La competenza territoriale del giudice tutelare nell'amministrazione di sostegno

05 Gennaio 2018

La questione affrontata dalla Suprema Corte nella sentenza in commento riguarda l'individuazione del giudice tutelare competente ai sensi dell'art. 404 c.c. ed in particolare se ai detti fini rilevi la mera residenza anagrafica ed i relativi mutamenti formali ovvero la dimora effettiva ed il domicilio del beneficiario al momento della presentazione della domanda.
Massima

In tema di amministrazione di sostegno, in caso di mutamento della residenza anagrafica del beneficiario, è competente ad applicare la misura di protezione il giudice tutelare del luogo della dimora effettiva, qualora il beneficiario viva stabilmente in un comune ed ivi mantenga il suo domicilio in assenza di circostanze in forza delle quali possa ritenersi mutata detta dimora effettiva.

Il caso

Nel 2016 viene instaurato un procedimento di amministrazione di sostegno nei confronti di un uomo che, al momento della presentazione della domanda, risiede anagraficamente nel comune di Firenze, ove vive stabilmente e mantiene anche il domicilio. La domanda viene accolta ed il giudice tutelare presso il tribunale di Firenze applica la misura di protezione di cui agli artt. 404 e ss. c.c. nei confronti del beneficiario. Quest'ultimo, tuttavia, impugna la decisione con regolamento di competenza ritenendo competente a decidere il giudice tutelare presso il tribunale di Grosseto avendo egli, nel corso del procedimento, trasferito la propria residenza anagrafica nel comune di Punta Ala (Grosseto).

La questione

La questione giuridica sottoposta all'attenzione del Giudice di legittimità attiene all'individuazione del giudice tutelare competente ai sensi dell'art. 404 c.c. ed in particolare se ai detti fini rilevi la mera residenza anagrafica ed i relativi mutamenti formali ovvero la dimora effettiva ed il domicilio del beneficiario al momento della presentazione della domanda.

La disposizione contenuta nell'art. 404 c.c. prevede testualmente che la nomina di un amministratore di sostegno, nei confronti di una persona che per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, possa essere disposta dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.

I fori individuati dal legislatore sono alternativi di talché si potrebbe essere indotti a ritenere che il ricorrente possa liberamente scegliere tra l'uno e l'altro.

La disposizione in verità non si presta ad un'interpretazione di tal fatta avendo la finalità precipua di garantire una tutela immediata del beneficiario anche attraverso la possibilità di interlocuzione diretta dell'interessato con il giudice tutelare che verrebbe frustata ove fosse possibile scegliere arbitrariamente tra il giudice tutelare del luogo di residenza e quello di domicilio. La citata alternatività presuppone, infatti, l'effettività dei criteri da verificarsi in concreto.

Ciò comporta, inevitabilmente, che il giudice debba verificare al momento della presentazione della domanda non solo ove il beneficiario risulti residente anagraficamente ma anche se tale luogo sia differente da quello in cui egli dimori abitualmente o abbia il proprio domicilio.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, nella fattispecie in esame, rigetta il ricorso, ritenendolo infondato, e dichiara la competenza del tribunale di Firenze.

Nel dettaglio il Supremo Consesso rileva che il beneficiario al momento della presentazione del ricorso risiede anagraficamente nel comune di Firenze, ove mantiene la propria dimora abituale oltre che il proprio domicilio.

Tali circostanze, poste correttamente a fondamento del decreto del giudice tutelare di Firenze, sono ulteriormente suffragate da ulteriori elementi probatori e non smentite da circostanze contrarie.

In particolare, il giudice di primo grado nell'affermare la propria competenza territoriale evidenzia che anche gli interessi economici del beneficiario e la posizione assunta in alcune controversie in corso presso il tribunale di Firenze sono espressione della persistenza del domicilio del predetto nel comune di Firenze. Per converso, l'immobile ove è trasferita la residenza anagrafica del beneficiario risulta essere in stato di abbandono, così rendendosi ulteriormente provata la permanenza della residenza abituale nel comune di Firenze.

La Corte di cassazione, quindi, attraverso un'analisi degli elementi probatori sopra indicati esclude che nel caso concreto il mutamento della residenza del beneficiario possa avere una qualche rilevanza, tanto più che esso si risolve nella specie in un cambiamento solo anagrafico e non effettivo.

Pur confermando l'assunto per il quale con riferimento ai procedimenti di volontaria giurisdizione non opera il principio della perpetuatio jurisdictionis, la Suprema Corte difatti evidenzia che nella specie, in forza delle circostanze fattuali sopra sintetizzate, non sia neanche possibile ritenere mutata la dimora abituale con conseguente competenza del giudice tutelare di Firenze.

Osservazioni

La decisione della Corte di cassazione conferma il condivisibile principio, già affermato in tema di interdizione, secondo cui ai fini della competenza territoriale deve aversi riguardo alla situazione effettiva esistente al momento della presentazione della domanda. Nel dettaglio la competenza per territorio, in materia di interdizione, si determina in base alla residenza effettiva dell'interdicendo, e, quindi, in base alla residenza anagrafica, ove difettino prove contrarie alla presunzione della sua coincidenza con detta residenza effettiva (Cass. civ., sez. I, n. 11204/1991; Cass. civ., sez. I, n. 17235/2006).

