La liquidazione giudiziale prende il posto del fallimento

12 Dicembre 2017

La L. n. 155 del 19 ottobre 2017 “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” prevede un restyling completo della disciplina concorsuale dettando i principi e i criteri direttivi che dovranno essere seguiti nella predisposizione dei decreti legislativi che il Governo dovrà adottare nei prossimi 12 mesi inserendosi in una complessa rivisitazione europea della disciplina dell'insolvenza volta a garantire il buon funzionamento del mercato interno nell'ottica della cooperazione giudiziaria in materia civile (art. 81 TFUE).
Premessa

La L. n. 155 del 19 ottobre 2017 “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” prevede un restyling completo della disciplina concorsuale dettando i principi e i criteri direttivi che dovranno essere seguiti nella predisposizione dei decreti legislativi che il Governo dovrà adottare nei prossimi 12 mesi inserendosi in una complessa rivisitazione europea della disciplina dell'insolvenza volta a garantire il buon funzionamento del mercato interno nell'ottica della cooperazione giudiziaria in materia civile (art. 81 TFUE).

Il filo conduttore di tale delega si può individuare nella classificazione di 2 principali procedure:

Ristrutturazione dell'impresa in crisi: questa procedura riguarda le imprese in fase di difficoltà finanziaria nella quale sussiste una probabilità d'insolvenza. In tal caso, la legge delega dà prevalenza alla ristrutturazione dell'impresa e al salvataggio della stessa in una fase precoce incentivando, quindi, l'emersione tempestiva della crisi (cfr. procedure di allerta).

La legge delega prevede una sostanziale deformalizzazione della procedura di ristrutturazione:

  • riducendo l'intervento dell'Autorità Giudiziaria per rendere la procedura più flessibile e meno costosa;
  • prevedendo un ruolo principale per i professionisti debitamente regolamentati in albi e autorizzati a operare in tale ambito;
  • ammettendo che tale procedura non comprenda tutti i creditori;
  • potenziando l'istituto dell'esdebitazione.

L'obiettivo del salvataggio dell'impresa non decotta è finalizzato a tutelare la salvaguardia dei posti di lavoro, degli investimenti esteri in Italia e, così, dell'intero mercato interno.

Liquidazione giudiziale: è la procedura che riguarda il debitore ormai insolvente e per il quale non è possibile un'alternativa. In tal caso è prevista la cessazione definitiva dell'attività di impresa con liquidazione di tutti gli assets.

La procedura deve comprendere tutti i creditori e, in fase di concordato preventivo, è ammessa la liquidazione (o altra soluzione che non preveda la continuità aziendale) solo nel caso in cui, con l'utilizzo di risorse esterne, i creditori possano trovare un'apprezzabile soddisfazione tanto da risultare più vantaggiosa rispetto alla liquidazione giudiziale. Diversamente non saranno più ammissibili concordati preventivi non in continuità.

Delineata, dunque, la netta distinzione tra le procedure volte al risanamento dell'impresa e la procedura residuale secondo quanto già previsto nella Raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 e il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 848 del 20 maggio 2015, occorre individuare i principi guida posti dal legislatore per il Governo in ambito di liquidazione giudiziale.

Efficacia, efficienza ed economicità nella liquidazione giudiziale

Efficacia, efficienza ed economicità sono i parametri del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione sancito dall'art. 97, comma 2, Cost.:

  • Economicità: ottimizzare i risultati in relazione ai mezzi a disposizione ↔ semplificazione della procedura di liquidazione giudiziale per contenere i costi.
  • Efficacia: rapporto obiettivi/risultati → idoneità dell'azione a perseguire gli obiettivi prefissati ↔ assicurare cha la procedura di liquidazione giudiziale risponda agli interessi pubblici sottostanti (tutela del mercato interno, tutela dei lavoratori ecc.).
  • Efficienza: rapporto risorse impiegate/risultati conseguiti → adeguatezza delle risorse impiegate rispetto alla consistenza degli obiettivi da conseguire ↔ aumento dei poteri del curatore e potenziamento degli strumenti per una celere e vantaggiosa liquidazione dei beni.

A. Economicità.

Il principio di economicità s'invera negli strumenti volti a una semplificazione della procedura di liquidazione per il contenimento dei costi e dei tempi della stessa.

Una prima linea guida in tal senso dettata dalla legge delega concerne il ridimensionamento delle funzioni del Comitato dei Creditori, almeno per le procedure meno complesse (art. 7 comma 3).

