Credito deteriorato ed early warnings previsti dalla legge delega

10 Gennaio 2018

L'autunno 2017 sarà ricordato dagli operatori del settore restructuring come una stagione indimenticabile: si va verso le nebbie e verso il clima rigido, anche per il credito alle imprese in crisi, e nessuno sa se ci sarà una primavera al riguardo. Le PMI accedono sempre meno facilmente al credito, nonostante la ripresa e gli sforzi delle banche.
Premessa

L'autunno 2017 sarà ricordato dagli operatori del settore restructuring come una stagione indimenticabile: si va verso le nebbie e verso il clima rigido, anche per il credito alle imprese in crisi, e nessuno sa se ci sarà una primavera al riguardo. Le PMI accedono sempre meno facilmente al credito, nonostante la ripresa e gli sforzi delle banche.

Si indicano da più parti i segni di una ripresa economica non precaria: ma si affaccia il dubbio che essa potrebbe non poter fare affidamento su un sostegno finanziario adeguato.

Credito delle imprese e provvedimenti emanati

Due fondamentali provvedimenti destinati ad incidere concretamente sul credito delle imprese sono stati emanati, in date assai vicine tra loro.

Il 4 ottobre la BCE ha reso noto un Addendum rispetto alle linee guida sui crediti deteriorati pubblicate il 20 marzo scorso.

L' imperativo è: accelerare i processi di realizzo dei crediti deteriorati, "costi quel che costi": ed alle banche italiane costerebbe rilevanti perdite di conto economico per la necessità di liberarsi dei crediti deteriorati con onerosi operazioni di cessione sul mercato, piuttosto che attraverso la prosecuzione alle (troppo lente) procedure esecutive giudiziali.

Poco più di due settimane dopo, il 19 ottobre, il Parlamento ha approvato la Legge n. 155/2017, recante delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza. Si tratta di due documenti, entrambi sostanzialmente vincolanti per gli operatori - se riusciranno a tradursi in indicazioni operative - che purtroppo paiono richiedere al veicolo del credito alle imprese in crisi di dirigersi contemporaneamente a destra e a sinistra – due direzioni evidentemente incompatibili tra loro.

Assistiamo infatti al confronto acceso, purtroppo anche sul piano della normativa e della regolamentazione che devono informare l'agire degli operatori di settore, tra coloro che sono portatori di una cultura del salvataggio aziendale - la quale peraltro informa la disciplina della crisi di impresa in buona parte del mondo - e i fautori di una funzione darwiniana della crisi di impresa, che dovrebbe fungere da “selettore”, eliminando le aziende più fragili (sul presupposto che fragilità sia sinonimo di incapacità), e commisurando il credito conseguentemente.

Questa dicotomia è vissuta anche nel mondo del credito bancario alle aziende in crisi, sia nell'ambito regulatory, sia a livello credit policy interna agli Istituti, e i due documenti citati nell'introduzione destano profonda preoccupazione quando se ne da' una lettura congiunta, perché non appare realistica la aspirazione a pretendere una ulteriore accelerazione del processo di rafforzamento dei coefficienti patrimoniali delle banche e contemporaneamente assicurare un adeguato sostegno finanziario all'emergente ripresa economica in campo comunitario.

Né il contesto, nell'ambito del quale pare destinata a consumarsi la contraddizione segnalata, è in condizione di offrire un panorama sufficientemente affidabile.

Gli early warnings e la Legge delega

La Proposta di Direttiva della Commissione Europea in tema di armonizzazione delle procedure di ristrutturazione, approvata un anno fa, parte dal presupposto che un tempestivo e rapido risanamento dell'impresa possa rappresentare un vantaggio per il sistema economico (quanto per i creditori), prima che alla crisi segua l'insolvenza e, successivamente, questa divenga irreversibile.

La Proposta di Direttiva introduce allo scopo gli early warnings, definiti come il complesso degli strumenti tali da mostrare l'inizio di un peggioramento delle performance aziendali ed evidenziare all'imprenditore la necessità di attivarsi urgentemente.

La Legge Delega approvata dal Parlamento Italiano recepisce questi principi, e si prevede l'introduzione di una disciplina di procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale e confidenziale, finalizzate ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori.

Allo scopo si prevede la istituzione presso le Camere di Commercio di un organismo di composizione della crisi (OCC) di nuova creazione, il quale affianchi il debitore nella procedura di composizione assistita della crisi, nominando un collegio di esperti, e incardinando un percorso che dovrebbe essere alternativo a quello che, con risultati alterni, è stato messo a disposizione degli imprenditori dalle riforme della legge fallimentare succedutesi a far tempo dal 2005.

