Il procedimento di notifica ex art. 15, comma 3, l. fall. è valido anche nei confronti dell’imprenditore individuale

08 Gennaio 2018

Anche nell'ipotesi di imprenditore individuale, la notifica del decreto di fissazione dell'udienza prefallimentare e del ricorso per la dichiarazione di fallimento è validamente effettuata secondo le modalità previste dall'art. 15, comma 3, l. fall.
Massima

Anche nell'ipotesi di imprenditore individuale, la notifica del decreto di fissazione dell'udienza prefallimentare e del ricorso per la dichiarazione di fallimento è validamente effettuata secondo le modalità previste dall'art. 15, comma 3, l. fall. (notifica a mezzo PEC da parte della cancelleria all'indirizzo risultante dal registro delle imprese ovvero dal registro Inipec, in caso di impossibilità a mezzo dell'ufficiale giudiziario – e non tramite servizio postale - presso la sede dell'impresa risultante dal registro delle imprese e, in caso di impossibilità di esecuzione della notifica anche con quest'ultima modalità, col deposito presso la casa comunale ove ha sede l'impresa).

Il caso

Con un unico motivo di ricorso, la parte ricorrente – imprenditore individuale - ha impugnato il provvedimento della Corte di appello che ha rigettato il reclamo avverso la sua dichiarazione di fallimento propugnando un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 15, comma 3, l. fall., secondo cui – in caso di inesistenza dell'indirizzo PEC dell'imprenditore - la notifica dovrebbe essere effettuata secondo le ordinarie disposizioni in tema di notifica sancite del codice di procedura civile (segnatamente art. 140 cod. proc. civ.).

Nell'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso richiamando le considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 146/2016, secondo cui il procedimento delineato dall'art. 15, comma 3, l. fall. garantisce un adeguato contemperamento fra il diritto di difesa dell'imprenditore e le esigenze di speditezza e celerità proprie del procedimento prefallimentare. Invero, secondo la Corte di Cassazione, le medesime considerazioni in ordine alla “specialità e complessità degli interessi sottesi”, già espresse in detta pronuncia, sono estensibili ad ogni impresa alla quale è posto l'obbligo di dotarsi di PEC perché la norma “garantisce adeguatamente il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell'attivazione del procedimento fallimentare a suo carico” e ciò in base alla duplice constatazione: dell'esistenza di un preciso obbligo di legge in capo all'imprenditore di dotarsi di una PEC funzionante e del fatto che il perfezionarsi della notifica col deposito presso la casa comunale ove ha sede l'impresa è conseguenza immediata e diretta della violazione dell'imprenditore degli obblighi di legge posti a sua carico.

Questioni giuridiche

Con il provvedimento in oggetto la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dell'eventuale illegittimità costituzionale del procedimento di notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di fissazione dell'udienza prefallimentare previsto dall'attuale testo dell'art. 15 l. fall. risultante a seguito della modifica apportata dall'art. 16, comma 4, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (conv., con modif., in L. 17 dicembre 2012, n. 221), secondo cui: "(…) Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. L'esito della comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all'indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente. Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell'articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell'atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.

La legge fallimentare prevede, dunque, un particolare procedimento di notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di fissazione di udienza prefallimentare, procedimento assai diverso da quello tratteggiato dal codice di procedura civile agli artt. 139 e ss. per la notifica degli altri atti processuali. Ed è proprio questa marcata differenza coi procedimenti ordinari di notifica che ha indotto il ricorrente ad impugnare la sua sentenza di fallimento lamentando l'illegittimità costituzionale della disposizione in commento, problematica affrontata dalla Corte di Cassazione sia sotto il profilo dell'eventuale sussistenza di disparità di trattamento, sia sotto il profilo della possibile lesione del diritto di difesa.

