Notifica via PEC dopo le ore 21: alla Consulta la questione di legittimità

Pietro Calorio
02 Gennaio 2018

La Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies d.l. n. 179/2012 per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui tale norma stabilisce che la notificazione telematica eseguita dopo le ore 21 si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.
Massima

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale -per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.- della norma secondo la quale «la disposizione dell'art. 147 c.p.c. si applichi anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo» (art. 16-septies, d.l. n. 179/2012).

Il caso

Una società notificava a mezzo PEC un atto di citazione in appello; l'invio avveniva il 15 febbraio 2017 alle 21:05:29 (data risultante dalla ricevuta di accettazione), ultimo giorno del termine breve (la sentenza di primo grado veniva notificata dalla parte vittoriosa il giorno 16 gennaio 2017).

La convenuta eccepiva l'inammissibilità dell'appello, fra l'altro, per tardività della notifica dell'atto di citazione.

La Corte, ritenendo di dover approfondire tale questione sotto il profilo costituzionale concedeva termine alle parti per il deposito di note, rinviando successivamente la causa ad un'udienza di trattazione. A tale udienza, la causa veniva assunta a riserva sulla questione di legittimità costituzionale.

La questione

La questione giuridica affrontata è quella della legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, e nello specifico «se e in quale misura l'adozione di una modalità tecnologica nuova richieda una diversa disciplina giuridica o se la disciplina del “vecchio” procedimento di notifica possa agevolmente essere estesa alla nuova procedura, al fine di continuare a tutelare la medesima sfera privata».

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'appello di Milano, a seguito di una articolata e puntuale disamina, riteneva di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012 per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., ad essa rimettendo la questione e sospendendo il giudizio d'appello. Disponeva altresì la notifica dell'ordinanza, a cura della Cancelleria, alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

In particolare, la Corte d'appello di Milano ripercorreva la genesi del testo normativo nonché gli orientamenti giurisprudenziali rilevanti in argomento, a cominciare da quello che ha stabilito il principio di “scissione degli effetti della notifica”:

- Corte cost. n. 477/2002, che stabiliva il principio scissionistico con riferimento alle notificazioni di atti a mezzo posta ex art. 149 c.p.c.;

- Cass. civ., n. 6402/2004, che lo ribadiva a proposito delle notifiche in proprio “tradizionali”, ai sensi della l. n. 53/1994;

- Cass., Sez. Un., n. 24822/2015, che ha stabilito che tale principio vale per tutti gli atti processuali, rilevando che il termine che la legge dispone a favore del notificante per l'espletamento dell'attività di notificazione «gli deve essere riconosciuto per intero», e pertanto tale soggetto va tutelato anche se consegna l'atto all'ufficiale giudiziario proprio allo scadere del termine. Il principio è trasfuso dalle Sezione Unite in una domanda retorica, che il notificante ha diritto di porsi: «se la legge mi riconosce un termine di 30 giorni per espletare un'attività difensiva, perché lo devo ridurre a 15 o a 20 per avere (non la sicurezza ma) la probabilità della notifica nei termini?».

Affermata dunque l'applicabilità del principio di scissione degli effetti della notifica alla fattispecie per cui è causa, la Corte d'Appello di Milano aggiunge che essa non è risolutiva in quanto l'invio della notifica è stato effettuato dopo le 21, ossia dopo lo scadere del termine previsto dall'art. 147 c.p.c. (e richiamato dall'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012).

La Corte passa poi a riportare, in maniera schematica, il contenuto i principali arresti giurisprudenziali sul tema:

- App. Firenze, n. 189/2017 e Cass. civ., n. 8886/2016 – le quali decidono su un caso del tutto analogo a quello ad esame della Corte milanese in modo diametralmente opposto (la prima dichiarando tempestiva la notificazione via PEC effettuata dopo le ore 21, la seconda dichiarandola tardiva);

- Cass. civ., n. 3478/1979, che affermava la tempestività della notificazione di un atto di appello effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. nelle ore di apertura degli uffici anche se oltre l'orario indicato dall'art. 147 c.p.c., essendo le formalità tutte eseguite entro l'ultimo giorno utile. La Corte d'appello ritiene interessante la sentenza in quanto essa «allarga l'orizzonte oltre la mera dicotomia tra notifica a mezzo d'ufficiale giudiziario e notifica a mezzo PEC e, quindi, per il fatto di mostrare come il contatto tra il notificante, il sistema di comunicazione e il ricevente possa avere modalità ulteriori e diverse».

- App. Bologna, n. 2396/2014, che pur nel negare profili di incostituzionalità dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, e perciò dichiarando tardiva la notifica a mezzo PEC oltre le 21, mostra «di rendersi conto di alcuni disallineamenti tra le situazioni materiali presupposte dalle norme vigenti e le regole fissate dal legislatore anche per le notifiche a mezzo PEC».

- la già citata Cass., Sez. Un., n. 24822/2015, che «sancisce il diritto del notificante a sfruttare per intero il termine individuato a giorni che gli viene riconosciuto normativamente, e questo per garantire il rispetto del diritto di difesa della parte e del diritto a un giusto processo, ex artt. 24 e 111 Cost.».

La Corte milanese, successivamente, argomenta come non sia possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, che realizza «una sorta di tregua inderogabile del contenzioso, creando una fascia cronologica protetta», in cui il potenziale destinatario non è tenuto a verificare il contenuto della propria casella di PEC, come risulta anche dai lavori preparatori della legge, testualmente citati.

