Concordato e scioglimento dei contratti pendenti: i criteri guida per l’autorizzazione

11 Dicembre 2017

La prospettiva nella quale va inquadrato lo strumento introdotto dal legislatore con l'art. 169-bis l. fall. 169-bis non appartiene alla sfera della tutela del contraente in bonis dall'inadempimento del debitore in crisi, bensì a quella della sua funzionalità e strumentalità al modulo concordatario prescelto.
Massima

La prospettiva nella quale va inquadrato lo strumento introdotto dal legislatore con l'art. 169-bis l. fall. 169-bis non appartiene alla sfera della tutela del contraente in bonis dall'inadempimento del debitore in crisi, bensì a quella della sua funzionalità e strumentalità al modulo concordatario prescelto. Poiché non si tratta comunque di un mero diritto potestativo del debitore, il Giudice investito dell'istanza è tenuto a sentire la controparte ed a valutare l'entità nel caso concreto del sacrificio che subirebbe il contraente in bonis anche in relazione all'entità dell'indennizzo quantificato nell'istanza stessa ed a verificare che tale beneficio non sia del tutto sproporzionato rispetto al beneficio che dallo scioglimento o dalla sospensione ritraggono il debitore e i creditori concordatari.

Il caso

Una società italiana in concordato preventivo chiedeva di essere autorizzata ex art. 169-bis l. fall. allo scioglimento di alcuni contratti di distribuzione e produzione stipulati con un'azienda tedesca e rientranti nel perimetro di un affitto di ramo d'azienda concluso tra la società in concordato e una terza società.

La società tedesca, nonostante il parere favorevole dei Commissari e il riconoscimento di un equo indennizzo, si opponeva allo scioglimento [chiedendo a) il rigetto della domanda attorea, nonché b) la sospensione del giudizio ex art. 7, comma 3, L. n. 218/1995 in attesa che il Giudice tedesco si pronunciasse in merito all'accertamento di presunti inadempimenti della società italiana rispetto ai contratti oggetto dell'istanza ex art. 169-bis l. fall.].

Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Monza autorizzava lo scioglimento ex art. 169-bis l. fall. non ritenendo fondate le eccezioni svolte dal resistente.

Le questioni giuridiche

Il contesto normativo di riferimento e i principali orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in materia.

Con il provvedimento in esame, il Tribunale di Monza ha individuato limiti e caratteristiche dell'art. 169-bis l. fall. come modificato dall'art. 8 D.L. n. 83/2015 convertito in L. n. 132/2015.

Come noto, la novella operata nel 2015 ha emendato l'art. 169-bis l. fall., il quale, rubricato nella versione previgente “Contratti in corso di esecuzione”, assume oggi la nuova formulazione “Contratti pendenti” e sancisce definitivamente la possibilità per il debitore di avanzare istanza di scioglimento (o di sospensione) dei contratti ineseguiti o ancora non compiutamente eseguiti (rectius, pendenti) anche successivamente all'emanazione del decreto di ammissione al concordato.

Il ricorrente, contestualmente all'istanza, deve inoltre riconoscere al contraente in bonis un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento.

L'indennizzo dovrà essere inserito all'interno del passivo concordatario e soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Diversamente dalla disciplina fallimentare, ove la regola generale è che dalla dichiarazione di fallimento segua ope legis uno stato di quiescenza dei contratti in corso di esecuzione, nell'ipotesi concordataria, invece, deve essere il debitore a richiedere espressamente la sospensione o lo scioglimento di tali contratti.

Ulteriore novità rispetto all'originaria disciplina attiene alla decorrenza degli effetti dello scioglimento (o della sospensione) dei contratti pendenti, attualmente coincidente con la comunicazione all'altro contraente del provvedimento autorizzativo.

Sarà pertanto onere del proponente il concordato, qualora voglia avvalersi di tale facoltà, dare comunicazione al contraente in bonis.

La ratio legis sottesa alla norma è quella di assicurare l'esito positivo del programma di risanamento mediante la sospensione o lo scioglimento di quei contratti non più utili e non più confacenti al piano concordatario.

In tale prospettiva, per quanto concerne lo scioglimento – fattispecie oggetto della sentenza in commento - la valutazione che il giudice dovrà compiere al fine di concedere a meno l'autorizzazione vede coinvolti molteplici e contrapposti interessi.

In particolare, rilevano:

i) l'interesse del contraente in bonis alla regolare esecuzione del contratto;

ii) l'interesse dei creditori concorsuali a non subire i costi o gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla prosecuzione del contratto;

iii) e, infine, l'interesse dell' impresa debitrice a realizzare il piano concordatario senza il vincolo di contratti pendenti che ostacolino il processo di ristrutturazione.

Per quanto concerne segnatamente il criterio che deve orientare il Tribunale in ordine allo scioglimento dei contratti pendenti, la giurisprudenza si è pronunciata con coordinate ermeneutiche contrastanti.

