La Legge di Bilancio 2018 e il nuovo privilegio generale dei professionisti per I.V.A. e contributi

Filippo Lamanna
24 Gennaio 2018

Erano decenni che i professionisti lamentavano che il proprio credito di rivalsa I.V.A. venisse ordinariamente ammesso al passivo fallimentare con il privilegio speciale di cui all'art. 2758, comma 2, c.c., restando così destinato ad essere quasi sempre insoddisfatto, di conseguenza reclamando il riconoscimento di un privilegio generale ovvero, ancor meglio, della prededuzione.
Premessa

Erano decenni che i professionisti lamentavano che il proprio credito di rivalsa I.V.A. venisse ordinariamente ammesso al passivo fallimentare con il privilegio speciale di cui all'art. 2758, comma 2, c.c., restando così destinato ad essere quasi sempre insoddisfatto (in particolare laddove, avendo ad oggetto mere prestazioni di servizi, mancassero i beni su cui esercitarlo), di conseguenza reclamando il riconoscimento di un privilegio generale (come quello previsto per il credito I.V.A. dello Stato dall'art. 2752, comma 2, c.c.) ovvero, ancor meglio, della prededuzione.

Inoltre, a partire dal 1986, molte categorie professionali iscritte ad albi e alle relative casse previdenziali (con in testa gli avvocati, in quanto più frequentemente titolari di crediti per compenso ammessi al passivo), reclamavano anche, per il credito relativo ai contributi previdenziali, un trattamento privilegiato pari a quello riservato dalla legge ai soli dottori commercialisti (ex art. 11 legge 29 gennaio 1986, n. 21, secondo il quale tale credito “è assistito da privilegio di grado pari a quello del credito per prestazioni professionali”).

Ebbene, la Legge di Bilancio 2018, guarda caso emessa in data ormai prossima a quella delle imminenti elezioni politiche, ha inaspettatamente concesso, alla vasta area elettorale delle categorie professionali, il miracolo di tale doppia tutela così a lungo rivendicata.

Infatti, l'art. 1, comma 474, di tale Legge ha modificato l'art. 2751-bis c.c. aggiungendo, dopo le parole: “le retribuzioni dei professionisti”, la dicitura “compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto” (v. al riguardo la news “La Legge di Bilancio 2018 approda in G.U.” in questo portale, 2 gennaio 2018).

In sostanza, da ora in poi il credito di rivalsa I.V.A., sia pure solo per i professionisti, non sarà più assistito dal privilegio speciale di cui all'art. 2758, secondo comma, c.c., ma dallo stesso privilegio generale che assiste, a norma dell'art. 2751-bis, primo comma, n. 2, c.c., il credito per onorario dei professionisti; e analogo trattamento verrà riservato al credito per contributi previdenziali, che già godeva in effetti di analogo trattamento, ma – come appena detto - solo a favore dei dottori commercialisti.

Il privilegio del credito per IVA e contributi nella Legge di Bilancio 2018

Sul piano del merito, questa duplice innovativa tutela è destinata a scontare più che altro l'inevitabile critica che non può risparmiare tutti quei provvedimenti emessi “ad personam” (o, meglio, e più spesso, “ad categoriam”) nell'imminenza degli appuntamenti elettorali. D'altra parte non sembra altrimenti decifrabile nelle sue motivazioni un intervento normativo che, per quanto da decenni legittimamente rivendicato dalle categorie professionali, mai era stato prima preso in considerazione dal legislatore nelle fasi “ordinarie” delle varie legislature succedutesi nel tempo.

Più gravi sono invece le considerazioni critiche che possono svolgersi sul piano strettamente giuridico.

Quanto al credito di rivalsa I.V.A., anzitutto salta all'occhio che la norma novellatrice ha inciso solo sull'art. 2751-bis c.c., nella parte in cui tale norma contempla il privilegio generale per le retribuzioni dei professionisti e degli altri prestatori d'opera, senza toccare minimamente la norma, l'art. 2758 C.C., che specificamente disciplina il credito di rivalsa I.V.A.

