Tributario

Le notifiche via PEC degli atti impositivi (prima parte): il formato dei file digitali

08 Gennaio 2018

Dopo l'estensione, dal 1° luglio 2017, anche agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate, la notifica degli atti impo-esattivi a mezzo posta elettronica certificata è, oramai, largamente diffusa in ambito tributario.Non sempre, però, la modalità utilizzata dagli uffici risponde alle specifiche tecniche previste per legge: per questa ragione, le prime sentenze delle Commissioni Tributarie hanno dichiarato la nullità degli avvisi e delle cartelle notificate via PEC, quando siano risultate non conformi al formato p7m.
La notifica a mezzo PEC

L'utilizzo della posta elettronica certificata (p.e.c.)* è stato introdotto a decorrere dal 2010 nel più ampio contesto della informatizzazione dell'attività della pubblica amministrazione previsto dal Codice dell'Amministrazione Digitale (C.A.D.) di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, che ha comportato la nascita delle banche dati pubbliche contenenti gli indirizzi digitali.

PEC*

Introdotta con il d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (contenente il Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata), che disciplina le modalità di utilizzo del servizio, nonché la relativa procedura di notifica.

In particolare, l'articolo 1, intitolato “oggetto e definizioni”, prevede che si intende per messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati (secondo comma, lettera f).

Inoltre, l'articolo 3, intitolato “trasmissione del documento informatico”, prevede che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.

L'articolo 4, intitolato “utilizzo della posta elettronica certificata”, prevede che la posta elettronica certificata consente l'invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge (primo comma) e che la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna (sesto comma).

L'articolo 6, intitolato “ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna”, prevede, in particolare, che:

  • il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata (primo comma),
  • il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all'indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna (secondo comma),
  • la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione (terzo comma);
  • la ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall'avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario (quinto comma)

L'articolo 8, intitolato “avviso di mancata consegna”, prevede che quando il messaggio di posta elettronica certificata non risulta consegnabile il gestore comunica al mittente, entro le ventiquattro ore successive all'invio, la mancata consegna tramite un avviso (primo comma).

Si tratta, in particolare, degli elenchi pubblici cui sono iscritte obbligatoriamente tutte le società, nonché degli elenchi del professionisti abilitati tenuti presso i rispettivi ordini di appartenenza (Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185): in particolare, le società di nuova costituzione devono necessariamente dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata che va comunicato all'atto dell'iscrizione al Registro delle imprese il cui iter resta, diversamente, sospeso, mentre, quelle già costituite, hanno dovuto già integrare le proprie generalità.

Le caselle di posta elettronica certificata, dunque, hanno valore legale, per cui i messaggi che vi sono indirizzati si considerano, a tutti gli effetti, conosciuti dai destinatari.

Come previsto, in linea generale, dall'art. 1 del C.A.D., si definisce posta elettronica certificata un sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi.

Inoltre, ai sensi de successivo art. 48 del C.A.D. (intitolato “Posta elettronica certificata”), la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata (primo comma).

Ancora, in base alla stessa norma, la trasmissione del documento informatico per via telematica equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta (secondo comma).

Ebbene, come previsto dall'art. 26, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, anche la notifica delle cartelle di pagamento può essere eseguita, con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge.

Nel caso di imprese individuali o costituite in forma societaria, nonchè di professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all'indirizzo risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).

INI-PEC
INI-PEC, di cui all'art. 6 del Codice dell'Amministrazione Digitale (C.A.D.) contenuto nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, è l'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico. INI-PEC raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle Imprese e dei Professionisti presenti sul territorio italiano ed è pensato per chiunque abbia la necessità di ottenere l'indirizzo di PEC di un professionista o di un'impresa che desidera contattare. Senza bisogno di autenticazione o di programmi aggiuntivi, chiunque può accedere alla sezione di ricerca del portale e cercare l'indirizzo di posta elettronica certificata di proprio interesse. Se l'azienda o il professionista cercato è presente nell'indice, INI-PEC fornisce all'utente l'indirizzo richiesto, semplificando la vita di tutti. L'indice viene puntualmente aggiornato con i dati provenienti dal Registro Imprese e dagli Ordini e dai Collegi di appartenenza, nelle modalità stabilite dalla legge. Il reperimento delle informazioni di tutti gli operatori economici che per legge devono possedere un proprio indirizzo PEC è ora più agevole ed efficace grazie ad INI-PEC. INI-PEC è uno strumento innovativo e fondamentale allo sviluppo del paese realizzato da InfoCamere in attuazione del Decreto Legge del 18 ottobre 2012, n. 179 (dal sito www.inipec.gov.it).

