Inapplicabilità della mediazione obbligatoria al procedimento di revoca dell'amministratoreFonte: Cod. Civ. Articolo 1129
09 Gennaio 2018
Il quadro normativo
Il rinnovellato art. 1129, comma 11, c.c. prescrive che in taluni casi ciascun condomino può ricorrere direttamente al tribunale camerale per chiedere la destituzione dell'amministratore di condominio. Invero, siffatto disposto sancisce che l'amministratore possa essere revocato auctoritate judicis in tre distinte ipotesi: a) omessa comunicazione all'organo assembleare di atto giudiziario (o provvedimento) esorbitante dalle attribuzioni ex lege, b) mancata resa del conto gestionale annuo, c) presenza di gravi irregolarità. Soltanto nei casi in cui siano ravvisabili gravi irregolarità di natura tributaria e l'omessa accensione ed utilizzo del conto corrente condominiale, i condòmini dovranno chiedere preliminarmente l'indizione dell'assemblea al fine di provocare la cessazione delle inadempienze oltre alla revoca dell'amministratore. L'eventuale diniego alla proposta di revoca consentirà ai condòmini interessati di instare ricorso al tribunale camerale. Il Legislatore ha riformato alcune ipotesi che denotano comportamenti dell'amministratore contrassegnati da insanabile contrasto con la diligenza e correttezza richieste nell'espletamento delle funzioni gestorieprevedendo che ciascun condomino possa godere della tutela giudiziale per provocarne la rimozione. Le ragioni normate presupponenti la revoca e connotate da particolare gravità sono tali da legittimare anche uno solo dei condòmini a rivolgersi al magistrato camerale come nel caso in cui si sia verificata una irrimediabile alterazione della relazione gestoria tra amministratore e condomino. Il Legislatore prima (segnatamente mediante i riformati artt. 1129, 1130 e 1131 c.c.) e la giurisprudenza poi hanno indicato specifiche ipotesi che possono costituire gravi irregolarità e comportare la revoca dell'amministratore come nel caso in cui abbia :
Il potere di revoca viene attribuito al magistrato camerale sia in presenza di gravi fattispecie come quelle espressamente normate e testé rammentate, sia nel caso in cui possa ravvisarne altre tenuto conto che l'elenco previsto dal dettato codicistico non può ritenersi esaustivo. Secondo le prime applicazioni giurisprudenziali e per concorde dottrina, l'elenco dei casi di specie cui consegue la revoca dell'amministratore non è da ritenersi esaustivo ben potendo il giudice, nell'àmbito dei suoi poteri, individuare e riconoscere nuove e diverse ipotesi di gravi irregolarità (al riguardo, v. Trib. Santa Maria Capua Vetere 28 maggio 2015, secondo cui «l'aver previsto "tra le altre" di cui al comma 12 dell'art. 1129 c.c. fornisce una mera elencazione non tassativa, ma meramente esemplificativa per far intendere in che modo possa essere leso il rapporto di fiducia tra l'amministratore e il condominio». I Tribunali di Padova e Vasto applicano la mediazione obbligatoria al procedimento di revoca
Il Tribunale di Padova in data 24 dicembre 2014 ha emesso il seguente decreto camerale (depositato in cancelleria il 24 febbraio 2015): «Il Tribunale, ritenuto che per il combinato artt. 71-quater e 64 disp. att. c.c., la controversia rientra tra quelle soggette all'obbligo della mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010; ritenuto pertanto che va assegnato termine per avviare procedimento di mediazione con differimento della discussione P.Q.M. assegna termine di gg. 15 per inizio procedimento mediazione e fissa per eventuale discussione l'udienza del … ». Dunque, per tale curia i procedimenti di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio sono assoggettati al preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione in quanto nel novero delle controversie condominiali relative agli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. rientrerebbero i procedimenti di revoca avverso l'amministratore. Inserendosi nel solco tracciato dal magistrato padovano, più recentemente, il Tribunale di Vasto ha ribadito,mediante decreto camerale del 4 maggio 2017,che «In tema di mediazione obbligatoria, la previsione di cui all'art. 5, comma 4, lett. f), del d.lgs. n. 28/2010, secondo cui non sono soggetti all'obbligo di mediazione i procedimenti che si svolgono in camera di consiglio, non è ostativa all'applicabilità della procedura ai procedimenti per la revoca dell'amministratore di condominio. Infatti, nonostante tali procedimenti seguano le forme del rito camerale, la norma di cui all'art. 71-quater disp. att. c.c. - la