Trasferimento della sede sociale nel territorio UE in continuità giuridica
21 Dicembre 2017
Massima
Sono in contrasto con il principio della libertà di stabilimento sancito negli artt. 49 e 54 TFUE le legislazioni degli Stati membri che subordinano il trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di quest'ultimo, alla liquidazione della prima società o allo spostamento della sua sede effettiva. Il caso
La controversia trae origine dal trasferimento in Lussemburgo della sede legale della Polbud, società a responsabilità limitata polacca, che veniva trasformata nella Consoil Geotechnik Sàrl in regime di continuità giuridica. La Polbud depositava un'istanza di cancellazione dal Registro delle imprese dinanzi al competente Tribunale, il quale richiedeva però la produzione di una serie di documenti ritenuti necessari. La Società ignorava tale richiesta, ritenendo che non vi era stato alcuno scioglimento, né si era proceduto alla ripartizione degli attivi tra i soci, e che la domanda di cancellazione era stata presentata in ragione del trasferimento della sede legale in Lussemburgo. In conseguenza di ciò, il Tribunale incaricato della tenuta del Registro delle imprese respingeva l'istanza di cancellazione presentata. Pertanto, la Polbud impugnava la decisione di rigetto dinanzi al Tribunale circondariale di Bydgoszcz (Polonia), che respingeva il ricorso. Il rigetto veniva impugnato dinanzi al competente Tribunale regionale, che parimenti rigettava l'impugnazione. La Polbud presentava ricorso per cassazione dinanzi alla Suprema Corte polacca, che sospendeva il procedimento, sottoponendo alla Corte di Giustizia UE tre questioni pregiudiziali.
Le questioni
La Suprema Corte polacca ha sollevato le seguenti tre questioni pregiudiziali: 1) se gli artt. 49 e 54 TFUE ostino a che uno Stato membro in cui è stata costituita una società commerciale (società a responsabilità limitata) applichi le disposizioni di diritto nazionale che subordinano la cancellazione dal Registro delle imprese allo scioglimento della società in esito alla messa in liquidazione, qualora la società abbia formato oggetto, in un altro Stato membro, di ricostituzione sulla base di una delibera dei soci di continuazione della personalità giuridica acquisita nello Stato di costituzione; 2) se gli artt. 49 e 54 TFUE possano essere interpretati nel senso che l'obbligo, risultante dalle disposizioni di diritto nazionale, di espletare la procedura di liquidazione della società – consistente nel portare a termine gli affari sociali in corso, riscuotere i crediti, adempiere le obbligazioni e realizzare gli attivi della società, soddisfare i creditori o costituire garanzie in loro favore, depositare il bilancio relativo a tali attività ed indicare il custode dei libri e dei documenti – la quale precede lo scioglimento della società che avviene nel momento della cancellazione dal Registro, costituisce una misura adeguata, necessaria e proporzionata ad un interesse pubblico meritevole di tutela, qual è la tutela dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori della società migrante; 3) se gli artt. 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che le restrizioni alla libertà di stabilimento includono l'ipotesi in cui una società, allo scopo di trasformarsi in una società di un altro Stato membro, trasferisce la propria sede sociale in quest'ultimo Stato senza cambiare la sede dello stabilimento principale che rimane nello Stato di costituzione.