In altri termini, da tale ultima norma continua a restare disciplinato il privilegio speciale che assiste il credito di rivalsa I.V.A., ma solo per i prestatori di servizi e per i fornitori di beni diversi dai professionisti e, “forse”, dagli altri prestatori d'opera.

Dico “forse” dagli altri prestatori d'opera, perché la norma novellatrice non è particolarmente chiara su tale aspetto. Il nuovo testa recita infatti: “Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: (…) 2) le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione”.

Mi pare, cioè, che l'equiparazione del credito di rivalsa I.V.A. e del credito contributivo alle retribuzioni riguardi, a stretto rigore della formulazione letterale, solo quelle dei professionisti e non anche quelle degli altri prestatori d'opera.

Se il legislatore avesse voluto estendere tale trattamento anche a favore di questi ultimi, la più corretta e appropriata formulazione letterale, infatti, avrebbe dovuto essere verosimilmente diversa, e in particolare, a voler immaginare il medesimo utilizzo degli stessi elementi, le parole “dei professionisti” avrebbero dovuto posporsi alla fine della nuova dicitura (“compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto”), in modo da farle apparire strettamente congiunte con le parole “e di ogni altro prestatore d'opera”, sì da far concludere che il nuovo trattamento non potesse che riguardare sia gli uni che gli altri (ad esempio così: “Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: (…) 2) le retribuzioni, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto, dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione”).

Viceversa, aver anteposto le parole “dei professionisti” alla nuova dicitura rende più ragionevole la conclusione che I.V.A. e contributi seguano il medesimo trattamento delle retribuzioni solo limitatamente a quelle dei professionisti; mentre nulla sia innovato quanto alle retribuzioni “di ogni altro prestatore d'opera”, che dovrebbero quindi continuare semplicemente a fruire, esse soltanto (non i relativi accessori) del medesimo privilegio anteriormente previsto.

A confermare tale conclusione sta d'altronde la considerazione che solo i professionisti (e nemmeno tutti) sono iscritti ad albi e alle relative casse di previdenza cui vanno versati i contributi previdenziali integrativi, sì che non avrebbe ragione una previsione che estendesse il privilegio retributivo ai contributi previdenziali di chi non è tenuto a versarli ad alcuna cassa (fatto salvo quanto dirò fra poco circa però i soli contributi facoltativi a titolo di rivalsa). Ricordo, a questo riguardo, che in molti casi è possibile essere titolari di partita I.V.A. senza dover pagare contributi previdenziali anche se si esercitano attività professionali, quando esse non abbiano un albo di riferimento (ad es. Grafici, Traduttori, Consulenti informatici, Fisioterapisti, Personal Trainer, Guide turistiche, Amministratori di condominio ecc.), ipotesi in cui scatta l'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS e quello di pagare annualmente un contributo calcolato sulla differenza tra i ricavi e costi deducibili derivanti dall'attività esercitata (è peraltro prevista la possibilità - e non l'obbligo - di addebitare ai propri committenti il contributo del 4% a titolo di rivalsa, ed in tal caso, si noti, il contributo costituisce reddito professionale soggetto a tassazione Irpef, derivandone anche in tale limitato caso il dubbio circa il se possa ad esso attribuirsi il privilegio previsto per le retribuzioni).

Non mi nascondo che, in tal modo interpretata (ossia riferendo i nuovi privilegi ai soli accessori fiscali/contributivi dei professionisti), la norma potrebbe presentare forti dubbi di costituzionalità per irragionevole disparità di trattamento tra una categoria e l'altra all'interno, peraltro, di una disciplina che fin qui era (e ancora è), limitatamente al privilegio per retribuzioni, sostanzialmente unitaria; sì che in tale quadro si farebbe comunque preferire un'interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata, volta ad affermare un uniforme trattamento delle retribuzioni dei professionisti e degli altri prestatori anche quanto a credito di rivalsa I.V.A. e contributi.