In base al rimando, contenuto nell'articolo 26, all'articolo 60 (ultimo comma) del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (con cui sono state – sostanzialmente – unificate le modalità di notifica delle cartelle da quelle degli avvisi di accertamento dell'Agenzia delle Entrate, peraltro a far data dal 1° luglio 2017, data di entrata in funzione dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione), all'agente della riscossione è consentita la consultazione telematica e l'estrazione, anche in forma massiva, degli indirizzi p.e.c.

In evidenza:
Ai sensi dell'art. 6, comma 1 bis, del Codice dell'Amministrazione Digitale (C.A.D.), la consultazione degli indirizzi di posta elettronica certificata, di cui agli articoli 16, comma 10, e 16-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2, e l'estrazione di elenchi dei suddetti indirizzi, da parte delle pubbliche amministrazioni è effettuata sulla base delle regole tecniche emanate dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), di cui all'articolo 14-bis del C.A.D., sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Inoltre, l'art. 26 prevede che, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell'INI-PEC, la notifica è eseguita con tale modalità all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta.

La notifica a mezzo p.e.c. costituisce, dunque, una procedura cui va prestata la massima attenzione, dal momento che si considera perfezionata, a tutti gli effetti di legge, nel momento stesso in cui l'invio sia pervenuto sulla casella di posta elettronica del destinatario e il mittente, in questo caso l'Agente della riscossione, abbia ottenuto dal sistema informatico sia la ricevuta di accettazione che quella di consegna.

In particolare, come previsto dall'art. 45, secondo comma, del C.A.D., il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.

Di particolare, rilievo, dunque, risulta l'accezione delle “disponibilità” contenuta nella norma, atteso che è con riferimento a essa che viene fissato il momento di consegna dell'atto, da cui decorrono i termini per l'impugnazione. NE consegue, dunque, che la mera consegna del messaggio p.e.c. nella casella del contribuente, destinatario della notifica, potrebbe non essere sufficiente a garantire il perfezionamento dell'iter notificatorio, qualora la cartella (ovvero il diverso atto della riscossione) non risulti effettivamente disponibile, dunque leggibile mediante apertura del file.

È utile, a riguardo, il confronto con l'analoga norma processuale relativa alla notifica del ricorso (e dell'appello) nel processo tributario telematico (PTT), di cui si dirà al capitolo quinto (paragrafo 8.2 “La notifica a mezzo p.e.c. (processo tributario telematico)”).

In quel caso, infatti, l'art. 5, primo comma, del D.M. 23 dicembre 2013 n. 163 (avente per oggetto il regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario), espressamente richiamato dall'art. 16-bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, prevede, espressamente, che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario la ricevuta di avvenuta consegna. Il rimando, tra l'altro, allo stesso art. 45 del C.A.D. (contenuto nella norma processuale), sembra riguardare il solo primo comma (avente per oggetto la forma scritta.

È evidente, pertanto, come, in quel caso, il legislatore faccia riferimento, ai fini del perfezionamento dell'iter notificatorio, alla mera generazione della ricevuta di consegna, rispetto alla quale la disponibilità del documento informatico, prevista dall'articolo 45 del C.A.D., sembra rappresenta un quid pluris.

Vero è che, quanto al decorso dei termini processuali, anche l'art. 8 del D.M. n. 163/2013 prevede che la notificazione si considera effettuata, per il mittente, al momento dell'invio al proprio gestore attestato dalla relativa ricevuta di accettazione e, per il destinatario, al momento in cui la notificazione dei documenti è resa disponibile nella casella di posta elettronica certificata; è pur vero, tuttavia, che, ai fini processuali, vi è una norma ad hoc, appunto l'articolo 5, che ha per oggetto, in modo specifico, il perfezionamento della notifica.

Peraltro, nonostante la norma processuale sia contenuta in un regolamento, qual è il D.M. n. 163/2013 (che, in quanto tale, non è gerarchicamente sovraordinato rispetto al C.A.D., contenuto nel D.lgs. n. 82/2005, peraltro precedente), tale norma, disciplinando, in modo specifico, la materia del processo tributario telematico, ha natura speciale rispetto a quella, ponendosi in un rapporto di species a genus.