Secondo l'impostazione giurisprudenziale minoritaria, il potere di autorizzazione del giudice non è vincolato ad alcun criterio selettivo.

In particolare, i sostenitori di tale tesi fondano le proprie argomentazioni sul tenore letterale della norma e l'assenza di principi guida espressamente individuati dal legislatore. Si tratterebbe pertanto di una mera presa d'atto di un diritto potestativo che la legge riservaal debitore il quale sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale (cfr. Trib. Salerno 25/10/2012).

A ben vedere, il supporto motivazionale di siffatta impostazione si fonda su una valutazione rigoristica e meramente testuale dell'istituto che non tiene debitamente conto dell'esigenza di contemperare i diversi interessi (sopra sinteticamente delineati) che coinvolgono le parti contrattuali e i creditori concorsuali.

A tale orientamento si contrappone una diversa corrente giurisprudenziale (maggioritaria) secondo cui il giudice non deve in alcun modo limitarsi a prendere atto del diritto riservato ex lege al debitore ma, al contrario, è tenuto a valutare contestualmente diversi fattori, tra cui:

  1. la congruità e la coerenza della richiesta di scioglimento con la proposta e il piano concordatario (cfr. Tribunale Rovigo, 6/03/2014; Tribunale di Udine 25/09/2013);
  2. l'aspettativa e gli interessi del contraente in bonis (cfr. Tribunale di Pavia 4/03/2014);
  3. la previsione di un equo indennizzo (cfr. Tribunale Cuneo 14/11/2013);
  4. la legittimità dei presupposti sanciti dall'art. 169-bis l. fall. con particolare riguardo alla qualificazione del rapporto negoziale come contratto in corso di esecuzione.

L'istanza di scioglimento dovrà pertanto essere accompagnata da una disclosure sulla tipologia di proposta di concordato e sulle caratteristiche intrinseche dello stesso al fine di consentire all'autorità giudiziaria un'analisi sui probabili effetti, positivi o negativi, dell'interruzione dei rapporti contrattuali onde comprendere compiutamente se per la realizzazione del piano concordatario sia più favorevole la prosecuzione piuttosto che lo scioglimento (cfr. Tribunale Monza 21.01.2013).

Eseguito il preliminare scrutinio sulla base degli elementi sopra indicati, occorrerà inoltre valutare se lo scioglimento sia da ritenersi funzionale e coerente rispetto al piano concordatario.

A tal fine il giudice deve orientare la propria analisi in base al criterio del miglior soddisfacimento del ceto creditorio, principio sancito dall'art. 186-bis l. fall. per il concordato in continuità, ma applicabile in via analogica a tutte le forme di concordato, tenuto conto del contenuto economico del rapporto di cui si invoca la risoluzione, nonché della specifica tipologia di concordato e, dunque, del contesto in cui è avanzata l'istanza di autorizzazione allo scioglimento del rapporto (cfr. App. Milano 29/01/2015).

In tale prospettiva, occorre valutare l'entità del concreto sacrificio che subirebbe il contraente in bonis e setale sacrificio risulti proporzionato rispetto al beneficio ottenuto dal debitore e dai creditori concordatari a seguito dello scioglimento (cfr. App. Milano 29/01/2015; Trib. Treviso 24/02/2015).

Il caso concreto e la soluzione offerta dalla pronuncia in commento. Osservazioni

Come anticipato, con il decreto in commento, il Tribunale di Monza, nel ricostruire il quadro concettuale della sua decisione, delinea i criteri che devono orientare il giudice in sede di autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti.

Più in particolare il Tribunale – abbracciando il secondo orientamento sopra esposto - ha ritenuto che le domande della società tedesca che si era opposta allo scioglimento non potessero costituire oggetto di accoglimento.

Invero, per quanto attiene la domanda inerente la sospensione del procedimento in attesa della decisione del giudice tedesco circa i presunti inadempimenti del debitore, il Tribunale di Monza ha inteso valorizzare la portata delle novità introdotte con la Riforma del 2015.

Come anticipato nella narrativa che precede, il nuovo art. 169-bis l. fall. delimita il perimetro degli effetti dello scioglimento disponendo espressamente che la decorrenza coincide “con la comunicazione del provvedimento autorizzativo dell'altro contraente”. Ne discende che lo scioglimento del contratto autorizzato ai sensi dell'art. 169-bis l. fall. non incide sull'esecuzione del contratto relativa al periodo antecedente la pronuncia di scioglimento “né di conseguenza sulla sussistenza o meno di profili risarcitori ricollegabili ad un pregresso inadempimento delle parti”.

Pertanto ogni questione relativa all'esecuzione ante autorizzazione rimane di competenza esclusiva del giudice ordinario dinanzi al quale ciascuna delle parti può, ricorrendone i presupposti, avanzare pretese risarcitorie.