Il caso concreto e la soluzione offerta dalla sentenza in commento

Sebbene nell'ordinanza non siano espressamente indicati i parametri costituzionali asseritamente lesi, gli argomenti proposti dalla Corte per giungere alla pronuncia di inammissibilità consentono di individuare agevolmente tali parametri negli artt. 3 e 24 della Costituzione. La Corte fa, infatti, sinteticamente proprie le argomentazioni espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza del 16 giugno 2016 n.146 (seguita da altra pronuncia costituzionale - 11 luglio 2017 n. 162 - in termini sostanzialmente identici), secondo cui non sarebbe fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 3, l.fall. e ciò: da un lato, in quanto “A differenza della disposizione di cui all'evocato art. 145 cod. proc. civ. - esclusivamente finalizzata all'esigenza di assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati ad alle connesse procedure - il riformulato art. 15 della così detta legge fallimentare (come emerge dalla relazione di accompagnamento dell'art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, il cui testo, in parte qua, non è stato oggetto di modifiche in sede di conversione) si propone, infatti, di «coniugare» quella stessa finalità di tutela del diritto di difesa dell'imprenditore (collettivo) «con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale». E, a tal fine appunto, prevede che «il tribunale è esonerato dall'adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità deve imputarsi all'imprenditore medesimo»”; dall'altro, perchè: “il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell'attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, è adeguatamente garantito dalla norma denunciata, proprio in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca della società […], in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, il deposito dell'atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell'imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge”.

In sintesi, la Corte di Cassazione – in linea col suo precedente sul punto in tema di notifica ex art. 15, comma 3, l.fall. alle persone giuridiche (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26333) - evidenzia l'esistenza di un preciso obbligo di legge di dotarsi di valida casella di posta elettronica certificata da comunicare ai pubblici registri, assumendo che la potenziale mancata conoscenza del procedimento prefallimentare avviato nei suoi confronti è da ricondursi alla violazione del citato obbligo da parte dell'imprenditore che assume – quindi - il rischio derivante dalla propria condotta negligente. Secondo la Corte, poi, non vi sarebbero ragioni per distinguere la posizione dell'imprenditore individuale (quale il ricorrente nel caso di specie) dall'imprenditore collettivo, in quanto anche per il primo di tali soggetti è previsto l'obbligo di dotarsi di indirizzo PEC.

Osservazioni

Oltre che sotto il profilo del suo eventuale contrasto con disposizioni costituzionali, in poco più di due anni di vigenza l'attuale testo dell'art. 15, comma 3, l. fall. è già stato oggetto di svariate pronunce della Corte di Cassazione.

I Giudici di legittimità sono stati infatti chiamati a chiarire, per esempio: che l'obbligo di mantenere un indirizzo PEC funzionante sussiste anche in caso di cancellazione dal registro delle imprese (Cass. 12 gennaio 2017, n. 602; Cass. 13 settembre 2016, n. 17946); che l'esito della notifica a mezzo PEC può essere validamente attestato dal cancelliere non essendo necessaria l'allegazione del messaggio ricevuto dal gestore della PEC attestante la mancata notifica (Cass. 28 marzo 2017, n. 8014); che la prova della mancata ricezione della notifica telematica all'indirizzo PEC risultante dal pubblici registri grava sulla parte resistente (Cass. 3 gennaio 2017, n. 31); che l'imprenditore – oltre a doversi dotare di casella PEC - deve assicurarsi anche del suo corretto funzionamento (Cass. 7 luglio 2016, n. 13917); che la ricevuta di avvenuta consegna rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario (cd. RAC) costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica di destinazione (Cass. 21 luglio 2016, n. 15035).

Sono tutte pronunce intervenute a chiarimento delle modalità di funzionamento della notifica a mezzo PEC da parte della cancelleria, a testimonianza di quanto questa innovativa modalità di notifica - strettamente legata al processo civile telematico - abbia creato incertezze e dubbi negli interpreti.

Trattasi, tuttavia, di novità che dovranno essere necessariamente metabolizzate se si considera che la legge di delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza n. 155/2017 non solo conferma il ricorso a tale modalità di notifica (prevedendo l'obbligo di mantenimento dell'operatività della PEC per un anno dalla cancellazione dell'imprenditore dal registro delle imprese, al fine di coordinare la disposizione in materia di notifiche telematiche con l'art. 10 l. fall.), ma indica che sarà necessario: “prevedere una procedura telematica alternativa, quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata, per causa imputabile al destinatario, non è possibile o non ha esito positivo, individuando le modalità e i termini di accesso agli atti ai fini del perfezionamento della notificazione senza altra formalità” – e quindi con verosimile ampliamento degli oneri “telematici” a carico dell'operatore economico -, oltre a prevedere un'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione di tale modalità di notifica che potrà essere utilizzata - oltre che nei confronti dell'imprenditore - anche nei confronti del professionista, quando debitore coinvolto in una procedura di “liquidazione giudiziale” (art. 2, lett. i, della citata legge delega).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.