Omessa ricusazione del CTU nei termini ed acquisizione della consulenza al processo
03 Gennaio 2018
Massima
L'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio dev'essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, rimanendo altrimenti la consulenza ritualmente acquisita al processo, non potendo la causa di ricusazione essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata tempestivamente denunciata. Il caso
Nel proporre ricorso per cassazione viene denunciato dal ricorrente l'omesso esame di un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. insieme alla violazione degli artt. 115 e 195 c.p.c. attesa l'avvenuta ricusazione del CTU e la richiesta formulata alla Corte di merito di sostituzione del medesimo consulente. La questione
La quaestio juris attiene all'omessa valutazione da parte del giudice di merito della richiesta di ricusazione e sostituzione del CTU formulata dallo stesso ricorrente. Le soluzioni giuridiche
Nel rigettare il ricorso, la Cassazione con riferimento alla doglianza contenuta nel motivo che qui interessa concernente l'omessa valutazione dell'istanza di ricusazione del CTU e la conseguente richiesta di sostituzione di quest'ultimo, rileva che l'art. 192, comma 2, c.p.c. prevede l'osservanza di precise modalità atteso che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio dev'essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, rimanendo altrimenti la consulenza ritualmente acquisita al processo, non potendo la causa di ricusazione essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata ab origine tempestivamente denunciata. Al riguardo, in linea generale, i Giudici di legittimità osservano che ogni vizio di nullità della consulenza non è deducibile in Cassazione ove lo stesso non sia stato dall'interessato dedotto nel primo atto difensivo, ribadito in sede di precisazione delle conclusioni, e non abbia successivamente costituito oggetto di motivo di appello, indicazioni che il ricorso per cassazione avrebbe dovuto specificare agli effetti dell'art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.. I Giudici di legittimità, riferendosi alla dedotta violazione dell'art. 115 c.p.c., precisano che essa può essere ipotizzata come vizio di legittimità soltanto denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito una maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. Osservazioni
L'attendibilità del consulente, sotto il profilo della sua affidabilità personale e non già in riferimento ai contenuti precipui della consulenza, può venire in rilievo soltanto come sintomo della carenza d'imparzialità dell'ausiliario, quale aspetto che, se incidente sull'attività espletata in modo particolarmente fuorviante, posto che la mera anticipazione del parere non da luogo, in sè considerata, a nullità della consulenza, neppure nel caso in cui il consulente concluda poi in senso difforme dal parere originariamente espresso (Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 1971, n. 3691), può essere fatto valere tramite l'istituto della ricusazione (Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2014, n. 8406). Ad esso rinvia, infatti, l'art. 63 c.p.c., consentendone l'attivazione per i motivi indicati nell'art. 51 c.p.c., in tema di astensione e, dunque, anche per gravi ragioni di convenienza, giacchè, nel caso del citato art. 63, a differenza di quanto previsto dall'art. 52 c.p.c., che limita la ricusazione ai casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, il rinvio anzidetto è senza eccezioni. L'imparzialità del consulente tecnico d'ufficio, secondo il costante insegnamento giurisprudenziale di legittimità può essere fatta valere esclusivamente mediante lo strumento della ricusazione del CTU medesimo nel termine di cui all'art. 192 c.p.c. (Cass. civ., sez. lav., 6 giugno 2014, n. 12822). Qualora il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice non abbia osservato l'obbligo di astensione a lui derivante ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 e 51 c.p.c., la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione (Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2001, n. 3364). L'istanza di ricusazione del CTU non proposta nel termine di cui all'art. 192 c.p.c.,preclude definitivamente alla parte interessata la possibilità di fare valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, non rilevando che il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice di secondo grado non abbia osservato l'eventuale obbligo di astensione (Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 2009, n. 12004; Cass. civ., sez. II, 6 giugno 2002, n. 8184). La giurisprudenza di legittimità ha altresì affermato il principio che non è consentita una deroga neppure per l'ipotesi in cui la stessa parte venga a conoscenza soltanto successivamente della situazione di incompatibilità del CTU, potendosi in tale caso solo prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri che gli conferisce in tal senso l'art. 196 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 8 aprile 1998, n. 3657). La valutazione delle ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione del CTU, a norma dell'art. 196 c.p.c., una volta che sia decorso il termine fissato nell'art. 192 c.p.c., per la proposizione dell'istanza di ricusazione, è rimessa esclusivamente al giudice di merito ed è insindacabile in Cassazione se la motivazione è immune da vizi logici (Cass. civ., sez. lav., 17 febbraio 2004, n. 3105). Pertanto, i motivi di ricusazione del consulente tecnico conosciuti dalla parte dopo la scadenza del termine per proporre l'istanza di ricusazione prevista dall'art. 192 c.p.c., o sopravvenuti al suindicato termine, non possono di per sè stessi giustificare una pronuncia di nullità della relazione o di sostituzione del consulente, ma possono soltanto essere prospettati al giudice al fine di una valutazione, a norma dell'art. 196 c.p.c., dell'esistenza di gravi ragioni che giustifichino un provvedimento di sostituzione (Cass. civ., sez. lav., 26 marzo 1985, n. 2125). I summenzionati principi vanno a pieno titolo reiterati anche con riferimento agli altri prestatori d'opera di cui gli ausiliari del magistrato possono eventualmente essere autorizzati ad avvalersi ai sensi dell'art. 56, comma 3 d.P.R. n. 115/2002, per attività strumentali rispetto ai quesiti posti con l'incarico (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2016, n. 9968). Sulla scorta delle considerazioni che precedono, gli eventuali dubbi circa l'obiettività ed imparzialità del consulente stesso, i quali, ove l'istanza di ricusazione - alla quale non è equiparabile la richiesta di revoca e sostituzione dell'ordinanza di nomina del detto consulente per motivi di opportunità, ancorché formulata, con generico richiamo all'art. 51 c.p.c., nel corso del giudizio di secondo grado, e l'ordinanza di rigetto non è, conseguentemente, censurabile con ricorso per cassazione per vizio di motivazione - non sia stata proposta, non sono più deducibili mediante il ricorso per cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770).
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