È noto, infatti, che la costituzione del Comitato dei Creditori secondo i parametri previsti dall'art. 40 l.fall. non è affatto agevole nella pratica. Nel caso, poi, di costituzione spesso il CDC risulta silente determinando, quindi, la sua sostituzione da parte del GD ex art. 41 l.fall.

L'implementazione dei poteri del CDC è stata voluta dal Legislatore del 2006 al fine di rendere maggiormente partecipe e rappresentato il ceto creditorio nelle decisioni più importanti e nell'ottica di una "privatizzazione" della procedura.

La legge delega, al fine di semplificare e ridurre i tempi e i costi delle procedure meno complesse, ha indicato una consultazione telematica del ceto creditorio prescindendo, dunque, dalla necessaria costituzione del CDC, da una parte, con un risparmio dei tempi necessari alla sua costituzione e alla procedura di deliberazione sulle richieste del curatore, nonché di costi per l'eventuale rimborso spese che i componenti del comitato dei creditori possono richiedere e, dall'altra, garantendo la partecipazione dei creditori alla procedura.

L'individuazione delle procedure “meno complesse” dovrebbe riferirsi ai criteri indicati nella legge delega all'art. 2, lett. n), n. 3: “imprese diverse da quelle di cui ai n. 1 e 2”.

Altro criterio dettato nella legge delega in tema di semplificazione riguarda la previsione dello scioglimento dei contratti aventi carattere personale che non proseguono con il consenso dell'altra parte (art. 7, comma 6, lett. b).

I contratti in oggetto riguardano sempre i rapporti inerenti al patrimonio sottoposto a concorso, ma sono legati alla figura dell'imprenditore e non all'azienda: la delega li sottrae, pertanto, alla regola generale della sospensione ex art. 72 l.fall.

Parimenti, nell'ottica della semplificazione è la previsione di un'autonoma regolamentazione del contratto preliminare anche relativo agli immobili da costruire data la sua peculiarità (art. 7, comam 6, lett. c).

Ultima disposizione della legge delega in materia di liquidazione giudiziale ispirata al principio di economicità riguarda la fase dell'accertamento dello stato passivo (art. 7, comma 8).

La legge delega prevede criteri di “maggior rapidità, snellezza e concentrazione” che possono essere raggiunti:

  • agevolando la presentazione telematica delle domande di ammissione al passivo tempestive;
  • restringendo l'ammissibilità delle domande tardive → obiettivo che potrebbe essere raggiunto prevedendo una riduzione del termine di 12 mesi dal deposito del decreto di esecutorietà dello stato passivo e/o il requisito di una giusta causa del ritardo. Rimane, poi, la questione di ammissibilità per le domande ultra-tardive e la prova del ritardo non imputabile che potrebbe, in tale ottica, portare a una tipizzazione dei casi di ritardo giustificabile;
  • prevedendo delle preclusioni attenuate già in fase di verifica innanzi al giudice delegato, ad esempio, per le domande già dichiarate inammissibili;
  • semplificando ulteriormente la presentazione delle domande di ammissione di minore valore o complessità;
  • assicurando stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari e incidendo, dunque, sul concetto di efficacia endofallimentare delle decisioni assunte in sede di verifica dello stato passivo. Invero, attualmente la verifica dello stato passivo è un accertamento del diritto al concorso che implica la risoluzione incidentale dei fatti – diritti che compongono la fattispecie costitutiva. Ciò determina gravi incertezze, soprattutto quando il diritto da accertare non è un diritto di credito, bensì un diritto reale o personale di un terzo. In tal caso, ad esempio, il rigetto della domanda di rivendica ex art. 103 l.fall., stante l'efficacia meramente endofallimentare, potrebbe essere contraddetta in un eventuale giudizio ordinario con diritto del terzo alla restituzione del bene da parte del fallimento anche se, nelle more, aggiudicato ad altro terzo con relativi problemi di coordinamento con l'art. 114 l.fall. e di incertezza dei trasferimenti immobiliari in sede fallimentare;
  • prevedendo l'attrazione in sede concorsuale degli accertamenti dei crediti opposti in compensazione ex art. 56 l.fall. al fine di ridurre i tempi di procedura.

B. Efficacia

La legge delega, ricalcando i principi di matrice comunitaria, pone l'accento sulla necessità che la procedura di liquidazione giudiziale risponda agli interessi pubblici sottostanti.

In particolare, deve essere garantito il coordinamento della procedura di liquidazione con i rapporti di lavoro subordinato per quanto concerne le procedure di licenziamento, le forme di assicurazione e integrazione salariale, il trattamento di fine rapporto e le modalità di insinuazione al passivo (art. 7 co. 7).

