L’obbligatorietà della procedura competitiva nelle cessioni d'azienda di carattere urgente

04 Dicembre 2017

La procedura competitiva con le forme previste dall'art. 163-bis, l.fall. può essere evitata nelle ipotesi, peculiari e specifiche, in cui la tutela dell'interesse della massa dei creditori esiga una pronta cessione dell'azienda o del ramo d'azienda e risulti quindi pregiudicata dai ritardi necessariamente derivanti dall'espletamento della gara con le modalità previste dalla legge.
Massima

La procedura competitiva con le forme previste dall'art. 163-bis, l. fall. può essere evitata nelle ipotesi, peculiari e specifiche, in cui la tutela dell'interesse della massa dei creditori esiga una pronta cessione dell'azienda o del ramo d'azienda e risulti quindi pregiudicata dai ritardi necessariamente derivanti dall'espletamento della gara con le modalità previste dalla legge.

Anche in tali casi si rende necessario, tuttavia, preservare il principio generale della competitività, cui il sistema è ispirato, con l'adozione di una procedura, gestita dal commissario giudiziale, informale e semplificata, in quanto tale in grado di assicurare una tempistica compatibile con l'esigenza di non disperdere il valore dell'avviamento aziendale.

Il caso, la questione giuridica e la soluzione

Il tribunale di Roma provvede su una richiesta di autorizzazione alla vendita immediata di un ramo di azienda ad una società che ha presentato un'offerta irrevocabile di acquisto.

La richiesta è formulata, nella fase preconcordataria, dalla società ricorrente, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall.

I giudici valutano quindi la possibilità giuridica di autorizzare la vendita di un ramo di azienda, da parte di un soggetto cui il tribunale ha appena assegnato il termine di cui all'art. 161, comma sesto, l. fall., senza il previo esperimento della procedura competitiva prevista e regolata dall'art. 163-bis, commi da uno a cinque, l. fall., così come richiamati dall'ultimo comma del medesimo articolo.

Dopo aver qualificato la domanda come effettivamente inerente ad un atto di amministrazione straordinaria urgente, il collegio autorizza la cessione al soggetto offerente, assoggettando il provvedimento alla condizione sospensiva integrata dall'accertata mancanza di altre offerte o dall'esito (favorevole alla offerente) di una procedura competitiva più agile e snella di quella prevista dall'art. 163-bis l. fall., da espletarsi sotto la conduzione e vigilanza del commissario giudiziale.

Più in dettaglio, la richiesta di autorizzazione proviene da una società operante nel settore discount della Grande Distribuzione Organizzata che, dopo l'apertura del concorso dei creditori, allega di trovarsi in una situazione di forte carenza di liquidità che le impedisce l'approvvigionamento di tutti i punti vendita (ben duecentonovantadue) e che ha già determinato la chiusura di una quota di negozi per assicurare la concentrazione dei prodotti in vendita negli esercizi maggiormente strategici.

La società ricorrente riceve una proposta irrevocabile di acquisto di un ramo di azienda, composto da sette punti vendita siti nella regione Liguria (cd. ramo Liguria) per un prezzo corrispettivo il cui incasso consentirebbe alla debitrice in preconcordato di acquisire immediatamente la disponibilità della liquidità mancante.

Il prezzo viene considerato dalla richiedente congruo, come emergerebbe dal confronto con altre offerte pervenute nella fase antecedente e successiva al deposito della domanda in bianco, e le ragioni di estrema urgenza, collegate alla necessità di preservare l'avviamento del maggior numero possibile dei punti vendita, osterebbero all'espletamento della procedura competitiva prevista dall'art. 163-bis l. fall.

Come visto, il tribunale condivide la qualificazione della vendita come atto di amministrazione straordinaria urgente.

Evidenzia inoltre come la società in concordato abbia un'effettiva esigenza, non dilazionabile, di reperire la liquidità necessaria per assicurare l'approvvigionamento di tutti gli altri, numerosi, punti vendita, nonché il pagamento dei canoni di locazione, e di mantenere quindi inalterato il valore dell'avviamento dei punti vendita ancora operativi, tenuto altresì conto della trascurabile consistenza della componente materiale dell'attivo sociale.

