Onorari avvocati inferiori ai minimi tariffari: vietarlo viola la concorrenza

Redazione scientifica
12 Dicembre 2017

Una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all'avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d'importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un'organizzazione di categoria dell'ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell'avvocato medesimo, e, dall'altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d'importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno.

Il caso. La vicenda trae origine nell'ambito di talune controversie aventi ad oggetto domande di ingiunzione di pagamento relative, segnatamente, alla rifusione di onorari di avvocato e alla retribuzione di un consulente giuridico.

Il giudice del rinvio ha sospeso i procedimenti e sottoposto alla Corte di giustizia delle questioni pregiudiziali, di identico tenore nelle due cause.

Onorari di avvocato inferiori ai minimi. Il giudice del rinvio ritiene che le somme richieste con le domande d'ingiunzione di pagamento erano inferiori all'importo minimo previsto dal regolamento adottato da un'organizzazione di categoria dell'ordine forense (Consiglio superiore dell'ordine forense, Bulgaria). A parere del giudice, la pattuizione di un corrispettivo inferiore a quello previsto dal regolamento costituiva un'infrazione disciplinare in forza della legge sull'ordine forense.

La Corte osserva, preliminarmente che, un'organizzazione di categoria quale il Consiglio superiore dell'ordine forense dev'essere considerata, nell'adozione dei regolamenti diretti alla fissazione degli importi minimi degli onorari forensi, quale associazione di imprese ai sensi dell'articolo 101 TFUE.

Dunque, sulla questione sollevata dal giudice, stabilisce che «l'articolo 101, par. 1, TFUE, in combinato disposto con l'articolo 4, par. 3, TUE, dev'essere interpretato nel senso che una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, la quale, da un lato, non consenta all'avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d'importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un'organizzazione di categoria dell'ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell'avvocato medesimo, e, dall'altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d'importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell'articolo 101, par. 1, TFUE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l'attuazione di tali legittimi obiettivi».

Onorari d'avvocato per il consulente giuridico. In riferimento, poi, al diritto dei soggetti rappresentati da consulenti giuridici interni di pretendere onorari d'avvocato, la Corte afferma che «l'articolo 101, par. 1, TFUE, in combinato disposto con l'articolo 4, par. 3, TUE e con la direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, dev'essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, per effetto della quale alle persone giuridiche e ai lavoratori autonomi del settore del commercio spetta la rifusione degli onorari d'avvocato, disposta dal giudice nazionale, qualora siano stati assistiti da un consulente giuridico».

Doppia imposizione all'IVA degli onorari di avvocato. Ed, infine, in merito all'inclusione dell'IVA come componente degli onorari dovuti all'avvocato, la Corte stabilisce che una normativa nazionale che ha l'effetto di produrre una doppia imposizione all'IVA degli onorari d'avvocato non è conforme né all'art. 78, comma 1, lettera b), della direttiva 2006/112 né al principio di neutralità fiscale insito nel sistema comune dell'IVA.

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