Sanzioni e benefici premiali connessi con l’auspicato ricorso ai meccanismi di allerta

05 Dicembre 2017

Dal testo della Legge delega per la riforma organica delle procedure concorsuali emerge il chiaro intento del legislatore di addivenire alla Riforma anzitutto dell'approccio alla procedura concorsuale, che si sviluppa in un favor per gli istituti di anticipazione della crisi; al fine di rendere più concreta tale vocazione, sono stati previsti, da un lato, incentivi ed esenzioni da responsabilità per gli organi sociali che abbiano favorito l'emersione della crisi dell'impresa e, di contro, sanzioni a carico anche di soggetti terzi “qualificati”, di natura pubblica, che con la propria inerzia abbiano consentito all'imprenditore di proseguire l'attività in situazione di dissesto; occorrerà verificare il testo normativo scaturito dalla delega per verificare come il legislatore riuscirà a dare concretezza a tali propositi.
Premessa

Dal testo della Legge delega per la riforma organica delle procedure concorsuali emerge il chiaro intento del legislatore di addivenire alla Riforma anzitutto dell'approccio alla procedura concorsuale, che si sviluppa in un favor per gli istituti di anticipazione della crisi; al fine di rendere più concreta tale vocazione, sono stati previsti, da un lato, incentivi ed esenzioni da responsabilità per gli organi sociali che abbiano favorito l'emersione della crisi dell'impresa e, di contro, sanzioni a carico anche di soggetti terzi “qualificati”, di natura pubblica, che con la propria inerzia abbiano consentito all'imprenditore di proseguire l'attività in situazione di dissesto; occorrerà verificare il testo normativo scaturito dalla delega per verificare come il legislatore riuscirà a dare concretezza a tali propositi.

Il quadro normativo

Prima del recente avvio dell'iter legislativo che dovrà condurre al varo della Riforma concorsuale, l'auspicio dell'introduzione dei c.d. “meccanismi di allerta” era un mero vezzo dei cultori della materia, memori di una opzione che era già stata considerata nei lavori della Commissione Trevisanato, ma che era rimasta lettera morta nella riforma del 2006.

Ai fini di confermare la necessità di interventi preventivi volti ad anticipare – anche con l'avvio di procedure concorsuali “negoziate” - l'aggravarsi del dissesto, pertanto, era rimasta solo la censurabilità ex post dell'inerzia, sia in quanto il disposto dell'art. 2486 c.c. andava sanzionare la responsabilità degli organi societari che in presenza di una causa di scioglimento proseguano la gestione aggravando l'incapienza (notoriamente si tratta di un “cavallo di battaglia” di tutte le azioni di responsabilità promosse da procedure concorsuali, anche se i più recenti interventi giurisprudenziali, rifuggendo da “automatismi” nella individuazione del danno eziologicamente riconducibile alla violazione di obblighi di corretta gestione e controllo, hanno limitato le potenzialità di quell'azione), sia in considerazione del precetto penale dettato dall'art. 217 l.fall., che colpisce l'imprenditore – e quindi anche l'organo societario – cui si possa addebitare un colpevole ritardo nel richiedere il fallimento; non a caso, il favor verso soluzioni alternative ha trovato indiretta espressione nell'art. 217-bis l.fall., che esclude la responsabilità per bancarotta (ed in particolare semplice quella prevista dall'art. 217 l.fall.) in relazione alle operazioni compiute nell'ambito di procedure minori.

Peraltro, al di là di tale disincetivazione ex post, non esisteva una chiara presa di posizione del legislatore sulla obbligatorietà di comportamenti volti a prevenire il dissesto anticipandone l'emersione, soprattutto, l'attenzione si incentrava più sull'avvio di procedure alternative (nelle quali al concetto di crisi è stato anche normativamente affiancato quello di insolvenza) che su istituti volti a prevenire l'aggravarsi della crisi aziendale.

Viceversa, con la L. 19 ottobre 2017 n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, pubblicata in G.U. il 30 ottobre 2017), all'art. 4, viene richiesto al legislatore delegato di dare veste normativa agli istituti di prevenzione della crisi, intesa come “rischio di insolvenza”, prevedendo un obbligo di attivazione in capo agli organi societari (anche di controllo) ed una legittimazione di soggetti terzi qualificati.