Afferma infine che in alcune specifiche ipotesi, tra le quali ritiene rientrare quella in esame, la procedura competitiva disciplinata dall'art. 163-bis l. fall., con la tempistica ad essa immanente, possa rivelarsi non compatibile con il superiore interesse dei creditori concorsuali al mantenimento del valore dell'avviamento aziendale.

Il tribunale non esclude, peraltro, la necessità di fare applicazione del principio generale della competitività, ma reputa ammissibile che tale principio “cardine” delle vendite concorsuali e coattive venga salvaguardato con l'adozione di una procedura più snella, caratterizzata da una tempistica contratta, in quanto tale compatibile con l'urgenza ravvisata nel caso di specie.

Osservazioni

La fattispecie in esame, e la soluzione offerta dal tribunale di Roma, consentono di affrontare il tema della obbligatorietà della procedura competitiva prevista dall'art. 163-bis l. fall. nelle ipotesi in cui si manifestino ragioni di urgenza connesse alla necessità di accettare una proposta di acquisto proveniente da un soggetto che assicuri la continuità aziendale e, con essa, il mantenimento del valore dell'avviamento, oltre che dei livelli occupazionali.

Il problema nasce dal fatto che il dettato normativo non lascia spazio a dubbi di sorta: l'art. 182, comma 5, l. fall. è chiaro quanto alla obbligatorietà della procedura competitiva per tutte le vendite di beni operate successivamente alla presentazione della domanda di concordato; l'art. 163-bis l. fall., a sua volta, impone la gara e l'aggiudicazione anticipata, rispetto al decreto di omologazione, in tutti i casi in cui un'azienda, o un ramo di azienda, sia oggetto di un'offerta irrevocabile di acquisto che costituisca parte integrante del piano o, nella fase preconcordataria, venga recepita da un'istanza di autorizzazione formulata dalla società debitrice ex art. 161, comma 7, l. fall.

Infine, l'ultimo comma dell'art. 163-bis prescrive l'applicabilità delle norme in parola, in quanto compatibili, oltre che agli atti da autorizzare ai sensi dell'art. 161, settimo comma, l. fall., anche all'affitto di azienda o di uno o più rami di azienda.

E' noto che, con l'introduzione dell'art. 163-bis l. fall., il legislatore ha inteso porre fine al fenomeno delle proposte vincolate ed ha affermato un principio non derogabile che impone sempre la necessaria pubblicizzazione dell'offerta pervenuta al debitore e la altrettanto necessaria natura competitiva del procedimento mirato all'individuazione dell'acquirente.

Tra l'altro, precisandosi espressamente, nell'ultima parte del primo comma dell'art. 163-bis, che le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo di azienda o di specifici beni, il divieto della vendita vincolata è stato esteso anche alle ipotesi in cui debitore ed offerente avessero concluso un contratto preliminare di compravendita, o un contratto di affitto d'azienda accompagnato da un'opzione o da una proposta irrevocabile di acquisto prima del momento dell'apertura del concorso dei creditori, con ciò risultando inefficace e, quindi, inopponibile alla massa, anche un eventuale pregresso incontro delle volontà negoziali di debitore e offerente.

Il sistema scaturito dalle suddette prescrizioni trova ragione nell'esigenza di preservare l'interesse dei creditori concorsuali al miglior realizzo possibile e nell'affidamento che il legislatore ha nella capacità del mercato di valorizzare al meglio l'oggetto della vendita.

E in effetti, se la vendita viene pubblicizzata nel modo più idoneo a garantire la massima diffusione possibile della notizia, la natura competitiva del procedimento inteso ad individuare l'acquirente garantisce in merito alla ottimizzazione del realizzo nell'interesse dei creditori, e ciò rende irrilevante l'eventuale mancanza del piano concordatario, situazione che caratterizza le cessioni che, come quella oggetto del provvedimento in commento, vengano effettuate ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall.

Va ulteriormente evidenziato come l'art. 163-bis l. fall. preveda che a governare la procedura competitiva debba essere l'organo giurisdizionale, non quindi il commissario giudiziale.

La ricerca di offerte concorrenti e la conseguente eventuale gara devono quindi essere gestite direttamente dall'organo giurisdizionale, essendo riservata al tribunale, in composizione collegiale, la determinazione dei contenuti del decreto di apertura della procedura competitiva e al giudice delegato (o, nella fase antecedente al decreto di ammissione, al giudice relatore) la gestione della eventuale successiva gara.