Tuttavia una tale via di salvezza non credo potrebbe comunque riproporsi con riferimento agli altri crediti per prestazione di servizi o fornitura di beni cui acceda il credito di rivalsa I.V.A. a norma dell'art. 2758 c.c.. Per tali crediti, di fatto, il credito di rivalsa I.V.A. continuerà ad essere assistito dal preesistente privilegio speciale, pur non essendo difforme, in se stesso, per causa o natura, dal credito di rivalsa I.V.A. relativo alle retribuzioni professionali. Da qui un dubbio ancor più forte di costituzionalità per irragionevole disparità di trattamento, dubbio non agevolmente superabile con un'interpretazione costituzionalizzatrice, visto che nessuna incertezza interpretativa sussiste, nella sfera dell'art. 2758 c.c., quanto al privilegio che il legislatore ha inteso assegnare al credito di rivalsa, né incertezza in ordine al fatto che il legislatore abbia voluto assegnare una tutela di rango maggiore al solo credito di rivalsa I.V.A. afferente alle retribuzioni professionali (e forse, come già detto, a quelle degli altri prestatori d'opera, sempre che si adotti un'interpretazione in tal caso ammissibilmente adeguatrice). Per rimuovere il vulnus costituzionale occorrerebbe dunque rimettere la questione alla Consulta, non essendo verosimilmente risolvibile, in via diretta, dal singolo giudicante.

Infine, analogo ma ancor più grave dubbio di costituzionalità per irragionevole disparità di trattamento mi pare si ponga con riferimento al credito I.V.A. dello Stato, che resta privilegiato ex art. 2752, secondo comma, c.c., e dunque di grado divenuto adesso inferiore al credito di rivalsa I.V.A. afferente alle retribuzioni professionali, il che rende - se possibile - ancor più assurdo che lo stesso credito di rivalsa una volta abbia tutela maggiore del credito I.V.A. dello Stato (se relativo a retribuzioni professionali), ed un'altra volta, al contrario, tutela ad esso sottordinata (se relativo a prestazioni diverse da quelle professionali).

In definitiva, il legislatore avrebbe fatto molto meglio, se avesse voluto tutelare il credito di rivalsa dei professionisti, limitarsi ad attribuire in via generale al credito di rivalsa I.V.A. il privilegio generale di cui all'art. 2752, secondo comma, c.c. equiparandolo tout court – senza distinzione tra questo e quel soggetto - a quello dello Stato (come del resto era stato previsto in origine dall'art. 18, comma 5, del d.P.R. n. 633/1972 nel testo modificato dall'art. 1 del d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687, che aveva introdotto il privilegio generale per il credito di rivalsa I.V.A., legge però poi abrogata, almeno stando a quanto ritenuto dalla S. Corte - v. fra le tante Cass. n. 6149/1995, che ha ordinato la materia, richiamando i precedenti di Cass. n. 6120/1979; Cass. n. 4361/1982; Cass. n. 4781/1984; Cass. n. 205/1985 - dalla successiva L. n. 426/1975, che ha regolato compiutamente l'intera materia dei privilegi dei crediti inerenti alla suddetta imposta). Anche per rimuovere tale dubbio di costituzionalità sarebbe però necessario, a mio giudizio, rimettere la questione alla Consulta.

La questione della retroattività del privilegio

Ultimo problema che merita di essere esaminato è quello relativo al se, la nuova norma, possa o meno incidere sui crediti per contributi e rivalsa I.V.A. già anteriormente sorti e/o ammessi al passivo.