Le nuove disposizioni paiono essere ricondotte a tutelare il “bene impresa” (vocazione del resto già insita nella riforma concorsuale del 2006: basti pensare alla incentivazione per una liquidazione anche fallimentare programmata che muova dalla salvaguardia dei complessi aziendali in attività o alla protezione delle ipotesi di concordato “in continuità”), ma in via indiretta assecondano quella che pare ora una esigenza sentita dal legislatore interno, ma anche da quello comunitario (si vedano i contenuti ipotizzati per il nuovo testo di direttiva sulla gestione della crisi in L. Stanghellini, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, Fallim., 2017), ovvero quella di consentire all'imprenditore un fresh start (o, se si preferisce, una second chance), che ovviamente è possibile se ed in quanto si addivenga ad una corretta gestione della crisi pregressa (che non a caso sta particolarmente a cuore al legislatore comunitario: S. De Matteis, L'allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in DF, 2017).

Ai fini di garantire interventi tempestivi volti a prevenire l'aggravarsi del dissesto, alla lett. c) dell'art. 4, si chiede al legislatore delegato di prevedere di “porre a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione … l'obbligo di avvisare immediatamente l'organo amministrativo della società dell'esistenza di fondati indizi della crisi”, conferendo a tali organi il potere, che peraltro si esercita solo in caso di inerzia dell'organo gestorio (o di inadeguatezza della reazione, con un dubbio sulla natura valutativa del riferimento), di informare direttamente (e “tempestivamente”) l'organismo di composizione della crisi. Correlata a tale potere/dovere è la previsione alla lett. h) dell'art. 4 di “misure premiali, sia di natura patrimoniale sia in termini di responsabilità personale” di cui si gioveranno sia gli imprenditori che abbiano attivato – nel semestre dall'emersione della crisi in base a indici di natura contabile – la procedura avanti all'organismo di composizione ovvero avviato una procedura concorsuale (compresa la liquidazione giudiziale che sostituirà il fallimento), con l'ulteriore beneficio dell'esclusione della punibilità per i reati previsti dalla legge fallimentare “nonché una congrua riduzione degli interessi e delle sanzioni correlati ai debiti fiscali dell'impresa”; parimenti, viene ipotizzata un'ulteriore disposizione esonerativa a favore degli organi di controllo escludendone la responsabilità per i danni maturati in data successiva alla segnalazione attuata all'organo di amministrazione e all'organismo di composizione”.

La legittimazione di terzi qualificati e la sanzione della perdita del privilegio nella Legge delega

Dall'impianto proposto dal legislatore emerge, quindi, direttamente l'incentivazione premiale di un nuovo atteggiamento degli organi sociali e vi è da ritenere che a fronte di ciò si possa ipotizzare – posto che scompariranno i riferimenti al “fallimento” non verranno toccate le previsioni sanzionatorie penali e considerando che verrà così codificato un ulteriore obbligo specifico in capo ad amministratori e sindaci che costituirà anche titolo di pretesa risarcitoria – una rinnovata severità nel colpire comportamenti elusivi dell'obbligo ribadito dell'imprenditore di tutelare il “valore azienda” prevenendo la crisi.

Peraltro, e riteniamo per la prima volta nel sistema normativo, l'obbligo di accedere a soluzioni anticipatorie del dissesto viene esteso a soggetti terzi “qualificati”.

Ed invero, a contraltare del favor per comportamenti “virtuosi” imposti a soggetti interni alla società, alla lett. d) dell'art. 4 si prevede che il nuovo testo di normativa concorsuale debba anche porre a carico dei “creditori pubblici qualificati, tra cui in particolare l'Agenzia delle entrate, gli enti previdenziali e gli agenti della riscossione delle imposte” l'onere, per un verso, di comunicare alla società la sussistenza di rilevanti (in rapporto ai parametri dell'impresa debitrice) inadempimenti e, in caso di mancato pagamento o di omessa attivazione nei tre mesi di procedure alternative, di segnalare agli organi di controllo delle società nonché – e la segnalazione è prevista “in ogni caso” e quindi a prescindere da una risposta – all'organismo di composizione delle crisi di impresa, l'esposizione “rilevante” raggiunta.