Ciò detto, trascorsi due anni di vigenza delle norme in discorso, ben può dirsi che la casistica abbia offerto ai tribunali numerose ipotesi in cui la necessità di applicare i principi di cui all'art. 163-bis l. fall. sia apparsa scarsamente conciliabile con esigenze contingenti, legate quasi sempre all'inopportunità o all'impossibilità di attendere i tempi necessari per l'espletamento della procedura competitiva, poiché non compatibili con l'urgenza quasi sempre immanente al passaggio dell'azienda in esercizio ad altro soggetto in grado di assicurare la continuità dell'impresa e di salvaguardare il valore dell'avviamento e degli altri beni immateriali.

D'altro canto, sempre la casistica degli ultimi due anni ha manifestato come l'indizione di una procedura competitiva sia stata spesso vanificata, ab origine, da una sorta di compenetrazione dei contenuti del piano concordatario con l'offerta di acquisto di un determinato soggetto, esso solo in grado di assicurare la continuità aziendale e/o il soddisfacimento dei creditori secondo determinati forme e tempi, compenetrazione che ha avuto l'effetto di scoraggiare la presentazione di offerte concorrenti.

La stessa prassi intesa a concludere un contratto di affitto di azienda (rigorosamente privo di clausole idonee a farlo rientrare nella previsione di cui all'art. 163-bis, comma primo, ultima parte l. fall.) prima del momento di apertura del concorso, con la conseguente necessità per il tribunale di considerarlo un contratto pendente soggetto alla regola della prosecuzione, ha spesso determinato la sottrazione dell'avviamento alla debitrice e in favore dell'affittuaria; di qui la scarsa appetibilità dell'azienda per soggetti diversi.

Ma l'esigenza di affittare urgentemente l'azienda si è spesso manifestata dopo l'ingresso in procedura, con la presentazione e pubblicazione della domanda di concordato: non sono stati pochi i tribunali che hanno in tali casi autorizzato immediatamente il cd. affitto-ponte, non facendo applicazione della norma di cui all'ultimo comma dell'art. 163-bis l. fall. che, come detto, prevede la contendibilità anche del contratto di affitto di azienda o del ramo di azienda, con ciò inevitabilmente contribuendo a vanificare la successiva procedura competitiva per la vendita.

Da tutto ciò è scaturita la diffusa convinzione che il sistema sia troppo rigido, e che l'obbligatorietà della procedura competitiva, con le forme previste, in alcuni casi si riveli inopportuna, perché impone forme e tempi nocivi all'interesse alla continuità aziendale, in altri casi si risolva in uno sterile esercizio di stile imposto dal legislatore, con conseguenti perdite di tempo, quelle derivanti dalla necessità di emettere decreti collegiali, spesso dal contenuto complesso, di apertura di una procedura competitiva priva di concrete possibilità di sfociare in una effettiva gara.

Il decreto del tribunale di Roma integra una presa d'atto, se si vuole coraggiosa, delle criticità evidenziate e manifesta quell'elasticità nell'applicazione della legge che va auspicata, quando sia funzionale alla tutela di tutti gli interessi coinvolti in una determinata fattispecie.

Nel riaffermare la necessità di dare attuazione, sempre e comunque, ai principi che governano le vendite concorsuali e coattive, il collegio ritiene derogabile il principio, dettato dalla norma, che vuole che sia l'organo giurisdizionale a governare la procedura competitiva.

La gestione della procedura competitiva viene affidata al commissario giudiziale, così da conferire alla stessa quella agilità necessaria a contrarre i tempi della cessione.

Non solo, sempre in funzione della speditezza, il tribunale rilascia già l'autorizzazione richiesta, condizionandola sospensivamente al mancato reperimento di ulteriori offerte di acquisto dell'azienda o all'esito, favorevole alla società già offerente, dell'eventuale gara.

Merita una riflessione critica anche la disposta nomina di un aziendalista per la stima del valore del ramo di azienda oggetto dell'offerta di acquisto.

E' comprensibile che il tribunale abbia voluto il conforto della valutazione di un tecnico di promanazione giurisdizionale, quale ulteriore garanzia della congruità del prezzo offerto dalla società interessata a rilevare il ramo di azienda.

