Chiusura del fallimento: profili di imposizione diretta

12 Dicembre 2017

A quali tipi di adempimenti ai fini IRES ed IRAP è soggetto il curatore fallimentare in sede di chiusura della procedura? Secondo quali criteri la curatela è tenuta a determinare, ai fini fiscali, il reddito maturato in capo alla fallita società in pendenza di fallimento?

A quali tipi di adempimenti ai fini IRES ed IRAP è soggetto il curatore fallimentare in sede di chiusura della procedura? Secondo quali criteri la curatela è tenuta a determinare, ai fini fiscali, il reddito maturato in capo alla fallita società in pendenza di fallimento?

La normativa di riferimento – L'art. 183, comma 2, del T.U.I.R., stabilisce che il reddito d'impresa imponibile ai fini IRES compreso tra l'inizio e la chiusura della procedura fallimentare è determinato quale differenza tra il residuo attivo – meglio noto come risultato netto della procedura – ed il patrimonio netto della società all'inizio del procedimento,quantificato in base ai valori fiscalmente riconosciuti.

Ci si trova quindi innanzi ad un unico periodo d'imposta – quale che sia la durata della procedura fallimentare ed anche qualora vi sia stato esercizio provvisorio – nel cui ambito il reddito viene determinato secondo criteri, meglio descritti nel prosieguo, invero peculiari e del tutto avulsi rispetto a quelli che sovraintendono di regola la determinazione del reddito imponibile ai fini IRES di una società in bonis.

In linea con simili principi, l'art. 5, comma 4, D.P.R. n. 322/1998 dispone che la curatela è tenuta alla presentazione di un'unica dichiarazione relativa al risultato della procedura entro il termine di 9 mesi dalla chiusura del fallimento, da intendersi coincidente, di regola, con la data di pubblicazione del decreto ad uopo emesso dal Tribunale competente.

La procedura fallimentare, assoggettabile ad IRES secondo le peculiarità sopra esposte, non può invece ritenersi soggetto passivo ai fini IRAP, in virtù del combinato disposto degli artt. 19, comma 6, D.Lgs. n. 446/1997 e 5 D.P.R. n. 322/1998, fatto salvo il caso in cui sia stato autorizzato l'esercizio provvisorio ex art. 104 l. fall.

La determinazione del reddito nel periodo fallimentare – Secondo quanto sopra accennato, il reddito prodotto lungo la procedura fallimentare assoggettabile ad IRES è determinato quale differenza tra il residuo attivo – a sua volta identificabile quale differenza tra l'attivo fallimentare ed il passivo accertato – ed il patrimonio netto della società alla data della sentenza dichiarativa.

In particolare, ai fini della determinazione del residuo attivo, le attività fallimentari apprese dalla curatela vanno valutate in base al valore fiscalmente riconosciuto delle medesime esistente alla data della sentenza dichiarativa (Circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2004); eventuali plusvalenze insite nei beni fallimentari dovrebbero quindi essere assoggettate ad imposizione unicamente in sede di un eventuale realizzo dei beni medesimi da parte del soggetto fallito tornato in bonis.

Con riferimento al passivo fallimentare accertato, da contrapporre all'attivo fallimentare ai fini della determinazione del residuo attivo, occorre prendere a riferimento la totalità delle passività insinuate non oggetto di successiva rinuncia, tenuto altresì debitamente conto delle spese di procedura.

In merito al patrimonio netto all'inizio della procedura, lo stesso è rappresentato, a valori fiscali, dalla differenza tra gli elementi attivi e passivi della società fallita così come determinati dalla curatela alla data della sentenza dichiarativa, quand'anche non risultanti dalle scritture contabili.

La differenza esistente tra residuo attivo e patrimonio netto iniziale – rispettivamente determinabili secondo quanto sopra rappresentato – viene assoggettata ad IRES da parte della curatela secondo l'ordinaria aliquota del 24%. Resta ovviamente ferma la possibilità di utilizzare, in diminuzione del risultato della procedura così determinato, eventuali perdite fiscali della società fallita relative ai periodi d'imposta antecedenti il protratto periodo fallimentare, nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 84 del T.U.I.R..

In tale contesto, l'eventualità che si manifesti materia imponibile nell'ambito della procedura fallimentare appare invero assai remota, giacché di fatto correlata alla presenza di attività fallimentari eccedenti rispetto ai debiti della società fallita, incrementati delle spese di procedura (cd. relitto fallimentare); rilevante, in tale senso, la circostanza che un soggetto versante in stato di insolvenza dovrebbe caratterizzarsi, in linea di principio, per la presenza di passività evidentemente superiori rispetto alle attività, fatto salvo l'eventuale effetto di azioni revocatorie fallimentari esperite dalla curatela nel corso della procedura.

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