Legge sul whistleblowing e aziende private: cosa cambia

Massimo T. Goffredo
19 Dicembre 2017

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge sul cosiddetto whistleblowing, volta a garantire l'anonimato ed impedire ritorsioni a chi segnala illeciti sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Con queste note intendiamo fornire alcune prime e semplici valutazioni sulla portata della normativa in ambito aziendale privato.
La tutela del dipendente o collaboratore

La Legge a tutela di chi segnala illeciti interviene sia a favore del dipendente pubblico sia dei dipendenti o collaboratori nel settore privato. Ci limiteremo ad analizzare gli effetti della nuova normativa sulle aziende private.

Il meccanismo per introdurre la tutela nel settore privato è stato quello di modificare l'art. 6 del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, che prevede una serie di adempimenti organizzativi e di controllo da parte degli enti, introducendo un comma 2-bis al suddetto articolo.

Esaminando le modifiche apportate dalla nuova normativa si rileva innanzitutto che il titolo dell'articolo parla di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti. Ciò sta a significare che non solo i soggetti legati da un rapporto di lavoro subordinato sono interessati alla nuova disciplina.

La legge prosegue imponendo un'integrazione dei modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati, con l'istituzione di uno o più canali ove le persone che rivestano funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione dell'ente o quelle sottoposte alla direzione e alla vigilanza di chi gestisce l'ente (i dipendenti) possano effettuare segnalazioni circostanziate di condotte illecite, attraverso uno o più canali che devono garantire la riservatezza dell'identità del segnalante anche attraverso l'istituzione di almeno un canale alternativo.

In concreto, sarà necessario istituire una casella (di posta elettronica ma probabilmente anche vocale) specificamente e unicamente destinata a ricevere le segnalazioni. Tale casella dovrà garantire la riservatezza dell'identità del segnalante.

Il modello organizzativo dovrà poi contenere la previsione del divieto di ritorsione o discriminazione nei confronti del segnalante.

Il D.Lgs. n. 231/2001 prevedeva, alla lettera e del comma 2 dell'art. 6, tra le esigenze cui dovevano rispondere i modelli organizzativi, anche l'introduzione di "un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello". Tale norma è stata implementata imponendo l'istituzione di sanzioni nei confronti di chi viola le misure a tutela del segnalante nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

Il sistema sanzionatorio

Sotto il profilo giuslavoristico si tratta di istituire uno specifico profilo sanzionatorio sia nei confronti di chi viola la riservatezza del segnalante sia per chi effettua segnalazioni infondate. È notorio che il sistema sanzionatorio aziendale necessita di apposita pubblicità, attualmente prevista tramite affissione. Però la giurisprudenza è ormai unanimemente orientata a non ritenere necessaria l'affissione per quei comportamenti che appaiono illeciti anche alla coscienza e all'etica comune. Però la nuova normativa prevede l'esplicita istituzione di misure a tutela per cui sarà opportuno formalizzare un sistema sanzionatorio specifico, introdurlo espressamente nel modello organizzativo, ed eventualmente farne oggetto di comunicazione ai dipendenti (e riteniamo anche ai collaboratori stabili) nonché, trattandosi di misure disciplinari, anche riportandolo nel relativo codice e provvedendo all'affissione.

Naturalmente le misure, avendo valenza disciplinare, saranno le stesse previste dalla legge (ammonizione, multa, sospensione, licenziamento) ma trattandosi di materia sensibile riteniamo che la sanzione del licenziamento dovrà essere prevista non tanto per chi viola le misure a tutela del segnalante quanto per chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate. Infatti il canale dedicato alle segnalazioni non deve diventare il ricettacolo degli sfoghi o delle invidie dei dipendenti.

All'opposto, la Legge ha ribadito che misure discriminatorie o ritorsive nei confronti dei segnalatori (licenziamenti, mutamenti di mansioni, trasferimenti ecc.) sono nulle e possono essere anche oggetto di segnalazione all'Ispettorato Nazionale del Lavoro, aggiungendo che è onere del datore di lavoro dimostrare che misure adottate nei confronti dei segnalatori siano estranee alla segnalazione stessa. L'istituto del divieto di misure discriminatorie o ritorsive, ivi compreso il licenziamento, era già presente nel nostro ordinamento per cui la legge non ha fatto altro che ribadire l'illiceità di tali misure quale reazione ad una segnalazione aggiungendo solo che l'onere della prova dell'estraneità delle misure rispetto all'attività segnalatoria è a carico del datore di lavoro.

È noto che sistemi o canali di segnalazione anonima sono da tempo stati istituiti in molte aziende ma con la nuova legge se ne sancisce l'obbligatorietà.

Osservazioni

Si prospettano quindi una serie di adempimenti a carico delle aziende sia sui sistemi informatici, sia sui modelli organizzativi, sia sulle procedure aziendali anche in materia disciplinare.

Sotto un altro profilo i dipendenti, ma anche i collaboratori di un'azienda potranno con maggiore tranquillità segnalare gli illeciti. Sarà poi un problema quando un lavoratore subirà una modifica del rapporto, riuscire a dimostrare o al contrario ad escludere, che il provvedimento non sia collegato con la segnalazione. E, al limite, qualche lavoratore potrà abusare dello strumento della segnalazione per acquisire impropriamente una protezione aggiuntiva della sua condizione lavorativa.

Staremo a vedere se la nuova legge provocherà un proliferare di segnalazioni anonime o se invece prevarrà un costume propenso a "non interessarsi dei fatti degli altri".