La nomina dell'amministratore tra accettazione e dimissioniFonte: Cod. Civ. Articolo 1129
19 Gennaio 2018
Il quadro normativo
La nomina dell'amministratore, obbligatoria dopo la riforma negli stabili con più di otto condomini, è stata subordinata alla sua accettazione. L'art. 1129, comma 2, c.c. cita testualmente: «Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo (...)», e, comma 14 c.c. «L'amministratore all'atto di accettazione della nomina e del suo rinnovo … ». Art. 1136 c.c., al comma 4, prevede il quorum deliberativo per la nomina dell'amministratore (dato normativo immutato nella riforma). L'art. 1129, comma 10, c.c. ha invece disciplinato la revoca dell'amministratore: «La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Nei casi previsti dal quarto comma dell'art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emersi gravi irregolarità fiscali e di non ottemperanza a quanto disposto dal n. 3 del dodicesimo comma del presente articolo» Figura di condomino
La nomina dell'amministratore è oggi obbligatoria laddove lo stabile si compone di oltre otto condomini. Il dato tecnico giuridico ormai indubbio e consolidato è che la figura del condomino non coincide necessariamente con ogni singola unità immobiliare. Infatti, il condomino è il soggetto che nel condominio costituisce il proprietario, così che se una soggetto (persona fisica o giuridica) possiede più unità immobiliari, nel computo dei condomini rimane uno.
Nomina
La nomina dell'amministratore si verifica nei casi in cui il condominio sia di nuova costruzione, nei casi in cui l'amministratore venga revocato e/o sia dimissionario o deceda. In questi casi l'assemblea, con il quorum previsto dall'art. 1136, comma 4, c.c., nomina l'amministratore. Anche nel dato normativo riformato è rimasto il quorum di presenza e di voto già indicato dal legislatore del 1942. Laddove non vi provveda il condominio, il singolo condomino o l'amministratore revocato e/o dimissionario hanno facoltà di rivolgersi al Tribunale che, in sede di volontaria giurisdizione, provvede a disporre la c.d. nomina giudiziaria. Accettazione
L'accettazione è un tassello nuovo nell'iter formativo del contratto tra condominio e amministratore. Il riformatore del 2012, pur prevedendo tale passaggio in più commi dell'art. 1129 c.c., ha però omesso di indicarne le modalità con cui l'accettazione dovrebbe avvenire. Così oggi sono valutabili due diverse modalità di accettazione. La prima: per fatti concludenti. L'accettazione sarebbe scevra di formalismi e formalità e si perfezionarebbe con fatti concludenti. In particolare, l'amministratore nominato avuto il verbale, appunto, di nomina procede con tutte le incombenze tipiche dell'amministratore: cambio codice fiscale presso l'agenzia delle entrate, cambio di firma presso l'istituto di credito o postale ove è aperto il conto corrente, convocazione assembleare, pagamento fatture e così via dicendo. Insomma, tutte le attività che deve svolgere l'amministratore. Questa costituisce anche la prassi ormai consolidata da sempre nel mondo degli amministratori. La seconda: forma scritta. Secondo questa tesi, l'accettazione deve essere fatta per iscritto a pena di nullità. Questa impostazione vedrebbe quindi perfezionato il contratto solo nell'ipotesi in cui l'accettazione dell'amministratore giunga al condominio per iscritto a pena di nullità. Questo apre, però, il varco a complicazioni di non poco conto: a chi va comunicata l'accettazione? a quale indirizzo? Quando il “nominato” può ritenersi legittimato a gestire lo stabile? Nelle more chi provvede e risponde della gestione? Molti dubbi quindi che generano speculari problemi. Peraltro, nella lettera della legge, non parrebbe rinvenirsi un così rigoroso e rigido iter per ritenere l'accettazione valida solo se fatta per iscritto a pena di nulità e comunicata.
