Il marchio dell’Unione Europea: un nuovo istituto a disposizione delle impreseFonte: Reg. 14 giugno 2017 n. 1001
09 Gennaio 2018
Il 2017 ha visto completarsi l'iter di riforma avviato con il Reg. 2424/2015, con l'entrata in vigore del Reg. 1001/2017 (Regolamento sul marchio dell'Unione europea - RMUE), del Reg. 1430/2017 (Regolamento delegato sul marchio dell'Unione europea – RDMUE) e del Reg. 1431/2017 (Regolamento di esecuzione sul marchio dell'Unione europea – REMUE). Lo scopo della riforma è la creazione di un sistema di protezione del marchio specifico per l'Unione Europea, che prevede la protezione dei marchi a livello europeo in parallelo alla protezione riconosciuta dai singoli Stati membri (cfr. Cons. 2 RMUE), al fine di “prevedere un regime dell'Unione dei marchi che conferisca alle imprese il diritto di acquisire, secondo una procedura unica, marchi UE che godano di una protezione uniforme e producano i loro effetti sull'intero territorio dell'Unione” (Cons. 4 RMUE). In definitiva la riforma procede nell'affinare e nell'attualizzare il sistema precedente del marchio comunitario, per assicurare una migliore e più efficiente protezione del segno distintivo a livello sovranazionale. Le novità della nuova disciplina sono molte, alcune possono considerarsi denominative, come il mutamento del Nome dell'Ufficio per l'Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI) in Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e del “marchio comunitario” in “marchio dell'Unione europea” (MUE); altre hanno carattere sostanziale, come la riformulazione dell'indicazione dei prodotti e servizi; la cancellazione dell'onere di rappresentazione grafica del marchio; l'introduzione dei marchi di certificazione; l'incremento o la migliore specificazione dei diritti conferiti dal marchio europeo; cambiamenti procedurali, tra i quali le procedure di esame e di annullamento; la modifica del sistema di tassazione. Per quanto concerne l'abolizione del requisito della rappresentazione grafica e l'introduzione dei marchi di certificazione, essi saranno analizzati nel prosieguo, mentre si ritiene utile segnalare qui di seguito, seppur brevemente, alcune novità di sicuro interesse per gli operatori. Innanzitutto si richiama l'attenzione sulla codificazione della prassi, in vigore dopo la sentenza nella causa C-307/10 ‘‘IP Translator”, che impone una indicazione specifica dei prodotti o servizi. L'art. 33 RMUE prevede infatti che “I prodotti e i servizi per i quali è chiesta la protezione garantita dal marchio sono identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, il grado di protezione richiesto”. Questo principio, tutt'altro che banale o scontato, comporta per il richiedente la registrazione l'onere di non limitarsi ad indicare genericamente i tioli delle classi della classificazione di Nizza, strumento tramite cui si delimita l'ambito merceologico della protezione conferita dalla registrazione, poiché, come precisato dall'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, “le indicazioni contenute nel titolo della classe non coprono automaticamente tutta la lista dei prodotti e dei servizi di quella classe, ma sono interpretate nel loro senso letterale”. Il richiedente deve quindi attivarsi per indicare in modo puntiglioso ed estremamente preciso le sottoclassi e, ove ciò non fosse sufficiente, procedere ad indicare esplicitamente i prodotti o servizi presenti anche in altre sottoclassi. Alla necessità di indicazione precisa dei prodotti e servizi si ricollega, altresì, la riforma del sistema di tassazione della richiesta di registrazione del segno, che passa al sistema del “one class, one fee” e che comporta il pagamento per ogni singola classe e non più la corresponsione di un importo unico iniziale per le prime tre classi, con l'obiettivo di inquadrare da subito il marchio nello specifico settore in cui sarà utilizzato. Il nuovo sistema di tassazione, comparato con il previgente, è il seguente:
Altra novità è la possibilità di chiedere ed ottenere, direttamente dall'EUIPO e, quindi, in via amministrativa, il trasferimento del MUE registrato abusivamente da un agente o da un rappresentante dell'effettivo titolare. Infatti, se un agente o un rappresentante registra un MUE senza l'autorizzazione del titolare, quest'ultimo può chiederne la retrocessione. In precedenza, il rimedio a disposizione del titolare consisteva unicamente nel far dichiarare nullo il marchio con conseguente necessità di procedere poi ad una nuova registrazione e con perdita della priorità acquisita. Tale nuova procedura, ai sensi dell'art. 21, paragrafo 2, lett. a), RMUE, seguirà lo stesso percorso procedurale dei procedimenti di dichiarazione di nullità ex art. 60, RMUE. Per tutte le azioni avviate dal 1° ottobre 2017, la retrocessione sarà un rimedio alternativo alla dichiarazione di nullità del marchio. Infine, si evidenzia un interessante ampliamento dei diritti del titolare di un MUE, il quale, ex art. 9 n. 4 del RMUE, “ha inoltre il diritto di impedire a tutti i terzi di introdurre nell'Unione, in ambito commerciale, prodotti che non siano stati immessi in libera pratica, quando detti prodotti, compreso l'imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio identico al marchio UE registrato per tali prodotti o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio”. In altri termini, anche nel caso di mero transito è ora consentito ottenere il sequestro alla frontiera disciplinata dal Reg. 608/2013, relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali. Tale nuova possibilità di tutela per il titolare rappresenta un evidente miglioramento della preesistente situazione, che consentiva di sequestrare merci in transito solamente nel caso in cui si ravvisasse che “dette merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente dell'Unione o di una offerta in vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell'Unione, o quando risulta da documenti o da corrispondenza concernenti tali merci che è previsto che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell'Unione”, come statuito dalla Corte CE nei casi Philips e Nokia (C-446/09 e C-495/09).
