Consorzio non iscritto in camera di commercio: adempimenti per la gestione contabile

Matteo Pillon Storti
27 Dicembre 2017

Un consorzio con attività interna non iscritto in camera di commercio deve depositare la situazione patrimoniale se non ha svolto alcuna attività esterna? Dal punto di vista fiscale lo stesso consorzio riceve fatture da fornitori e provvede a ri-addebitarle ai propri consorziati pro quota con fatture soggette ad IVA deve provvedere, quindi, agli adempimenti IVA obbligatori? Inoltre la rifatturazione comporta in capo al consorzio la determinazione di redditi imponibili? Se il consorzio apre la partita IVA con ritardo oltre 90gg (avendo ora solo il codice fiscale attivo) quale sanzione va pagata con il ravvedimento?

Un consorzio con attività interna non iscritto in camera di commercio deve depositare la situazione patrimoniale se non ha svolto alcuna attività esterna? Dal punto di vista fiscale lo stesso consorzio riceve fatture da fornitori e provvede a ri-addebitarle ai propri consorziati pro quota con fatture soggette ad IVA deve provvedere, quindi, agli adempimenti iva obbligatori? Inoltre la rifatturazione comporta in capo al consorzio la determinazione di redditi imponibili? Se il consorzio apre la partita IVA con ritardo oltre 90gg (avendo ora solo il codice fiscale attivo) quale sanzione va pagata con il ravvedimento?

Il Quesito, molto articolato, richiede una risposta per singoli aspetti trattati.

Obbligo di deposito della situazione patrimoniale

Non sussite. Secondo le norme del codice civile (art. 2615 bis) l'obbligo di depositare la situazione patrimoniale entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale riguarda esclusivamente i consorzi con attività esterna.

Adempimenti IVA obbligatori

Ai fini IVA, relativamente ai consorzi con attività elusivamente interna è opportuno ricordare che la loro attività “ordinaria” non rientra nel campo di applicazione dell'imposta. Tuttavia rientrano nel campo di applicazione dell'imposta stessa tutte le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate nello svolgimento di un'attività commerciale eventualmente esercitata in via secondaria rispetto all'attività principale / istituzionale.

Sul tema è intervenuta anche la giurisprudenza ricordando che le operazioni effettuate dal consorzio con attività interna non sono imponibili ai fini IVA fatta eccezione per le operazioni di rilevanza esterna che hanno natura imprenditoriale, eventualmente esercitate dal consorzio stesso. In questi casi, il consorzio con attività interna che vuole detrarre l'imposta assolta sugli acquisti fatti nell'esercizio di attività commerciali svolte marginalmente rispetto all'attività istituzionale è obbligato, ai sensi dell'art. 19-ter comma 2, D.P.R. 633/72, a gestire tali attività con contabilità separata da quella relativa all'attività istituzionale.

Tale contabilità deve tenersi in modo conforme a quanto previsto dall'art. 20 del D.P.R. 600/1973.

Il diritto alla detrazione non è pertanto riconosciuto in caso di omessa tenuta della contabilità separata.

Il consorzio, può in concreto svolgere anche attività d'impresa la quale, però, si affiancherà all'attività istituzionale e sarà soggetta a imposte dirette e all'IVA.

Sul tema può risultare utile la lettura delle sentenze n. 70/50/09 CTR Milano e la Cass. n. 22644/2004.

Rifatturazione e determinazione del reddito imponibile

In linea generale il consorzio è un soggetto passivo IRES e, ai fini della determinazione del reddito, diventa fondamentale chiarire se il consorzio svolga o meno un'attività commerciale o non commerciale.

I consorzi che svolgono esclusivamente attività interna, non producono redditi imponibili, in quanto i proventi dell'attività del consorzio sono tassati direttamente in capo ai consorziati.

Nel caso in cui i consorziati versino al consorzio somme diverse dai contributi periodici a fronte di prestazioni di servizi specifici a loro favore, tali contributi sono da considerarsi ricavi i quali dovranno concorrere alla formazione del reddito. Visto che, solitamente, tali versamenti sono determinati pari ai costi sostenuti, i ricavi in questione provocano il pareggio dei risultati di gestione.

Apertura della partiva IVA in ritardo e sanzione

L'art. 5, c. 6 DLgs 471/1997 stabilisce l'applicazione di una sanzione da euro 500 a euro 2.000 per l'omessa presentazione della dichiarazione di inizio o variazione di attività, prevista dagli articoli 35 e 35-ter del D.P.R. 633/72, o la presentazione della stessa con indicazioni incomplete o inesatte. La sanzione è ridotta ad un quinto del minimo se l'obbligato provvede alla regolarizzazione della dichiarazione presentata nel termine di trenta giorni dall'invito dell'ufficio.

Relativamente al tema del ravvedimento operoso, dato che l'importo dello stesso varia a seconda del momento in cui viene corretta l'omissione e che dal quesito non vengono dati tutti gli elementi utili per il calcolo preciso del ravvedimento stesso, si consiglia la lettura dell'art. 13 DLgs 472/1997.

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