Impianto centralizzato di produzione di energia

15 Gennaio 2018

È di moda attualmente parlare di produzione di energia negli edifici condominiali, anche se regna un po' di confusione in ordine alla normativa applicabile ed ai riflessi pratici che tale iniziativa in concreto comporta; la tematica si inquadra nel più grande fenomeno della crisi energetica che, da tempo, preoccupa soprattutto le moderne economie occidentali, sensibilizzando il Legislatore, da un lato, alla conservazione del c.d. eco-sistema e, dall'altro, alla promozione di fonti rinnovabili di energia, favorendo, anche mediante incentivi di vario tipo, il ricorso alle stesse anche da parte del consumatore.
Inquadramento

La l. n. 220/2012 - di riforma della normativa condominiale (entrata in vigore il 18 giugno 2013) - all'art. 1120, comma 2, n. 3), c.c., con riferimento alle «opere e interventi previsti … per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili», prevede che tale iniziativa possa realizzarsi con la maggioranza agevolata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. (laddove l'art. 1122-bis c.c., disciplinando le corrispondenti iniziative appannaggio del singolo, parla genericamente di «impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili»).

Più tecnicamente, con il termine «energie rinnovabili», si intendono quelle prodotte da fonti che, per loro caratteristica intrinseca, si rigenerano almeno alla stessa velocità con cui vengono consumate, o risultano inesauribili nel senso che il loro utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.

Siamo in presenza della c.d. economia verde, riguardando soprattutto, per quanto concerne l'edificio condominiale, l'energia eolica (o cinetica) e solare (o termica): quest'ultima, in particolare, offre molti vantaggi poiché è una risorsa di immediata reperibilità ed è pulita perché ci arriva attraverso i raggi del sole.

Per «cogenerazione», invece, si intende il processo di estrazione di energia meccanica solitamente trasformata, poi, sia in energia elettrica sia in calore utilizzabile per riscaldamento e/o processi produttivi-industriali; negli edifici privati, la cogenerazione può interessare allorché c'è bisogno di energia elettrica e calore per moltissime ore all'anno, laddove alla normale richiesta di riscaldamento invernale si affianca una rilevante richiesta di acqua calda sanitaria estiva.

Va specificato, infine, che il pannello solare serve per riscaldare l'acqua, mentre il pannello fotovoltaico produce energia elettrica, convertendo le radiazioni solari appunto in energia elettrica: con quest'ultimo, in particolare, si potrebbero azzerare i costi condominiali connessi all'utilizzo dell'energia elettrica - si pensi all'utilizzo degli ascensori, all'illuminazione di scale ed androni, all'apertura e chiusura di cancelli automatici, ecc. - e, al contempo, guadagnare vendendo l'energia prodotta in eccesso al gestore della rete (pari benefici si verificano per le bollette della luce a favore del singolo).

Gli interventi sugli edifici e sugli impianti

Preliminarmente, occorre distinguere l'ipotesi in cui l'installazione dell'impianto sia dovuta all'iniziativa del singolo, con onere economico a carico di quest'ultimo - differenziandosi, poi, se l'allocazione avvenga all'interno della porzione di proprietà esclusiva o nelle parti comuni dell'edificio - oppure sia conseguenza di una delibera assembleare, con suddivisione delle relative spese tra tutti i condomini ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c., salvo individuare un'utilità soltanto a favore di una parte dell'edificio, potendosi rinvenire un'ipotesi di condominio c.d. parziale ai sensi del comma 3 dello stesso art. 1123.

Prima della l. n. 220/2012, tali fattispecie trovavano la loro disciplina, rispettivamente, negli artt. 1102 e 1120 c.c.: il primo era dettato in materia di comunione, ma poteva applicarsi al condominio in forza del rinvio di cui all'art. 1139 c.c., mentre l'operatività del secondo si giustificava perché eravamo sicuramente in presenza di una «innovazione diretta al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni».