In generale è necessario che le disposizioni degli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro in essere vengano armonizzate con riferimento alle forme di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori in ossequio ai principi sanciti dalla carta Sociale Europea del 3 maggio 1996 e alla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2008/94/CE del 22 ottobre 2008.

Al lavoratore deve essere garantito il celere pagamento dei “diritti non pagati”anche individuando un organo competente in modo da evitare incertezze.

Efficienza

La legge delega prevede tra i suoi obiettivi quello di potenziare le risorse impiegate per addivenire a una celere e vantaggiosa liquidazione.

Sotto tale profilo, si evidenzia la maggiore rilevanza della figura del curatore con ampliamento dei suoi poteri e maggiore responsabilizzazione.

Al riguardo, il legislatore pone anzitutto l'accento sulla disciplina delle incompatibilità del curatore, laddove abbia svolto la funzione di commissario nel concordato preventivo dello stesso debitore. L'integrazione delle incompatibilità del curatore potrebbe comportare un'estensione dell'ambito di applicazione a qualunque ruolo rivestito in procedure concorsuali dello stesso debitore antecedenti alla liquidazione giudiziale.

La legge delega pone, altresì, l'accento sulla definizione del programma di liquidazione.

L'introduzione del programma di liquidazione ha rappresentato uno degli aspetti più innovativi della riforma del 2006 sancendo il passaggio da una liquidazione atomistica a una liquidazione pianificata e coordinata.

Esso rappresenta il nucleo della fase di liquidazione imprimendo una svolta manageriale alla liquidazione dell'attivo. Il curatore, infatti, fin da subito dovrà formulare un piano basato sull'analisi della realtà dell'impresa e delle condizioni di mercato che sancisca le linee guida dell'amministrazione del patrimonio del fallito, individuando le varie opzioni operative e manifestando già una preferenza per quelle che appaiono idonee a tutelare al meglio la massa dei creditori (“Lo scopo del programma di liquidazione è, appunto, quello di evitare, per quanto possibile, i rischi di irrazionali disgregazioni liquidatorie”cfr. Rel Illustrativa).

In realtà, il programma di liquidazione era già stato previsto nella L. 3 aprile 1979, n. 95 (c.d. Legge Prodi) nella quale, ai sensi dell'art. 2, il commissario doveva predisporre un piano dell'attività che intendeva svolgere e che, inizialmente approvato dal CIPI, era, poi, sottoposto alla ratifica del Ministero dell'Industria.

Anche nel D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (cd. Prodi bis) è stata prevista la necessità di un atto di programmazione e pianificazione della liquidazione e si è stabilito di scegliere tra due modelli, uno di tipo risanatorio e uno di tipo liquidatorio.

In ambito fallimentare, ora di liquidazione giudiziale, il programma di liquidazione ha una finalità più ampia e pianificatrice in quanto il curatore deve predisporre, fin dall'inizio, un programma teso a razionalizzare la fase di liquidazione dell'attivo e deve definire le modalità e i termini della liquidazione dell'attivo.

Ciò posto, si rileva che l'istituto in oggetto riveste anche altra importante funzione quale è quella di strumento di informazione dei creditori, rectius comitato dei creditori, in ordine all'attività di liquidazione in ambito concorsuale permettendo, dunque, all'organo rappresentativo della massa dei creditori di esprimere il proprio giudizio.

Passando ad esaminare il contenuto del programma di liquidazione, emergono le caratteristiche di analiticità, completezza e flessibilità che devono essere presenti.

La valenza pianificatoria e di indirizzo deve essere coniugata con il criterio della analiticità nella redazione, essendo un concetto immanente ad ogni pianificazione. Ciò si desume dal contenuto minimo del programma predisposto dal legislatore, nonché dalle distribuzioni di competenze tra il comitato dei creditori e il giudice delegato.

Oltre all'analiticità, il programma di liquidazione deve essere il più possibile completo e, ciononostante, flessibile, considerata la valenza previsionale e l'imprevedibilità di alcuni fattori che possono condizionare il mercato.

Premesse, quindi, le caratteristiche generali che il contenuto del programma di liquidazione deve rivestire, occorre ora analizzare il contenuto minimo del programma e le ulteriori previsioni che in esso possono essere comprese.

In primo luogo, il programma di liquidazione annovera anche la fase c.d. prodromica alla liquidazione vera e propria costituita dalla possibilità di predisporre l'esercizio di azienda o l'affitto.

