Quali controlli da parte dell'amministratore per la qualità dell'acqua nel condominio?

Adriana Nicoletti
23 Gennaio 2018

In àmbito condominiale, tra le innumerevoli attribuzioni poste a carico dell'amministratore, notevolmente ampliate per effetto dell'entrata in vigore della l. n. 220/2012 di modifica della precedente normativa, sono rimaste invariate quelle disposizioni che sono strettamente legate alla gestione del condominio. Tra queste assume particolare rilievo l'art. 1130, comma 1, n. 4), c.c., che impone all'amministratore l'obbligo di «compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio», là dove il termine “parti” è stato ritenuto applicabile, in via analogica, anche ai servizi.
Il quadro normativo

Accanto al generico obbligo di conservazione delineato dall'art. 1130 c.c. e direttamente destinato all'amministratore il legislatore, nel modificare l'impianto dell'art. 1120 c.c. («Innovazioni»), per la prima volta ha preso in considerazione la necessità di assicurare, attraverso interventi che superino la manutenzione ordinaria o straordinaria, la «sicurezza e salubrità anche degli impianti». Se nel passato la sicurezza era stata sempre trattata in funzione delle parti strutturali degli edifici e quasi sempre con riferimento alla loro stabilità, dall'entrata in vigore della novella del 2012 il campo della tutela è stato esteso anche alla necessità di assicurare l'igienicità della rete impiantistica comune. Nel caso di specie, quindi, sono oggetto delle nuove norme anche le condutture condominiali che distribuiscono, tramite le porzioni individuali, l'acqua somministrata dall'ente erogatore.

Mentre la società che eroga il servizio idrico risponde fino al punto di distribuzione con l'area di appartenenza condominiale, la competenza dell'amministratore, in via generale e teorica, si ferma alla porzione comune della rete idrica e, più precisamente dal punto di consegna fino alla diramazione della conduttura con i tratti di proprietà esclusiva. Tuttavia, poiché non vi sono barriere tra tubazioni condominiali e di proprietà private se non per individuare i rispettivi titolari delle spese, in concreto ove vi fossero problemi in relazione alla qualità e purezza dell'acqua che sgorga dai rubinetti, un coinvolgimento del condominio nelle operazioni di accertamento delle cause è indispensabile per individuare il/i soggetti responsabili.

La norma di settore di riferimento per l'amministratore apparentemente è il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 31 emanato in «attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano», come modificato dal d.lgs. 2 febbraio 2002, n. 27, e conseguente parere del Ministero della Salute in data 10 giugno 2004.

Per quanto di nostro specifico interesse, da un punto di vista di carattere generale, va evidenziato che le disposizioni contenute nel provvedimento legislativo interessano le acque destinate al consumo umano, ovvero le acque trattate e non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici e fornite tramite una rete di distribuzione. Mentre l'impianto di distribuzione domestico è costituito dalle condutture, dai raccordi, dalle apparecchiature installati tra i rubinetti normalmente utilizzati per l'erogazione dell'acqua utilizzata per il consumo dell'individuo e la rete di distribuzione esterna. La delimitazione tra l'impianto domestico e la rete esterna, ovvero il punto di consegna, è costituito dal contatore, salva diversa indicazione fornita dall'ente di somministrazione.

Sotto il profilo soggettivo, invece, il gestore del servizio idrico è colui che fornisce acqua a terzi tramite impianti idrici autonomi o mezzi alternativi quali cisterne, fisse o mobili (art. 2, lett. a, b e c, d.lgs. n. 31/2001).

Di tale provvedimento, infine, assume rilevanza la disposizione – peraltro, oggetto di parere interpretativo da parte del Ministero della Salute - che chiamerebbe in causa direttamente l'amministratore del condominio, quale«responsabile della gestione dell'edificio». Questi, infatti, secondo una prima lettura strettamente testuale della norma, dovrebbe essere il soggetto tenuto a far effettuare i controlli ai fini del rispetto dei valori di parametro fissati dalla norma in questione nel punto in cui l'acqua fuoriesce dal rubinetto (art. 5, comma 2). Come si vedrà in prosieguo, invece, l'amministratore non è stato onerato di tale ulteriore incombenza.