Segnatamente, in ordine a quest'ultima, la relativa installazione avrebbe dovuto scontare il quorum qualificato del comma 5 dell'art. 1120 c.c. (ossia i due terzi del valore dell'edificio), tuttavia, sul punto, l'art. 26 della l. 9 gennaio 1991, n. 10 aveva introdotto, in proposito, la nuova maggioranza di 500 millesimi - sembrando prescindere anche dal quorum costitutivo del comma 1 dell'art. 1136 c.c. - facendo riferimento ad un quorum deliberativo basato esclusivamente sulle quote millesimali (comunque, relative al complesso dell'edificio e non agli intervenuti in assemblea) e non anche sul numero dei partecipanti, contrariamente alla generalità delle delibere che, secondo il disposto di cui all'art. 1136 c.c., richiamavano la c.d. doppia maggioranza, vale a dire rapportata alle quote di valore ed alle “teste” relative agli intervenuti in assemblea o partecipanti al condominio (maggioranza, peraltro, richiamata nelle altre leggi speciali che, specie a cavallo degli anni novanta, avevano introdotto quorum agevolati per settori specifici, come la l. n. 122/1989 sulla realizzazione dei parcheggi o la l. n. 13/1989 sull'eliminazione delle barriere architettoniche).

Il Legislatore si é nuovamente occupato della materiaverso la fine del 2006, emendando un suo precedente che non aveva rispettato i dettati comunitari, e disciplinando - diversamente dal passato e, forse, in parte inconsapevolmente - la materia degli interventi sugli impianti condominiali volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile.

La norma de qua è entrata in vigore dal 2 febbraio 2007, ed è contenuta in un (quasi nascosto) comma 1-bis dell'art. 7 del d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 311, avente ad oggetto «Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della Direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia»(decreto legislativo, quest'ultimo, in vigore dall'8 ottobre 2005).

Il disposto in questione prevedeva che il comma 2 dell'art. 26 della l. 9 gennaio 1991, n. 10 fosse sostituito dal seguente (al contempo, il comma 1 dell'art. 7 del d.lgs. n. 311/2006 abrogava gli artt. 4, commi 1 2 e 4, 28, commi 3 e 4, 29, 30, 31, comma 2, 33, commi 1 e 2, e 34, comma 3, della l. n. 10/1991): «Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali».

Per comprendere la portata della modifica - sempreché di modifica si tratti, v. infra - va riportato il testo previgente: invero, l'art. 26, comma 2, della l. n. 10/1991 (recante «Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia»), recitava: «Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, ivi compresi quelli di cui all'articolo 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali».

A prescindere dal discutibile linguaggio giuridico utilizzato - si parlava, in entrambi i casi, di “decisioni condominiali” quando sarebbe stato più appropriato l'uso dell'espressione tecnica “deliberazioni dell'assemblea”, v. art. 1137 c.c. - dal raffronto tra le suddette norme risultavano due novità, che concernevano, da un lato, l'àmbito di applicazione e, dall'altro, i quorum prescritti.

Sotto il primo profilo, a parte qualche lieve differenza terminologica - la nuova versione parlava di«interventi sugli edifici e sugli impianti» mentre quella del 1991 riguardava gli «interventi in parti comuni di edifici» - interessava soprattutto il fatto che tali interventi fossero «volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia», laddove il d.lgs. n. 311/2006 si riferiva a quegli interventi di cui all'art. 1 della l. n. 10/1991, non richiamando più, come faceva il vecchio testo, il disposto dell'art. 8 (recante la rubrica «Contributi in conto capitale a sostegno dell'utilizzo delle fonti rinnovabili di energia nell'edilizia»), che elencava dettagliatamente, incentivandoli in varia misura, una serie di iniziative dirette alle suddette finalità, tra le quali:

a) coibentazione negli edifici esistenti;

b) installazione di nuovi generatori di calore ad alto rendimento;

c) installazione di pompe di calore per riscaldamento ambiente o acqua sanitaria o di impianti per l'utilizzo di fonti rinnovabili di energia;

d) installazione di apparecchiature per la produzione combinata di energia elettrica e di calore;

e) installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica,

f) installazione di sistemi di controllo integrati e di contabilizzazione differenziata dei consumi di calore,

g) trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda,

h) installazione di sistemi di illuminazione ad alto rendimento anche nelle aree esterne.

La norma entrata in vigore nel 2007, quindi, si rapportava soltanto all'art. 1 della l. n. 10/1991, il che, però, comportava, stante la genericità delle espressioni ivi contenute, un allargamento dell'àmbito di applicazione, rinvenendosi espressioni di carattere programmatico, volendo realizzare le finalità di «migliorare i processi di trasformazione dell'energia», di «ridurre i consumi di energia», di «migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell'utilizzo dell'energia a parità di servizio reso e di qualità della vita», nonché intendendo favorire ed incentivare «l'uso razionale dell'energia», «il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell'utilizzo dei manufatti», «l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia», «la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi», «una più rapida sostituzione degli impianti in particolare nei settori a più elevata densità energetica, anche attraverso il coordinamento tra le fasi di ricerca applicata, di sviluppo dimostrativo e di produzione industriale».