Una volta chiarito che lo scioglimento autorizzato dal Tribunale ha effetti ex nunc, il Collegio precisa poi che conseguentemente il Tribunale fallimentare non dovrà sospendere il giudizio in attesa della decisione del giudice tedesco poiché dalla definizione della controversia (straniera) non dipende in alcun modo la risoluzione di quella oggetto di causa.

Quanto, invece, alla tipologia di indagine che il Giudice è chiamato a compiere per valutare se concedere o meno l'autorizzazione, il collegio lombardo si pone sulla scia dell'orientamento maggioritario. Nell'effettuare la sua valutazione il Tribunale deve infatti “verificare la sussistenza di un rapporto di funzionalità e di coerenza tra lo scioglimento (...) dei contratti pendenti e la proposta concordataria, in relazione alla fattibilità giuridica del concordato” (cfr. Trib. Venezia 20 gennaio 2015).

In questa prospettiva, l'istituto introdotto dall'art. 169-bis l. fall. è finalizzato a garantire la “funzionalità e strumentalità” della richiesta di autorizzazione rispetto al modulo concordatario prescelto (cfr. Trib. Venezia 20 gennaio 2015).

Sul punto, occorrerà valutare la compatibilità tra il mantenimento del contratto in corso e l'onerosità che ciò comporta nella prospettiva della conservazione del patrimonio nell'interesse del ceto creditorio, a seconda del tipo e del contenuto economico dello specifico rapporto contrattuale e della tipologia di concordato prescelta (cfr. App. Milano 29 gennaio 2015; Trib. Treviso 24 febbraio 2015).

La pronuncia in analisi svolge inoltre due ordini di considerazioni che si conformano a quest'ultima opinione.

In primo luogo, in una prospettiva di bilanciamento di interessi, l'autorità giudiziaria è tenuta ad instaurare un contraddittorio con la controparte al fine di valutare la sua posizione e l'entità del sacrificio, in relazione all'indennizzo proposto, verificandone la proporzione rispetto al beneficio che dallo scioglimento otterrebbero il debitore e i creditori concordatari.

Inoltre, e più in generale, si ribadisce l'importanza del criterio della “migliore soddisfazione dei creditori”. Tale principio, seppure codificato dall'art. 186-bis, comma 2, lett. b), l. fall. nell'ambito del concordato in continuità, deve essere interpretato estensivamente come una sorta di clausola generale applicabile a tutte le tipologie di concordato (cfr. Cass. 3324/2016).

Pertanto, occorrerà verificare che lo scioglimento dei contratti in relazione al piano proposto consenta un soddisfacimento delle ragioni creditorie maggiore rispetto a quello che si realizzerebbe nell'alternativa ipotesi del mantenimento del rapporto contrattuale.

Per contestualizzare la portata del provvedimento in commento, occorre evidenziare che nel caso di specie il debitore aveva presentato un piano ex art. 161 l. fall., secondo comma, lett. e), l. fall. che prevedeva la vendita dell'azienda con offerta irrevocabile di acquisto da parte dell'affittuaria del ramo d'azienda. Il Tribunale, in ottemperanza al (nuovo) art. 163-bis l. fall. aveva pertanto disposto l'instaurazione di un procedimento competitivo volto alla ricerca di altri interessati all'acquisto, in modo da reperire sul mercato la migliore opzione per la vendita dei cespiti attivi della procedura, tra i quali, appunto, il compendio aziendale.

In tale contesto, il Giudice - a maggior ragione - ha quindi ritenuto che la pendenza dei contratti coinvolti fosse contraria all'interesse da perseguire con la procedura concordataria, in quanto avrebbe potuto scoraggiare eventuali interessati alla presentazione di offerte.

Potenziali acquirenti infatti avrebbero potuto ritenere tali contratti come veri e propri ostacoli limitativi dell'attività imprenditoriale.

In definitiva, lo scioglimento dei contratto è stato ritenuto coerente con il piano che prevedeva la vendita dell'azienda e con l'interesse dei creditori a massimizzare il risultato economico.

Conclusioni

Le coordinate ermeneutiche tracciate dal Tribunale di Monza con il decreto in commento colgono pienamente la ratio legis della disciplina dello scioglimento dei contratti pendenti, chiaramente improntata al bilanciamento di opposti interessi.

Infatti, la possibilità, a seguito della L. n. 132/2015, di richiedere l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti (anche successivamente al decreto di ammissione) testimonia la volontà del legislatore di agevolare la posizione del debitore qualora la convenienza dello scioglimento dei contratti sopravvenga all'ammissione al concordato.

Parimenti, il criterio della “migliore soddisfazione dei creditori” consente di bilanciare senza riserve il predetto interesse con quello dei creditori in base alle circostanze del caso concreto, all'entità dell'indennizzo e al tipo di concordato posto in essere.

In considerazione di un siffatto complesso di interessi, parrebbe dunque poco condivisibile l'impostazione giurisprudenziale che si arresta al dato formale limitandosi a tener conto del diritto potestativo del debitore allo scioglimento del contratto.

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