L’unicità decisoria di una crisi di impresa: le Sezioni Unite completano il percorso interpretativo

Luca Jeantet
16 Gennaio 2018

La sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il decreto che rigetta la richiesta di omologazione di una proposta di concordato preventivo e, comunque, l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, giacché l'eventuale giudizio di reclamo ai sensi dell'art. 18 l. fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi dell'impresa ed il giudicato che si forma sulla dichiarazione di fallimento preclude, in ogni caso, il concordato.
Massima

La sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il decreto che rigetta la richiesta di omologazione di una proposta di concordato preventivo e, comunque, l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, giacché l'eventuale giudizio di reclamo ai sensi dell'art. 18 l.fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi dell'impresa ed il giudicato che si forma sulla dichiarazione di fallimento preclude, in ogni caso, il concordato.

Il caso

Una società a responsabilità limitata propone ricorso innanzi alla Corte di Cassazione avverso il decreto con cui la Corte d'Appello di Genova, in accoglimento di reclamo ex art. 183 l.fall. proposto da un creditore, aveva rigettato la domanda di omologazione di una proposta di concordato preventivo, che era stata approvata dalla maggioranza dei creditori ammessi al voto. Nelle more del procedimento di reclamo, la società viene dichiarata fallita e, con ordinanza, la sezione semplice cui era assegnata la trattazione del ricorso rimette gli atti alle Sezioni Unite, ritenendo necessario chiarire il rapporto tra il giudizio di impugnazione del diniego di ammissione ex art. 162, comma 2, l.fall. o di omologazione di una proposta di concordato preventivo ex art. 180 l.fall. ed il separato giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento ex art. 18 l.fall. Le Sezioni Unite statuiscono il principio per cui la sopravvenuta dichiarazione di fallimento rende inammissibile e, se già proposto, improcedibile l'impugnazione del decreto che nega l'omologazione di una proposta di concordato preventivo, con la conseguenza di cassare senza rinvio il decreto della Corte d'Appello di Genova e di rimettere le parti in termini per riproporre nel giudizio di reclamo ai sensi dell'art. 18 l.fall., in corso, le difese che erano state rassegnate nel giudizio di omologazione ai sensi dell'art. 180 l.fall.

La questione giuridica e le soluzioni

La sentenza in commento affronta e risolve il rapporto tra il giudizio di impugnazione del decreto di omologazione di una proposta di concordato preventivo ed il giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento, affermando il principio per cui tra i due giudizi non sussiste un rapporto di pregiudizialità necessaria, con la conseguenza che il secondo, analogamente a quanto accade rispetto al giudizio di impugnazione di un decreto d'inammissibilità reso ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall. (anche a seguito di mancata approvazione della proposta ai sensi dell'art. 179, comma 1, l.fall.) oppure di un decreto di revoca d'ammissione reso ai sensi dell'art. 173 l.fall., assorbe il primo e, più in generale, l'intera controversia relativa alla crisi di un'impresa, precludendo ogni impugnazione diversa da quella di cui all'art. 18 l.fall..

Osservazioni

La sentenza in commento affronta e risolve un tema particolarmente dibattuto in dottrina e giurisprudenza ed offre, peraltro, lo spunto per una ricognizione dei giudizi di impugnazione previsti dalla legge fallimentare in materia concordataria e dei rapporti tra questi e la procedura prefallimentare, anche alla luce del consolidato principio processuale di prevalenza della procedura concordataria rispetto alla quella fallimentare.

Guardando alle impugnazioni in ambito concordatario, la legge fallimentare non prevede una disciplina univoca: l'art. 162 l.fall. esclude, infatti, la possibilità di reclamo contro il decreto di inammissibilità della proposta concordataria, l'art. 173 l. fall. nulla dice rispetto alla reclamabilità del decreto di revoca dell'ammissione, mentre l'art. 183 ammette espressamente la reclamabilità innanzi alla corte d'appello del decreto che conclude il giudizio di omologazione.

Il fondamento giuridico di questo diverso regime processuale risiede nell'assenza di contenuto decisorio e, dunque, nell'inidoneità al giudicato dei provvedimenti di cui agli artt. 162, comma 2, e e 173 l.fall.

A prescindere dalla forma, un provvedimento è decisorio se presenta l'attitudine ad incidere su diritti soggettivi con efficacia del giudicato, che, a sua volta, è “l'effetto tipico della giurisdizione contenziosa, di quella, cioè, che si esprime su una controversia, anche solo potenziale, fra le parti contrapposte, chiamate perciò a confrontarsi in contraddittorio nel processo”.