quale prevede che siano soggette a mediazione obbligatoria ante causam le controversie in materia di condominio, includendo espressamente tra esse …quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile… - deve essere considerata norma speciale e, in quanto tale, prevalente rispetto alla predetta norma generale di cui all'art. 5, comma 4, lett. f), del d.lgs. n. 28/2010». Si ha ragione di ritenere che siffatti provvedimenti destino notevoli perplessità prestando il fianco ad alcune critiche. Fondando le basi su chiavi di lettura poco persuasive degli articolati normativi, destinano l'intero asse conflittuale condominiale all'esperimento della procedura mediatoria assoggettandovi - a nostro sommesso avviso - ipotesi per le quali nessun obbligo è stato mai prescritto. Preoccupa, quindi, non poco l'eccessivo e disinvolto proliferare di provvedimenti inediti emanati da svariate curie volti ad assoggettare il procedimento di revoca dell'amministratore all'obbligo del preliminare tentativo mediatorio. Le Sezioni Unite della Cassazione con la sent. del 29 ottobre 2004, n. 20957, componendo un annoso contrasto giurisprudenziale, hanno chiarito la connotazione del procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore condominiale riconducendolo nell'alveo dei procedimenti di volontaria giurisdizione. Il Supremo Consesso ha riprovato l'orientamento minoritario (Cass. n. 4620/1996, Cass. n. 184/2003), il quale riconosceva ai decreti camerali attitudine al giudicato. Tale filone giurisprudenziale qualificava propriamente contenziosa la natura del procedimento di revoca dell'amministratore condominiale riconoscendo l'ammissibilità del ricorso nomofilattico ex art. 111 Cost. avverso il decreto revocatorio in danno dell'amministratore. Ciò sul presupposto che il provvedimento rivestiva carattere definitivo e contenuto decisorio incidente su diritti soggettivi tesi a risolvere anzitempo il rapporto di mandato con l'amministratore. Le Sezioni Unite, archiviando il mentovato orientamento, hanno evidenziato il carattere strumentale rispetto all'interesse della compagine condominiale ad una corretta gestio con la conseguenza che il provvedimento ex artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c. riveste, sebbene regoli posizioni giuridiche soggettive scaturenti dal rapporto di mandato instauratosi tra l'ente condominiale e l'amministratore, la forma del decreto camerale con esclusiva natura amministrativa. Esso, dunque, è privo del carattere decisorio in quanto teso a tutelare solo l'interesse gestionale della res comune; è parimenti privo di definitività poiché ex art. 742 c.p.c. è modificabile o revocabile in ogni tempo con effetto ex nunc (in forza di nuovi elementi sopravvenuti) ed ex tunc (riesame del merito e della legittimità quanto alle primitive risultanze). Balza sùbito in evidenza la connotazione di eccezionalità ed urgenza sostitutiva della voluntas assembleare. Appare con immediatezza l'esigenza di garantire ai condòmini una tutela snella e veloce per una limpida amministrazione condominiale rispetto a gravi danni originatisi da anomale, inadempienti e dubbie condotte gestorie. Tanto giustifica l'intervento sostitutivo del giudice camerale volto a rescindere con giusta causa il rapporto di mandato incardinato tra i condòmini e l'amministratore. Ciò trova conferma nelle caratteristiche procedimentali rapide e deformalizzate che mal si conciliano con l'ordinaria tutela contenziosa. La tutela dei diritti e degli status si realizza solo attraverso processi cognitivi destinati a conchiudersi con sentenze ovvero con provvedimenti aventi attitudine al giudicato formale e sostanziale, non invece con procedimenti in cui le modalità del contraddittorio siano rimesse alla determinazione discrezionale del giudice. Ribadita la connotazione di procedimento camerale, le Sezioni Unite hanno escluso l'ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (salvo che per questioni legate alla statuizione delle spese giudiziali) avverso il decreto pronunciato dalla corte d'appello ai sensi del combinato disposto degli artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c. Siffatta connotazione esclude, in definitiva, dal novero delle ipotesi mediatorie il procedimento di revoca dell'amministratore. Di recente (Cass. civ., sez. II, 16 novembre 2017, n. 27165) il giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile, in linea con le Sezioni Unite, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso decreto camerale emesso della corte d'appello (dietro reclamo