Rappresentazione del segno distintivo, marchi non convenzionali e principio del “what you see is what you get”
L'art. 4 RMUE statuisce che possono costituire marchi UE “tutti i segni, come le parole, compresi i nomi di persone o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma dei prodotti o del loro imballaggio e i suoni, a condizione che tali segni siano adatti a: a) distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese; e b) essere rappresentati nel registro dei marchi dell'Unione europea («registro») in modo da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare in modo chiaro e preciso l'oggetto della protezione garantita al loro titolare”. La nuova norma prevede, quindi, da un lato l'esplicito inserimento nel concetto di “segno” di colori e suoni, dall'altro lato, elimina il requisito previgente della rappresentabilità grafica del segno rivendicato, considerato legato alla c.d. epoca del cartaceo. La riforma accoglie, quindi, in sua sostituzione, il principio del “what you see is what you get” (quello che vedi è quello che ottieni), esplicitato nell'art. 3 n. 1 REMUE, ove è previsto che “il marchio è rappresentato in qualsiasi forma idonea che utilizzi una tecnologia generalmente disponibile, purché possa essere riprodotto nel registro in modo chiaro, preciso, autonomo, facilmente accessibile, intelligibile, durevole e obiettivo, onde consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l'oggetto della protezione conferita al titolare”. La riforma recepisce il progressivo ampliamento della tipologia di segni idonei ad essere registrati come marchi, che, nel corso del tempo, ha ricompreso, oltre ai classici marchi denominativi e figurativi, anche marchi c.d. non convenzionali, ovvero quelli di forma, di colore, sonori, di movimento, olfattivi, di gusto etc., includendo quindi quei segni che non potevano essere percepiti solo visivamente. Il superamento del vincolo ha rappresentato un concreto passo in avanti della normativa che si è avvicinata a quanto già auspicato in dottrina e, almeno parzialmente, evidenziato dalla giurisprudenza. Se da un lato, infatti, la questione relativa alla registrabilità di segni ulteriori rispetto a quelli previsti esplicitamente all'art. 4 del Reg. 207/2009, ovvero il regolamento sul marchio europeo, aveva trovato soluzione positiva, consolidatasi anche in giurisprudenza, in quanto si era ritenuto non tassativa l'elencazione contenuta nella norma, dall'altro lato non si era riusciti a superare il limite della rappresentazione grafica imposto dalla medesima norma. Tale requisito impediva di fatto di arrivare alla registrazione di marchi non convenzionali quali quelli olfatti, gustativi, di sequenze di immagini in movimento, di sequenze di illustrazioni e, spesso, rendeva assai difficoltosa se non impossibile, anche la registrazione di marchi sonori. A tal fine, è utile evidenziare che il REMUE, andando ben oltre l'art. 4 RMUE, non si limita a superare il requisito della rappresentabilità grafica, ma apre la porta senza riserve ai marchi non convenzionali, andando, all'art. 3 n. 3 dalle lettere da c) a j), a precisare la descrizione necessaria alla registrazione di molte tipologie di essi. In particolare, lo stesso specifica, dalle lettere da c) ad f), la rappresentazione necessaria, graficamente possibile, con riferimento:
Sempre il medesimo articolo, dalla lettera g) alla lettera j), specifica poi la rappresentazione necessaria e sufficiente, per quelle tipologie di segni non rappresentabili graficamente. Così si precisa che i marchi sonori possono essere rappresentati da un file audio, che riproduce il suono, oppure da una rappresentazione accurata del suono in notazione musicale, superando il requisito della rappresentazione attraverso un pentagramma, accolta dalla Corte UE nella causa C‑283/01; che i c.d. marchi di movimento, che consistono in una sequenza di movimenti che caratterizza un prodotto ovvero da più immagini che si muovono in un tempo determinato, come ad esempio l'apertura delle portiere ad ali di gabbiano delle auto, possono essere rappresentati attraverso un file video o da una serie di immagini statiche in sequenza, che illustrano il movimento stesso, al pari dei c.d. marchi multimediali, ovvero composti da suoni e immagini anche in movimento, come anche gli slogan pubblicitari, e olografici. Per le tipologie di marchi non convenzionali non contemplati in modo specifico nell'elencazione di cui sopra, l'art. 3 n. 4 del REMUE, quale clausola generale di chiusura, richiama il paragrafo 1 e quindi la disciplina generale già illustrata. Vi sono, infatti, ulteriori tipologie di marchi, come quelli olfattivi, non contemplati esplicitamente, ma che in passato erano di fatto non registrabili in quanto non graficamente rappresentabili, tenuto conto che la Corte CE, nella causa C-273/2000, aveva statuito che “qualora si tratti di un segno olfattivo, i requisiti di rappresentazione grafica non sono soddisfatti attraverso una formula chimica, mediante una descrizione formulata per iscritto, con il deposito di un campione di un odore o attraverso la combinazione di tali elementi”, principio oggi superato.