Guardando ai decreti di inammissibilità del concordato preventivo o di revoca dall'ammissione alla procedura concordataria (non accompagnati da una simultanea dichiarazione di fallimento), l'assenza del contenuto decisorio trova conferma nella carenza di contraddittorio processuale e nella possibilità per il debitore di proporre una nuova domanda di concordato preventivo a seguito dell'esito negativo della prima procedura.

Quale conseguenza, l'ordinamento non contempla la possibilità di impugnare questi provvedimenti se non nel caso in cui contestualmente ai medesimi venga emessa anche la sentenza dichiarativa di insolvenza e dunque sia proponibile il reclamo ex art. 18 l.fall. che assorbe, tra i motivi, sia quelli collegati all'inammissibilità o revoca del concordato sia quelli collegati alla dichiarazione di fallimento.

In questo caso, il giudice designato per il reclamo ex art. 18 l.fall. dovrà, pertanto, esaminare sia i requisiti del fallimento che quelli del concordato, potendo negare l'uno e/o l'altro alla luce degli artt. 162 e 173 l.fall.

Il dato normativo trova conferma ed integrazione nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno recentemente statuito che non sono autonomamente impugnabili ex art. 111 Cost. (i) il decreto di inammissibilità della proposta di concordato ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall., emesso anche a seguito di mancata approvazione della proposta ai sensi dell'art. 179, comma 1, e (ii) il decreto di revoca dell'ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173 legge fall.. Al contrario, è autonomamente reclamabile il decreto di omologa innanzi alla corte d'appello ai sensi dell'art. 183 l.fall., con successiva possibilità di impugnazione in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.

Con la pronuncia n. 27073 del 28 dicembre 2016, è stato infatti affermato che “in materia di concordato preventivo non sono ricorribili per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., non avendo carattere decisorio, i decreti con i quali il tribunale dichiara l'inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall. (anche eventualmente a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell'art. 179, comma 1), ovvero revoca l'ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell'art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, mentre il ricorso è ammesso contro le decisioni assunte nel giudizio di omologazione, dopo l'esaurimento della fase di reclamo”.

L'assenza di ogni possibilità di impugnare i provvedimenti di inammissibilità e di revoca dall'ammissione al concordato preventivo ha importanti implicazioni pratiche, in quanto rappresenta senza dubbio un ostacolo per il debitore che rischia di non poter proseguire il percorso di ristrutturazione del proprio indebitamento, dovendone strutturare uno nuovo, diverso ed idoneo a superare i profili di inammissibilità o revoca rilevati dal tribunale, oppure procedere al deposito di un'istanza di fallimento in proprio.

Il giudizio di omologazione ex art. 180 l.fall. ha, invece, una struttura peculiare, in quanto è caratterizzato da una natura contenziosa che prevede la fissazione di un'udienza di comparizione delle parti e del commissario giudiziale, mediante l'emissione di un provvedimento che viene pubblicato a norma dell'art. 17 l.fall. e che deve essere notificato “a cura del debitore, al commissario giudiziale ed agli eventuali creditori dissenzienti”, i quali hanno la possibilità di instaurare un contraddittorio con eventuale assunzione di mezzi istruttori su richiesta della parti o disposti d'ufficio.

Questo giudizio è suscettibile di un duplice esito finale: in assenza di qualsiasi opposizione, si conclude con un decreto non soggetto a gravame; al contrario, ove vi fosse opposizione, si crea un vero e proprio contraddittorio.

Nel primo caso, l'omologazione produce effetti con il deposito del decreto in cancelleria, poiché, non essendo soggetto a gravame, esso diviene immediatamente definitivo ed è idoneo ad incidere su diritti soggettivi.

Nel secondo caso, il giudizio si conclude con l'emissione di un decreto motivato che, oltre ad essere soggetto alle forme di pubblicazione di cui all'art. 17 l.fall., è provvisoriamente esecutivo e soggetto a reclamo alla corte d'appello ex art. 183 l.fall..

L'art. 183, comma 1, l.fall. non specifica i termini e le forme del reclamo, limitandosi a prevedere che contro il decreto del tribunale con cui sia stato omologato un concordato preventivo (in presenza di opposizioni) o sia stata rigettata l'istanza di omologazione di un concordato preventivo “può essere proposto reclamo alla corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio”.

In presenza di questa lacuna normativa, la giurisprudenza ha ritenuto di fare riferimento, almeno in tutti i casi in cui “contestualmente” al decreto di rigetto dell'istanza di omologazione del concordato preventivo non sia stata emessa sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, alla disciplina processuale di cui al combinato disposto degli articoli 742-bis c.p.c. e 739 c.p.c.

