Incidente e cedimento del guard-rail: il danno risarcibile è solo quello verificatosi in concreto in dipendenza immediata e diretta dell’evento

Katia Mascia
10 Gennaio 2018

Una volta che si sia verificato un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile anche alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore o un assente grado di colpa in capo al responsabile.

IL CASO Nel 2003, un uomo agiva in giudizio, dinanzi alla Sezione distaccata di Tropea del Tribunale di Vibo Valentia, chiedendo che l'Amministrazione provinciale dello stesso capoluogo calabro provvedesse a risarcire i danni da lui subiti, a seguito di una sbandata con la sua autovettura - in una scarpata contigua alla sede stradale -, avvenuta nel dicembre 2002. Il Tribunale, con sentenza depositata nel 2010, accoglieva parzialmente l'istanza del ricorrente ma riconosceva una sua paritaria e concorrente colpa per non aver egli osservato il limite di velocità esistente e per non aver tenuto una andatura adeguata allo stato dei luoghi e alle condizioni metereologiche. Al ricorrente venivano riconosciuti postumi invalidanti permanenti nella misura del 28% e gli veniva liquidata una certa somma di denaro come risarcimento dei danni patiti.
L'uomo, non soddisfatto dell'esito del giudizio di primo grado, proponeva appello, avverso la pronuncia, dinanzi alla Corte d'Appello di Catanzaro, la quale, nel 2014, si pronunciava ritenendo esistente il concorso del fatto colposo del creditore; respingeva le doglianze sulla correttezza dell'applicazione delle tabelle e sull'omessa considerazione del danno morale, ma accoglieva, in gran parte, quella sull'inadeguatezza della liquidazione del danno da invalidità temporanea, con condanna finale al pagamento di una ulteriore somma a favore dell'uomo e rideterminava il carico delle spese.
Avverso la sentenza della Corte territoriale l'uomo proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. L'Amministrazione provinciale di Vibo Valentia resisteva con controricorso.

I MOTIVI DI IMPUGNAZIONE Il ricorrente, con il primo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 163, comma 3, nn. 3 e 5, c.p.c., rilevando che dall'atto di citazione emergesse chiaramente come fosse stata dedotta in giudizio anche la responsabilità ex art. 2051 c.c.
Con il secondo motivo denuncia l'omesso esame, del fatto decisivo per il giudizio, circa le non conformi caratteristiche del guard–rail alla l. n. 181/1962 e al d.m. n. 223/1992. In particolare, si lamentava dell'erroneità della valutazione del concorso della velocità e della sua elevatezza, dinanzi alla non conformità del guard-rail alle regole tecniche vigenti.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, comma 1, c.c., 2059 c.c. e 32 Cost. e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla valutazione della documentazione sanitaria e dalla CTU medico-legale, censurando non soltanto la decurtazione per il concorso in colpa ma altresì la liquidazione del danno biologico, ritenuta inadeguata.
Infine, con il quarto motivo il ricorrente deduceva l'erroneità della compensazione delle spese di lite per la metà, disposta in seguito all'erroneo riconoscimento del concorso di colpa del danneggiato.
La controricorrente eccepiva l'inammissibilità dei quattro motivi.

OSSERVAZIONI DELLA CASSAZIONE SULL'ART. 2051 C.C. La Suprema Corte dichiara inammissibile il primo motivo per carenza di interesse all'impugnazione, come prospettato dalla controricorrente. Per i giudici della Terza Sezione, in tema di responsabilità per i danni causati da una cosa in custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c., l'allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l'esimente del caso fortuito, costituisce una mera difesa, che deve essere esaminata e verificata anche d'ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull'eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l'allegazione del fortuito.
Ad avviso dei Supremi Giudici, la Corte territoriale si è comportata correttamente, dimostrando la sussistenza del concorso della condotta colposa della vittima, arrivando poi a quantificarla. La Corte, ritiene infondato il secondo motivo: è innegabile che la conclusione cui è pervenuta la Corte d'Appello, sulla sussistenza del concorso di colpa del danneggiato, si articola in una ricostruzione di fatto della velocità di guida e dell'effettiva inadeguatezza della condotta dello stesso danneggiato, in rapporto alle circostanze di luogo e alle condizioni metereologiche. La ricostruzione è fondata congruamente su dati di fatto, apprezzati e ricavati dal complesso degli elementi istruttori.
I Giudici della Terza Sezione, in definitiva, concludono sul punto affermando che una volta che si sia verificato un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile anche alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore o un assente grado di colpa in capo al responsabile. Il terzo motivo di doglianza viene ritenuto inammissibile in ordine a ciascuno dei profili prospettati. In particolare, la Suprema Corte condivide le osservazioni della controricorrente secondo la quale la documentazione sanitaria, addotta come pretermessa, non era stata trascritta nel ricorso. Con riferimento, infine, al quarto motivo, i Giudici della Terza Sezione ne affermano l'inammissibilità poiché esso non prospetta un vizio della gravata sentenza in ordine al capo sulle spese in quanto tale, quale derivante da una erronea applicazione del principio della soccombenza, ma solo la pretesa infondatezza della soccombenza stessa.

IN CONCLUSIONE I Giudici della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza in oggetto, rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità. Danno atto, altresì, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

(Fonte: dirittoegiustizia)

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