Tale mancato richiamo, dunque, non faceva che ampliare lo spettro operativo della norma, finendo nel ricomprendere nel suo raggio d'azione anche interventi, sempre strumentali alle finalità summenzionate, allo stato non prevedibili, ma potenzialmente realizzabili in base alle future tecnologie.

Sotto il secondo profilo, un punto molto controverso era quello riguardante i quorum che dovevano essere rispettati per l'approvazione in sede assembleare della relativa iniziativa.

Anche qui, per una corretta risoluzione della questione, occorre riportare il testo delle norme in raffronto: quello del 1991 prevedeva che fossero «valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali», mentre quello in vigore per le delibere condominiali assunte dopo il 2 febbraio 2007 prescriveva che fossero «adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali» (in buona sostanza, l'art. 7, comma 1-bis, del d.lgs. n. 311/2006 aveva aggiunto soltanto l'aggettivo «semplice» alla maggioranza richiesta per la suddetta trasformazione).

Ad una prima lettura, si era ritenuto che il quorum fosse quello del comma 3 dell'art. 1136 c.c. - ossia un numero di voti che rappresentasse un terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio - specie considerando il vecchio testo, che già consentiva l'approvazione delle delibere del genere di quelle in discorso con 501 millesimi, nonché il senso della modifica che è stata espressamente dettata dalla volontà di introdurre regole che rendessero più agevole il formarsi di idonee maggioranze.

Al riguardo, era stato, innanzitutto, evidenziato che l'aggettivo «semplice» non compariva nel testo dell'art. 1136 c.c., peraltro come i concetti di maggioranza ordinaria, agevolata, ecc. erano il frutto di una mera classificazione di origine dottrinaria e giurisprudenziale; piuttosto, secondo il suo significato semantico, tale aggettivo, riferito al principio maggioritario che regolava gli organi collegiali, sembrava contrapporsi a quello di «qualificata», nel senso di ritenere sufficiente il quorum di 501 millesimi.

Poteva, altresì, sostenersi che si fosse voluto ribadire il concetto secondo cui, per tale intervento, si doveva prescindere dalle “teste”, sicché, in seconda convocazione, laddove sembrava che si potesse fare a meno del quorum costitutivo, sarebbe bastata un'assemblea formata da un solo condomino rappresentante - prima 501, e ora - 334 millesimi per deliberare l'approvazione dell'intervento.

L'interpretazione data “a caldo” aveva l'indubbio pregio, aldilà dell'aggancio normativo, di reinserire anche questa decisione dell'assemblea nell'alveo codicistico - che contemplava il sistema c.d. misto, per carature millesimali e per teste - abbassando il quorum dalla metà ad un terzo, ma offrendo maggior peso al numero dei partecipanti (al condominio o presenti alla riunione); del resto, tale riduzione di maggioranza poteva trovare il suo “contrappeso” nella richiesta attestazione tecnica di cui sopra: in altri termini, era sufficiente la maggioranza ordinaria, ma i condomini dovevano adottare quella delicata decisione con maggiore avvedutezza e, comunque, confortati dalla certificazione energetica proveniente da un tecnico abilitato.

In realtà, è apparso ai più che - purtroppo, come avveniva sempre più spesso - si fosse trattato di una svista del legislatore, che si era fatto sfuggire l'aggettivo «semplice» senza rendersi conto delle ricadute pratiche; peraltro, sembrava che fossimo in presenza di un eccesso di delega, considerando che il d.lgs. n. 311/2006 era stato emanato solo per apportare le modifiche e le integrazioni necessarie al fine di meglio conformare le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 192/2005 alla Direttiva 2000/91/CE, laddove l'Unione Europea aveva rimproverato l'Italia, mediante apposita nota di infrazione, perché quest'ultima aveva applicato le norme comunitarie sul risparmio energetico soltanto agli edifici di nuova costruzione, totalmente ristrutturati o demoliti e ricostruiti, comprendendo ora - sia pure con cadenze temporali differenziate a seconda dell'anno di costruzione - tutti gli edifici esistenti adibiti a residenza.

