Casella Pec del destinatario “piena”: conseguenze derivanti dall'impossibilità di ricevere la notificazione

23 Gennaio 2018

La questione in esame riguarda le conseguenze della mancata ricezione della notificazione a mezzo Pec nel processo penale, per i soggetti per cui essa è prevista ...
Massima

In tema di notificazioni a mezzo Pec, è regolarmente perfezionata la comunicazione o la notifica via Pec se la mancata consegna è dovuta alla "casella piena" del destinatario e, pertanto, a una causa a lui imputabile.

Fonte: ilprocessotelematico.it

Il caso

La difesa, ricorrente per Cassazione, lamentava la mancata ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale fissata avanti al Tribunale del riesame di Livorno.

La Corte di cassazione, premesso di aver avuto accesso agli atti del fascicolo, ha esaminato le notificazioni (in numero di tre, in proprio e quale difensore dei due indagati), tutte effettuate a mezzo Pec all'indirizzo del difensore, e trasmesse il 21 giugno 2017 con esito “mancata ricezione”.

Successivi accertamenti hanno mostrato inoltre che la causa della “mancata ricezione” era da attribuire alla “casella piena” del destinatario, con la conseguenza della impossibilità di recapitare il messaggio.

Dopo aver esaminato brevemente la disciplina della Pec e delle relative notificazioni nel processo penale, la Suprema Corte si è concentrata sul significato del termine “certificata”, che si riferisce al fatto che il gestore del servizio del mittente rilascia a costui la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata.

Allo stesso modo il gestore del servizio del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna che fa prova del fatto che il messaggio del mittente è pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna con un testo contenente i dati della certificazione.

La Cassazione ha poi affermato che il sistema, come disegnato dalla legge che lo istituisce, prevede anche il caso in cui il messaggio-notifica non venga comunicato: il gestore lo comunica al mittente con un avviso, e la disciplina è diversa a seconda della causa della mancata consegna, se dipenda o meno dal destinatario.

In particolare vengono citate le “Regole tecniche” del processo telematico, poste dal d.m. 44/2011 e gli obblighi posti in capo al soggetto abilitato a ricevere le notifiche. Tra questi, quello di dotarsi di «servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare l'effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione» (art. 20, d.m. 44/2011).

Muovendo da tali presupposti, la Corte ha, quindi, affermato che, se il destinatario non adempie a tali oneri di controllo sulla funzionalità del sistema, la mancata ricezione dovrà ritenersi a lui imputabile e la notificazione andrà fatta con deposito in cancelleria, con la conclusione che il ricorso proposto in quel caso deve ritenersi inammissibile.

La questione

La questione in esame riguarda le conseguenze della mancata ricezione della notificazione a mezzo Pec nel processo penale, per i soggetti per cui essa è prevista, in particolare nel caso in cui tale mancata ricezione sia imputabile al soggetto ricevente e non, dunque, al mittente ovvero ad un caso fortuito dovuto al malfunzionamento inevitabile del sistema.

Le soluzioni giuridiche

La digitalizzazione delle notificazioni nell'ambito delle procedure, costituisce uno degli obiettivi maggiormente perseguiti negli ultimi anni da parte del legislatore, in linea con la progressiva digitalizzazione di tutte le fasi processuali, che - in ambito civile - è ormai giunta a maturazione con il processo civile telematico.

In ambito penale la Pec è disciplinata dall'art. 4, d.l. 193/2009, convertito dalla l. 22 febbraio 2010, n. 24, e dal successivo l'art. 16, comma 4, d.l. 179/2012.

Destinatari delle notifiche a mezzo Pec nel procedimento penale debbono considerarsi tutti i soggetti del libro I del codice salvo l'imputato, che non sia rappresentato dal difensore, ambito nel quale deve ritenersi ammissibile e dovuta la notificazione a mezzo Pec (cfr. Cass. n. 32398/2011).

Di qui la ritualità e validità della notifica elettronica al difensore dell'imputato ove questo sia irreperibile, domiciliato presso il difensore, latitante, o residente all'estero nell'ipotesi in cui non abbia ottemperato all'invito di dichiarare o eleggere domicilio in Italia.

In questo quadro interpretativo, che si può definire senza dubbio “in continua espansione”, occorre ovviamente tener presenti le peculiarità del sistema delle notificazioni telematiche (così come, in genere, del processo telematico) ove la disciplina processuale “tradizionale” deve fare i conti con gli ineludibili aspetti tecnici implicati dalla “telematica”. Ed allora l'interprete dovrà cimentarsi con le nuove tematiche poste proprio dal coordinamento fra norme processuali e tecniche, fra principi di diritto e concetti informatici.

La sentenza in esame è un esempio di tale sforzo interpretativo teso al coordinamento fra l'assetto processuale e quello informatico in tema di notificazione a mezzo PEC.

Osservazioni

Se, come accennato, il sistema delle notifiche telematiche, anche nel processo penale, è in continua evoluzione, occorre evidentemente che gli interpreti siano massimamente attenti al rispetto dei principi essenziali posti dalla normativa processuale (in materia di partecipazione al procedimento, diritto di difesa, contraddittorio) e costituzionale di riferimento, anche ove si tratti di individuare il contenuto “tecnico” dello strumento processuale informatico e definirne i reali confini precettivi.

Ad avviso di chi scrive, la Corte - nella specie - fa ottimo governo dei principi sopraddetti, operando un corretto ed equilibrato schema interpretativo da un lato delle norme in materia di notificazioni telematiche, dall'altro dei tradizionali principi processuali in tema di oneri delle parti destinatarie delle notificazioni

Non può infatti negarsi che incombe in capo alle parti del processo un onere di diligenza volto ad assicurare che, operando gli altri protagonisti del meccanismo notificatorio secondo legge, sia assicurato il buon esito della comunicazione e non siano invece, colposamente o meno, creati “ostacoli” a tale corretta comunicazione tra i soggetti del processo.

Tradotto in ambito di notificazioni telematiche, non si può non richiamare (come bene ha fatto la Corte) il regolamento ministeriale in materia di “regole tecniche” delle notificazioni, il già citato d.m. 44/2011.

Il protagonista delle notificazioni telematiche, sia in veste attiva che passiva, non può “disinteressarsi” della funzionalità del proprio sistema, ma deve verificarne la funzionalità, lo spazio disponibile, la assenza di malware o virus, curare che - per quanto sia nella sua disponibilità e controllo - il corretto utilizzo dello strumento informatico ex altera parte consenta un processo di comunicazioni virtuose e prive di errori.

Se ciò non accade, allora il meccanismo notificatorio “residuale”, nel caso di specie corrispondente al deposito dell'atto presso la cancelleria, costituirà a tutti gli effetti notificazione valida.

Ora, al di là del problema dell'efficacia precettiva delle “regole tecniche” poste dalla fonte secondaria (che però appare l'unica riservata a produrre normativa sul funzionamento del processo telematico), in un caso come quello trattato dalla Corte di cassazione, la soluzione adottata appare non solo quella maggiormente coerente con tali fonti secondarie, ma pure la più equilibrata nel sistema dei principi processuali e degli oneri che incombono sulle parti del meccanismo notificatorio elettronico.

In conclusione, dunque, appare sempre più necessario, per l'operatore del diritto, prestare adeguata attenzione alla funzionalità dei propri sistemi informatici, per le importanti conseguenze processuali che da tali aspetti ormai discendono.

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