A questo riguardo il primo dato da cui partire è che, sebbene la norma possa, nella sua malscritta versione letterale, far pensare ad una sorta di “trasformazione” di tali crediti accessori “quoad naturam”, acquisendo la natura stessa dei crediti retributivi, viceversa essi non possono perdere certo la propria originale e originaria natura ratione causae (di accessori, appunto, di carattere contributivo e fiscale), ma solo acquisire una tutela privilegiata (generale) identica a quella prevista per le retribuzioni professionali, con il relativo grado (in tal senso era certo formalmente più corretta la previsione del citato art. 11 legge 21/1986, che si limitava ad attribuire al credito contributivo “un privilegio di grado pari a quello del credito per prestazioni professionali”, senza confondere né un credito con l'altro, né un privilegio con l'altro, come sembra fare invece la modifica introdotta dalla Legge di Bilancio, laddove “comprende” il credito di rivalsa I.V.A. e quello per contributi tra le “retribuzioni” assistite dal privilegio generale di cui all'art. 2751-bis n. 2 c.c. (“le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo…”).

Tuttavia, proprio il fatto che la norma attribuisca il privilegio agli accessori in esame comprendendoli tra le retribuzioni dei professionisti, mette quanto mai in rilievo il nesso strettissimo che ora lega più che mai il credito per compenso a quello per accessori, sì che non sarebbe concepibile quanto meno che l'uno potesse considerarsi concorsuale e l'altro no, come se fosse diverso il loro fatto generatore.

Da questo punto di vista occorre anzi ricordare che la giurisprudenza di legittimità (con indirizzo divenuto ormai diritto vivente) è volta decisamente a negare che il credito di rivalsa I.V.A. possa considerarsi prededucibile ancorchè la fattura sia eventualmente emessa in corso di fallimento, a tale credito dovendo attribuirsi natura concorsuale. In tale quadro si reputa che non abbia alcun rilievo, ai fini del trattamento da riservare in sede di verifica del passivo al credito di rivalsa, che per l'art. 6 d.P.R. n. 633/1972 le prestazioni di servizio “si considerano effettuate” all'atto del pagamento del corrispettivo. Con tale dizione il legislatore tributario individua infatti semplicemente il momento della possibile sottoposizione ad I.V.A. e di emissione della fattura, non ponendo necessariamente una regola generale rilevante ad altri fini ed in altri campi del diritto. In particolare, l'individuazione del momento della fatturazione non muta l'individuazione del soggetto nei cui confronti la fattura deve essere emessa e nei cui confronti il credito di rivalsa si instaura. L'evento generatore del credito di rivalsa I.V.A., quindi, dal punto di vista civilistico (e non il semplice antecedente storico) rimane pur sempre la prestazione professionale che si è conclusa prima della dichiarazione del fallimento, indipendentemente dal momento in cui la fatturazione viene legittimamente eseguita (così la già cit. Cass. 6149/1995; cfr. anche, tra le più recenti, Cass. 11/04/2011, n. 8222 e Cass. n. 1034/2017).

Ciò precisato, può quindi ritenersi che il credito di rivalsa I.V.A. vada sempre collocato come credito concorsuale, non prededucibile, dovendo ritenersi collegato, al credito retributivo cui accede, dal medesimo fatto generatore, come fosse coevo al predetto credito per retribuzioni.

Ciò causa l'operare di due preclusioni temporali collegate l'una con l'altra.