Per completezza, si osserva che il comma 1-bis dell'art. 7 del d.lgs. n. 311/2006, rispetto al testo precedente dell'art. 26, comma 2, della l. n. 10/1991, aggiungeva che le decisioni condominiali dovessero essere «pertinenti», con riferimento agli «interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia», ma questo era implicito nel richiamo espresso all'art. 1 della l. n. 10/1991, e poi ciò risultava supportato attraverso l'attestato di certificazione energetica o la diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato (nemmeno poteva sostenersi che le decisioni assembleari dovessero essere «pertinenti» rispetto agli argomenti di cui all'ordine del giorno, perché già esisteva la norma generale di cui 1105, comma 3, c.c.).

In quest'ottica, è opportunamente intervenuto l'art. 28, comma 1, della l. 220/2012, di riforma della normativa condominiale, disponendo che, all'art. 26, comma 2, della l. n. 10/1991 - come sopra modificato - le parole «semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea» sono sostituite dalle seguenti «degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio».

L'approvazione delle opere innovative

Va preso atto che la Riforma della normativa di settore del 2013 ha preso molto a cuore la tematica del consumo energetico, con disposizioni più dettagliate e puntuali rispetto alle versioni precedenti, nell'ottica di implementare le nuove tecnologie e, al contempo, favorire l'ottimazione di quelle tradizionali.

Prendiamo le mosse dall'ipotesi in cui la realizzazione dell'impianto fotovoltaico sia oggetto di delibera assembleare e, quindi, soddisfi esigenze - non solo del singolo, bensì - dell'intera compagine condominiale, all'evidente fine di abbattere completamente o parzialmente le bollette di energia elettrica consumata dal condominio stesso (si pensi all'illuminazione di parti interne o esterne dell'edificio, all'impianto di ascensore, ai sistemi di automazione per cancelli carrai, ecc.).

Sul punto, si rileva che, a seguito della l. n. 220/2012, dopo il comma 1 dell'art. 1120 c.c., seguono due capoversi, che si occupano delle innovazioni di interesse sociale o, comunque, volte a recepire le moderne tecnologie finalizzate al complessivo miglioramento della qualità della vita, da un lato, specificando quali interventi nell'edificio meritano una particolare agevolazione e, dall'altro, prescrivendo modalità più stringenti per l'adozione delle relative delibere.

Si tratta, comunque, di innovazioni considerate dal Legislatore, per così dire, virtuose e, quindi, premiate con quorum più abbordabili, da incentivare proprio per la loro propensione sociale a beneficiare (anche) la collettività e non (solo) il singolo condominio che le dispone.

Sotto il profilo della descrizione degli interventi facilitati, il comma 2 dell'art. 1120 c.c. stabilisce che: «I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'art. 1136 c.c. possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: 1) … ; 2) le opere e gli interventi previsti …. per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 3) … ».

Si tratta, dunque, del quorum correlato ad un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio, aggiungendo che le innovazioni de quibus debbano avvenire, «nel rispetto della normativa di settore», specificazione forse pleonastica, essendo pacifico che non possa deliberarsi contra legem.

L'inciso relativo alla produzione di energia si riferisce alla facoltà, in capo ai condomini, di cedere in uso le parti comuni, non utilizzate per altri scopi o per tale funzione appositamente riconvertite, a terzi estranei alla compagine condominiale, dietro pagamento di un corrispettivo, con un contratto di locazione o la concessione di un diritto di superficie, anche se, in questi ultimi casi, è criticabile l'aver ritenuto sufficiente la mera maggioranza di 500 millesimi, specie se trattasi, rispettivamente, di un rapporto ultranovennale o della costituzione di diritti reali sul fondo comune (argomentando ex art. 1108, comma 3, c.c.).

Dunque, oggi, l'art. 1120, comma 2, n. 3), c.c. prescrive il quorum dell'art. 1136, comma 2, c.c., ossia un numero di voti che rappresenti «la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio» per «le opere e gli interventi previsti (per il contenimento del consumo energetico) … per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili»; questa disposizione dovrebbe, però, essere coordinata con l'attuale testo dell'art. 26, comma 2, della L. n. 10/1991, così come modificato dall'art. 28 della l. n. 220/2012, che ora recita: «per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti (al contenimento del consumo energetico) ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio».