Le soluzioni giuridiche
La Corte di Giustizia UE ha esaminato per prima la terza questione, chiarendo che la libertà di stabilimento è applicabile ai trasferimenti della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, senza spostamento della sede effettiva della citata società. Ciò, sulla base della considerazione per la quale il combinato disposto degli artt. 49 e 54 TFUE accorda il beneficio della libertà di stabilimento alla società costituita in conformità alla legislazione di uno Stato membro che desideri trasformarsi in una società retta dal diritto di un altro Stato membro, nel rispetto del criterio stabilito dal secondo Stato membro ai fini del collegamento di una società al proprio ordinamento giuridico nazionale, quand'anche detta società svolga l'essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche nel primo Stato membro. A sostegno di quest'interpretazione soccorrono le precedenti pronunce della Corte di Giustizia UE, dalle quali si evince che, se la società che intende trasferirsi in un altro Stato dell'Unione europea rispetta le condizioni stabilite dalla legislazione di quest'ultimo, la libertà di stabilimento risulta applicabile nonostante non vi sia spostamento della sede effettiva di attività, ma solo un trasferimento della sede legale della stessa società (cfr., CGUE, 27 settembre 1988, causa 81/87, sent. Daily Mail and General Trust; CGUE, 9 marzo 1999, causa C-212/97, sent. Centros; CGUE, 16 dicembre 2008, causa C-210/06, sent. Cartesio; CGUE, 12 luglio 2012, causa C-378/10, sent. Vale). Chiarito ciò, la Corte di Giustizia UE ha affrontato le prime due questioni pregiudiziali ad essa sottoposte, statuendo, in primo luogo, che la richiesta di procedere alla liquidazione per attuare la cancellazione dal Registro delle imprese di una società che intenda traferirsi da uno Stato membro ad un altro, in regime di continuità giuridica, integra una restrizione della libertà di stabilimento, come tale vietata dall'art. 49 TFUE. In secondo luogo, la medesima ha rammentato che, perché una misura che si pone in contrasto con il diritto di stabilimento si possa considerare ammissibile, è necessario che essa risulti sia giustificabile sulla base di motivi imperativi d'interesse generale, sia idonea e non eccessiva in relazione allo scopo che deve conseguire (cfr., CGUE, 29 novembre 2011, causa C-371/10, sent. National Grind Indus). Nel caso di specie, gli interessi in gioco sarebbero quelli dei creditori della società trasferente, dei soci di minoranza e dei lavoratori, che, in linea di principio, sono ritenuti meritevoli di tutela dalla Corte di Giustizia UE, potendo veder lese le proprie posizioni giuridiche a seguito di tale operazione (cfr., CGUE, 13 dicembre 2005, causa C-411/03, sent. Sevic System; CGUE, 21 dicembre 2016, causa C-201/15, sent. Aget Iraklis). Ad ogni modo, nella pronuncia in rassegna è stato ritenuto che l'obbligo di procedere alla liquidazione risulta eccessivo e sproporzionato rispetto all'esigenza di tutela degli interessi sopra menzionati, in quanto la mera circostanza che una società trasferisca la propria sede in un altro Stato membro non comporta l'esistenza di una generale presunzione di frode e, dunque, non giustifica una restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal diritto dell'Unione europea.
Osservazioni
La libertà di stabilimento, enunciata dal combinato disposto degli artt. 49 e 54 TFUE, richiede agli Stati membri di eliminare tutte quelle misure che ne limitino l'esercizio, anche in ambito societario. Ne deriva che, se una società, regolarmente costituita in uno Stato membro, decide di trasferirsi in un altro Stato membro, mediante la propria trasformazione in una società regolata dal diritto di quest'ultimo, in regime di continuità giuridica, lo Stato d'origine non può rendere tale operazione più difficile o onerosa, imponendo, ad esempio, la procedura di liquidazione per poter chiedere la cancellazione dal Registro delle imprese. L'unica modalità che possa rendere ammissibile una restrizione al diritto di stabilimento consiste nell'attuare una misura necessaria a tutelare motivi imperativi d'interesse generale, nonché adeguata e proporzionata in relazione allo scopo perseguito, comunque non ravvisabile nella ipotesi in cui venga imposta la procedura di liquidazione a seguito del trasferimento della sede sociale in un altro Stato membro. Va sottolineato inoltre che il mero trasferimento della sola sede legale da uno Stato membro ad un altro, di cui si rispetti la legislazione in materia, è sufficiente perché la fattispecie sia ricompresa nell'alveo di applicabilità della libertà di stabilimento, non essendo richiesto il correlato trasferimento della sede effettiva. In definitiva, quindi, la Corte di Giustizia UE ha confermato il proprio condivisibile orientamento, ribadendo che la libertà di stabilimento obbliga le legislazioni degli Stati membri a riconoscere la “trasformazione transfrontaliera o internazionale”, con conseguente eliminazione di tutte quelle norme nazionali che in tali casi impongano alla società di estinguersi nello Stato d'origine e di costituirsi ex novo nello Stato di destinazione. |