La prima è la conseguenza del fatto che il novellato riconoscimento del privilegio deriva da una norma chiaramente di carattere sostanziale, come del resto ogni altra norma attributiva di privilegi (altra cosa essendo evidentemente lo stabilire sul piano processuale quando e come essa si applichi), la quale, come tale, non ha carattere retroattivo, né può acquisirlo in via interpretativa – in difetto di una previsione speciale del legislatore che glielo attribuisca - dal che consegue che solo i crediti per rivalsa I.V.A. (come anche i crediti per contributi previdenziali) sorti dopo l'entrata in vigore della Legge di Bilancio potranno fruire della nuova tutela privilegiata (cfr. sul punto, con riferimento alla modifica dell'art. 2751-bis, n. 5, c.c. introdotta dall'art. 36 D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Cass. civ. Sez. Unite, 20 marzo 2015, n. 5685, secondo cui le norme sui privilegi sono disposizioni non di carattere processuale, ma di diritto civile, per cui trova applicazione, salvo espressa deroga normativa, il principio generale di cui all'art. 11 preleggi , secondo cui le leggi non sono retroattive, conseguendone che la modifica legislativa, che abbia introdotto un nuovo privilegio o abbia introdotto modifiche ad uno già esistente, si applica solo se il credito sia sorto nello stesso giorno o in un giorno successivo rispetto al momento in cui la legge entra in vigore e pertanto la gradazione dei crediti si individua avendo riguardo al momento in cui il credito sorge e non quando viene fatto valere; cfr. anche la citata Cass. 1034/2017 e Cass. 4 luglio 2012, n. 11154).

Sennonché, come appena ricordato, per la costante giurisprudenza di legittimità, il fatto generatore del credito di rivalsa I.V.A. è lo stesso fatto generatore delle retribuzioni cui esso acceda, derivandone la seconda collegata preclusione per cui – fatte salve le già dette riserve sulla costituzionalità della nuova norma – solo i crediti per retribuzioni che sorgeranno dopo l'entrata in vigore della Legge di Bilancio potranno condurre con sé che il privilegio di pari grado per rivalsa I.V.A. (e contributi), mentre resteranno assistiti dal preesistente privilegio speciale ex art. 2758 c.c. i crediti per rivalsa I.V.A. afferenti a retribuzioni sorte prima di tale entrata in vigore.

A maggior ragione non potranno che restare intangibili i crediti per rivalsa I.V.A. già prima ammessi al passivo in via definitiva con privilegio speciale o in via chirografaria.

In sostanza, non basta che un credito professionale per retribuzioni sia sorto prima di un fallimento già in essere per far considerare parimenti privilegiato il credito per rivalsa I.V.A. (o contributi) che venga in evidenza a seguito di una fatturazione effettuata dopo l'entrata in vigore della Legge di Bilancio, ma occorre altresì che anche il credito per retribuzioni sia sorto dopo l'entrata in vigore di tale legge.

Né può sorgere alcun dubbio su tale conclusione in ragione del fatto che, in altri casi, si è invece affermata un'interpretazione esattamente opposta, consentanea alla retroattività del privilegio introdotto “ex novo”.

Infatti in quei casi – mi riferisco in particolare all'art. 15 della legge n. 426/1975 che introdusse la nuova sistematica dei privilegi (su cui cfr. Cass.11/1/1980, n. 235 e C. Cost. 28/11/1983 n. 325), e al D.L. n. 98/2011 che rimodulò la tutela privilegiata di alcuni crediti fiscali (e peraltro Corte cost. n. 170 del 2013 – sul cui significato cfr. le successive Cass. 26125/2013 e Cass. 25932/2015 - ha posto precisi limiti alla stessa possibilità per il legislatore di prevedere l'efficacia retroattiva) - è stata espressamente la legge a prevedere la retroattività di applicazione del privilegio finanche in modo da superare le preclusioni derivanti dall'approvazione dello stato passivo.

Nella Legge di Bilancio in commento, invece, nessuna forma di retroattività è stata prevista, sì che non ha ragione di porsi alcuna salvaguardia dei crediti preesistenti, tanto meno se già ammessi al passivo. Alla luce della conclusione qui proposta, pertanto, non si dovrebbe porre neppure alcun problema connesso ad un'eventuale disparità di trattamento rispetto ai casi in cui il credito professionale fosse stato già prima insinuato ed ammesso, poiché comunque solo gli accessori fiscali e previdenziali relativi a crediti professionali sorti dopo la Legge di Bilancio potrebbero fruire della nuova tutela privilegiata.

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