V'è tuttavia da chiedersi, in modo problematico, se tale ulteriore elemento di valutazione sia necessario, in termini di principio, all'interno di un sistema che assegna alla risposta del mercato la funzione di garantire la trasparenza delle operazioni di vendita e la realizzazione della maggior controprestazione, in termini di prezzo, possibile.

Certo, nel caso di specie la scelta dell'organo giudicante deve essere considerata vieppiù opportuna, in considerazione sia dell'importanza degli interessi in gioco (il valore del ramo di azienda in vendita è rilevante, così come quello dei numerosi altri punti vendita il cui avviamento è necessario preservare con l'acquisizione immediata di liquidità), sia dell'accentuata informalità e contrazione temporale della procedura competitiva adottata.

Conclusioni

Il decreto del tribunale di Roma apre a soluzioni interpretative “evolutive” delle norme di cui all'art. 163-bis l. fall., che fanno tesoro delle esperienze maturate dai tribunali fallimentari e di una riscontrata eccessiva rigidità del sistema scaturito dalla introduzione delle norme in discorso.

I tempi paiono già maturi per un'eventuale rivisitazione della disciplina delle vendite di azienda e di rami d'azienda realizzate dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo, intesa a risolvere i diversi profili critici emersi nella pratica attuazione dei principi.

Tali profili comprendono, oltre a quanto evidenziato, anche il principio della inopponibilità agli organi della procedura e alla massa dei creditori concorsuali dei contratti già conclusi che abbiano la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, posto che essi rientrano nella nozione di contratti pendenti, per i quali dovrebbe valere il principio generale della prosecuzione, salvo quanto previsto dall'art. 169-bis l. fall.

D'altro canto, se è vero che il principio è stato introdotto con lo scopo di impedire accordi negoziali contrari all'interesse della massa dei creditori conclusi in limine del momento di apertura del concorso, è anche vero che tali ipotesi patologiche ben potrebbero trovare sanzione, e quindi essere scoraggiate, previe le opportune verifiche del commissario giudiziale e l'eventuale apertura del procedimento incidentale di cui all'art. 173 l. fall., riservato anche (e soprattutto) alle ipotesi di condotte di natura fraudolenta poste in essere dal debitore prima della presentazione della domanda di concordato.

Ulteriormente, v'è da affrontare il tema della contendibilità dell'affitto d'azienda, qualora a domanda di concordato già depositata sopraggiunga un'offerta di affitto.

In tali casi le fattispecie concrete possono essere diverse, ed in relazione ad esse diverso dovrebbe essere l'approccio dell'organo giurisdizionale.

L'affitto può essere più o meno urgente, e quindi più o meno compatibile con l'espletamento di una procedura competitiva: la norma non sembra prevedere la necessaria discrezionalità del giudice nel decidere se l'urgenza sia tale da escludere la possibilità di indire una procedura competitiva.

L'offerta di affitto può essere o meno accompagnata da un'offerta di acquisto al decorso di un determinato lasso di tempo: in tali casi non è chiaro se sia doveroso aprire una procedura competitiva sul solo affitto o, piuttosto, sull'intero “pacchetto” affitto/acquisto.

In tale situazione, la soluzione interpretativa adottata dal tribunale di Roma che ha valorizzato, riempiendola di contenuti, la clausola di compatibilità stereotipata contenuta dall'ultimo comma dell'art. 163-bis l. fall., apre una via verso quella necessaria maggior discrezionalità del giudice di cui il legislatore della riforma che verrà dovrà necessariamente tenere conto.

Minimi riferimenti dottrinari

Su questa rivista, con riguardo ai profili problematici posti dalla disciplina dell'art. 163-bis l. fall.:

  • Concordato preventivo: proposte/piani e offerte concorrenti, di Filippo Lamanna;
  • Tre esercizi sulle offerte concorrenti nel nuovo concordato preventivo, di Danilo Galletti;
  • I rilevanti poteri del giudice nella disciplina delle offerte concorrenti, di Danilo Galletti;
  • Il caso e la legge: l'apertura al mercato nell'epoca post-moderna, di Pasquale Liccardo;
  • Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bis l. fall.: l'eteronomia prevale sull'autonomia?, di Marco Greggio;
  • Trattative sindacali nella cessione d'azienda nel caso di proposte e offerte concorrenti, di Antonio Caiafa;
  • Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell'era delle proposte di concordato chiuse, di Mauro Vitiello.

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