In vigore la disciplina del whistleblowing: da rivedere i modelli 231

La Redazione
05 Gennaio 2018

È entrata in vigore lo scorso 29 dicembre la legge n. 179/2017 (in G.U. n. 291 del 14 dicembre 2017) che introduce nel nostro ordinamento “disposizioni a tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”: il c.d. whistleblowing.

È entrata in vigore lo scorso 29 dicembre la legge n. 179/2017 (in G.U. n. 291 del 14 dicembre 2017) che introduce nel nostro ordinamento “disposizioni a tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”: il c.d. whistleblowing.

Le novità nei modelli 231. La nuova legge - all'art. 2 - modifica anche la L. n. 231/2001, inserendo all'art. 6 i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater: in particolare, si prevede che i modelli organizzativi 231, di cui all'art. 6, comma 1, lett. a), debbano prevedere “a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione; b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante”.

Devono, inoltre, essere previste sanzioni, nel sistema disciplinare adottato ai sensi dell'art. 6, comma 2, lett. e), per chi viola le misure di tutela del segnalante, e per chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate.

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