Vi è chi, denunciando scetticismo nella “confidenzialità” di tali nuove procedure (cioè nella effettiva riservatezza dei protagonisti), paventa il pericolo di un credit crunch legato alla notizia (magari imprecisa e sommaria) dell'avvio di un processo di risanamento da parte di una impresa sino ad allora considerata “in bonis”. Questo a maggior ragione qualora gli early warnings fossero correlati a indicatori di concreto e attuale inadempimento (quali ad esempio gli insoluti rilevanti verso creditori qualificati), e non fossero invece basati su capacità prospettica di adempiere, come parrebbe più corretto.

Per altro verso vi è anche chi, considerando la diffusione del fenomeno del finanziamento dell'impresa in crisi attraverso l'accumulo di passività verso l'erario e verso gli Enti previdenziali - normalmente meno “reattivi”, di fronte ai ritardi nei pagamenti, delle banche -, paventa una possibile grandinata di early warnings ( per iniziativa dei creditori menzionati) subito dopo l'entrata in vigore della riforma.

Sotto questo profilo, anche qualora vi fosse – prevedibilmente e comprensibilmente – l'ausilio di una entrata in vigore progressiva (anche e soprattutto per consentire, tra l'altro, l'implementazione di procedure scritte sia relativamente agli enti eventualmente segnalanti che per le CCIAA), questo problema si porrebbe comunque.

E' facile prevedere, infatti, che se questa riforma funzionerà, dovremo assistere ad un incremento almeno iniziale delle segnalazioni di situazioni di crisi (e non di insolvenza), anticipando quindi temporalmente di parecchi mesi l'apertura di tavoli negoziali. Questo significa, altresì, che nel primo anno di operatività della riforma andranno a sovrapporsi ai tavoli aperti anche nuove situazioni critiche, attivate proprio dal corretto funzionamento degli early warnings.

Vi sarà quindi, con tutta probabilità, un aumento della domanda di credito ristrutturato, che sarà posta ai tavoli dei deliberanti bancari.

Questi ultimi sono necessariamente condizionati dalle linee guida BCE in materia di crediti deteriorati. Il documento rappresenta uno strumento che ha chiarito le aspettative di vigilanza riguardo alla individuazione, alla gestione, alla misurazione e alla cancellazione degli NPL.

La necessità di riportare gli Istituti a concentrarsi nuovamente sulla loro missione principale, cioè il finanziamento dell'economia, è stata interpretata dalla BCE tramite la previsione di tempestivi accantonamenti e cancellazioni per i crediti deteriorati.

Osservazioni

Senza entrare nel merito (servirebbe un contributo dedicato) delle evidenti conseguenze che negli ultimi 18 mesi hanno avuto queste indicazioni della BCE sulla operatività bancaria restructuring¸ è chiaro che non esiste molta discrezionalità da parte delle SI (Significant Institutions, vigilate BCE) in merito alla erogazione di nuovo credito ad aziende di per sé in una situazione di crisi.

Questa circostanza pone al tavolo immediatamente il tema del mantenimento dei livelli di indebitamento (e di credito) verso tutti i principali interlocutori – banche, fornitori, enti – e anche quello (immediatamente conseguente) di impedire un “fuggi fuggi” generale in presenza di indicatori prodromici di crisi, specialmente da parte di creditori che hanno acquisito garanzie quali la cessione di credito, i quali potrebbero “naturalmente” rientrare dalla esposizione astenendosi dal mantenere costante il livello di utilizzo del credito.

E qui si aprirebbe il capitolo – sul quale ci riserviamo di ritornare – della sperimentata inefficacia dei “tavoli” negoziali, in mancanza di qualsiasi regolamentazione del loro (non) funzionamento in termini anche soltanto organizzativi, e del solo parziale ausilio di strumenti dal funzionamento maggioritario come gli accordi di ristrutturazione dei debiti con intermediari finanziari, i quali non consentono di coartare il mantenimento delle linee ma solamente una moratoria forzata dei rientri.

La prospettiva di un presumibile incremento di segnalazioni di situazioni portanti in se' un non banale livello di anomalia (sufficiente all'attivazione degli OCC anche su segnalazione degli organi di controllo o degli Enti Pubblici interessati), non può che destare preoccupazione nei creditori bancari, soprattutto alla luce del sempre minore livello di discrezionalità nella gestione del classamento del credito.