Nel caso in cui l'esercizio provvisorio o l'affitto siano stati precedentemente predisposti, il programma avrà lo scopo di precisare se sia opportuna la loro prosecuzione.

Il curatore deve, poi, illustrare eventuali proposte di concordato fallimentare da parte di un terzo o di un creditore, che si pongono come alternative alla liquidazione, e il relativo contenuto.

Sempre sotto il profilo del contenuto specifico, il programma di liquidazione deve specificare le azioni recuperatorie, risarcitorie e revocatorie da esercitare e il loro possibile esito.

La generica enunciazione del legislatore implica ogni azione giudiziaria esperibile dal curatore: le azioni revocatorie fallimentari con o senza efficacia recuperatoria, le azioni di inefficacia, le azioni che il curatore trovi già nel patrimonio del fallito, le azioni revocatorie ordinarie e di simulazione, nonché le azioni risarcitorie in genere e le azioni di responsabilità nei confronti degli organi amministrativi e di controllo delle società, dei direttori generali, dei sindaci, dei liquidatori delle società e dei soci delle s.r.l. ex art. 2476, comma 7, c.c.

Il curatore deve anche indicare il loro “possibile esito” con ciò implicando una predizione dell'impatto dell'esercizio dell'azione sull'attivo fallimentare non solo in ordine al valore dell'azione, ma anche ai costi prededucibili per l'esercizio della stessa da rapportare al rischio di causa sia in sede cognitiva che esecutiva.

La doverosa esposizione, quindi, degli elementi di fatto e delle prove sulle quali si fondano le azioni indicate può comportare un rischio eccessivo di discovery essendo, peraltro, alcune di esse strettamente correlate agli elementi della relazione ex art. 33, comma 1, l.fall..

Nel caso in cui nell'attivo fallimentare vi sia un complesso aziendale o rami d'azienda o rapporti giuridici in blocco deve essere prevista la loro cessione unitaria o in blocco come scelta preferenziale.

E', infine, opportuno che il programma di liquidazione indichi i tempi di realizzazione delle procedure di alienazione e anticipi la probabile durata delle controversie giudiziali pendenti o che s'intendano instaurare.

Dopo già numerosi interventi su questo istituto la legge delega prevede una maggiore specificazione sul contenuto minimo del programma di liquidazione, probabilmente da intendere come indicazione specifica dei requisiti sostanziali essenziali del programma e funzionali alle finalità di programmazione liquidatoria e strumento conoscitivo per i creditori che lo caratterizzano.

Rimane aperta la questione dell'eventuale valutazione di un programma di liquidazione privo dei requisiti essenziali che verranno indicati nella legge delega. Potrebbe forse ritenersi non idoneo al raggiungimento dell'obiettivo di programmazione liquidatoria e di informazione ai creditori e come tale nullo.

La legge delega, poi, aumenta notevolmente i poteri e l'ambito di autonomia del curatore che diventa il vero conduttore della procedura di liquidazione giudiziale (art. 7, comma 10).

Si prevede una maggiore definizione dei poteri di accertamento e accesso alle pubbliche amministrazioni e banche dati per ricercare e apprendere l'attivo liquidabile responsabilizzando sul punto il curatore.

Si prevede, altresì, la legittimazione del curatore a promuovere e proseguire le azioni di responsabilità previste dal codice civile (p.e. art. 2394 c.c.; art. 2476 comma 7 c.c.; art. 2497 c.c.)

Come nuovo potere, la legge delega indica la possibilità per il curatore di prevedere nel programma di liquidazione il compimento di atti e operazioni riguardanti l'organizzazione della società e la struttura finanziaria, intesa come correlazione temporale tra investimenti e finanziamenti, compiendo, al riguardo, scelte gestionali finalizzate alla liquidazione dell'attivo e debitamente autorizzate.

Infine, al curatore dovrebbe essere integralmente affidata la fase ripartizione dell'attivo, salvo il ricorso al giudice in caso di opposizione. Questo implicherebbe la formazione del progetto di riparto da parte del curatore senza la supervisione del giudice, peraltro, già avvenuta in fase di ammissione dei crediti. Soltanto nell'ipotesi in cui sorgano contestazioni, si avrà un'eventuale fase innanzi al giudice per la composizione del conflitto similmente a quanto già previsto in sede di esecuzioni immobiliari (artt. 598 e 512 c.p.c.).