In evidenza

È pacifico che, dal 18 giugno 2013, tutti gli interventi, approvati dall'assemblea condominiale, finalizzati (al contenimento del consumo energetico) e alla produzione di energia sono da considerarsi innovazioni di interesse sociale o, comunque, volte a recepire le moderne tecnologie finalizzate al complessivo miglioramento della qualità della vita e, come tali, agevolate sotto il profilo del quorum richiesto, che è meno elevato di quello contemplato per le innovazioni c.d. ordinarie (maggioranza degli intervenuti e due terzi dei millesimi).

Resta il fatto che l'art. 1120 c.c. sembra imporre la maggioranza correlata alla metà del valore dell'edificio, mentre l'art. 26 della l. n. 10/1991, per i medesimi interventi - salva la prescritta asseverazione energetica - ritiene ora sufficiente quella di un terzo, a sua volta, aumentando rispetto a quanto richiesto fino al 17 giugno 2013, ossia la «maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli interventi in assemblea» (che, in certo qual modo, tendeva ad invogliare i condomini alla partecipazione assembleare per far valere la propria posizione, favorevole e contraria che fosse).

Tale discrepanza normativa potrebbe giustificarsi rilevando che, nella seconda ipotesi, la delibera assembleare si fonda su un preventivo attestato di prestazione energetica o, comunque, su una diagnosi energetica che consente ai condomini di effettuare una decisione più precisa ed una scelta più ponderata, meritando così un quorum più ridotto.

Trattandosi, poi, di innovazioni - sia pure virtuose e, come tali, premiate - per l'installazione dell'impianto per la produzione di energia, può trovare applicazione il disposto dell'art. 1121 c.c., sicché, qualora si configuri un impianto suscettibile di utilizzazione separata, i dissenzienti potrebbero chiedere l'esonero dalle spese ove queste siano particolarmente gravose (perplessità, invece, suscita la qualifica dello stesso come “voluttuario”); in tale caso, i condomini favorevoli all'impianto potranno, di contro, escludere i dissenzienti dai benefici che l'installazione fotovoltaica garantisce, sia in termini di forniture elettriche a prezzi inferiori alle bollette ordinarie, sia anche in termini di introiti, qualora l'impianto fornisca più energia di quella consumata dal condominio e ceduta dunque al gestore della rete (che è tenuto a comprare, a tariffe prestabilite, il surplus di elettricità prodotta da privati con propri impianti fotovoltaici).

Le modalità operative per la realizzazione

Infine, sul versante operativo, il comma 3 del novellato art. 1120 c.c., prescrive che, in ordine all'adozione delle delibere di cui al capoverso precedente, l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato; la richiesta di quest'ultimo «deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti» e, in mancanza, «l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni».

Viene così contemplato un onere dell'amministratore connesso alla sollecitazione del condomino interessato, sollecitazione che, però, deve essere corredata da tutte le informazioni utili per l'adozione dell'intervento strutturale di cui trattasi, fermo pur sempre il termine ordinario di 5 giorni per l'adunanza ex art. 66, comma 3, disp. att., c.c., mentre non vengono contemplate le modalità più impegnative di cui all'art. 1117-ter c.c. per le «modificazioni delle destinazioni d'uso» delle parti comuni (quanto a affissione dell'avviso, convocazione con date forme, precisazione degli interventi a pena di nullità, ecc.).

Si è criticata, al riguardo, la scelta del Legislatore di obbligare l'amministratore alla convocazione dell'assemblea anche su richiesta di un solo condomino, pur titolare di una caratura millesimale insignificante, così by-passando la soglia millesimale contemplata dall'art. 66, comma 1, disp. att. c.c. - richiesta da parte di «almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio» - correndosi il rischio di porre l'amministratore in balia di un solo condomino e di convocare una pletora di assemblee inutili.

Resta il fatto che, attualmente, l'eventuale inerzia da parte del suddetto amministratore, a fronte della puntuale istanza del singolo partecipante, può essere valutata dal magistrato ai fini della sua destituzione, costituendo «grave irregolarità» ai sensi del novellato art. 1129, comma 12, n. 1, ultima parte, c.c. (« … l'omessa convocazione dell'assemblea … negli altri casi stabiliti dalla legge»).