La sanzione per l'inerzia è particolarmente severa, essendo costituita dalla perdita dei privilegi vantati dal creditore pubblico rimasto inattivo; posto che vi è da presumere che nelle ipotesi in cui sia mancata una tempestiva attivazione delle procedure di allerta, l'impresa giunga al fallimento più o meno come vi perviene oggi, ovvero in situazione di decozione irreversibile, con la conseguenza che le prospettive di soddisfo riguarderanno appunto (ma nella migliore delle ipotesi) il ceto privilegiato, di fatto, la perdita “punitiva” del privilegio equivarrà nella maggior parte dei casi alla cancellazione di ogni prospettiva di concreto soddisfo.

Addirittura, la sanzione colpisce anche in via indiretta, atteso che potranno perdere il privilegio anche i crediti di cui l'agente della Riscossione non è titolare, ma per i quali questo procede (aprendo, tra l'altro la via – anche se sul punto nulla si dice nella legge delega – ad ipotetiche rivalse degli Enti impositori nei confronti dell'Agente della Riscossione che non si sia attivato).

Collegamenti e confronti con l'evoluzione giurisprudenziale sull'abusiva concessione di credito

Come abbiamo ora visto, il testo della legge delega indica specificamente a quali categorie di creditori “privilegiati” sia rivolto l'obbligo di intervento ad anticipare la crisi, individuati in soggetti “pubblici”, espressione che mi pare troppo netta per consentire di ritenere l'elenco solo “esemplificativo” ed estenderne la valenza anche a soggetti privati, benchè “istituzionali” (come invece ipotizzava – ma sulla base del testo originario, meno limitativo – M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, in Fall., 2016).

Si deve quindi ritenere improbabile (anche perché si rischierebbe l'eccesso di delega) che in sede di redazione del testo normativo si possa estendere la previsione sanzionatoria agli istituti di credito e finanziari – e forse si tratta di una scelta meditata, laddove è difficile definire il confine tra il diritto del creditore privato a perseguire anzitutto il proprio interesse ed un obbligo di corretezza generale che gli imporrebbe di evitare che il dissesto altrui di cui ha avuto percezione si aggravi a danno di soggetti terzi – che pure, per la peculiare “professionalità” e per il ruolo che in genere rivestono nella vita dell'impresa, forse più di altri avrebbero titolo per intervenire a suggerire la necessità di attivare gli istituti di prevenzione della crisi.

Anzi, a ben vedere, la Legge delega contiene un principio che pare rafforzare la posizione dei creditori strategici quali spesso risultano essere le banche, laddove parrebbe estendere a tutti i creditori la soggezione coattiva agli accordi disciplinati dall'art. 182-septies l.fall. se approvati dal 75% “di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee”, espressione non del tutto chiara che potrebbe però essere sviluppata in una norma che, in presenza di una unica classe comprensiva di tutti i creditori, andrebbe ad imporre un sacrificio approvato da una maggioranza che, nella maggior parte delle ipotesi di crisi di impresa, sarà formata per lo più da istituti bancari.

Eppure, come dicevamo, proprio l'introduzione degli istituti di allerta avrebbe potuto essere l'occasione per meglio sviluppare il principio che si evince da una corrente giurisprudenziale che, modificando i precedenti orientamenti restrittivi, ha di recente ipotizzato la legittimazione dell'organo concorsuale ad azioni risarcitorie connesse con la concessione di credito all'impresa già decotta (cfr. Cass., Sez. I, 20 aprile 2017, n. 9983; Trib. Milano, 22 maggio 2017, in DF, 2017, pur con i limiti posti da Cass, Sez. III, 2 maggio 2017, n. 11798 e Trib. Milano, 26 febbraio 2016, in Fall., 2016). Come è noto, al riguardo, si tende ad escludere che l'abuso di concessione di credito possa essere contestato in via diretta dal curatore, ma si giunge ora a teorizzare che l'organo concorsuale possa addebitare alla banca che conceda credito fuori dai casi ed oltre i limiti consentiti un concorso nella responsabilità per l'aggravamento del dissesto.

