La decadenza dell'agevolazione è connaturata alla struttura e alla ratio dell'istituto

La Redazione
16 Gennaio 2018

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 610/2017, ha ricordato che il credito d'imposta concesso, al fine di incentivare il commercio, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è accordato. La decadenza prevista in caso di omessa tempestiva indicazione è connaturata alla struttura e alla ratio dell'istituto e determina l'irretrattabilità della dichiarazione, alla quale, pertanto è inapplicabile il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 610/2018, si è pronunciata relativamente al corretto utilizzo di un credito d'imposta concesso a sostegno dell'economia.

La vicenda prende avvio da una cartella di pagamento emessa dall'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente per aver – quest'ultimo – impiegato un credito di imposta in maniera indebita e per aver inoltre omesso il versamento dell'IVA.

La Corte nella sua disamina fa riferimento all'art. 11 della L. n. 317/1991 che stabillisce: "il credito d'imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale è concesso il beneficio ai sensi della comunicazione ex art. 10, che deve essere allegata alla medesima dichiarazione dei redditi".

I Supremi Giudici sostengono che il credito in questione non deriva da un meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, ma che – tale beneficio – è stato accordato ad hoc, ed è il risultato di scelte politiche finalizzate a incentivare un determinato settore (il legislatore è infatti libero di orientare le proprie risorse stabilendo anche le condizioni per la fruizione del beneficio).

Dunque, sulla base di tale considerazione, se ne deduce che la mancata indicazione del credito nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel corso del quale esso viene concesso non determina una decadenza formale.

Prosegue la Corte: l'indicazione nel quadro RU della dichiarazione annuale del credito di imposta in questione è identificato come atto negoziale e non di scienza; difatti è volta a mutare la base imponibile e contestualmente a inserire il credito di imposta.

A sostegno di questa tesi vengono richiamate le Sezioni Unite (con la pronuncia n. 13378/2016, cfr. nostra news: Per la dichiarazione integrativa a favore del contribuente ci sarà più tempo) secondo cui è stato preso atto che il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze.

Di seguito il principio di diritto:

"Il credito d'imposta concesso, al fine di incentivare il commercio, dall'art. 11 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è accordato. Poiché esso è riconosciuto a titolo di agevolazione fiscale, l'indicazione ha valore di atto negoziale, integrando una dichiarazione di volontà e non di scienza, con la conseguenza che la decadenza prevista in caso di omessa tempestiva indicazione è connaturata alla struttura e alla ratio dell'istituto e determina l'irretrattabilità della dichiarazione, alla quale, pertanto è inapplicabile il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali".

Alla luce di questa analisi, la Corte, conclude il suo iter decisionale precisando che la sentenza impugnata si rivela erronea nella parte in cui viene sostenuta l'irrilevanza della mancata indicazione del credito d'imposta nel quadro RU della dichiarazione perché la spettanza del credito è stata "già oggetto di valutazione e di concessione del Ministero dell'Industria".

La Corte, perciò, conclude accogliendo il motivo del ricorso.

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