I consumi energetici condominiali

Tra le novità contenute nel d.lgs. 14 luglio 2020, n. 73, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2002 che modifica la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica” - pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 14 luglio 2020 e in vigore dal 29 luglio 2020 - è contemplata l'integrazione delle prescrizioni per la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici, con l'impiego di contatori e sotto-contatori leggibili da remoto a partire dal 25 ottobre 2020, sicché, entro il 1° gennaio 2027, tutti i predetti sistemi dovranno essere dotati di dispositivi che ne permettano la lettura da remoto.

Il suddetto decreto detta - a ben vedere - una serie di misure per il miglioramento dell'efficienza energetica finalizzate all'obiettivo di risparmio energetico nazionale “e che contribuiscono all'attuazione del principio europeo che pone l'efficienza energetica al primo posto”; tra le principali novità l'aggiornamento del conto termico con ampliamento degli interventi incentivabili, la deroga agli strumenti normativi per alcuni interventi di riqualificazione energetica e l'ampliamento della platea dei risparmi di energia concorrenti al conseguimento degli obblighi normativi di efficienza energetica previsti fino al 2030.

Per quel che qui interessa, il d.lgs. n. 73/2020 ha introdotto importanti modifiche all'art. 9 del d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, e segnatamente:

a) al comma 5, la lett. d) è sostituita dalla seguente: “d) quando i condominii o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. Gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. E' fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Le disposizioni di cui alla presente lettera sono facoltative nei condominii o negli edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore della presente disposizione si sia già provveduto all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma e si sia già provveduto alla relativa suddivisione delle spese”;

b) 5-ter. Gli obblighi di cui al comma 5, lett. b) e c), non possono essere derogati in caso di condominii di nuova costruzione o di edifici polifunzionali di nuova costruzione;

c) 5-quater. Al fine di informare gli utenti riguardo alla ripartizione delle spese per i prelievi di energia termica volontari e involontari di cui al comma 5, lett. d), con particolare riferimento ai casi in cui siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, l'ENEA, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sottopone al Ministero dello sviluppo economico una guida che indichi le ripartizioni delle spese suggerite in relazione ai fattori quali, a titolo non esaustivo, la zona climatica, le prestazioni energetiche dell'edificio o l'anno di costruzione.

I costi derivanti concernenti la contabilizzazione, la ripartizione e il calcolo del consumo individuale effettivo nei condominii e negli edifici polifunzionali, possono essere fatturati agli utenti nella misura in cui tali costi siano ragionevoli. Al fine di garantire la ragionevolezza di tali costi, ENEA - in collaborazione con CTI - entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, pubblica un rapporto contenente un'analisi del mercato e dei costi di tali servizi a livello nazionale, se del caso suddiviso per aree geografiche.

Dal 25 ottobre 2020, se sono stati installati contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto, le informazioni sulla fatturazione o sul consumo basate sul consumo effettivo o sulle letture dei contabilizzatori di calore sono fornite almeno ogni tre mesi agli utenti finali che ne hanno fatto richiesta o che hanno scelto la fatturazione elettronica, oppure due volte l'anno negli altri casi.

Dal 1° gennaio 2022, almeno una volta al mese oppure rese disponibili online e aggiornate con la massima frequenza consentita dai dispositivi e dai sistemi di misurazione utilizzati; il riscaldamento e il raffreddamento possono essere esentati da questo requisito al di fuori dalle stagioni di riscaldamento/raffreddamento.

Il d.lgs. n. 73/2020 prevede, inoltre, la possibilità di derogare alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, nel caso di interventi di riqualificazione volti a coibentare chiusure esterne verticali (pareti) e orizzontali (solaio di copertura) dell'edificio, che permettono di ottenere una riduzione non inferiore al 10% percento della trasmittanza globale.

L'art. 14 del d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102 è modificato nel senso seguente: “Nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non è considerato nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e dei rapporti di copertura. Entro i limiti del maggior spessore di cui sopra, è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile.”

Mette punto rammentare, infine, che il settore edilizio ha grande potenziale di efficienza energetica, che può essere meglio sfruttato con misure che perseguano, ad esempio, la riqualificazione energetica (ecobonus) insieme alla ristrutturazione edilizia (bonus casa), sismica (sismabonus), e quant'altro.