Non vi è dubbio, infatti, che vi saranno più accentuati livelli di credito non più classificabile in bonis (sia in termini numerici che di importi), in conseguenza della conoscenza, che gli istituti di credito andranno assumendo, di situazioni di crisi di impresa che – sebbene non irreversibili – arrivano sui tavoli out of the blue.

Prima di approfondire questo versante, è bene sottolineare che la ricerca del “sacro graal” della crisi di impresa (e non della insolvenza) ha tenuto occupati non solo dottrina e legislatore, ma anche il regolatore bancario e l'intero Sistema.

La necessità di prevenire gli ingressi a NPL (oltre che di gestire al meglio possibile gli stock, favorendo il rientro in posizioni performing) ha infatti condotto da tempo – specialmente presso gli Istituti vigilati BCE – ad istituire procedure di rating interno (IRB) che prevedono, tra l'altro, oltre alle categorie past due, unlikely to pay e sofferenze (tutte incluse negli NPL) anche gli early warnings.

E' interessante come il concetto di early warning sia declinato dalla dottrina aziendalistica e dal sistema bancario in modo totalmente diverso (e quindi anche con percorsi differenti) in funzione della diversa origine dei set informativi utilizzati.

La dottrina aziendalistica, infatti, intercetta la crisi di impresa al momento in cui quest'ultima ha contezza della propria prospettica e non occasionale incapacità di coprire le uscite di cassa con sufficienti entrate.

La individuazione di questa circostanza è affidata a sistemi di monitoraggio interni tipicamente riconducibili alla pianificazione di tesoreria e alla preventivazione economica e patrimoniale di breve periodo, così come peraltro dovrebbe essere recepita dai decreti attuativi della riforma della Legge Fallimentare.

Tali modelli organizzativi interni – imposti dall'art. 14 della Legge Delega – devono consentire all'imprenditore di disporre di informazioni adeguate per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale.

E' chiaro che un tale patrimonio informativo potrà appartenere esclusivamente all'imprenditore e non è né proponibile né auspicabile che venga reso di pubblica informativa.

D'altro canto è altrettanto importante che – pure in assenza di tali dati – il sistema bancario possa intercettare preventivamente le situazioni di crisi e attivarsi per ausiliare la loro risoluzione precoce.

Indubbiamente la probabilità di successo nella cura di una malattia la si ha quando viene trattata in presenza dei primi sintomi, con terapie peraltro molto meno invasive e che lasciano meno danni di quelle che si rendono inevitabili a progresso avanzato del male.

Le banche, da questo punto di vista, non possono che ricorrere a sistemi di monitoraggio di dati interni ed esterni. Si tratta di informazioni che derivano dagli andamentali del rapporto di credito interno, nonché di quelli di Centrale Rischi, e – anche in questo caso – abbiamo a che fare con elementi i quali non vengono poi messi a disposizione di terze parti.

Le indicazioni più recenti della BCE in merito agli early warnings sono risalenti alle linee guida in materia di crediti deteriorati del marzo 2017. In particolare è stata richiesta la istituzione di procedure e flussi informativi interni ed esterni adeguati allo scopo di individuare e gestire potenziali clienti bancari con posizioni deteriorate in uno stadio molto precoce.

Queste indicazioni si sono tradotte nello sviluppo di un insieme adeguato di EWI (Early Warning indicators) per ciascun portafoglio di crediti della banca, calcolati con una periodicità dipendente dalla fonte delle informazioni. Internamente, le banche esaminano gli EWI sotto una prospettiva di portafoglio e di operazione/debitore.

Gli EWI sono stabiliti sulla base di una fonte informativa di tipo interno (rating interno, dati andamentali, comportamentali, ecc.) nonché esterno (agenzie di rating, studi specialistici, indicatori macroeconomici, ecc.), e il motore di allerta precoce (i.e. un programma assai sofisticato, integrato con il sistema di rating interno) analizza i dati in entrata di cui sopra, generando un output che attiva misure di allerta interne o di altro tipo.

BCE fornisce alcuni esempi di EWI, sia provenienti da fonti esterne che fonti interne.

Tra le fonti esterne rilevanti sono indicate la CR (aumento dei livelli di debito e garanzia reale in altre banche, esposizioni scadute o altre categorie di esposizioni deteriorate in altre banche, default del garante), le camere di commercio (fallimento, variazioni nella struttura societaria) nonché terze fonti (es. informazioni negative su principali clienti/controparti/fornitori, rating esterni, ecc.).