proposto contro decreto del tribunale di nomina di amministratore giudiziario di condominio ex art. 1129, comma 1, c.c.), trattandosi di atto inidoneo alla formazione del giudicato e non destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo perché modificabile e revocabile in ogni tempo. Il d.lgs. n. 28/2010 ha introdotto nel nostro ordinamento il tentativo obbligatorio di mediazione nelle controversie civili per cui, prima di incardinare il giudizio, occorre rivolgersi ad un organismo di mediazione per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità della domanda. L'art. 5, comma 1, dell'indicata normazione prescriveva che anche le controversie condominiali fossero soggette al preliminare tentativo mediatorio. Tale disposto, dapprima dichiarato incostituzionale nel 2012 dalla Consulta, poi riscritto e reintrodotto nel 2013, all'art. 5, comma 1-bis, si sancisce espressamente l'esclusione (e quindi l'inapplicabilità) del procedimento di mediazione ai procedimenti in camera di consiglio e, pertanto, di tutti quelli rientranti nella sfera della volontaria giurisdizione. Ci sembra utile raffrontare l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 con l'art. 71-quater, comma 1, disp. att. c.c.: il primo articolato indica l'esercizio di una azione riferita a «controversia in materia di condominio», mentre il secondo, sulla stessa onda e richiamandosi all'anzidetta norma mediatoria, precisa che «per controversie in materia di condominio» previste dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 devono intendersi quelle scaturenti dalla violazione o errata applicazione degli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. Ad un'attenta analisi, fra le due norme non si instaura alcun conflitto, anzi si integrano e completano in quanto la seconda è precisativa della prima. A ben guardare, le mentovate disposizioni riguardano espressamente le sole controversie condominiali, mentre il procedimento di revoca dell'amministratore non ha, come è noto, alcuna natura contenziosa tant'è che viene attratto nel novero della volontaria giurisdizione. Quarta criticità: prevalenza della normazione mediatoria riscritta successiva alla riforma del condominio
L'art. 71-quater disp. att. c.c., disposto compreso nel pacchetto riformatore sul condominio da taluni considerato norma speciale, si riferisce a tutte le norme codicistiche dettate in materia di condominio negli edifici e le assoggetta all'obbligo del tentativo di mediazione. Se, da un canto, può ritenersi che tale disposto prevalga sulla pregressa normazione mediatoria (d.lgs. n. 28/2010) perché varato successivamente (11 dicembre 2012), da altro canto, non può sottacersi che la normativa mediatoria, dapprima dichiarata incostituzionale, è stata poi riscritta e reintrodotta con il decreto del fare successivamente alla riforma del condominio e all'entrata in vigore della stessa. Perciò avremmo ragione di credere che la connotazione di lex specialis della seconda normazione (l. 9 agosto 2013, n. 98) prevalga sulla prima (art. 71-quater disp. att. c.c.) introdotta l'11 dicembre 2012 (e vigente dal 17 giugno 2013). Il comma 1-bis disciplina le materie soggette al tentativo obbligatorio di mediazione. Poiché l'art. 5, comma 4, chiarisce che il comma 1-bis non si applica ai procedimenti sopraelencati (nel cui seno si annoverano le controversie condominiali), ne consegue che anche i procedimenti camerali aventi ad oggetto la materia condominiale non debbono soggiacere all'esperimento obbligatorio del tentativo di mediazione. Non è dato comprendere in quale modo l'organismo possa fronteggiare mediazioni su conflitti insorti tra l'amministratore e un condomino aventi ad oggetto acclarate gravi irregolarità. Il previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione si disvelerebbe assolutamente inutile e defatigante in quanto appare difficilmente ipotizzabile la finalità deflattiva in presenza di gravi inadempienze commesse normativamente tipizzate. In conclusione
I rilievi critici dianzi rassegnati volgono verso l'inapplicabilità della mediazione obbligatoria ai procedimenti di volontaria giurisdizione in àmbito condominiale tra cui, per quel inerisce l'odierno contributo, quelli in tema di revoca dell'amministratore. Sarebbe auspicabile una meditata riflessione sulla problematica che vada nella direzione di evitare la disinvolta e ingiusta proliferazione della mediazione obbligatoria relativamente a procedimenti inequivocabilmente esclusi dalla legislazione.
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