Sviluppando tale principio, si sarebbe potuto cogliere l'occasione per ipotizzare di colpire la banca che continui a concedere credito a fronte di concessione di nuove garanzie ipotecarie o pignoratizie con la perdita di tali privilegi, ovvero anche valutare di sanzionare con la perdita del privilegio (ovvero del diritto che induce la banca alla quiescenza nella convinzione di poter così poi recuperare il capitale gravato di rilevanti interessi) la mancata attivazione per periodi eccessivamente dilatati di azioni esecutive in presenza di posizioni in “sofferenza”.

Tutela per gli organi societari "virtuosi" alla luce della giurisprudenza sulla responsabilità "da controllo"

Come si notava, a fronte dell'imposizione di obblighi precipui di segnalazione della situazione di crisi e quindi della conferma della sussistenza di un obbligo di tempestivo accesso non solo alle procedure concorsuali, ma anche al tentativo anticipatorio di prevenzione del dissesto, sono previste misure premiali che dovranno essere sviluppare dal legislatore anche in funzione di quanto previsto all'art. 14 della legge delega, ove è previsto che con l'attivazione dell'allerta potrà essere sospesa l'operatività delle cause di scioglimento della società e non opereranno altresì gli obblighi connessi con il verificarsi dello scioglimento, ed in particolare la previsione dell'art. 2486 c.c..

Si deve ritenere, in tal senso, che con l'esplicitazione del principio delegato si andrà in sostanza a definire un comportamento “pretensibile” adottato il quale l'organo di controllo – ma la stessa previsione, ad avviso di chi scrive, dovrebbe intendersi dettata anche ai fini dell'esenzione dei consiglieri di amministrazione con poteri limitati dalle responsabilità derivanti da inerzia altrui – potrà dirsi esonerato da responsabilità.

Si tratta, del resto, di una corretta esplicitazione dei principi sottesi alla responsabilità “da controllo”: poiché non si tratta infatti di una responsabilità per fatto altrui, bensì pur sempre di addebito mosso ad un comportamento proprio del soggetto responsabile, salvo che si tratterà di atti in genere omissivi che hanno consentito ad un soggetto agente di recare danno alla società o ai suoi creditori (e sul punto il legislatore è delegato a precisare che l'azione dei creditori di cui all'art. 2394 c.c. si estende anche alle s.r.l.); per l'effetto, la responsabilità da omesso controllo viene meno ogni qualvolta manchi l'inadempimento agli obblighi dell'organo a ciò deputato e la individuazione di specifici comportamenti obbligatori, come appunto attivare i meccanismi di allerta, implica (oltre che individuazione di una omissione rilevante in caso di inerzia) anche esonero da responsabilità per l'organo che si attenga a tali prescrizioni.

Ipotesi si sviluppo normativo del principio

Non è agevole prevedere come verranno strutturate le norme riformate, ma si auspica che, in primo luogo, venga colmato qualche vuoto interpretativo in tema di responsabilità degli organi amministrativi e di controllo: poiché il legislatore dovrà appunto dettare il principio secondo il quale gli organi della società che tempestivamente si attivino per attivare meccanismi di allerta non rispondono “per le conseguenze pregiudizievoli dei fatti o delle omissioni successivi alla predetta segnalazione”, dovrebbe anche cogliere l'occasione sia per precisare a contrariis che per converso la mancata attivazione comporta conseguenze risarcitorie similari a quelle di cui all'art. 2486 cod.civ. – a sancire quindi anche il precipuo obbligo civilistico degli organi societari di dare tempestivo avvio a procedure concorsuali -, sia per definire le conseguenze dell'inadempimento, ad esempio esplicitando, come espressamente previsto alla lett. e) dell'art. 14 della L. 155/2017, quale sia il metodo per individuare e quantificare i danni eziologicamente addebitabili agli organi di controllo tra quelli empiricamente indicati da una giurisprudenza che sull'art. 2486 c.c. non ha ancora trovato una sua omogeneità.

Per contro, come si notava, non pare che al legislatore sia consentito di estendere a soggetti privati la sanzione prevista dalla lett. d) dell'art. 4 L. n. 155/2017. Tuttavia, sviluppando i principi della corrente giurisprudenziale più severa nel sanzionare il concorso nella concessione abusiva di credito considerando che al legislatore delegato è dato mandato espresso (all'art. 2 lett. m) di risolvere contrasti interpretativi e poiché con la futura normativa concorsuale sarà appunto sancito un dovere precipuo di anticipare la crisi, nulla vieta che il legislatore intervenga anche sulla fattispecie, ad esempio sancendo che sussiste la legittimazione all'azione risarcitoria verso banche ed istituti finanziari a prescindere da una compartecipazione dolosa, bensì anche nei casi in cui la violazione dei limiti alla concessione del credito – ovvero l'inerzia correlata alla volontà di sfruttare o consolidare posizioni privilegiate create avendo coscienza della situazione di dissesto – costituisca una “comportamento colposo” foriero di danni per la società e per i suoi creditori di cui il creditore possa rispondere per concorso.

