Opposizione nel cd. rito Fornero e competenza: la parola alla Cassazione

Pasqualina Farina
12 Gennaio 2018

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte si è occupata dei fenomeni di litispendenza, continenza e connessione di cause nel procedimento ex art. 1, commi 48 ss., legge Fornero.
Massima

La fase a cognizione sommaria ex art. 1, commi 48 ss., l n. 92/2012, integra il procedimento di primo grado, strutturato come giudizio unico a composizione bifasica. Pertanto, la domanda sommaria preannuncia una scelta processuale che vincola la parte ricorrente e onera quella resistente ad eccepire l'incompetenza già nella prima fase. Laddove il difetto di competenza non sia ivi rilevato la causa rimane incardinata nell'ufficio inizialmente adito.

Il caso

Il datore di lavoro conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Bologna il lavoratore, per l'accertamento, ai sensi dell'art. 1, comma 48 ss., l. n. 92/2012 (cd. legge Fornero) della legittimità del licenziamento. Il lavoratore si costituiva in giudizio per formulare domanda riconvenzionale ed ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento, nonché le tutele di cui all'art. 18 l. n. 300/1970.

Il tribunale di Bologna dichiarava inammissibile il ricorso, posto che solo il lavoratore sarebbe legittimato ad avvalersi del procedimento stabilito dalla l. n. 92/2012; pertanto, nella specie, mancava l'interesse del datore di lavoro.

Nelle more del termine per proporre l'opposizione davanti alla Corte d'appello di Bologna, il lavoratore, preso atto della pronuncia del tribunale di Bologna, depositava l'impugnativa del medesimo licenziamento davanti al tribunale di Roma, luogo di residenza del lavoratore e di svolgimento della prestazione lavorativa.

Il tribunale di Roma, riconosciuta l'identità dei due giudizi, si affermava competente: al momento del deposito del ricorso davanti al giudice capitolino, la fase sommaria era, difatti, già definita dal tribunale di Bologna e l'opposizione non risultava ancora proposta.

Dal proprio canto il datore di lavoro, dopo aver reclamato alla Corte d'appello di Bologna la decisione (d'inammissibilità) del tribunale di Bologna, proponeva regolamento di competenza necessario, avverso l'ordinanza del giudice di Roma; ciò affinché la Cassazione dichiarasse la litispendenza del procedimento incardinato davanti al Tribunale capitolino e la competenza della Corte d'appello di Bologna.

La questione

La Cassazione ha affrontato la questione sottoposta alla sua attenzione affermando preliminarmente che, anche nel procedimento ex art. 1, commi 48 ss., l. Fornero, sono configurabili i fenomeni della litispendenza, continenza e connessione di cause, essendo il giudizio a cognizione piena soltanto eventuale, in seguito alla proposizione dell'opposizione

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha deciso per l'accoglimento del ricorso del datore di lavoro e ha, pertanto individuato la competenza in capo al tribunale di Bologna (e quindi per la fase d'opposizione in capo alla Corte d'appello di Bologna).

La Corte di cassazione, riconosciuto il presupposto indefettibile del regolamento nell'identità di cause, ha riformato la decisione del tribunale di Roma. La decisione riposa sulla circostanza che anche nel procedimento ex art. 1, commi 48 ss., l. Fornero, sono configurabili i fenomeni della litispendenza, continenza e connessione di cause, essendo il giudizio a cognizione piena soltanto eventuale, in seguito alla proposizione dell'opposizione. Sicché se l'opposizione non viene proposta l'ordinanza che conclude la fase sommaria è idonea al giudicato (Cass. civ., Sez. Un., ord., 20 febbraio 2017, n. 4308; Cass. civ., 31 luglio 2014, n. 17433).

Per la Suprema Corte, la fase a cognizione sommaria (ex art. 1, commi 48 ss., della l n. 92/2012) integra il procedimento di primo grado, strutturato come giudizio unico a composizione bifasica. Dal vincolo di strumentalità tra le due fasi deriva che la domanda sommaria vincola il ricorrente ed impone al resistente di eccepire l'incompetenza già nella prima fase. Pertanto, laddove il difetto di competenza non sia stato rilevato, la causa rimane incardinata nell'ufficio inizialmente adito.

Né – ha precisato la Corte - il fenomeno della litispendenza viene meno durante il termine per proporre l'opposizione di cui all'art. 1, comma 58, in quanto solo se l'opposizione non viene proposta si verifica il passaggio in giudicato del provvedimento che definisce la fase sommaria.

La Suprema Corte ha altresì rilevato che la pendenza del giudizio è segnata, per un verso, dal momento della proposizione della domanda e, per altro verso, dalla pronuncia di una sentenza non impugnabile con i mezzi ordinari o, in alternativa, dall'estinzione della domanda giudiziale (Cass. civ., Sez. Un., 12 dicembre 2013, n. 27846).

Di qui l'affermazione che il giudice - successivamente adito - è tenuto a dichiarare la litispendenza anche in pendenza del termine per proporre l'opposizione davanti al alla Corte di appello (nella specie di Bologna). Né la correttezza di tale interpretazione potrebbe essere scalfita dalla circostanza che davanti alla Corte d'appello di Bologna è già pendente il reclamo. Ed infatti, così come già precisato dalle Sezioni Unite nel 2013, il giudice successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata preventivamente penda ormai davanti al giudice dell'impugnazione.

Osservazioni

La pronuncia della Suprema Corte va condivisa, in quanto propone un'interpretazione dell'art. 39, comma 1, c.p.c. e del procedimento di cui alla l. n. 92/2012. di buon senso, perché fondata su comprensibili ragioni di economia processuale; e, ad un tempo, sistematica, perché tiene conto della particolare struttura del suddetto procedimento.

Resta da aggiungere che la decisione in commento incide, inoltre, direttamente sulle posizioni assunte dalle parti nel giudizio dinanzi alla Corte d'appello di Bologna. Ed infatti la decisione della Suprema Corte sulla competenza ha finito – nel caso di specie - per riqualificare l'impugnazione incidentale proposta dal lavoratore come una impugnazione autonoma, posto che solo davanti a tale giudice il lavoratore può trovare adeguata tutela alla propria pretesa. Ed infatti, una volta dichiarata l'incompetenza del tribunale di Roma, adito nei termini dal lavoratore per l'impugnazione del licenziamento,la Corte d'appello di Bologna deve pronunciarsi nel meritosulla legittimità dell'intimato licenziamento, indipendentemente dalla ammissibilità o meno della domanda di mero accertamento proposta dal datore di lavoro.

In altre parole il reclamo del lavoratore proposto (in via incidentale davanti alla Corte d'appello di Bologna) prima del deposito del ricorso di cui agli artt. 39 e 42 c.p.c., deve essere (ri)qualificato come impugnazione autonoma. Per vero, la diversa qualificazione della domanda è attività consentita ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 1, comma 60, l. n. 92/2012 (e delle norme in esso richiamate) e 437, comma 2, c.p.c.. Al riguardo va precisato che il divieto ivi contenuto ha ad oggetto domande nuove e non può di certo estendersi a quelle domande fondate su norme o eventi sopravvenuti (Cass. civ., sez. lav., 6 novembre 2014, n. 23669).

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