Il decreto di reiezione del concordato preventivo non accompagnato dalla contestuale dichiarazione di fallimento determina la cessazione della procedura, con liberazione del debitore da ogni vincolo e possibilità, come nel caso di inammissibilità o revoca, di ripresentare una nuova domanda di concordato preventivo funzionale, tra l'altro, a superare le criticità che possono aver causato il rigetto dell'omologazione.

La pronuncia della dichiarazione di fallimento contestuale al rigetto del concordato preventivo è subordinata all'esercizio dell'azione fallimentare da parte di almeno uno dei creditori o del Pubblico Ministero, nonché dal preventivo accertamento dei relativi presupposti soggettivi ed oggettivi di fallibilità.

Prima di esaminare il rapporto tra il giudizio di reclamo contro il decreto di omologa ex art. 180 l.fall. ed il giudizio di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 18 l.fall., merita, a questo punto della trattazione, delineare sinteticamente il rapporto tra la procedura di concordato preventivo e quella fallimentare.

Sul punto, come noto, la domanda diconcordato preventivo non fa venire meno automaticamente la possibilità di dichiarare il fallimento, poiché al tribunale deve essere riconosciuto il potere di bilanciare gli opposti interessi, coordinando quello del debitore che chiede di essere ammesso al concordato preventivo, con gli interessi sottostanti alla procedura fallimentare.

Questa valutazione è stata oggetto di ampio dibattito negli ultimi anni ed è sfociata in due diverse pronunce delle Sezioni Unite nell'arco di meno di cinque anni.

La Suprema Corte, a Sezioni Unite, si è infatti pronunciata, una prima volta, con la sentenza n. 1521/2013 nella quale ha affermato che vi è un esigenza di coordinamento tra le due procedure, che sono collegate da un rapporto di consequenzialità e assorbimento non riconducibile ad un'ipotesi di pregiudizialità necessaria.

E' stato, infatti, affermato che il rapporto tra concordato preventivo e fallimento “si atteggia come un fenomeno di conseguenzialità (eventuale del fallimento, all'esito negativo della procedura di concordato) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento), che determina una mera esigenza di coordinamento fra i due procedimenti. Ne consegue ulteriormente che la facoltà per il debitore di proporre una procedura concorsuale alternativa al suo fallimento non rappresenta un fatto impeditivo alla relativa dichiarazione ma una semplice esplicazione del diritto di difesa del debitore, che non potrebbe comunque disporre unilateralmente e potestativamente dei tempi del procedimento fallimentare, venendo così a paralizzare le iniziative recuperatorie del curatore e a incidere negativamente sul principio costituzionale della ragionevole durata del processo”.

Sulla scorta di questa constatazione, la Cassazione aveva dunque affermato il superamento del principio di prevenzione e la possibilità di dichiarare il fallimento in pendenza di concordato, ferma restando l'esigenza di un coordinamento delle procedure affidato al tribunale.

Questa posizione è stata superata appena due anni dopo quando, con sentenza n. 9935 del 10 febbraio 2015, le Sezioni Unite sono tornate a pronunciarsi sui rapporti tra fallimento e concordato preventivo ed hanno affermato che il procedimento prefallimentare incontra, nel caso di presentazione di una domanda di concordato preventivo (ordinaria o con riserva), un limite di procedibilità.

Questa temporanea pregiudiziale persiste sino a che il tribunale non emetta un provvedimento idoneo a sancire la chiusura della procedura concordataria ai sensi degli artt. 162, 173, 179 e 180 l.fall.

In altre parole, la pendenza di una domanda di concordato preventivo rappresenta una pregiudiziale tecnico-giuridica alla dichiarazione di fallimento, che tuttavia viene meno a seguito della semplice emissione del provvedimento attestante l'esito negativo della procedura di concordato preventivo ed a prescindere dalla pendenza del termine di impugnazione ex art. 183 l.fall.

Quale conseguenza, la dichiarazione di fallimento non può avere luogo se non sia preventivamente esaurita la procedura di concordato preventivo mediante una pronuncia di inammissibilità della domanda di concordato, di revoca dell'ammissione alla procedura, di mancata approvazione della proposta concordataria o di omologazione.

A livello sistematico, questa conclusione è confermata dal noto favor del legislatore per il concordato preventivo, che è un principio via via confermato e consolidato nelle riforme della legge fallimentare che hanno, in più occasione, ribadito l'obiettivo (e l'esigenza) di favorire il più possibile il ricorso a strumenti di composizione della crisi diversi dal fallimento.

A livello giurisprudenziale, la medesima conclusione muove dalla considerazione per cui tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza di fallimento intercorre un rapporto di continenza, la cui sussistenza è ravvisata quando “fra due cause sussista un rapporto di interdipendenza (...) con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività”. In altre parole, i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto sussistente un rapporto di continenza in quanto i due anzidetti atti introduttivi, seppur incompatibili tra loro, sono diretti a regolare la stessa situazione di insolvenza.