Del resto, il rimando contenuto nell'art. 2, quarto comma, del D.M. n. 163/2013 ha natura residuale, dal momento che tale norma prevede, espressamente, che si applicano le disposizioni del C.A.D., ove non diversamente stabilito dal regolamento.

In quest'ottica, dunque, nonostante la ricevuta di consegna presso la casella PEC del contribuente, se il file contenente la cartella di pagamento (ovvero l'altro impo-esattivo) non fosse disponibile perché, ad esempio, danneggiato, potrebbe contestarsene – in giudizio - l'inesistenza, avvalendosi, se del caso, di un'apposita consulenza tecnica.

La notifica a mezzo p.e.c. (segue): le modalità operative e il confronto con l'irreperibilità relativa

Come previsto dall'art. 60, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (che, come detto, è espressamente richiamato dall'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione a mezzo p.e.c. si intende comunque perfezionata:

  • per il notificante, nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l'avvenuta spedizione del messaggio;
  • per il destinatario, alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all'ufficio.

Analogamente a quanto accade in presenza di modalità di notifica tradizionale (oggetto del precedente paragrafo 9.8.2), dunque, si realizza uno “sdoppiamento” dei termini per il notificante, da un lato e per il destinatario, dall'altro, tuttavia tenendo conto della diversa modalità telematica di notifica.

Se la casella di posta elettronica risulta satura, l'ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio.

La normativa sulla modalità di notifica via p.e.c. prevede, inoltre, una procedura speciale, in caso di mancata consegna.

Si tratta, in sostanza, del corrispondente telematico della procedura di “irreperibilità relativa” prevista dall'art. 140 del c.p.c., ove – appunto – ci si trovi in presenza di una notifica a mezzo p.e.c. non andata a buon fine.

Infatti, se anche a seguito del secondo tentativo la casella di posta elettronica risultasse satura, oppure se l'indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell'atto nell'area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni. L'agente, inoltre, deve darne notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata (per cui la norma non prevede l'avviso di ricevimento), senza ulteriori adempimenti a proprio carico.

In questo caso, ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell'avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa.

Ad essere richiamato alla mente, dunque, è - appunto - l'art. 140 del codice di rito rispetto al quale il testo del nuovo articolo 26 rappresenta, sostanzialmente, l'evoluzione, dal momento che la disposizione codicistica prevede, appunto, che se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

Pertanto, in caso di notifiche di cartelle di pagamento non andate a buon fine, indirizzate alle imprese e ai professionisti, l'iter obbligatoriamente da seguire sarà, di fatto, quello già previsto per l'ipotesi della “irreperibilità relativa” e cioè:

  • il deposito dell'atto presso l'area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa (in luogo della casa comunale),
  • la pubblicazione del relativo avviso nello stesso sito (in luogo dell'affissione alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario) e, infine,
  • l'invio della raccomandata con cui si dà notizia di quanto avvenuto (quest'ultimo adempimento identico a quello previsto dal codice di procedura civile).

Anche in questa ipotesi, dunque, il mancato rispetto degli adempimenti previsti impedirà il perfezionamento dell'iter notificatorio, il che non potrà che comportare l'inesistenza stessa della notifica e, con essa, la nullità insanabile della cartella di pagamento, notificata infruttousamente a mezzo p.e.c.

La notifica a mezzo p.e.c. (segue): il formato del file contenente l'atto impo-esattivo

La notifica a mezzo p.e.c. degli avvi si di accertamento e delle cartelle di pagamento involge un ulteriore, rilevante profilo di legittimità, già oggetto delle prime pronunce di merito.

La questione attiene al formato “informatico” dei file, che vengono allegati al messaggio di posta elettronica certificata, inviati presso gli indirizzi p.e.c. dei contribuenti quale notifica; in altri termini, occorre stabilire quale debba essere l'estensione del file notificato, che costituisce il contenuto della p.e.c. e, cioè, l'atto impo-esattivo contenente la pretesa fiscale, perché esso possa definirsi rispettoso del dato normativo.

A riguardo, occorre – innanzitutto - premettere che, come precisato nell'art. 1 del Codice dell'Amministrazione Digitale (C.A.D.), di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, si definisce documento informatico il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

Il successivo art. 20 (intitolato “Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici”), al comma 1-bis, prevede – poi - chel'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (nello stesso senso anche l'articolo 21, primo comma).