Vengono, da ultimo, dettati i principi in tema di chiusura anticipata delle procedure definendo i poteri del curatore, in particolare, la conservazione della legittimazione esclusiva in relazione a tutti i processi in cui è parte, nonché la facoltà di mantenere aperta la partita IVA e il potere di convocazione dell'assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie alla prosecuzione o cessazione dell'attività in caso di chiusura per mancata presentazione di domande di insinuazione al passivo o di riparto finale dell'attivo.

Il principio del concorso

La legge delega individua delle linee guida per garantire il carattere concorsuale della procedura anche al fine di evitare che l'attivo liquidato venga poi quasi interamente assorbito dal pagamento di creditori non concorsuali.

In particolare, l'art. 7, comma 6, lett. a) ridimensiona il concetto di prededuzione limitandola ai soli crediti effettivamente maturati nel corso della procedura. Ciò porterà a rivedere la nozione di prededuzione ex art. 111 l.fall. e a stabilire se il credito deve essere sorto in costanza di procedura o, se sorto anteriormente, sia solo divenuto esigibile successivamente.

La legge delega prevede, poi, l'esclusione di esecuzioni speciali e dei privilegi processuali anche fondiari evidenziando la volontà che tutto sia trattato nell'ambito del concorso in un'ottica di uniformità e trasparenza di procedura.

In sintesi, la legge delega stabilisce un principio di preferenza per la procedura concorsuale evidenziato, peraltro, anche dall'art. 13 nell'ambito dei rapporti con le misure cautelari adottate in sede di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (d.lgs. n. 231/2001).

Infine, la legge delega, per garantire il più ampio concorso, ha previsto l'adozione di misure volte a far decorrere il periodo sospetto per le azioni di inefficacia e revocatoria, a ritroso, dal deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale mantenendo, tuttavia, il termine massimo previsto dall'art. 69-bis l.fall.

Trasparenza e competitività

La procedura di liquidazione giudiziale deve essere caratterizzata dalla massima trasparenza, garanzia di imparzialità, inscindibilmente collegata alla corretta applicazione del principio di competitività nelle procedure di liquidazione giudiziale.

In particolare, la trasparenza nelle procedure di liquidazione deve essere perseguita:

  • introducendo sistemi informativi e di vigilanza della gestione liquidatoria, caratterizzati da trasparenza, pubblicità e obblighi di rendicontazione;
  • garantendo la competitività delle operazioni di liquidazione nell'ambito del mercato unitario telematico nazionale delle vendite, nel quale si creerà un'unica piattaforma di vendita tra le procedure di liquidazione giudiziale in cui viene certificata la probabilità di soddisfazione dei crediti insinuati per ciascuna procedura iscritta e riconoscendo, ai creditori che ne facciano richiesta, un titolo abilitante per partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità di soddisfazione del loro credito, come previamente certificata. In tal modo si crea un mercato interno delle procedure di liquidazione in cui i creditori di una procedura possono partecipare alla vendita dei beni di altra procedura in proporzione alle probabilità di soddisfazione dei loro crediti, probabilità certificata da apposito ente. I beni invenduti, invece, confluiranno in un fondo comune di gestione;
  • introducendo misure volte a garantire all'insolvente i diritti di informazione, accesso e partecipazione con la previsione di una garanzia di informazione sull'andamento della procedura, fatte salve le limitazioni specifiche e motivate disposte dal giudice delegato. In tale ipotesi verrà riformulato integralmente l'art. 90 l.fall. e questo nell'ottica di depurare la procedura di liquidazione giudiziale da tutti gli aspetti stigmatizzanti tipici del fallimento.
In conclusione

La legge delega è, dunque, chiaramente impostata nel senso di una netta residualità della procedura liquidatoria pura con preferenza per l'emersione tempestiva della crisi e l'introduzione di procedure di ristrutturazione aziendale per la conservazione e il salvataggio dell'impresa. In tale contesto, deve essere valutato anche il cambio nominalistico da fallimento a liquidazione al fine di depurare da ogni discredito sociale la situazione di decozione dell'impresa e spingere a quel cambio di mentalità che deve portare gli imprenditori a predisporre idonei piani organizzativi per la gestione tempestiva della crisi finanziaria evitando scelte azzardate per scongiurare l'apertura di una procedura concorsuale.

La tutela delle imprese anche decotte e, quindi, la loro tempestiva ed efficiente liquidazione rileva sul piano del mercato interno laddove numerosi creditori sono a loro volta imprenditori, per i quali l'incertezza del credito concorsuale incide sull'organizzazione e sulle previsioni di bilancio.

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