. 801). Da un altro lato, recentemente, in direzione opposta, la stessa prima Sezione civile della Corte di cassazione, prendendo atto dell'intervento interpretativo del Legislatore, aveva ritenuto applicabile il tasso soglia in sostituzione del tasso pattuito che sia divenuto, successivamente alla conclusione del contratto ed in epoca successiva all'entrata in vigore della legge 108 del 1996, superiore alla soglia stessa; ciò in quanto la norma d'interpretazione autentica si limiterebbe ad escludere l'applicazione delle sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2, c.c. ma non le altre sanzioni civili, ferma restando quindi l'illiceità della pretesa di un tasso d'interesse ormai divenuto superiore alla soglia dell'usura (Cass. civ., Sez. I,12 aprile 2017, n. 9405). Le Sezioni unite, nel dare conto del contrasto di giurisprudenza sopra ricordato, evidenziano pure come in favore del secondo orientamento si fosse pronunciata parte della dottrina in base alla quale la pretesa di pagamento di interessi a un tasso non usurario alla data della pattuizione ma divenuto tale nel corso del rapporto, sfuggirebbe alla sanzione penale di cui all'art. 644 c.p. e a quella civile della gratuità degli interessi, pur rimanendo illecita civilmente, con la conseguente sostituzione automatica del tasso d'interesse contrattuale o con il tasso soglia o con il tasso legale. La sentenza in commento risolve il contrasto aderendo al primo degli orientamenti sopra riportati, assumendo come vincolante la norma d'interpretazione autentica introdotta dal legislatore con l'art. 1, comma 1, d.l. 394 del 2000, in relazione alla quale la Corte Costituzione aveva già escluso, con la sentenza n. 29 del 25 febbraio 2002, la sospetta illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 24, 47 e 77 Cost. In sostanza hanno ritenuto le Sezioni unite che, per potere qualificare un interesse come usurario l'interprete deve rifarsi necessariamente all'art. 644 c.p.,in base al quale, in forza della citata norma di interpretazione autentica, per qualificare usurari gli interessi occorre fare riferimento al momento in cui gli stessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del pagamento. L'orientamento che proponeva una lettura della norma d'interpretazione autentica limitata agli effetti penali e a quelli civili della gratuità del mutuo viene quindi superato dalle sezioni unite, argomentandosi che, nella fattispecie, in esame, l'illecito civile è configurabile solo in quanto sia configurabile il reato di cui all'art. 644 c.p. In conclusione ad avviso delle Sezioni unite il superamento del tasso soglia al momento del pagamento degli interessi non comporta la nullità o inefficacia della relativa clausola contrattuale pattuita in epoca precedente e in misura inferiore al tasso soglia allora vigente o in epoca antecedente alla legge 108 del 1996 che ha introdotto il tasso soglia per la qualificazione di un interesse come usurario; a ciò consegue che non potrà considerarsi illecita la pretesa di pagamenti di tali interessi del creditore. Nell'ambito di tali conclusioni sembra che sia stato lasciato aperto qualche spazio di tutela per il debitore che abbia contratto un mutuo con un tasso inferiore a quello usurario, che poi però sia divenuto tale successivamente durante lo svolgimento del rapporto. In tale direzione le Sezioni unite hanno espressamente richiamato la sopra citata decisione della Corte costituzionale (sentenza n. 29 del 2002), nella parte in cui i giudici delle leggi hanno ritenuto estranei all'ambito applicativo della norma d'interpretazione autentica sospettata d'illegittimità gli altri istituti e strumenti a tutela del mutuatario sulla base della generale disciplina codicistica dei rapporti contrattuali. Le Sezioni unite paiono riconoscersi in queste affermazioni della Corte costituzionale, riconoscendo espressamente la praticabilità degli altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, dei quali sussistano gli specifici presupposti, escludendo, invece, che uno di tali strumenti possa essere quello dell'invalidità o inefficacia della clausola che preveda un tasso di interesse, legittimo al momento della pattuizione, che finisca col superare il tasso soglia durante il rapporto. Osservazioni
Le Sezioni unite affermano che la configurabilità dell'usura sopravvenuta è stata esclusa anche dalla Cassazione penale citando espressamente una decisione della quinta Sezione nell'ambito della quale si è ritenuto che il giudice sia tenuto ad accertare la natura usuraria degli interessi mediante specifico riferimento ai valori determinati dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze vigenti all'epoca della pattuizione e da aumentare della metà, onde raggiungere il tasso soglia ai sensi dell'art. 2 della legge 108 del 1996 (Cass. pen.,Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 8353). In questa decisione viene ribadito un indirizzo già in precedenza affermato dalla sezione feriale della Cassazione, in base al quale gli interessi devono considerarsi usurari se eccedono il limite legale al momento della loro pattuizione e non del loro pagamento e ciò a prescindere dal fatto che il reato di usura possa ritenersi consumato in tale secondo momento (Cass. pen.,Sez. feriale, 19 agosto 2010, n. 32362). Ma la Cassazione penale è giunta successivamente a conclusioni più articolate nell'ambito della pacificamente riconosciuta natura duplice del delitto di usura (Cass. pen.,Sez. II, 10 dicembre 2003, n. 11837), potendo lo stesso giungere a consumazione o con la sola pattuizione di interessi usurari con il pagamento degli stessi; in particolare si è ritenuto che, ai fini della sussistenza del delitto di usura "per dazione", che si realizza attraverso la concreta corresponsione di interessi usurai, è necessario il superamento del tasso-soglia trimestrale, individuato aumentando della metà la rilevazione del Ministero dell'economia e delle finanze, avuto riguardo al tempo di effettiva erogazione del prestito ed a quello di corresponsione degli interessi. In motivazione, la Corte ha precisato che, affinchè possa ritenersi consumato il reato, è necessario determinare il tempo e la durata dei singoli prestiti, nonchè la data dei pagamenti effettuati dalla vittima, in modo da individuare il trimestre di riferimento, essendo sufficiente il superamento della soglia anche per uno solo di essi (Cass. pen.,Sez. II, 12 luglio 2016, n. 39334). |