Evidentemente, poi, a prescindere dalla previsione normativa, anche la giurisprudenza possa costruire in modo più severo ipotesi di corresponsabilità del sistema finanziario ogni volta che con disinvolte concessioni di (ulteriore) credito attuate al di fuori di procedure di composizione della crisi si differisca di fatto l'emersione della crisi.

In conclusione

Le disposizioni che abbiamo commentato hanno una portata realmente innovativa nel panorama del diritto concorsuale a testimoniare un approccio diverso alla gestione della crisi, vista come fenomeno non ancora giunto alla patologia e quindi realmente reversibile.

Il legislatore, peraltro, ben conosce la realtà dell'imprenditoria italiana, basata su PMI spesso nate da iniziative di singoli e poi divenute attività “familiari”, gestite da soggetti che faticano a riconoscere che altro è gestire un'azienda in periodi di boom economico, altro è saperla adeguare a periodi di crisi dei mercati e che soprattutto ancora vedono la procedura concorsuale (e forse che non si chiami più fallimento è un elemento poco decisivo) come un onta da evitare ad ogni costo. Pertanto, il traguardo ambizioso cui mira il progetto di riforma è un cambio di mentalità e la scommessa sarà proprio quella di creare un giusto mix di incentivi all'utilizzo dei meccanismi di allerta e di sanzioni per la mancata adozione di comportamenti “virtuosi”. A ciò, peraltro, si aggiunge la curiosità di verificare come il legislatore in concreto cercherà di fare in modo che il ricorso ai meccanismi anticipatori conduca realmente ad una gestione professionale ed accorta della crisi con la finalità – e si spera il risultato – di una soluzione extra-concorsuale.

Guida all'approfondimento

I contenuti della legge delega in tema di meccanismi di allerta sono stati oggetto di commento da parte di: M. Cataldo, La soggezione dell'impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, in Fall., 2016; S. De Matteis, L'allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in DF, 2017; M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, in Fallim, 2016;

Per cenni sugli istituti di allerta contenuti in precedenti progetti di riforma, si vedano gli interventi di L. Panzani, La riforma della legge fallimentare, in Fall., 2003 e F. Lamanna al Seminario di studi. Riforma Fallimentare, in Fall., 2004.

In giurisprudenza, sulle responsabilità per prosecuzione dell'attività in presenza di una causa di scioglimento e sui criteri di determinazione del danno: Cass., Sez. I, 20 aprile 2017, n. 9983; Cass., Sez. I, 3 gennaio 2017, n. 38; Trib. Pistoia, 19 gennaio 2016, in DResp, 2016; Cass., Sez. I, 2 ottobre 2015, n. 19733; sino alla nota Cass., Sez. Unite, 6 maggio 2015, n. 9100; in dottrina sull'argomento: G. Verna, Misurazione del danno patito dai creditori per la continuazione dell'impresa in perdita ed applicazione di corretti principi contabili, in DF, 2016; L. Abete, La responsabilità ex art. 2486 c.c.: brevi spunti, in Soc, 2014; A. Patti, Azione di responsabilità e danno per prosecuzione non consentita dell'attività di impresa, in Fall., 2013; G.M. Zamperetti, La prova del danno da gestione non conservativa nella società disciolta per perdita del capitale, in Fall., 2009.

In dottrina sul tema della responsabilità dei terzi per concessione abusiva del credito: B. Inzitari, Il curatore è legittimato all'azione di responsabilità verso gli amministratori e la banca per abusiva concessione di credito e aggravamento del dissesto, in DF, 2017; G. Tarzia, La Cassazione torna sul tema dell'azione risarcitoria per “concessione abusiva di credito“ che abbia ritardato la dichiarazione di fallimento, in Fall., 2017.

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