Vaccino influenzale: il mancato riconoscimento dell'indennizzo viola la Costituzione?

Giuseppe Marino
19 Dicembre 2017

La ragione determinante del diritto all'indennizzo non deriva dalla sottoposizione ad un trattamento obbligatorio, in quanto tale, ma risiede piuttosto nelle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività, laddove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettività.

DANNO ALL'INTEGRITÀ PSICO-FISICA: È GIUSTO CHE L'INDENNIZZO SPETTI SOLO PER I VACCINI OBBLIGATORI? La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, l. n. 210/1992 (“Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”), nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, da cui siano derivati danni irreversibili all'integrità psico-fisica, in seguito a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, antinfluenzale.
Secondo il rimettente, il mancato riconoscimento dell'indennizzo determinerebbe la violazione, innanzitutto, degli artt. 2 e 32 Cost.: sarebbe leso, infatti, «il diritto-dovere di solidarietà», poiché, in difetto di una prestazione indennitaria, il singolo danneggiato sarebbe costretto a sopportare le gravi conseguenze negative derivanti da un trattamento sanitario, raccomandato non solo a tutela della sua salute individuale, ma anche di quella collettiva.
La disposizione censurata, inoltre, violerebbe il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiché determinerebbe un'irragionevole differenziazione di trattamento tra coloro che si sono sottoposti a vaccinazione in osservanza di un obbligo giuridico e coloro che, invece, a tale vaccinazione si sono determinati aderendo alle raccomandazioni delle autorità sanitarie.

LA CONSULTA SPIEGA LA DISTINZIONE TRA VACCINI OBBLIGATORI E VACCINI RACCOMANDATI In tema di trattamenti vaccinali, la tecnica dell'obbligatorietà e quella della raccomandazione possono essere sia il frutto di concezioni parzialmente diverse del rapporto tra individuo e autorità sanitarie pubbliche, sia il risultato di diverse condizioni sanitarie della popolazione di riferimento.
Nel primo caso, la libera determinazione individuale viene diminuita attraverso la previsione di un obbligo, assistito da una sanzione. Tale soluzione – rimessa alla decisione delle autorità sanitarie pubbliche, fondata su obiettive e riconosciute esigenze di profilassi – non è incompatibile con l'art. 32 Cost. se il trattamento obbligatorio sia diretto, non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche quello degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione dell'autodeterminazione del singolo (cfr., ex plurimis, C. Cost., n. 107/2012; C. Cost. n. 226/2000 e C. Cost. n. 118/1996).
Nel secondo caso, anziché all'obbligo, le autorità sanitarie preferiscono fare appello all'adesione degli individui ad un programma di politica sanitaria. La tecnica della raccomandazione esprime maggiore attenzione all'autodeterminazione individuale (o, nel caso di minori, alla responsabilità dei genitori) e, quindi, al profilo soggettivo del diritto fondamentale alla salute, ma è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo.

VACCINI OBBLIGATORI E VACCINI RACCOMANDATI: AI FINI DELLA SALUTE COLLETTIVA “PARI SONO” Ferma la differente impostazione delle due tecniche, ciò che rileva è l'obiettivo essenziale che entrambe perseguono, ossia il comune scopo di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale. In questa prospettiva, non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione. L'obbligatorietà del trattamento vaccinale è semplicemente uno degli strumenti a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche per il perseguimento della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione: i diversi attori (autorità pubbliche e individui) finiscono per realizzare l'obiettivo della più ampia immunizzazione dal rischio di contrarre la malattia, indipendentemente dall'esistenza di una loro specifica volontà di collaborare.
Non è l'obbligo, ma la solidarietà sociale che fa scattare l'indennizzo. Per quanto concerne più direttamente le vaccinazioni raccomandate, in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, è naturale che si sviluppi un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli.
La ragione determinante del diritto all'indennizzo, quindi, non deriva dall'essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio, in quanto tale; essa risiede piuttosto nelle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività, laddove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettività.
Sulla base di tali considerazioni, con le sentenze C. Cost., n. 107/2012 (in relazione alla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia), C. Cost. n. 423/2000 (con riferimento alla vaccinazione, allora solo raccomandata, contro l'epatite B) e C. Cost. n. 27/1998 (relativa alla vaccinazione, anch'essa allora solo raccomandata, contro la poliomielite), il giudice delle leggi ha già avuto modo di dichiarare l'incostituzionalità, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., della disposizione oggi censurata, nella parte in cui non prevedeva il diritto all'indennizzo – in presenza di una patologia irreversibile e previo accertamento del nesso causale tra questa e la vaccinazione – per le menomazioni permanenti derivanti dalle ricordate vaccinazioni.
La previsione dell'indennizzo, originariamente riservata ai casi di lesioni permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie, e la sua estensione ai citati casi di vaccinazioni raccomandate completano il “patto di solidarietà” tra individuo e collettività in tema di tutela della salute e rendono più serio e affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione.

VACCINAZIONI RACCOMANDATE: L'ESTENSIONE DELL'INDENNIZZO VA VALUTATA CASO PER CASO Secondo la pronuncia in commento, non vi sono ragioni per non estendere al caso in esame le affermazioni ricavabili dalla ricordata giurisprudenza costituzionale. La vaccinazione antinfluenzale, infatti, rientra a pieno titolo tra quelle raccomandate, avendo le autorità sanitarie posto in atto un'effettiva campagna informativa volta ad assicurare la tutela della salute anche collettiva.
La Consulta, dunque, non si esime da un'analisi mirata sulle peculiarità della singola raccomandazione, non potendosi limitare ad estendere, senza una verifica caso per caso, i pur chiari principi della propria giurisprudenza a qualunque indicazione di profilassi proveniente dalle autorità pubbliche.
In questa prospettiva, il carattere della vaccinazione antinfluenzale quale trattamento sanitario raccomandato può emergere alla luce della sussistenza di una serie di atti, corrispondenti a quelli già individuati dalle richiamate decisioni costituzionali: insistite e ampie campagne anche straordinarie di informazione e raccomandazione da parte delle autorità sanitarie pubbliche nelle loro massime istanze; distribuzione di materiale informativo specifico; informazioni contenute sul sito istituzionale del Ministero della salute; decreti e circolari ministeriali; piani nazionali di prevenzione vaccinale; oppure la stessa legge (come è accaduto, ad esempio, in relazione alla vaccinazione poliomielitica).
Nel caso specifico della vaccinazione antinfluenzale, sono rilevanti, in particolare, i Piani nazionali di prevenzione vaccinale (da ultimo, il Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019), che definiscono la complessiva programmazione vaccinale; le raccomandazioni del Ministero della salute adottate specificamente, per ogni stagione, con riferimento alla vaccinazione antinfluenzale (da ultimo, “Prevenzione e controllo dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2017-2018”); le campagne informative istituzionali del Ministero della salute, oltre che delle Regioni.
Per tutte queste ragioni, il giudice delle leggi dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, l. n. 210/1992, nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione antinfluenzale.

(Fonte: www.dirittoegiustizia.it)