IVA all'importazione: risponde anche il rappresentante indiretto

La Redazione
22 Gennaio 2018

La Corte di Cassazione, ha ricordato che in tema di tributi doganali, per il pagamento dell'IVA all'importazione risponde non solo l'importatore, ma anche, in via solidale, il suo rappresentante indiretto.

Per il pagamento dell'IVA all'importazione risponde non solo l'importatore, ma anche il suo rappresentante indiretto (in via solidale) che presenti la dichiarazione in dogana assumendo così la qualifica di soggetto responsabile a norma dell'art. 201 del Regolamento CEE n. 2913/1992, secondo cui: il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana.

Questo quanto enunciato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 1142/2018. La vicenda prende avvio da un avviso di rettifica di accertamenti definitivi su dichiarazioni doganali di importazione di merce di origine extraeuropea che l'Agenzia delle Dogane emetteva a seguito di controllo a posteriori del valore della merce importata (post accertata sottofatturazione della stessa). La CTR provvedeva a rigettare l'appello dell'amministrazione doganale che aveva visto l'accoglimento in primo grado del ricorso del contribuente.

L'Agenzia delle Dogane lamentava l'errata esclusione della responsabilità solidale dello spedizioniere, quale soggetto dichiarante-rappresentante indiretto per non aver correttamente valutato la responsabilità professionale dello spedizioniere ed applicato il principio di affidamento e buona fede (ex art. 10 dello Statuto del Contribuente) ponendosi così in contrasto con l'interpretazione della medesima Corte, secondo cui tale norma consentirebbe solo di escludere le sanzioni e gli interessi ma non di incidere sull'obbligazione tributaria.

In effetti la Corte sostiene che il motivo di ricorso è fondato e pertanto va accolto: per il pagamento dell'IVA all'importazione risponde non solo l'importatore, ma anche il suo rappresentate indiretto (in via solidale) che presenti la dichiarazione in dogana assumendo così la qualifica di soggetto responsabile a norma dell'art. 201 del Regolamento CEE n. 2913/1992 (secondo cui: il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana).

Anche perché, viene specificato dai Giudici, la responsabilità del rappresentante indiretto dichiarante è logica conseguenza della nozione stessa della rappresentanza indiretta. È corretto considerare che la rappresentanza indiretta definisce i rapporti interni fra ausiliario e preponente: il rappresentante indiretto agendo in nome proprio, ma nell'altrui interesse, diviene parte della fattispecie, assumendo così la veste di obbligato nei confronti di terzi (compreso, dunque, l'ufficio doganale).

Si legge un ulteriore precisazione da parte dei Supremi Giudici, ovvero che in tema di tributi doganali – come precisato anche dalla giurisprudenza comunitaria – lo stato soggettivo di buona fede dell'importatore richiesto dall'art. 220 del Regolamento CEE n. 2913/1992 ai fini dell'esenzione della contabilizzazione "a posteriori" dei dazi, può essere invocato solo se l'errore dell'autorità sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede, il quale deve aver rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore in relazione alla sua dichiarazione in dogana. Sicché quando l'errore dell'Amministrazione sia consistito nella mera ricezione delle dichiarazioni inesatte dell'esportatore – in particolare sull'origine della merce –

tale buona fede non sussiste e il debitore è tenuto a sopportare il rischio derivante da un documento commerciale che si riveli falso in occasione di un successivo controllo.

Dunque se ne deduce che la diligenza che viene evocata da tale figura comprende un'accurata verifica dei dati dichiarati strumentali rispetto al corretto espletamento dell'incarico.

Sicché, in conclusione, se l'errore dell'Amministrazione è consistito nella mera ricezione delle dichiarazioni inesatte dell'esportatore, tale buona fede non sussiste e il debitore è tenuto a sopportare il rischio derivante da un documento commerciale che si riveli falso in occasione di un successivo controllo.

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