Casistica

CASISTICA

Opere indifferibili e urgenti sul versante urbanistico

L'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile è considerata di pubblica utilità, e le opere relative sono dichiarate indifferibili ed urgenti (art. 12, comma 1, d.lgs. n. 387/2003), anche in considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente costituisce un impegno internazionale assunto dall'Italia con la sottoscrizione del protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997; espressione evidente di tale favor legislativo per le fonti rinnovabili è la previsione dell'art. 12, comma 7, del suddetto decreto sulla possibilità di installare gli impianti anche in zona agricola; peraltro, detta possibilità non è senza limiti, poiché i Comuni possono prevedere, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente destinate ad impianti eolici, e solo in mancanza di una simile previsione conformativa, detti impianti possono essere localizzati, senza distinzione, almeno per quanto riguarda la valutazione di compatibilità urbanistica, in tutte le zone agricole (T.A.R. Puglia 22 aprile 2009, n. 983).

Autorizzazione unica per l'esercizio

Ai sensi dell'art. 12, comma 3, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono assoggettati al rilascio di un'autorizzazione unica che cumula in sé tutti i vari titoli abilitativi in precedenza richiesti dalla legge per la realizzazione di impianti del genere e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici; tale regime di specialità rende ex se inapplicabili i termini previsti dalla disciplina ordinaria contenuta nell'art. 15 t.u. 6 giugno 2001 n. 380 nonché dalla disciplina sull'attività edilizia parimenti ordinaria contenuta nella legislazione regionale; viceversa le Regioni ben possono integrare la disciplina speciale di settore in tema di energia da fonti rinnovabili coordinandola con quella propria dell'attività edilizia con norme speciali emanate nell'esercizio congiunto della propria potestà legislativa e amministrativa concorrente sia in tema di energia, sia in tema di urbanistica e di edilizia, ai sensi dell'attuale testo dell'art. 117 Cost. (Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5249).

Rispetto del vincolo paesaggistico

È legittimo il provvedimento della Soprintendenza (alla quale è affidata la cogestione del vincolo paesaggistico) che abbia annullato l'autorizzazione paesaggistica comunale per la realizzazione di impianto fotovoltaico, motivata sulla base della considerazione che “l'intervento non contrasta con i caratteri ambientali e paesaggistici del sito sottoposto a tutela” e che “il progetto è conforme agli indirizzi di tutela previsti per l'ambito interessato”; tale motivazione, infatti, è soltanto apparente, perché l'assenza di una qualsivoglia, reale esternazione della considerazione effettiva circa l'impatto di quanto progettato sul paesaggio tutelato e dei parametri assunti risolve queste enunciazioni in una mera petizione di principio, sfornita da qualunque effettivo elemento di giudizio attinente ai concreti dati di fatto rilevati per la necessaria valutazione della compatibilità con i valori specifici tutelati dal vincolo che formano le caratteristiche proprie del pregio di quel paesaggio protetto (Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2012, n. 175).

Modificazioni delle parti comuni

In caso di volontà di un condomino di voler utilizzare parti comuni del condominio (nella specie, una falda del tetto) al fine dell'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità immobiliari ex art. 1122-bis, comma 2, c.c., non è consentito al consesso assembleare denegare l'autorizzazione all'esecuzione dell'impianto, salva, piuttosto, la possibilità dell'esercizio di un controllo - peraltro limitato alle attività di cui al comma 3 del medesimo articolo - nel caso in cui l'installazione comporti modificazioni delle parti comuni (Trib. Milano 6 ottobre 2014).

Riferimenti

Bosso, Gli impianti centralizzati e privati per ricezione radio, tv, Internet e per la produzione di energia da fonti rinnovabili dopo la riforma del condominio, in Arch. loc. e cond., 2014, 10;

Corti, Localizzazione di impianti per la produzione di energia (da fonti rinnovabili e non): rapporti fra legge dello Stato e leggi regionali, in Riv. giur. ambiente, 2014, 734;

Borgoglio, L'impianto fotovoltaico condominiale produce reddito d'impresa, in Fisco 2, 2012, 5697;

Bosso, Proprietà immobiliare ed opportunità del fotovoltaico, in Arch. loc. e cond., 2011, 5;

Primerano, La doverosità amministrativa sulla domanda di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, in Foro amm., 2015, 458;

Pischetola, Impianti di produzione di energie rinnovabili: forme negoziali idonee e regime autorizzativo, in Riv. notar., 2011, 1069.

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