Pertanto il Collegio milanese ritiene che la questione è degna di un rinvio alla Corte costituzionale relativamente ai seguenti profili:

  • per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto situazioni differenti vengono trattate dal legislatore in modo ingiustificatamente uguale o simile;
  • per violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, che estende il termine previsto dall'art. 147 c.p.c. alle notifiche a mezzo PEC senza tener conto della differente natura del mezzo di notificazione;
  • per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, nel caso di notifica effettuata a mezzo PEC, la previsione di un limite irragionevole alle notifiche l'ultimo giorno utile per proporre appello comporta una grave limitazione del diritto di difesa del notificante».

Inoltre, dopo ulteriore articolata disamina, secondo la Corte il dettato del più volte citato art. 16-septies, d.l. n. 179/2012 è insuscettibile di essere interpretato in modo conforme a Costituzione; e anzi, rileva la Corte, sarebbe proprio in relazione alle notificazioni a mezzo PEC che il principio scissionistico «esplicherebbe appieno i propri effetti […] proprio (e forse solo) se applicato all'art. 16-septies»: ciò in quanto nelle notifiche telematiche «vi è identità temporale tra la trasmissione e la ricezione […] che non consente al principio di scissione soggettiva degli effetti giuridici di svolgere effettivamente la propria funzione».

I gravi effetti dell'impossibilità di applicare tale principio scissionistico sono, ad avviso della Corte, evidenti proprio nel caso in cui il notificante si trovi ad inviare il messaggio PEC oltre l'orario previsto dall'art. 147 c.p.c. ma si trovi anche nell'ultimo giorno utile per notificare: ciò determina un contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., nei termini sopra specificati.

Una tale «differenza di effetti della disciplina, a seconda del giorno in cui si applica, non trova una valida ragione dal punto di vista della tutela del bene giuridico a fondamento dell'art. 147 c.p.c.».

Ex professo, peraltro, la Corte d'appello di Milano afferma di aver tentato di far emergere un'interpretazione costituzionalmente conforme dal coordinamento dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012 con il principio di scissione degli effetti della notifica, senza successo, in quanto tale interpretazione implicherebbe una sostanziale abrogazione della norma.

Trovandosi quindi, in relazione all'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, di fronte all'alternativa tra a) applicarlo alla lettera dichiarando tardivo l'appello, ma così violando gli artt. 3, 24 e 111 Cost., e b) interpretarlo in modo costituzionalmente conforme, ma così disapplicandolo, la Corte giudicava inevitabile sollevare la questione di legittimità costituzionale di detto articolo, stimandola rilevante e non manifestamente infondata, per le ragioni di cui sopra e per ulteriori ragioni anch'esse puntualmente illustrate, e adottando i conseguenti provvedimenti.

Osservazioni

L'ordinanza della Corte milanese è caratterizzata da ordine, chiarezza e rigore argomentativo pregevolissimi, ed è del tutto condivisibile in ogni sua parte, al punto che risulta addirittura complicato estrapolarne i passaggi più significativi su cui formulare osservazioni.

In questo caso più che in moltissimi altri, pertanto, è consigliabile leggere il provvedimento nella sua interezza, per apprezzarne la ricchezza di argomentazioni e la stringente logica che ha portato, ad avviso di chi scrive, ad una ineccepibile decisione di rimessione alla Corte costituzionale.

Non vi è chi non comprenda, in effetti, che se la ratio dell'art. 147 c.p.c. è quella di tutela della tranquillità e del riposo delle persone, ben difficilmente un messaggio PEC è suscettibile di arrecare pregiudizio al diritto all'inviolabilità del domicilio, costituzionalmente garantito; e quand'anche (come altresì acutamente rilevato dal Collegio) «si ammettesse che colui che riceve una posta elettronica venga leso nel suo diritto al riposo, la semplice estensione del limite d'orario previsto dall'art. 147 c.p.c. alle notifiche a mezzo PEC non bloccherebbe l'inevitabile ricezione dell'email da parte del destinatario, con il disturbo che ne consegue. La PEC, una volta giunta al server dell'appellato, infatti, non può essere rifiutata e, quindi, la ricezione dell'email può effettivamente avvenire in ogni momento, ad ogni ora del giorno e della notte, con il sostanziale raggiungimento del domicilio digitale del destinatario anche oltre il formale limite codicistico.».

Al contrario, è proprio l'estensione della disciplina tradizionale del “tempo delle notificazioni” (147 c.p.c.) al mezzo telematico, come molto opportunamente esposto nell'ordinanza, ad introdurre nell'ordinamento un'irragionevole equiparazione di situazioni tutt'affatto differenti: a proposito dell'art. 16-septies, d.l. n. 179/2012, il Collegio milanese rileva inoltre che «quest'artificiale frammentazione della giornata, nell'individuare l'intervallo di tempo in cui è possibile effettuare validamente una notifica, ha una sua logica, funzione e razionalità laddove si adatti al mezzo di notifica prescelto dal notificante». E poiché in questo caso non appare razionale questa “frammentazione”, è ineludibile il rinvio della questione alla Consulta, il solo organo giurisdizionale competente a caducare una disposizione di legge.

Non resta pertanto che attendere il pronunciamento di quest'ultima, che ci si augura possa essere assai tempestivo trattandosi, indubbiamente, di questione processuale di non poco momento.

*Fonte: ilprocessotelematico.it