A livello normativo e nel senso di una prevalenza del concordato rispetto al fallimento, vi è poi il disposto dell'art. 69-bis, comma 2, legge fall. secondo cui il c.d. periodo sospetto, ai fini del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, si computa a far tempo dalla “data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese (...) nel caso in cui alla domanda di concordato segua la dichiarazione di fallimento” e dal disposto dell'art. 169 l.fall. secondo cui gli effetti previsti dall'art. 45 l.fall. discendono dalla presentazione della domanda di concordato.

Delineato, dunque, il rapporto tra la procedura di concordato preventivo e la procedura fallimentare, occorre, a questo punto, riflettere sulla sorte del giudizio di reclamo ex art. 183 l.fall. nel caso in cui la dichiarazione di fallimento intervenga in pendenza del termine per il reclamo o successivamente alla sua proposizione.

Sul punto, ed applicando i principi sopra descritti, è possibile affermare che la procedura per la dichiarazione di fallimento (i) è impedita nel caso di pendenza della procedura di concordato preventivo, (ii) è caducata in caso di esito positivo della procedura di concordato preventivo, ed (iii) è ammissibile nelle more del giudizio di impugnazione del decreto di omologa.

In questo senso, le Sezioni Unite, con la pronuncia in commento, hanno affermato che “la sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e comunque l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perché l'eventuale giudizio di reclamo ex art. 18 legge fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi dell'impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato”.

Ne emerge dunque una limitazione all'impugnabilità del provvedimento di reiezione dell'omologa nel caso in cui intervenga prioritariamente una declaratoria di fallimento, con conseguente assorbimento di tutti i motivi di impugnazione nel più ampio perimetro del reclamo ex art. 18 l.fall.

In altre parole, le doglianze riguardanti l'impugnazione del provvedimento reiettivo del concordato preventivo saranno fatte valere attraverso l'unico reclamo, quali motivi di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Sulla scorta del principio di diritto in esame e guardando al caso di specie, le Sezioni Unite hanno riconosciuto il diritto delle parti alla rimessione nel termine per proporre nel più ampio contesto del giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall., le difese declinate nei giudizi di omologazione dichiarati improcedibili.

Conclusioni

Nell'analisi del rapporto tra il giudizio di impugnazione del decreto che nega l'omologazione di una proposta di concordato preventivo ed il simultaneo giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione completano, attraverso un'approfondita analisi, il percorso interpretativo avviato dalle stesse nella sentenza n. 27073 resa in data 28 dicembre 2016, giungendo ad affermare il principio per cui tra i due giudizi non sussiste un rapporto di pregiudizialità necessaria e per cui il secondo assorbe il primo e, più in generale, l'intera controversia relativa alla crisi di un'impresa, precludendo ogni impugnazione diversa da quella di cui all'art. 18 l.fall., esattamente come accade nel rapporto con il giudizio di impugnazione di un decreto d'inammissibilità reso ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall. (anche a seguito di mancata approvazione della proposta ai sensi dell'art. 179, comma 1, l.fall.) oppure di un decreto di revoca d'ammissione reso ai sensi dell'art. 173 l.fall.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

In giurisprudenza: Cass., 23 novembre 2016, n. 23882; Cass. 23 settembre 2016, n. 18704; Cass., 10 agosto 2016, n. 16951; Cass. 15 luglio 2016, n. 14518; Cass., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935; Cass., sez. un. 28 dicembre 2016, n. 27073; Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass., sez. un., 21 maggio 2015, n. 10453; Cass. 31 ottobre 2005, n. 21102; Cass. 3 settembre 2005, n. 17737; Cass., 8 maggio 2014, n. 9998; Cass., 22 giugno 2016, n. 12964; Cass., 14 febbraio 2011, n. 3586; Appello di Napoli, 6 Agosto 2013. In dottrina: LAMANNA, La retromarcia delle SS.UU. sull'ipotizzata abrogazione del principio di prevenzione / prevalenza del concordato preventivo rispetto al fallimento: come non detto, il principio ancora esiste, in questo portale; PALLADINO, Il dictum delle S.U. sull''impugnabilità dei provvedimenti emessi nella procedura di concordato, in questo portale, 4 settembre 2017; DI GIROLAMO, Le sezioni unite e il principio di prevalenza del concordato preventivo rispetto al fallimento, in Giurisprudenza Commerciale, fasc. 1, 2017; ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lgs. 169/2007, a cura di Zanichelli, Torino, 2008.

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