La competenza dell'ente erogatore

Per individuare dove si fermi l'area di competenza dell'ente erogatore e dove inizi quella riservata all'amministratore è necessario ricordare, in estrema sintesi, come va suddiviso l'impianto idrico tra i vari soggetti che ad esso sono interessati.

La rete pubblica è sostanzialmente quella che proviene dall'acquedotto ed è costituita da tutte le tubazioni, di adduzione e di scarico delle acque (bianche e nere), e strutture connesse e necessarie per portare l'acqua su tutto il territorio. Rispetto ad essa il condominio è estraneo a qualsivoglia disfunzione attribuibile sia allo stato delle tubazioni che alle qualità dell'acqua fornita, per cui l'azienda erogatrice è responsabile fino al punto in cui l'acqua entra in zona condominiale. Qualsivoglia irregolarità dovrà essere denunciata dall'amministratore alla ASL di competenza.

Dal punto di consegna pubblico a quello specifico dell'edificio le condutture sono caratterizzate dalla presunzione di comunione e per la loro conservazione e manutenzione è responsabile il condominio, con tutte le relative implicazioni anche in termini di ripartizione delle spese, che devono tenere conto tanto del regolamento di condominio, quanto della loro differente distribuzione (nella specie “condominio parziale”).

Da ultimo, le condutture diventano di proprietà esclusiva quando si addentrano negli appartamenti e servono, in via esclusiva, i loro proprietari. Nessun intervento manutentivo può essere richiesto al condominio per assicurare l'efficienza di questo tratto dell'impianto idrico.

I doveri dell'amministratore in relazione alla sicurezza degli impianti e salubrità dell'acqua

Occorre chiarire, in via preliminare, che la questione della non potabilità dell'acqua o, comunque, del suo inquinamento da residui è problema di grande portata che, per i suoi aspetti strettamente tecnici e molto specialistici, esula dal campo di cui ci stiamo occupando. Ciò non impedisce, tuttavia, di porci domande in merito a come si deve comportare l'amministratore ove dovesse emergere che dai rubinetti dell'impianto condominiale fuoriesca acqua alterata, maleodorante e ricca di residui visibili anche ad occhio nudo. La prima cosa che viene da pensare è che l'amministratore, una volta che abbia avuto notizia dai condomini, debba convocare un'assemblea ponendo all'ordine giorno l'argomento e le delibere consequenziali.

La prima indagine da effettuare e la più semplice è quella di controllare lo stato delle tubazioni condominiali che, soprattutto in quegli stabili di vecchia data nei quali la manutenzione interna potrebbe essere stata carente se non del tutto assente, sono inevitabilmente oggetto di un naturale e graduale deterioramento.

Le tecniche moderne consentono di procedere con sistemi non invasivi e che possono evitare di rompere i muri od i pavimenti dove sono alloggiate le condutture. In via molto esemplificativa, mediante la videoispezione si introduce nelle condutture comuni una sonda dotata di telecamera con sensore incorporato, che permette di esplorare l'interno dei tubi di scarico e di verificarne lo stato di pulizia e le condizioni di usura, nonché di riscontrare eventuali rotture, infiltrazioni di corpi estranei, incrostazioni, distacchi di materiali che poi cedono le loro sostanze all'acqua che circola nell'impianto condominiale e così via.

L'attività, strettamente collegata alla conservazione delle parti comuni, non dovrebbe richiedere l'autorizzazione dell'assemblea in quanto rientrante nelle attribuzioni dell'amministratore come previsto dall'art. 1130, comma 1, n. 4), c.c. Tuttavia, è opportuno che l'amministratore, per sua tutela, prima di decidere l'intervento, acquisisca un preventivo di spesa da ditta specializzata e, se l'importo richiesto fosse elevato anche in relazione al tracciato da controllare, porti la questione in sede assembleare per ottenere il relativo assenso. La delibera sarà validamente acquisita, in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 3, c.c., ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno un terzo delle quote millesimali.