Tra le fonti interne sono indicate gli assegni impagati, la variazione del profilo di liquidità (anche derivata dalla contrazione del “margine” in CR), il numero di giorni di scaduto o di mesi di utilizzo dello scoperto, le perdite continue, l'eccesso prolungato di sconto di carta commerciale, il calo di fatturato, le tendenze negative del punteggio comportamentale o della PD, le diminuzioni dei saldi a credito, le esposizioni oggetto di concessioni, la disoccupazione.

Questi motori di allerta generano come output informazioni destinate ai front office della banca, che sono accompagnate da istruzioni sulla natura e sulla tempistica degli interventi che ne derivano. Spetta al singolo istituto la applicazione concreta di queste istruzioni e di questi modelli, così come la definizione dei criteri di implementazione dei processi di escalation necessari in caso di sforamento di una serie di EWI o di singoli indicatori, inclusi anche quelli innescati dalla interazione con il debitore.

Fa riflettere, al riguardo, l'esigenza di riservatezza che viene posta dal legislatore agli OCC, visto che si è in presenza di soggetti – l'impresa e il sistema bancario – i quali, ciascuno, tengono per sé le informazioni di cui sopra. Siamo cioè in presenza di un sistema in cui l'asimmetria informativa viene mantenuta.

A prescindere da quanto testè esposto, è opportuno portare l'attenzione sull'inevitabile “incrocio” che si porrà internamente alla singola banca tra le informazioni di cui essa dispone internamente (EWI) e quelle che le perverranno dagli OCC (early warning esterni).

Potranno infatti verificarsi tre casi:

a) imprese che per la singola banca attivano EWI ma non sono ancora arrivate agli OCC;

b) imprese con EWIper la banca e già arrivate agli OCC;

c) imprese arrivate con early warning esterni agli OCC che non danno luogo a EWI interni.

Appare chiaro che la banca possa attivarsi da domani anche sulle posizioni c) che ad oggi non riesce ad intercettare, mentre le posizioni a) e b) sicuramente sono adeguatamente attenzionate (e, si può anche ritenere, “razionate” sotto il profilo della quantità di credito disponibile).

In conclusione

Non pare improbabile che questa indubbia asimmetria informativa tra categorie di creditori, in funzione del livello di accesso agli early warnings interni ed esterni, possa trovare una più adeguata composizione in seno agli OCC.

E qui si aprirebbe un secondo capitolo – sul quale pure confidiamo di potere ritornare – sulla insufficiente duttilità dell'attuale disciplina delle “segnalazioni di vigilare” che le banche devono fornire alla Banca d'Italia (e, tramite essa, al sistema) sulle posizioni di crediti non performing: segnalazioni che rischiano di lanciare allarmi sproporzionati alla effettiva situazione di crisi (tanto più se emersa precocemente, come si andrebbe a conseguire) della singola impresa in difficoltà.

Senza interventi regolamentari anche su questo fronte non si può escludere che si apra la prospettiva, almeno nel breve periodo, di un ulteriore inasprimento del credit crunch, specialmente verso le PMI, che si sommerebbe a quello già in atto, a livello locale, in conseguenza dei recenti fenomeni di aggregazioni “salvifiche” – gli acquisti delle “quattro banche”; la integrazione delle “due banche” (venete) -.

Quello degli early warnings resta, quindi, un tema caldissimo e sul quale assisteremo alla congiunta operatività di concetti, basi informative e soggetti assai diversi tra loro.

La tempestiva emersione della crisi interverrà incrementando la richiesta di credito intrinsecamente deteriorato, e a meno di forti e inequivocabili segnali da parte delle autorità regolamentari bancarie, il terreno del credito restructuring sarà sempre più preda di soggetti che non sono sottoposti alle norme del sistema creditizio (sia per quanto riguarda gli ammontari che le forme tecniche, e soprattutto la remunerazione), provenienti dall'estero ovvero costituiti in Italia, per colmare il gap rilevantissimo tra domanda e offerta di credito.

Purtroppo questi interventi saranno sempre e solo in una ottica di turnaround e quindi di change of control: il restructuring, in seguito alla enorme rarefazione delle risorse finanziarie da parte del Sistema, è e sarà sempre più un mercato di merger & acquisitions¸ con buona pace della continuità diretta, la quale (anche in concordato preventivo) è destinata a subire i nefasti effetti del credit crunch.

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