Ai sensi del terzo comma della medesima norma, quindi, le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione [temporale] dei documenti informatici, nonchè quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica, sono stabilite dal successivo articolo 71, il quale, a sua volta, rimanda al relativo regolamento attuativo, che è stato approvato con il d.P.C.M. 13 novembre 2014(recante le regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici, nonchè di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23 bis, 23 ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale di cui al D.Lgs. n. 82/2005).

L'allegato n. 1 del regolamento definisce il formato del file digitale come la modalità di rappresentazione della sequenza di bit che costituiscono il documento informatico e, comunemente, identificato attraverso l'estensione del file.

Ebbene, l'allegato 2 fornisce indicazioni iniziali sui formati dei documenti informatici che per le loro caratteristiche sono da ritenersi coerenti con le regole tecniche del documento informatico, del sistema di conservazione e del protocollo informatico; i formati descritti nell'allegato sono stati scelti tra quelli che possono maggiormente garantire i principi dell'interoperabilità tra i sistemi di conservazione e in base alla normativa vigente, riguardante specifiche tipologie documentali.

Tra questi, il primo e principale formato, indicato nell'allegato al regolamento, è rappresentato dal formato PDF - PDF/A, l'unico in grado di garantire l'autenticità, il contenuto, l'integrità e la provenienza del documento informatico.

In particolare, come precisato nell'allegato, il PDF (Portable Document Format) è un formato creato da Adobe nel 1993 che attualmente si basa sullo standard ISO 32000; è stato concepito per rappresentare documenti complessi in modo indipendente dalle caratteristiche dell'ambiente di elaborazione del documento.

In particolare, precisa il regolamento che il formato è stato ampliato in una serie di sotto-formati tra cui il PDF/A, il quale è stato sviluppato con l'obiettivo specifico di rendere possibile la conservazione documentale a lungo termine su supporti digitali; le sue caratteristiche tecniche rendono il file indipendente da codici e collegamenti esterni che ne possono alterare l'integrità e l'uniformità nel lungo periodo.

Pertanto, è il formato .p7m, che del primo costituisce la versione autenticata con firma digitale, l'unico formato ammissibile ai fini della notifica a mezzo p.e.c.; nonostante, come detto, gli articoli 20 e 21 rimettano all'organo giudicante (eventualmente per il tramite di una consulenza tecnica) la valutazione circa l'idoneità del documento informatico, avente una estensione diversa, a soddisfare – comunque - il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio, in uno con il raggiungimento dello scopo anche alla luce dell'avvenuta costituzione in giudizio del destinatario della notifica.

A riguardo, infatti, pur se con riferimento a un atto processuale (nella specie, un controricorso notificato in formato “.doc”), la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza 18 aprile 2016 n. 7665, hanno escluso che la non conformità al formato “pdf” possa comportarne la nullità, ove la parte si sia, comunque, difesa e non abbia addotto alcuno specifico pregiudizio, nè l'eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. Nella scia delle Sezioni Unite si colloca anche la sentenza 27 giugno 2017 n. 15984, con la quale la sezione tributaria ha ribadito che l'irritualità della notificazione di un controricorso in cassazione, a mezzo di posta elettronica certificata, non ne comporta la nullità se la consegna telematica (ugualmente in "estensione.doc", anzichè "formato.pdf") ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (conforme, sentenza 31 maggio 2016 n. 11383), essendosi tale "scopo" senz'altro raggiunto posto che la resistente controricorrente si era ampiamente difesa con il controricorso.

Conclusioni

Quella del formato digitale degli atti impositivi in genere, rectius dei file contenenti gli atti, rappresenta una delle “nuove frontiere” del diritto e, dunque, della giurisprudenza (anche) tributaria, chiamata – sempre più di frequente – a pronunciarvisi.

Se è innegabile l'effetto benefico che l'utilizzo di tali procedure produce sul piano della dematerializzazione e della immediatezza nei rapporti tra fisco e contribuenti, è altrettanto evidente che, proprio in virtù della inamovibilità delle garanzie riservate ai destinatari delle pretese fiscali – in primis riguardo alla conoscenza legale degli atti –, la modalità telematica deve assicurare piena certezza in merito al contenuto degli stessi, che, diversamente, finirebbe per ostacolare il pieno esercizio del diritto di difesa.

Il formato digitale dei file, dunque, deve rispettare scrupolosamente i protocolli informatici previsti per legge, in modo da garantire, sia sul piano formale che su quello sostanziale, la corretta formazione e notifica della pretesa tributaria.

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