Ciò vale tuttavia solo per la corretta introduzione del procedimento; difatti, nel procedimento di amministrazione di sostegno non trova applicazione il principio della perpetuatio jurisdictionis, con la conseguenza che esso è dotato di una naturale “mobilità”, “seguendo” il beneficiario in caso di suo trasferimento.

In tema di volontaria giurisdizione, difatti, rileva la competenza territoriale del giudice al momento della pronuncia di un determinato provvedimento, sulla base di una serie di sopravvenienze (Cass. civ., sez. VI-I, n. 9389/2013). Tra queste vi è proprio il mutamento di residenza o di domicilio del beneficiario che, «così come costituisce il presupposto della competenza territoriale in relazione alla nomina dell'amministratore di sostegno, deve presiedere, sulla base delle circostanze sopravvenute, per quanto attiene ai provvedimenti successivi da adottarsi nell'ambito dell'amministrazione di sostegno» (Cass. civ., sez. VI-I, n. 9389/2013). Ciò mette in luce la differenza esistente, in tema di trasferimento del procedimento da un'autorità giudiziaria ad un'altra, tra il citato istituto e quello dell'interdizione. Mentre per il primo rilevano solo gli eventi che concernono il beneficiario per il secondo solo il trasferimento del tutore può (e non deve) determinare il trasferimento del procedimento in altro circondario. Del resto, l'art. 343 c.c., che disciplina il trasferimento della tutela, non è richiamato dall'art. 411 c.c., che individua l'elenco delle disposizioni della tutela applicabili all'amministrazione di sostegno, e non può essere applicato in via analogica né interpretato estensivamente, stante la tassatività del citato elenco e la peculiarità che rendono l'istituto dell'amministrazione di sostegno diverso dalle altre misure di protezione previste dal codice civile.

É opportuno peraltro evidenziare che per quanto concerne la fase introduttiva del procedimento, ai fini della determinazione della competenza territoriale del giudice tutelare, può avere rilievo la volontà del beneficiario.

Ben può capitare infatti che al momento dell'apertura del procedimento il beneficiario si trovi collocato in un luogo diverso da quello ove egli mantiene la propria residenza anagrafica ed il proprio domicilio, senza essere in grado di esprimere una volontà consapevole (si pensi all'ipotesi del collocamento in residenze per anziani). In tal caso, ove non vi sia la prova della stabilità del ricovero, resta ferma la competenza del giudice tutelare del luogo ove il beneficiario mantiene la propria residenza anagrafica, in assenza di una dichiarazione volta ad individuare presso la struttura residenziale il proprio domicilio, inteso come luogo in cui si convergono i suoi interessi patrimoniali, morali e familiari (Cass. civ., sez. III, n. 5006/2005; Cass. civ., sez. II, n. 7750/1999; Cass. civ., sez. VI-II, 18560/2013) che resta quindi coincidente con il luogo di residenza anagrafica (Cass. civ., sez. VI-I, n. 23571/2016).

Affinché permanga la competenza del giudice tutelare del luogo della residenza anagrafica, devono dunque sussistere due circostanze negative. Non deve risultare la stabilità del collocamento (si pensi ad un trasferimento avvenuto qualche settimana prima della presentazione del ricorso), e non deve esservi alcuna manifestazione di volontà del beneficiario in merito al mutamento del proprio domicilio per stabilirlo presso la struttura di ricovero.

Lo stesso principio è stato applicato nel recente passato con riferimento al collocamento degli interdetti legali negli ex manicomi giudiziari e, da ultimo, nelle case di reclusione. È stata in particolare riconosciuta anche con riferimento a questi ultimi lacompetenza territoriale del giudice tutelare del luogo ove, al momento dell'apertura della tutela, l'interdetto ha la sede principale dei propri affari, che si presume coincidere, salvo prova contraria, con il luogo ove egli ha la propria residenza anagrafica. Dovendosi escludere che in forza del mero trasferimento coattivo in una struttura di detenzione, non accompagnato dalla volontà del detenuto volta a qualificare tale luogo quale domicilio, possano ritenersi mutati il domicilio ovvero la dimora abituale dell'interdetto legale (Cass. civ., sez. VI-I, n. 1631/2016; Cass. civ., sez. I, n. 588/2008; da ultimo, la recentissima, Cass. civ., sez. VI-I, n. 28997/2017).

Guida all'approfondimento
  • V. Amendolgine, La procedura di amministrazione di sostegno “segue” il beneficiario nella sua dimora abituale, Giur.it., 2013, 12;
  • G. Buffone, L'istituto dell'amministrazione di sostegno, Giur. mer., 2013, 11;
  • I. Corda, Amministrazione di sostegno, Interdizione e inabilitazione, questioni processuali, Giuffrè, 2010;
  • E. Meloni-M. Pusceddu, Amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione, percorsi giuriprudenziali, Giuffrè, 2010;
  • E. V. Napoli, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2009.

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