Occorre precisare, comunque, che non è mai corretto fare un discorso astratto e generale, perché ogni situazione è un caso a sé. Certamente la strada ordinaria potrà essere seguita quando l'acqua che fuoriesce dai rubinetti presenti minime alterazioni, per cui l'intervento di controllo può essere assunto a titolo precauzionale. Nei casi più gravi l'amministratore è tenuto ad agire con tempestività, superando la fase assembleare. Nella specie, infatti, il rappresentante dell'Ente, che è chiamato ad intervenire con urgenza, sarà solo obbligato a riferire del suo operato nella prima assemblea utile, che dovrà essere convocata in tempi stretti onde procedere, secondo le risultanze della perizia, ai lavori necessari per riparare l'impianto idrico.

L'amministratore che adempia con diligenza al proprio mandato, per il carattere dell'incarico conferitogli dall'assemblea che lo rende non solo esecutore delle determinazioni dell'organo collegiale ma anche custode dei beni comuni (art. 2051 c.c.), non può essere ritenuto civilmente responsabile se, poi, l'assemblea abbia deciso di non prendere provvedimenti in merito.

L'intervento sull'impianto idrico che dovesse richiedere una sua sostituito in tutto o in parte, deve essere eseguito a regola d'arte con l'utilizzo di materiali nel rispetto delle direttive europee in materia di sicurezza, con particolare riferimento a quelle che hanno per oggetto le condutture destinate alla fornitura dell'acqua potabile e, là dove prescritto per legge, dovrà essere accompagnato dalla dichiarazione di conformità redatta dalla ditta installatrice secondo i modelli rilasciati dagli organi competenti.

Una volta accertato che le condutture condominiali non presentano anomalie è evidente che le indagini si dovranno dirigere in altra direzione.

In questo ambito, quindi, sarà necessario che l'amministratore, tramite la ASL competente provveda a richiedere controlli sull'acqua che dal punto di consegna da parte del gestore scorre nei tubi comuni, per accertare se vi siano alterazioni della potabilità della stessa.

L'amministratore è obbligato a sottoporre l'acqua a controlli periodici?

Il controllo sulla potabilità dell'acqua, che è oggetto del richiamato art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 31/2001, è stato fonte di dubbi in merito alla sua applicabilità in ambito condominiale, nel senso che un'interpretazione strettamente letterale sembrava non lasciare dubbi in merito al fatto che l'amministratore, provvedendo a controlli scadenzati, fosse tenuto ad accertarne la qualità e purezza. Ciò in quanto l'amministratore è il titolare e responsabile della gestione dell'edificio.

Il Ministero della Salute, tuttavia, con parere interpretativo in data 10 giugno 2004, ha chiarito la portata della norma affermando che «per quanto concerne gli edifici ad uso esclusivamente abitativo, l'amministratore del condominio, ovvero in assenza di questo, i proprietari non hanno l'obbligo di effettuare le attività ed i controlli previsti dagli artt. 7 ed 8 del decreto in oggetto, bensì quello derivante dall'attività di controllo dello stato di adeguatezza e di manutenzione dell'impianto. Pertanto, qualora si verificassero situazioni critiche agli impianti o inconvenienti igienici nella distribuzione d'acqua, i predetti potranno rivolgersi all'ASL per effettuare un controllo analitico ed eventualmente, in funzione di particolari problematiche sollevate, attuare quanto indicato dal comma 3 dell'art. 5 del decreto legislativo in oggetto».

Sulla stessa linea, peraltro, si era in precedenza espressa la ASL Lombardia (circolare n. 10774 del 16 dicembre 2003), secondo la quale i controlli de quibus spettano al Gestore dell'acquedotto e non al condominio.

In conclusione

Chiariti i termini della questione, tuttavia, non ci si può esimere dal ribadire che la responsabilità dell'amministratore e per esso del condominio sullo stato delle condutture idriche e sulla loro efficienza rimane: infatti, l'obbligo di cui all'art. 2051 c.c. persiste qualora emerga che le caratteristiche dell'acqua, dal contatore (punto di consegna) all'utenza risultino alterate in conseguenza della vetustà delle stesse, oppure per contaminazione tra acque chiare e scure.

Guida all'approfondimento

Benedetti, Profili giuridici del controllo della qualità e salubrità delle acque nel condominio, in Amministrare immobili, 2017, fasc. 210, 13;

Carullo, Qualità dell'acqua e responsabilità del gestore, in Riv. trim. appalti, 2011, 237;

Tortorici, Responsabilità dell'amministratore per la qualità dell'acqua, in Immob. & proprietà, 2008, 364.

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