Revoca
La revoca può avvenire in tre diverse modalità. La prima la si può definire la regola generale e fisiologica della revoca che, secondo il dato normativo, può essere chiesta dal condominio in ogni tempo. Questo significa che la nomina annuale, rinnovabile di ugual tempo, può interrompersi prima se il condominio decide di revocare l'amministratore in carica. In tal senso, la norma non pone la condizione che per la revoca debbano ricorrere in capo al professionista responsabilità o colpe gravi o meno gravi, ma legittima una scelta del condominio che vive di vita propria (per esempio, insorta incompatibilità o reperimento miglior preventivo). In buona sostanza, una facoltà che, se esercitata, non necessità di motivazione. La seconda è la revoca chiesta da uno o più condomini «nei casi previsti dal quarto comma dell'art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emersi gravi irregolarità fiscali e di non ottemperanza a quanto disposto dal n. 3 del dodicesimo comma del resente articolo». Laddove ricorrano gli addebiti normati, il primo passo è far deliberare al condominio la revoca, mettendo tutti i condomini in condizione di conoscere le gravi responsabilità in cui, a detta degli istanti, sarebbe incorso l'amministratore. Questo filtro costituisce condizione di procedibilità per poter accedere alla procedura di revoca giudiziaria che, in caso in cui la compagine condominiale faccia scudo, potrà essere attivata anche dal singolo condomino. Il quorum previsto per la revoca è quello di cui al comma 4 dell'art. 1136 c.c. La terza,ed ultima, è la revoca chiesta per le ragioni non testualmente previste come obbligatoriarmente da sottoporre al vaglio dell'assemblea. Si tratta, quindi, di una rosa ampia e in parte non elencata in cui anche il singolo condomino ritiene che l'amministratore sia incorso in una colpa tale da legittimare la sua rimozione. In questo caso il ricorso all'autorità giudiziaria è diretto ed immediato senza soffrire condizioni di procedibilità. Dimissioni
Come detto in epigrafe, tra la maglie dell'art. 1129, comma 1,c.c. si rinviene la locuzione «dimissioni», con ciò il legislatore disponendo in modo innovativo un evento interruttivo nel rapporto condominio-amministratore. Le dimissioni sono un atto unilaterale dell'amministratore legato a sue insindacabli scelte. Il Legislatore però nulla aggiunge su forma e contenuto delle dimissioni. Questo significa che le dimissioni possono essere date dall'amministratore per ogni e qualsivoglia ragione, non necessariamente da palesare. Unico iter che deve seguire è quello di dover rassegnare le dimissioni al condominio e metterlo in condizioni di nominare un nuovo aministratore. Sino a che questo non avverrà, il dimissionario rimarrà in carica in regime di prorogatio senza nulla pretendere in più di quanto preventivato nella sua ultima nomina o nel suo ultimo rinnovo. In conclusione
Con la riforma del 2012, la figura dell'amministratore è stata investita da molte novità tra le quali l'accettazione, la revoca, le dimissioni. Ancor prima, la nomina condizionata alla sottoscrizione di apposita se richiesta o persino nulla se l'amministratore non ha i requisiti tracciati dall'art. 71-bis disp. att. c.c. o omette di allegare il preventivo all'atto della nomina e di ogni suo rinnovo. Ciò che però desta più preocupazione agli operatori del settore non è il dato normativo, sicuramente più severo che nel passato, ma è l'omessa indicazione delle forme delle novità introdotte appunto, nell'accettazione dell'incarico professionale. In tal senso, non rimane che aspettare le prime pronunce della magistratura. Figini, Amministratore: la nomina, in Amministrare immobili, 2013, 664; De Tilla, La prorogatio dell'amministratore di condominio scaduto o dimissionario ed altre questioni, in Riv. giur. edil., 1993, I, 793; Salis, Condominio: nomina dell'amministratore e accettazione, in Riv. giur. edil., 1986, I, 544. |