Il marchio di certificazione
A decorrere dal 1° ottobre 2017 il RMUE ha introdotto, disciplinandolo negli artt. da 83 a 93, una tipologia nuova di marchio europeo, quello di certificazione. La scelta di introdurre questa nuova figura ha trovato giustificazione nell'esigenza di “permettere ai partecipanti al sistema di certificazione di usare il marchio d'impresa come segno per i prodotti o i servizi che soddisfano i requisiti di certificazione” (Cons. 27 del Reg. 2436/2015). Tale possibilità è estremamente interessante in un sistema economico sempre più sensibile a valori come la sostenibilità ecologica, il rispetto dei diritti umani etc., che condizionano sempre più spesso la scelta del prodotto o servizio da acquistare. Il marchio di certificazione è definito all'art. 83 RMUE come quello idoneo “a distinguere i prodotti o i servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, da prodotti e servizi non certificati”. In questo caso, dunque, la funzione del segno non è più quella tipica distintiva, ma consiste nell'attestazione della presenza, nei prodotti e nei servizi certificati, delle caratteristiche e degli standard precisati nel regolamento d'uso del segno, che deve essere depositato “entro due mesi dalla data di presentazione” della domanda di registrazione (art. 84 n. 1 RMUE). Nel regolamento d'uso devono anche essere indicate, ex art. 84 RMUE e art. 17 REMUE, i soggetti abilitati a usare il marchio, le caratteristiche che il marchio deve certificare, le modalità di verifica delle caratteristiche e di sorveglianza dell'uso del marchio, oltre alle condizioni di uso del marchio, comprese le sanzioni. In sostanza il titolare non utilizza il segno ma, come nei marchi collettivi, lo concede in uso a terzi, fungendo da controllore. Ne consegue che il marchio di certificazione può essere registrato da chiunque, ivi comprese persone fisiche e giuridiche, anche di diritto pubblico, purché il soggetto non svolga “un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato” (art. 83 n. 2 RMUE). Inoltre, come già precedentemente esposto, il marchio di certificazione non può essere utilizzato per attestare caratteristiche inerenti l'origine geografica, scelta operata per coordinare la disciplina del marchio di certificazione con quella del già esistente marchio collettivo. Infatti, seppure le due tipologie di marchio presentino entrambe una funzione di garanzia, il nuovo segno ha proprio lo scopo di estendere la possibilità di attestare una qualsiasi qualità o caratteristica di un prodotto/servizio eccettuata proprio la provenienza geografica.
In conclusione
Da quanto esposto si evince chiaramente come il MUE innovi in maniera profonda il sistema del marchio e della sua tutela, ponendolo come alternativa alle registrazioni nazionali non solo, come avveniva per il marchio comunitario, su di un piano di estensione territoriale della validità del titolo, ma come strumento ben più conforme alle necessità delle imprese rispetto a quello previsto dall'ordinamento interno, che, ad oggi, non ha ancora dato alcun segno di voler accogliere o adeguarsi alle novità introdotte dalla riforma europea. Pur se rimangono alcuni punti oscuri che andranno chiariti dalla prassi, come ad esempio come effettivamente rappresentare un marchio olfattivo o quando un marchio di certificazione sia da considerare decettivo per il pubblico di riferimento, la possibilità di tutelare marchi non convenzionali e perciò non solo denominativi e figurativi, rappresenta un'importante opportunità per le imprese che si trovano in un sistema economico e concorrenziale dove il poter distinguere i propri prodotti o servizi attraverso strumenti che rimangano impressi nella mente del pubblico come, ad esempio, un motivo musicale o uno spot composto da immagini e suoni, rappresenta una necessità per posizionarsi nel mercato. Per un sintetico approfondimento della riforma nel suo complesso: Riforma legale del marchio dell'Unione europea. Riassunto dei cambiamenti applicati dal 1 ottobre 2017, EUIPO, 2017, disponibile sul sito istituzionale: https://euipo.europa.eu Per una ricostruzione delle tipologie di marchi non convenzionali, pur se ante riforma: Sara Alvanini, I marchi non convenzionali, in il Corriere giur., 7/2016, 999 ss. Per un'analisi degli effetti e dei diritti conferiti dalla registrazione di un marchio UE: Alessandra Cogo, Note sull'unitarietà del marchio UE, in Giur. It., 2016, 2176 ss.
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